Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 6 aprile 2014

Professoroni imboscati.

Suppongo che la sterminata audience del blog abbia sbavato giorni interi in attesa di commenti da parte del sottoscritto riguardo alla geniale uscita della Ministra Belloccia Boschi (diciamo una Carfagna 2008 che non è ancora digievoluta al grado iena), la quale ha bollato sprezzevolmente come "professoroni" i mirabili giuristi/costituzionalisti/cavillatori che stanno minando le sacre basi della Grande Riforma dello Stato Ausonio. In poche parole: chi obietta al progetto di RenzOne è un parruccone fuoriuscito da polverose biblioteche che mira solo a custodire un non più custodibile status quo, cioè un professore che se la tira e che, va da sé, se la tira perché vive in un mondo a parte, fuori dalla realtà delle cose, e comunque parla parla, ma nel concreto combina poco.
Oddio, la cosa che più mi stupisce di tutta la faccenda è che non so chi faccia la figura peggiore. Epperò, frattalicamente, vedo ripetersi in grande ciò che ho già visto ripetersi più in piccolo con la riforma gelminiana della scuola. E, a vario titolo, i cattivi sono sempre i professori (-ini o - oni che siano).
Da un lato è chiaro che le posizioni del facilmente pronunciabile Zagrebelsky e della compagnia ad esso aggiogata sono ormai di pura retroguardia. Ovvero: per avere davvero il coraggio di difendere QUESTO assetto costituzionale, simboleggiando la salvezza dell'intero nel mantenimento dell'accolita senatoriale, bisogna avere un senso dello Stato che in Italia non c'è mai stato (pardon...). Che al suo principio il bicameralismo perfetto servisse a impedire i più vari ritorni alla dittatura, pertiene; che i "vecchi" correggano l'impeto legislativo dei "giovani" osservando ed emendando, è giusto. In teoria, però. In pratica, quaggiù nello Stivale, si è solo riusciti ad ingolfare la vita parlamentare in interminabili procedure di correzione/sabotaggio dei lavori di una camera da parte dell'altra. La concreta attuazione del bicameralismo all'italiana certifica il fallimento del medesimo, o perlomeno il suo raggiunto anacronismo. Non si tratta tanto dei 315 senatori. Fossero stati anche 630 come i deputati, magari pagati in modo meno esorbitante, me li sarei pure tenuti, se avessero funzionato come contrappeso virtuoso & fecondo all'attività della camera bassa. Quella che Zagry & C. difendono è l'astrazione di una condizione legislativa che allo stato di fatto ha fallito. 
Ma, sia chiaro, ha fallito non perché il bicameralismo perfetto sia fallimentare in sé: torniamo qui ad un argomento a noi tanto caro, ovvero che non c'è assetto costituzionale sufficientemente valido a garantire il buon governo di uno Stato se i suoi membri restano comunque dei bucanieri. Dicasi: caro Renzi, anche una volta che mi hai amputato il Parlamento di un settore, ma non fai in modo di garantire che il settore rimasto vivo sia composto da gente saggia, saremo sempre lì, con lo scandalo della corruzione dietro l'angolo, le spese pazze, le concussioni assortite, i voti di scambio, i cambi di casacca appena non vengono esauditi i miei appetiti ministeriali, il clientelismo, i ricatti incrociati et similia. Si eviti, come già dissimo, di cadere nell'errore dello studente scemo che crede che gli basti cambiare il metodo di studio o di rinunciare ai passatempi pomeridiani per diventare bravo: se alla base non c'è la sostanza, nel caso dei parlamentari declinata nelle forme dell'onestà e della competenza, hai voglia a potare i rami secchi degli organi dello Stato. Puoi anche farmi una camera con 20 deputati, uno per regione, ma se sono venti farabutti non ci si salva comunque. Matty caro, trovate il modo di selezionare gente sulla base della cultura politica e non solo sulla capacità di promuovere il brand del proprio partito. 
E qui dobbiamo scontrarci con l'amara realtà: di autentica cultura politica, nei nostri palazzi parlamentari, ne è sempre girata pochina. La Prima repubblica è affogata nel liquame tangentizio, ed erano cattive usanze invalse da decenni; in nome di equilibri quasi sempre eterodiretti dalla posizione specialissima occupata dall'Italia nello scacchiere della guerra fredda, abbiamo visto succedersi circa 50 governi in circa 50 anni, ma il denominatore comune è sempre stato quello di un asilo perenne di correnti e correntine impegnate a spartirsi fette di potere, poltrone, prebende, il tutto certo sotto la guida di gente saputa (De Gasperi, Moro, Fanfani, Andreotti di qua, Berlinguer, Nenni di là, Saragat in mezzo), gente però che, scissione di Palazzo Barberini a parte, è stata abile soprattutto a gestire più che a innovare, a subire più che a imporre, a privilegiare il basso profilo a scapito dell'assertività (7 ore di discorso per convincere la feroce platea ad accettare i socialisti al governo non trasformarono certo Moro in Abramo Lincoln...). Poi venne Craxi, il decisionista, l'uomo di Sigonella, quello che schiacciava amici e nemici semplicemente sedendovisi sopra. Tutta roba ad effetto, specie in rapporto alla generazione politica precedente, ma puntualmente disintegrata dall'esplosione di Tangentopoli. Morale: tanti ottimi Ciceroni, inteso Cicerone come la categoria politica in cui si iscrivono tutti coloro che privilegiano il compromesso con le situazioni che vanno man mano delineandosi piuttosto che la ricerca della creazione di situazioni nuove; e pochi, pochissimi  Cesari/Ottaviani, quelli che agiscono mentre il senato tentenna.  
