Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

martedì 25 febbraio 2014

Renzi, o come dicevan tutti Renzi...

Scriviamo mentre è ancora in corso il dibattito al Senato sulla fiducia al governo Renzi Uno 2.0, bluetooth, MP3, 5 giga di memoria, slot per smart card, 16 ministri e ciabattine omaggio ai primi 5 che telefoneranno. Sì, è circa il 60esimo e qualcosa governo in 65 anni di storia repubblicana, numeri che da soli dovrebbero farci arrossire e poi disintegrare di vergogna al cospetto di qualunque altro Paese civile. A cadenza decimestrale, la solita fuffa dei giuramenti, delle troupe televisive, dei giudizi sulle mise dei ministri e delle ministre, la solennità annacquata dal breve intervallo tra un governo e l'altro, le attese, i proclami, le marce indietro, le delusioni, i "ma tanto io l'avevo detto", i dietrologismi, gli scenari, le prospettive e poi altro giro altra giostra. Io ho avuto la fortuna (si fa per dire) di assistere all'agonia della cosiddetta Prima repubblica, e anche allora funzionava così: lo sgambettone istituzionale con cui Renzi ha fottuto Letta non è niente di diverso dalla trama che nel 1988 portò De Mita a Palazzo Chigi coi voti dei socialisti, ma pure con l'obbligo di dimettersi dalla carica di segretario della Democrazia Cristiana. Passa un anno, Craxi si esibisce in un discorso spaccatutto alla Camera e puf, tempo 24 ore De Mita si dimette e finisce per non essere più nessuno. Staffette DC-PSI, dicevano; equilibri pentapartitici; accordi di programma; passato l'uragano Tangentopoli, inaugurata la Seconda repubblica, morta pure lei (forse), siamo sempre qui, a far passare governi come succede a scuola quando su una stessa cattedra si alternano 6-7 supplenti all'anno. Gli alunni si inviperiscono, i genitori pure, "ma che schifo la scuola, viva la Gelmini!" e poi abbiamo visto.
In ogni caso, RenzOne parte con un venticello in poppa che pare più la brezzolina contro cui proteggersi indossando i maglioni di cotone. Si percepiva che i senatori lo detestavano cordialmente, compresi i suoi. Certo, se io al primo giorno di scuola entrassi in classe ed esordissi dicendo: "Salve, vi bocceremo tutti a fine anno, garantito!", non credo che si creerebbe tutta l'empatia necessaria con gli alunni; allo stesso modo, dire agli astanti: "Siete gli ultimi senatori della storia d'Italia a cui un capo di governo chiederà la fiducia", significa congratularsi coi tacchini che votano per il giorno del Ringraziamento. 
Ma non è ovviamente solo questo: Renzi è arrivato a Palazzo Chigi dopo una girandola di affermazioni, smentite, trappole e imboscate degne della miglior DC del bel tempo che fu. Lo ritengono il bamboccetto viziato che ha tanto sgomitato per avere il giocattolino e una volta ottenutolo fa capire che se l'è pure meritato, quando tutti sanno che il traguardo si è raggiunto solo per via di capriccio e sfinimento. Fa lo splendido, ma è visto palesemente come un intruso, uno che si è imboscato a forza, che ha trasformato la prepotenza in diritto e ora è lì a dare lezioni di civiltà, ringraziando pure Letta con un ultimo, sonoro sberleffo. Per dire insomma  che Matteuccio nostro non parte certo coi favori del Palazzo: due ore fa l'allegra coppia Scanzi- Cazzullo faceva notare che il neopremier parlava formalmente al Senato, ma in realtà si rivolgeva al pubblico da casa, marcando il più possibile la propria diversità da "quelli lì" dentro il bunker della Casta. È stato inoltre notato che tale atteggiamento è di fatto analogo a quello del Berlusconi degli inizi e dell'attuale Grillo. Colpisce in effetti che, per far accettare la "Politica" al popolo italico, sembri necessario farla passare per qualcos'altro: ai suoi esordi Silviuccio fu accusato di aver scambiato l'Italia per una delle sue aziende e il Governo per un consiglio di amministrazione; oggi a Matt si rinfaccia di aver parlato come se Palazzo Madama fosse un consiglio comunale e lui il sindaco. Grillo stesso fa politica attraverso i blog. È evidente che la struttura tradizionale delle istituzioni che ci portiamo appresso da 150 anni mostra una certa ruggine, così come il linguaggio e le proposte dei politici, drammaticamente uguali a se stesse e mai in sintonia coi bisogni del Paese: la Politica è diventata materia amorfa che prende forma nell'altro da sé (il partito-azienda, il partito-blog, il Sindaco di governo), la qual cosa potrebbe anche non essere un male se alla fine si addivenisse a risultati concreti e fattivi. Spesso invece si mette un abito nuovo alle immobilità e impotenze di sempre, e il Paese resta al palo.
