Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

mercoledì 20 febbraio 2013

Secretum (de secreto conflictu votorum meorum).

[Palcoscenico in penombra. Da destra, una debole luce filtra da una feritoia posta in alto su una parete sbeccata e scrostata. Silenzio assoluto. Sul palco, un tavolo e tre sedie. Una figura umana siede su quella centrale, le altre due sono ancora vuote. Da sinistra, dietro le quinte, si odono rumori concitati, di discussione accesa. La figura umana si copre la testa con le braccia, forse per non sentirli. Dopo qualche istante, altre due figure irrompono sulla scena. Una delle due, però, sembra voler tornare dietro le quinte, mentre l'altra la trattiene a forza. L'alterco prosegue per un po'].


S. Agostino:  Ti ho detto di no, stavolta proprio no!
Francesco Petrarca:  Ma dai, cosa ti costa, sei abituato in fondo...[gli afferra il braccio]
A. [divincolandosi] Ma insomma, tutte le volte bisogna venire a disturbare me?!?!?         
P.  Del resto il maxi esperto de interiore homine sei tu... Chi meglio di te potrebbe aiutarlo a...
A.  Beh, se i risultati saranno come quelli che ho avuto con te... [Petrarca abbassa il capo] A proposito, Laura si è...
P.  Macché, ha passato tutta la mattina a giocare a Un, due, tre... stella!! con Beatrice, io le sono passato più e più volte accanto, ma niente... come se non esistessi.
A.   Vedi che ho ragione io? Mollala!
P.  È che poi, sai... con gli altri del gruppo si crea imbarazzo...
A. [allargando le braccia] Vabbe', cuoci nel tuo brodo.
P.  Adesso però, per favore, aiutami con lui, qui...[si avvicinano al tavolo]
A. [sospirando] E dai, su, cosa sarà stavolta?
P.  Le elezioni, dice... il dissidio... Che poi 'sto dissidio... e' pure un po' una posa, veh...
A.  Senti chi parla...
P.  Coooooomunque, adesso preoccupiamoci di lui. Eligio De Marinis, esponici il problema!


 [Luce. Eligio alza il capo e, stancamente, osserva i due astanti. Dopo pochi secondi, scrolla deluso la testa e la affonda di nuovo tra le braccia]


A.  Caso grave, eh, France'?
P.  Mah, secondo me non sa nemmeno lui bene che nome dare a questa afflizione. Dovrebbe fare come gli stoici. A proposito, hai letto Philosophia medica e medicina rhetorica in Seneca?.
A.  Gesù, con quel titolo lì? Ma per chi mi prendi?
P.  No, ci sono due o tre cosine interessanti. Per esempio, è lampante che il nostro Eligio sia ora preda di una bipolarità maniaco-melancolica che gli ottunde il comprendonio.
A.  Sarebbe a dire?
P.  Sarebbe a dire che in lui si alternano e si combattono sentimenti opposti di depressione ed euforia.
A.  E la causa di tutto ciò?
P. Semplice, la sua coscienza elettorale infranta tra tendenze politiche consolidate ed esigenze di bottega.
A.  Eligio, tu dunque non sai per chi votare domenica?

 [Eligio mugola qualcosa di incomprensibile]

 P. Cosa dici? Butch Cassidy?

[Eligio ri-mugola]