Insomma, Zagry mio, Rody mio, costituzionalisti miei, sarà pur vero che Renzi sta muovendosi col tatto di uno schiacciasassi, ma cosa hanno fatto le generazioni politiche precedenti per rendere difendibile il bicameralismo perfetto? La palude di doppiezze e veti incrociati, interessi taciuti e avvisi per chi sapeva intendere si è irrancidita entro un contesto storico-economico qual è quello degli ultimi 7 anni, ovvero una crisi come non se ne vedevano dal 1929. Un popolo di tartassati impoveriti ed esasperati non può che salutare con gioia provvedimenti come la formattazione del Senato, per quanto il plauso a ciò sia forse più di pancia che di testa. Ma il contesto è questo qui, al politico saggio adeguarvisi, machiavellicamente finché si vuole, ma il mondo della politica funziona così.
Ciò detto, e sottolineato che la furia iconoclasta di Renzi comunque mi disturba, perché riforme fatte al grido di "Corri che non c'è più tempo" rischiano di riuscire piene di gobbe e nodi da rimbeccare, non posso non notare una curiosa analogia, certo non voluta da Miss Universo Boschi, tra le sue sprezzanti parole e quanto abbiamo visto fare da madama Gelmini.
Notate, pubblico: c'è un' unica riforma che il Berlusconi IV ha mandato in porto senza dovervi applicare il minimo correttivo, ed è la famosa (e sciagurata) riforma della scuola sulla cui nequizia latente e patente ci siamo già pronunciati assai e ovunque sul blog (cliccate sui tag qui a fianco). Ora come allora, tutto fu fatto in modo unilaterale, senza consultare le controparti, senza aprirsi al minimo compromesso, che non voleva dire annacquamento dei nobili propositi riformisti, ma necessaria fase dialettica; ovvero: io posso avere le migliori idee del mondo, ma bisogna ben sentire punti di vista diversi, giusto perché magari qualche aspetto (e difetto) delle mie idee potrebbe essermi sfuggito. No. Solo e sempre no. I tagli dovevano essere fatti così, le ore da sopprimere erano quelle lì, nessuno si peritò di verificare, in via di modello teorico, eventuali storture che a lungo termine si potessero produrre (e si sono prodotte) e che al momento non erano così evidenti. No. Nulla. Avanti a testa bassa. Non ci fu mezza proposta avanzata da sindacati e associazioni docenti a venir non dico presa in considerazione, ma nemmeno ascoltata, udita, minimamente orecchiata. Scivolo pensioni per agevolare gli insegnanti anziani e scoppiati e lenire un filino la mannaia dei tagli; no. Rimodulazione dell'obbligo delle 18 ore di cattedra a 17 (un'ora in meno) per garantire l'ora buca da destinare alle supplenze giornaliere ed evitare di lasciare classi scoperte, con tutti i rischi connessi; no. Numero minimo di alunni per classe da 28 a 26 (due in meno) per evitare le classi pollaio; no. E oggi siamo dove siamo (a proposito, Matt, dopo tutto l'infervorato endorsement pro-scuola di febbraio dove siamo rimasti?).
Noto insomma nel dinamismo riformaiolo renziano la stessa spietata coriaceità dell'allora ministra Gelmini (e dei suoi suggeritori, chè Gelmini nulla sa e mai nulla seppe di scuola): guai a contestare, la ragione è tutta nostra. Non sei d'accordo? Te ne farai una ragione. E benché Zagrebelsky e compagnia non siano i diretti destinatari della riforma del Senato, non essendone quindi le vittime designate come lo furono invece i docenti dell'olocausto gelminiano, colpisce che noi di allora e loro di adesso in fin dei conti risultiamo accomunati dal lemma professoroni da zittire. Alla fine Boschi- occhi-di-cielo si è lasciata scappare la battutina qualunquista che riporta tutto al solito principio: l'uomo di cultura è la zavorra dell'Italia. Lo pensavano gli artefici della mannaia gelminiana, lo pensa la pasionaria renziana. Certo, anche in questo caso gli intellettuali hanno poco da recriminare, specie quelli che hanno sempre immolato l'indipendenza di pensiero alle convenienze della parrocchia politica che li foraggiava; così come a noi docenti, o meglio a quelli prima di noi, fu facile rinfacciare la litania "18 ore- pomeriggi liberi- vacanze lunghissime d'estate", con l'aggiunta dell'alto tasso di incapaci che salivano in cattedra. Però, se davvero si pensa che il momento riflessivo/dialettico sia l'impiccio alla magnifica sorte della politica, subordinando il pensare all'agire, o eliminandolo proprio, si cade nell'errore opposto dei totalitarismi, per i quali l'Idea Suprema era la norma di ogni azione. Però il risultato è lo stesso: piante coi rami forti e le radici deboli. Col che ribadisco che la difesa del bicameralismo attuale è patetica quando non imbarazzante, ma ci sta, ci deve stare. E' il futuro, Matty caro, che mi inquieta: se la tua loquace ancella pensa quel che dice, e quindi si accoda al lungo treno di spregiatori della classe intellettuale, non so cosa aspettarmi al prossimo giro di riforme. Cervello, mi raccomando. Guai a fare tutto a testa bassa. Ricordati di Robespierre.