Vedremo, Matty, dove ci porterai. Mi lascerai tuttavia esprimere un rapido giro di opinioni tutte mie su uno dei cuori pulsanti del tuo peraltro verbosetto discorso d'ingresso nei piani alti del Potere.
Non posso infatti non compiacermi del fatto che tu abbia dedicato il primo macroblocco delle tue riflessioni alla scuola e alla sua importanza per la ripartenza del Paese. Facile l'ironia grillina, essendo tu marito di una precaria sissina. Ma pazienza. Lodo la premessa, e però mi domando, se davvero tieni così tanto alla riqualificazione della scuola, a partire dagli edifici per arrivare a chi ci lavora dentro, perché diavolo hai lasciato il MIUR a Scelta civica, che odia gli insegnanti di default? Spero a questo punto che metterai in giuoco tutto il tuo peso politico per placare i bollenti spiriti montiani in materia di aumento indiscriminato e gratuito dell'orario di servizio dei docenti, e ci penserai MOLTO BENE prima di dare la stura a quell'autentica idiozia che è il liceo quadriennale. Ti teniamo d'occhio, sallo.
C'è però dell'altro, scusami se faccio il professorino, ma tu stesso hai detto che hai da imparare in termini di strategie comunicative. Orbene, chapeau per il bene che ci vuoi, ma tieni presente che il genocidio cui la nostra categoria è stata sottoposta a partire dal 2010 in termini di tagli in organico, campagna di odio, squalifica sociale e umiliazione stipendiale ha avuto il suo centro di irradiazione in una serie di slogan qualunquistici purtroppo drammaticamente in sintonia col sentire di una larga parte dell'opinione pubblica, e che pertanto, sempre purtroppo, così qualunquistici forse non erano. Mi spiego: Gelmini e i suoi ghostwriters hanno attaccato con la menata che il 98% del bilancio del Ministero andava in stipendi al personale, quindi, cara pancia del Paese, era giusto tagliare un po' di posti e dirottare i risparmi altrove, no? Certo, peccato che quei risparmi non si siano mai visti. Ma il problema è a monte: un Ministero non deve certo buttare i soldi dalla finestra, ma nel caso della scuola non si può ragionare in termini meramente aziendalistici, perché la scuola non ha fini di lucro. Il vero "guadagno" che essa produce è il capitale umano degli alunni che saranno in grado domani di essere efficaci ed efficienti lavoratori. Per giungere a ciò, semmai, si può e si deve ottimizzare il lavoro dei docenti, ma tagliare per fare cassa non  serve, peggiora solo la qualità della didattica e impedisce di formare i tipi umani anzidetti. Ma cosa rimase di tutto ciò al pubblico bue? Uh, Gelmini  risparmierà 8 miliardi, vai Gelmini, fagliela pagare, finalmente!
Sì, perché, e passo al punto 2, era da un po' che la pancia del Paese voleva farcela pagare: avendo fissato lo stereotipo dell'insegnante-tipo alla triade meridionale-di sinistra-fannullone fu un attimo per i vincitori del 2008 sventolare la bandiera del salutare bagno di sangue, adesso arrivavano loro e sarebbe finita coi privilegi, le assenze, il giornale letto in classe invece di fare lezione, i voti dati a caso, le cattedre con 15 ore in classe e 3 a disposizione per stare al bar e tutte le altre meraviglie. Si fece di tutta l'erba un fascio, senza mai ammettere che la scuola fosse anche "altro", ovvero professionisti preparati ed abili a trasmettere il sapere,  anche a dispetto di stipendi a dir poco squalificanti, gente che gli ex alunni ricordano sempre con affetto perché sanno di aver ricevuto da loro competenze impagabili che si sono poi applicate nella vita lavorativa, persone che vengono a scuola anche con la febbre, perché il dovere viene prima di tutto. Niente di tutto ciò: un esercito di mangiastipendio a ufo coi tre mesi estivi di vacanze, e insomma bisognerà pure farvela pagare, no?
Ecco, anche in questo caso è chiaro che c'era una parte di verità, nella misura in cui la scuola non ha mai provveduto a fare piazza pulita al suo interno delle mele marce, anche per la fiera opposizione di quegli stessi sindacati che poi hanno calato le braghe di fronte al massacro gelminiano. Ma non si è mai sentito che per i casi di malasanità qualcuno abbia preteso la chiusura degli ospedali o il licenziamento dei medici bravi. Ciò che è invece accaduto per la scuola: tagli orizzontali, che semplicemente colpivano i meno anziani in servizio, senza badare se chi partiva fosse più o meno valido di chi restava. Ma anche il popolo bue godeva nell'assistere al massacro e alle sprezzanti parole di Gelmini che definiva "fossili ideologici di sinistra" i precari disperati che si incatenavano ai cancelli dei provveditorati per protestare contro la disumanità dei tagli.