A.  No, secondo me ha detto 'Moby Dick'.
P.  Senti, Eligio, ho la tombolata con Poliziano e Alfieri, sai quant'è sanguigno Vittorio, se tardo di un secondo...
A.  Ah, non giocavate a Risiko con D'Annunzio e gli altri?
P.  No, Giacomo si è mangiato i carrarmati per far colpo su Fanny mentre recitava Marzo 1821.
A.  Vabbe', Eligio deciditi: per chi capperi voterai alle elezioni?
Eligio de Marinis: È duro, dopo un lungo viaggio, scoprire di non essere mai partiti...
A.  Se, lallero, è andato... Francesco, provaci tu...
P.  Eligio, ricordo che venisti a visitare la mia casa ad Arquà nel 1996, durante la settimana di Pasqua, e scrivesti sul libro degli ospiti: "Da un compagno di dissidio". In nome di questa antica consuetudine, mettiti in modalità umana e fatti comprendere!
E.  E chi può dire se la fine non fosse già tutta nell'inizio...?
A.  Eligio, PER CHI DIAVOLO VUOI VOTARE?!?!?!?
P.  Aspetta, proviamo al contrario: Eligio, da quando hai il diritto di voto, per chi hai votato?
E.  Ehm... tu sai che io sono mancino...
P.   Ah, quindi per la sinistra...
E. Ehm, ehm... Il mancino fa sempre il contrario rispetto a ciò per cui è programmato...
A.   Quindi hai sempre votato centrodestra? Giura!!!! Con tutto quello che hanno fatto alla scuola!!
P.   Allora prima stavi dicendo PD! Ah ah ah!!!!
E.  Deh, miei buoni amici, non irridete il conflitto interiore di un apolide.
A.  Sì, tiriamocela, adesso...
P.  Però è strano: tutte le volte che il centrodestra è andato al governo, i primi provvedimenti 'contro' sono sempre stati a danno della scuola: nel 1994 furono aboliti gli esami di riparazione a settembre, con l'introduzione dei debiti formativi; nel 2001 si sono bloccate le immissioni in ruolo per due anni; nel 2008 si è dato il via alla più devastante campagna di odio contro la classe docente mai vista in Italia, coronata da una serie di tagli al personale degna di una tirannide sudamericana. Con tutto ciò, sei andato avanti a votare quelli lì? Ma giura?
E.   Deh, Francesco, però nel 2010 alle regionali ho votato Penati...
A.  Gli hai portato buono... inquisito per qualunque cosa dalla strage degli innocenti in giù...
E.  Non è facile, per chi non appartiene a nulla quaggiù, scegliere il meno peggio...
A.   Forse è il caso che rimettiamo le cose in ordine. Eligio, mio buon Eligio, il tuo sentimento filo-centrodestra ha una radice storica accettabile o è stata una fiammata occasionale?
E.  Deh, Agostino, tu, che in quel di Ippona avevi da domare i manichei, capirai meglio di chiunque il mio dramma: crebbi in uno dei quartieri più rossi della mia città, circondato dall'odio di chi vedeva in me il figlio di papà da abbattere... ignori tu dunque che certi rossi delle mie parti andarono a sputtanarmi dai professori delle medie per convincerli a trattarmi male e pareggiare così l'ingiustizia sociale della mia presunta agiatezza contro la loro mancanza di mezzi?
P.   Eligio, scusa, ma non mi sembri un miliardario...
E.  Ragiona rispetto ai loro canoni: ero zio Paperone.
A.  Eh, addirittura...
E.  Ho provato ogni sfumatura dell'invidia sociale e dell'odio di classe, ho visto la scuola e il voto impiegati come strumento per riparare le ingiustizie della società, ho visto dare voti inversamente proporzionali al reddito...
A.   Eligio, non hai mai pensato che l'invidia di cui eri oggetto potesse essere, se non giustificata, almeno capita?
E.   Se andavo bene a scuola non era colpa mia, sono nato così. Sul ceto sociale, non l'ho deciso io. Come dovevo sentirmi? Perché l'invidioso non usa la sua rabbia per aspirare al posto dell'invidiato? Perché in 99 casi su 100 l'invidia significa pretendere che chi è più in alto scenda al livello di chi lo odia? È questo il progresso della società?
P.   Ma uno a sua volta poteva rinfacciarti che non avevi meriti specifici a stare dov'eri.
E. Comunque se non ci sono meriti, non ci sono neppure colpe. Bisogna rassegnarsi al fatto che i meccanismi dell'esistenza ci sovrastano. Anch'io ho invidiato persone che secondo il mio narcisismo mi superavano senza merito, eppure ho metabolizzato ed estroflesso [indica la Spocchia che, silenziosa, assiste a tutto il dibattito]. La situazione di partenza di ognuno di noi non è né un merito né una colpa, è così perché di sì. Si chiama condizione tragica dell'essere.
P.    Vallo a spiegare a quelli là, però...