Ebbene, Matthew, dove voglio arrivare con questa retrospettiva? Al fatto che noi, nei recenti anni, siamo stati vittime di un'ondata di odio generalizzato e ingiusto che non ha distinto i buoni dai cattivi; tu, oggi, esordendo nel tuo speech a favore della riqualificazione della figura dell'insegnante, hai commesso l'errore uguale e contrario, hai cioè parlato dell'Insegnante come categoria astratta, il modo migliore per rinfocolare i truzzoni anti-scuola che intasano i forum del corriere.it vomitando odio e qualunquismi. Non c'è niente di peggio, oggi, che proporre al pubblico bue lo stereotipo dell'insegnante-eroe che ogni giorno si sobbarca la fatica di educare il futuro dell'Italia: la risposta dei truzzoni sarà immediata: "Beh, diciamo 5 mattine a settimana e l'estate a casa!". Mettere il discorso sui termini genericamente zuccherosi del "docente brava gente" accende subito lo sdegno della pancia del Paese, perché sarà subito tutto un frullar di bile "con quel cesso di insegnante di matematica/latino/filosofia che ha avuto mio figlio al liceo!". Se l'errore culturale dei nostri detrattori è quello di ritenerci tutti incapaci posapiano, la tua risposta non può essere "viva la scuola, tutti bravi tutti belli". Tu dici che la scuola deve recuperare fiducia (in sé e dall'esterno), ma non spieghi come mai è stata persa. Il discorso doveva essere: la scuola patisce almeno 50 anni di politiche gestionali discutibili, che non hanno mai premiato i meritevoli e hanno affogato tutto nella melassa ugualitarista, sia a livello di docenza che di valutazione degli alunni; in tal modo la scuola, in luogo di dire a ciascuno cosa sa fare, ha convinto chiunque di saper fare qualunque cosa, non ha saputo eliminare i rami secchi, ha lasciato in cattedra gente stanca e/o incapace che ha impedito agli entusiasti e preparati di dare il meglio di sé, di aggiornarsi adeguatamente, di sviluppare una didattica veramente utile rivolta a studenti che si trovano ciascuno nella scuola che gli compete. Oggi, pertanto, dopo le vendette gelminiane, la situazione non è migliorata in nulla, gli stanchi/incapaci sono sempre lì, la didattica langue negli schemi di 30 anni fa, la professione ha cessato di avere appeal sui giovani e l'odio popolare è a livelli persecutòri. Ci impegniamo, questo dovevi dire, a mettere i capaci e meritevoli in grado di fornire la didattica migliore in corresponsione di uno stipendio onorevole, immetteremo in ruolo più giovani possibile, svecchieremo gli organici anche a costo di violare i sacri dogmi della riforma Fornero, non permetteremo più che si creino graduatorie quindecennali con 140.000 aspiranti al ruolo. La professione insegnante non deve avere nulla di eroico, non deve chiudersi nei quadretti tardo- deamicisiani del professorino col maglioncino liso che insegna il congiuntivo all'alunno extracomunitario nelle ore libere o discetta di latino dentro aule che cadono a pezzi. Dignità, ci vuole, condizioni di lavoro degne di un qualsiasi ufficio di fornitura di servizi: la didattica agli alunni non italofoni deve essere sentita come serio momento di integrazione in un mondo che va globalizzandosi, e deve attuarsi con programmi ampi e strutturati, condotti da gente preparata e ben pagata SOLO per quello, così come l'insegnamento di tutte le altre materie deve essere affidato a dei veri professionisti, gente di cui NESSUNO deve lamentarsi, come si esce soddisfatti da qualsiasi studio professionale. Per dire. Altro che oleografie di una scuola automaticamente e immutabilmente buona in tutti i suoi elementi. Macché, la scuola è malata e va curata con una terapia d'urto. Matt, il tempo è poco e l'esasperazione è molta; abbiamo classi da 33 alunni che rendono IMPOSSIBILE  la didattica; il livello di vita medio di un insegnante è alle soglie della povertà; ma soprattutto, chi non dovrebbe stare in cattedra ci sta ancora. Fai qualcosa, o davvero naufragheremo su noi stessi. Restaura pure gli edifici scolastici, ma rinnova pure gli organici.  Parli di tregua educativa con le famiglie: che non capiti più la scena di genitori che vengono a questionare le insufficienze dei figli, ma perché ciò accada esse devono essere erogate da soggetti troppo ben preparati perché qualcuno si sogni mai di mettere in discussione i suoi voti. Tutto si tiene, Matt. Fai la tua parte. 

(update delle 0.50: 169 voti a favore? Ahi, ahi....)

venerdì 21 febbraio 2014

Ministro, un' umile prece...

Freschi freschi di lista di ministri renziana, ecco avveratosi ciò che da giorni si sussurrava nei corridoi della didattica che conta: Stefania Giannini nuovo Ministro dell'Istruzione. Vabbe', non potremo certo dire che donna Carrozza ci mancherà, non essendo lei riuscita a combinare pressoché NIENTE in dieci mesi di ministero, bloccata evidentemente dai veti incrociati dei partiti della "strana maggioranza", oltre che da un piglio manageriale esilissimo, vale a dire, adesso che abbiamo cambiato cavallo, Mariachiara mia, ma ti eri accorta di sedere al Dicastero di viale Trastevere? Persino quell'altro peso piuma di Profumo è riuscito a bandire un concorso, ridicolo quanto si vuole, ma l'ha bandito.  Tu, nulla. Parole, quelle sì, tante. Ma pare proprio che rettorare un Istituto di eccellenza come il S. Anna di Pisa non abiliti in automatico alle funzioni di ministro. Pazienza.
Ora la palla passa da una fisica ad una glottologa, dalla carriera peraltro sprintosisissima (diventare associati in quel settore a 30 anni è roba da Michael Bolton dell'accademia) e dalle idee, pare, molto molto chiare. L'appartenenza di costei a Scelta Civica, ovvero ad un partito che vede la scuola con le lenti della Bocconi, ovvero come un comparto qualsiasi del terziario di cui ottimizzare le prestazioni senza comprenderne la specificità, ci fa tremare alquanto. Si sa, la polemica anti-scuola è sempre la solita: le 18 ore, i tre mesi estivi, il giorno libero, gnè gnè. Come penso possa essermi dato atto, non appartengo al partito dei difensori ad ogni costo dell'attuale status quo, ma per esperienza sin troppo diretta so che le rivoluzioni fatte al grido di "Adesso arriviamo noi" hanno solo l'effetto di cadere da un estremo all'altro. È successo così con il ministero Gelmini, nel quale abbiamo visto premesse non certo fuori luogo (migliorare la qualità della scuola, impiegarne più razionalmente le risorse) declinate in un piano di tagli al personale cieco e punitivo, volto solo a fare cassa invecchiando senza speranza gli organici già vecchiotti del comparto. Ma, si diceva, sono anni che la scuola gode di privilegi assurdi, gli incapaci inamovibili, sempre questi sindacati di mezzo, "era ora", chiaro no?, che mordessimo la polvere un po' anche noi. Col bel risultato che il rimedio è stato peggiore del male: classi che scoppiano, didattica ridotta al puro "somministra e correggi", demotivazione a fiumi, squalifica socio-economica (scatti bloccati, come poveracci qualsiasi), "perché avete già il posto garantito, cosa volete di più?" e retorichette conseguenti, ridicolaggine delle prove INVALSI che certificano il niente e rendono la didattica appassionante come un elettroencefalogramma.
Ecco, mo' donna Giannini scende tra noi. Ovviamente, pesando Scelta Civica quel che pesa all'interno del governo, e dandosi per scontato che sarà comunque la segreteria Renzi a dettare l'agenda delle riforme, istruzione inclusa, noi tutti ci auguriamo che, in tutto o in parte, si seguano queste linee di indirizzo, specie in materia di risoluzione del precariato e valorizzazione della professione docente.

Nondimeno, siccome teniamo al futuro nostro e altrui, ci permettiamo di lasciare alla neoministra il seguente promemoria:

1) O vi decidete a ringiovanire gli organici, o la scuola andrà a fondo per sempre. I dati del MIUR dicono che ci saranno 37.000 alunni in più, ma ci si vuole ostinare a mantenere invariato il numero massimo di docenti in organico di diritto. Ancora con 'sta storia dei vincoli di bilancio? Ancora l'ottusa ostinazione a bloccare ciò che bloccabile non è? Davvero il risparmio sui grassissimi stipendi insegnantizi vale la distruzione della didattica, la sua polverizzazione in una marea di verifiche e verifichine succedanee alle interrogazioni, l'impossibilità di seguire più "chirurgicamente" lo studente, tutto perché gli alunni sono troppi e il tempo è poco? E poi: avete davvero tutta 'sta paura a rinsanguare il corpo insegnante con gente che non avrà certo decenni di esperienza, ma forse può avere più sintonia col mondo bimbomikia? Ministra, la Sua sceltacivicità non diventi l'ennesima lente deformante che vede nella scuola solo il luogo dei tagli e delle vendette.

2) Queste benedette Graduatorie ad Esaurimento: da tempo immemore se ne pronostica il prosciugamento, e poi se ne inventa sempre una o per rimpolparle ancora un po' o per prolungarne l'esistenza. Bloccatele una buona volta, congelate gli ingressi e la mobilità, mettete mano ad un piano straordinario di pensionamenti di insegnanti ormai decotti e svuotate queste bolge di umiliazione, date l'idea a chi vi è dentro che anni di studi, di entusiastici sacrifici in nome del sapere e della sua trasmissione non sono stati un esercizio futile e l'anticamera del fallimento esistenziale.    

3) L'orario docenti et alia: allora, premesso che TUTTO si può discutere, lo si faccia in modo costruttivo e senza prendere provvedimenti notturni che abbiano efficacia entro 72 ore, mossi anche questi dalla pura logica della ripicca. Non si tratta di farci lavorare di più, tanto per "fare giustizia", si tratta di farci lavorare meglio. Insomma: pomeriggi a scuola? Bene, però a stipendio aumentato. E vedremo di correggere i compiti magari non tutti in sala insegnanti, ma facendo in modo che le aule del mattino diventino i nostri "ufficetti" pomeridiani, con dentro due o tre colleghi ciascuno al massimo; e potremo supportare gli studenti in  modo continuativo, se avranno la pazienza di stare a scuola anche dopo pranzo. È sufficiente o dobbiamo anche essere appesi a testa in giù? Ci si lascerà qualche pomeriggio da dedicare alla preparazione delle lezioni? Potremo finalmente partecipare SPESATI ai corsi di aggiornamento? Si smetterà con l'idea persecutoria per cui non c'è disagio che non si può progettare a nostro danno pur di "farcela pagare"?. Avremo degli interlocutori degni o ancora e solo tagliatori di teste? Per quanto concerne gli "scandalosi" tre mesi estivi, che tre non sono, ma vaglielo a far capire, è chiaro che anche lì, se ci si vuole tenere a scuola, lo si farà tenendoci anche i ragazzi. Se devo fare lezione, o corsi di recupero, per obbligo e non per scelta, ESIGO la presenza di una corposa percentuale di studenti, perché io esisto lavorativamente nella misura in cui ho qualcuno cui trasmettere le conoscenze. Non ho certo intenzione di passare i giorni estivi a morire dal caldo compilando scartoffie inutili, o ascoltare le ennesime conferenze chiacchiera solo per il gusto di essere visto "al lavoro". Dopodiché, s'intende, con gli albergatori che avranno il vuoto a luglio e non sapranno dove mettere la gente ad agosto ci parlate voi.

4) Il liceo di quattro anni. È il nuovo mantra della politica, l'ennesimo specchietto per le allodole ammannito alle famiglie e spacciato come la soluzione, o meglio l'antidoto, a tutte le magagne lavorative dei figli. Un anno in meno a scuola, sai la pacchia? Uh, certo, dover comprimere ulteriormente l'offerta didattica e gettar fuori gente ancora più spaurita di fronte al mondo brutto & cattivo. Attenzione agli slogan "così ci adeguiamo all'Europa", perché in Europa cominciano ad avere dubbi sull'efficacia di 'sta roba. Evitiamo di adottare mode fuori tempo massimo. E soprattutto: se davvero si volesse partire con il progetto, si dica subito la verità, cioè che il fine reale di esso non è la fantomatica ricerca di maggior competitività "dei nostri ragazzi" nei confronti dei coetanei tedeschi: ciò che si ha in mira è l'ennesima scusa per tagliare gli organici e risparmiare sugli stipendi. Punto. Se invece si vuol fare una cosa seria, ma ne dubito, anzitutto ci vorranno non meno di due anni di studio della situazione e di proiezioni sugli effetti a lungo termine della eventuale riforma. Quindi, ridefiniti con la massima attenzione i curricoli, sarà necessario, a cascata, rivedere tutto l'impianto degli altri ordini di scuola; perché è chiaro che, se mi schiacciate in quattro anni il Liceo, "i nostri ragazzi" dovranno approdarvi con ben altre competenze di quelle spesso ridicole con cui escono dalle medie: e allora toccherà ai colleghi dei piani di sotto farsi esaminare e censurare per le loro verifiche a crocette, i temi mai assegnati perché ci vuole troppo a correggerli, la manica ultralarge nella valutazione per cui volano degli 8 e dei 9 in lingua straniera che diventano imbarazzanti non appena il piccolo genio tredicenne prende a smozzicare il primo "Gudmoning, aiem itelian en dei ar guds pipol", la matematica insegnata coi metodi à la page che non spiegano i fondamenti della logica ecc. ecc. È cioè chiaro che, se si vuole tagliare in cima, vanno rinforzate le radici. E ci vuole tempo. Se invece si partirà con la solita logica "intanto taglia, poi vediamo", allora sarà chiara l'ennesima cialtronata. E comunque, vista la precocità dei nativi digitali, tanto meglio farli venire a scuola a 5 anni, non soffriranno.

Ministro, noi non Le chiediamo miracoli, sappiamo che la situazione è quella che è, però mi creda, abbiamo patito senza vedere il senso della vendetta che ci si è rovesciata addosso. La misura è colma e la rabbia serpeggia. Non vogliamo che la scuola diventi d'un colpo un paradiso terrestre, non chiediamo agevolazioni e sconti di nessun tipo; esigiamo però che la specificità della nostra figura rispetto a quelle degli altri lavoratori sia riconosciuta e trattata di conseguenza: noi non abbiamo a che fare con mute pratiche o asettici schermi di computer, noi interagiamo con la sostanza umana che costituisce il futuro del nostro Paese; dobbiamo ritrovare la motivazione, essere messi in grado di erogare la miglior didattica possibile, non sentirci equiparati a una qualsiasi azienda che deve fare utili, perché l'utile che noi produciamo non si misura con le prove INVALSI, si misura col successo nella vita dei nostri alunni e con la loro crescita umana, ovvero con fattori su cui noi siamo fatalmente costretti a scommettere, ma che non sono misurabili sic et simpliciter col questionarietto somministrato in seconda superiore. Quello potrà avere valore vagamente indicativo. Ma nulla più. Non è da lì che si quantifica la qualità erogata. Rendiamoci tutti conto che non è un delitto aver meno alunni in classe e seguirli meglio; l'obbligo di far tornare i conti delle 18 ore non può trasformarsi nelle cattedre monstre come certe che abbiamo noi di Lettere, 6 materie in 4 classi; non si può chiedere la qualità a questo patto; usiamo meglio l'orario, rompiamo l'obbligo delle 18 ore diurne e reintegriamole con quelle pomeridiane. Basta equipararci a bestie da soma da caricare fino allo sfinimento. E si ricordi, Lei che pure è del ramo: il Paese che uccide i suoi maestri, uccide il suo futuro.
Ossequi,
EDM e la sua Spocchia.

giovedì 20 febbraio 2014

Ricordati che sei uomo....

È buona norma, roba codificata sin dal tempo dei Sette Sapienti, vojo di', che un conduttore di Festival, se un anno gli andava sfacciatamente liscia in termini di successi di pubblico, critica, audience e pifferi vari, evitasse di ricandidarsi l'anno successivo alla conduzione, senza il previo consenso di almeno due terzi della boulè (o dei comizi tributi ai tempi di Roma). Sai, l'invidia degli dèi, la hybris, il rischio di ripetersi noiosamente.... E insomma all'epoca uno, prima di accollarsi per la seconda volta consecutiva sì gravoso giogo, ci pensava bene, almeno due o tre viaggi a Delfi, Dodona, Delo e libagioni associate.
All'aurea regola si sottrasse, con suo grave nocumento, il buon Pippo Baudo da Militello: tutti noi ricordiamo la bomba (mediatica) di Sanremo 1995, andato in onda in un periodo difficilino per l'Italia nostra, tra governi Berlusconi 1 caduti di fresco, governi Dini nati col metodo Frankenstein, dati economici altalenanti, insomma, momenti non sempre allegri; ma allora l'italica tribù si incollò per 5 giorni 5 a Rai1, e per l'ultima volta il Festivàl di Sanremo fu davvero il momento della Grande Catarsi della coscienza nazionale, benefico lavacro di sospensione delle inquietudini collettive, affondate in uno show dai ritmi elefantiaci e tuttavia in grado di calamitare un'attenzione costante. Certo, la seconda serata con l'esibizione dei nonni degli One Direction che pareva venisse giù il loggione e  18 milioni di spettatori in media, e poi Giorgia, Bocelli, Fiorello e il presunto zompo con la Falchi, la Koll prima di ritornare vergine, la Cuccarini, Spagna (Ivana), I Neri Per Caso, Max Pezzali che si chiamava da solo 883, Annie Lennox ospite internazionale, Madonna, il finto suicida, insomma un mix di eccessi e sottigliezze che lasciò traccia duratura nella storia. E che fece Pippuzzo? Replicò al millimetro la formula l'anno dopo, a partire dalla sigla "Perché Sanremo è Sanremo", che nella sua tautologica idiozia è diventata uno slogan tra i più famosi della letteratura italiana, a ridosso di "Qui si fa l'Italia o si muore"  e "Non ci sto!!", e a seguire la valletta bionda e quella mora, i giovani non vincitori dell'anno prima in girone di ripescaggio ecc. ecc.: per il più elementare meccanismo di punizione cosmica, Sanremo 1996 fu un floppone da paura, cui non valsero l'esibizione di Bruce Springsteen a inizio prima serata, né il ritorno di Giorgia e Spagna, né Céline Dion, né l'esclusione clamorosa della Vanoni sostituita da Ruggeri. Nulla: saranno stati i toni viola camera ardente  della scenografia o la raucedine pippesca, il pubblico fedele quell'anno disse un sonoro NO, tracollando di non meno di 5 milioni a sera rispetto all'anno precedente. E Pippo se ne andò sbattendo la porta, per ri-sanremizzare con successo nel 2007, clonare se stesso nel 2008 e ri-floppare. Insomma: se a Sanremo vuoi godere, molto poco ti devi ripetere.
Dice: "Ma Fazio sanremizzò di fila nel 1999 e 2000 e fu un successo". Sì, a parte che a me i suoi Sanremi fanno l'effetto della melatonina, qualche impercettibile differenza tra le due edizioni si sentì, a partire dal cast (Laetitia Castà- Dulbecco nel '99, il trio Sastre-Pavarotti- Teocoli nel 2000), e poi le scelte artistiche, decisamente più pop la prima volta (Oxa, Rei, Britti) , piegarono verso l'essai la seconda (Avion Travel, Alice). E Fazio la sfangò. Bonolis, furbo, ha fatto passare 4 anni prima del bis.
Ma oggi, cioè ieri? Il sottotitolo del Sanremo deuxmilletquatorze è senza dubbio: "Du' palle". Non per il trascurabile episodio dei due operai minaccevoli e baudescamente risucchiati, né per la scenografia inquietantemente simile a quel lontano 1996. No. È Fazio a iperfazizzarsi, a essere riuscito a calare in un sol colpo tutti i suoi peggiori difetti conduttivi, moltiplicandone la caleidosopica nequizia.
1) Stessa formula, stessa valletta, stesse battute. Vabbe' che c'è la spending review, vabbe' che tu sei carino, accomodante e prevedibile, ma mummificare lo script credendo che noi non ce ne si accorga, no, è offensivo, dai.
2) Il pippozzo sulla bellezza prima che i due balaustrici autolesionisti sventolassero letteracce sotto le aurate volte dell'Ariston: Faziuccio, la paternale no, le diapositive coi treni in bilico dietro le spalle per dirci che siamo tanto cattivi con l'ambiente nemmeno; possibile che, dove passi tu, tutto debba diventare Vieni via con me? Dicasi, il  monologo pensoso nel quale tu, dall'alto della tua ineguagliabile sapienza di vita, centellini concetti amari ma necessari a correggere noi, i cattivi rispetto a cui tu incarni l'idea del Bene e della Ragione assoluta? Vola basso, la Bellezza merita ben altro.
3) Il siparietto da chansonnier con la Casta: un paramecio avrebbe dimostrato più verve. Fabietto mio, per fare certe parti non basta l'ironia, che tu sai distillare a camionate e te ne do atto, ma serve anche un talento fisico-istrionico, una capacità di sdoppiamento, una movenza lirico-iperspaziale, un buco temporale, in una parola, quel genio artistico che tu, rassegnaticivisi, non hai.
4) Per quanto tu ti sforzi di ricordarti di essere il conduttore di un Festivàl di canzoni, Fab, si vede lontano un miglio che le canzoni sono il di più di tutta la manifestazione, almeno per te. Ricordo come già soprattutto a Sanremo 2000 i cantanti erano presentati in fretta e furia, congedati alla veloce dopo il pezzo e via subito con lo sketch o l'ospitata, perché di fatto le canzoni sono per te l'intermezzo tra i momenti veri dello spettacolo, che sono ben altri rispetto al dato musicale. È quello che accade anche a scuola del resto, dove i professori sono lo spiacevole intermezzo tra i ragazzi e la loro felicità, je tocca pure studia', poracci... Ecco, sia l'anno scorso che quest'anno, per essere ancora più sicuro che canzoni e cantanti non disturbino, hai selezionato una serie di brodini ristretti, eseguiti col trasporto di un ufficiale del catasto, dal raro potere soporifero. E sia l'anno scorso che questo, la ridicola idea del doppio brano. Tristess... Ripetitivitess... Antonella Ruggiero, la MIA Antonella, ridotta a due filastrocchine fiatate con una patata in bocca... Arisa modello Fisher Price... Renga che si autoplagia... Roba da far scappare anche i più sanremofili.  

Conclusione: i dati di ascolto vanno bastonandoti, e non poteva essere altrimenti; posta pure la concorrenza della Champions League, posta pure l'assenza dei cantanti acchiappa-bimbominkia (Scanu, Marrone, ecc. ecc.), posto pure il quadrato di Plutone in Capricorno con Urano in Ariete e l'opposizione a Giove in Cancro (sarà per questo che in questi giorni odio il mondo?), posto anche che l'Italia di oggi è diecimila volte più disperata di quella di 19 anni fa e non la si consola collo Zigulì di Renzo Arbore alle 11 di sera, diciamocelo, Faby, stavolta hai toppato come quella volta di quel programma che non si ricorda più nessuno, L'ultimo valzer, buttato giù sull'onda del successo di Anima Mia e che chiudesti dopo poche puntate, tentando invano di risollevarne gli ascolti con frettolosi cambi alla regia; per dire che nessuno è infallibile. Però bisogna anche avere il buon gusto di non fotocopiare se stessi. Il popolo è sempre meno bue di quanto uno pensi. Tieni a mente.           


(E comunque i due aspiranti suicidi te li ha mandati Brunetta per sabotarti, stai sicuro....)                                                            

lunedì 17 febbraio 2014

Bingoooo!!!!!

10.000 visualizzazioni, di cui un certo centinaio forse sono spam, ma che 'mme frega! Grazie agli affezzzzzzzionati lettori e a quelli che non sanno neanche dove sono capitati! Spocchia rulez! Siamo decisamente nella piena maturità scientifica per aspirare ad una posizione di blogger associato di seconda fascia. 

Ad continuandum!

EDM and his Spocchia.