E.   Appunto, hai capito con chi ho avuto a che fare?
A.  Eligio, deduco dunque che tu abbia fin da giovinetto maturato una certa avversione per le idee di sinistra.
E.  Dove si pretende che la giustizia sociale scavalchi il merito, dove non si manda avanti chi sa e chi può, ma chi fa pena senza nulla sapere, non si danneggiano i singoli, ma si minano alla base le fondamenta della società. Poni che uno nasca non dico povero, ma poco agiato; poni pure che le sue capacità intellettive siano non dico assenti, ma ristrette. Mandalo a scuola: siccome è svantaggiato, lo si promuoverà con voti assolutamente non corrispondenti alle sue reali capacità, lui però si convincerà lecitamente di valere assai più di quanto non valga. Poni poi che costui arrivi all'Università, a Medicina, magari, e qui, a colpi di pietismo, gli venga data una laurea per sanare le sue inique radici sociali. Dagli anche la specializzazione in cardiologia, detto pure che lui avrà passato tutti gli esami 'perché è svantaggiato' e avrà preso tutti 30 e lode senza saper distinguere l'ulna dal pancreas. Mettilo dunque in sala operatoria, magari con me sotto i ferri per un'ischemia. Ebbene, dopo cinque minuti che mi avrà messo le incapaci mani addosso, io sarò morto, però morirò felice, perché almeno il medico che mi ha ucciso è stato risarcito della sua svantaggiatezza. Ti pare possibile??? È così che si vuole mandare avanti una società? A colpi di risarcimenti invece che aiutando i migliori a dare il meglio e indicando ai meno dotati la strada per rendere il massimo con quel poco che sanno? O preferiresti un mondo guidato da incapaci risarciti?
P.   Idee destreggianti, senza dubbio.
A. Così dunque tu, Eligio, fidando in questa visione delle cose, l'hai sentita incarnata dal centrodestra italiano?
E.  L'ho creduto, sì, e non rinnego. Troppo nauseante è stato il mio contatto con individui accecati dall'ugualitarismo che annulla l'originalità, fissati nel difendere una sola Idea, rifiutando nel contempo tutto ciò che usciva dal loro angusto seminato. La mediocrità elevata a stile di vita non si confaceva a chi, forse troppo in anticipo sull'età, aveva già appoggiato le labbra alla risacca dell'Oceano Ipercosmico i cui flutti risuonano placidi al di là della Barriera Estrema.
P.   E tutto ciò nonostante palesi intenzioni ostili verso il mondo scolastico emerse già 19 anni fa?
E.  Non colsi, lo ammetto, il calibro di quell'odio. Ero più spaventato dal livellamento mentale delle idee di sinistra, e anche dopo essere diventato insegnante ho sempre guardato con terrore la didattica del poverinismo che trova sempre qualcosina di buono anche nell'alunno più scemo, così da avere una scusa per mandarlo avanti. La scuola amica, la scuola dell'accoglienza, la scuola delle competenze, la scuola che non fa soffrire ma fa giocare, la scuola che non ferma nessuno, perché la società è piena di disuguaglianze e tocca alla scuola livellarle salvando chiunque.
P.   Idee sinistresi, sì....
E.  No, appunto, la scuola è il filtro tra la famiglia e la società e il suo ruolo non dev'essere illudere la gente su ciò che sa o non sa fare, ma dire a ciascuno in quale settore della scala sociale le sue capacità lo collocheranno, posto che poi uno possa migliorare sempre. Ma c'è una verità non comoda né facile da accettare: non siamo tutti uguali, la natura ci ha fatto diversi. Le diversità si possono e devono superare, ma non a prezzo di mascherare la realtà e sovvertire i dati oggettivi delle qualità individuali.
A.   Destra, destra...
E.  E in generale, può uno crearsi un suo sistema di convinzioni senza dover tutte le volte attendere il beneplacito del mondo intero?
A.  Ma Eligio, non vedesti che, a lungo andare, il centrodestra italiano ha indulto alle stesse pratiche di conformismo culturale, unanimismo coatto alle idee del Capo, negazione della dialettica, disprezzo della democratica concertazione riformistica, pratiche appunto tipiche di quegli altri?
E. Certo. E la riforma della scuola mi ha convinto di essere caduto da un totalitarismo all'altro: decisioni prese sull'onda del puro odio, assenza di qualsiasi dialogo, irremovibilità anche di fronte agli effetti più assurdi dei provvedimenti (le classi pollaio, la didattica impossibile, le assenze dei docenti senza supplenza, la distruzione delle carriere in certe classi di concorso), oltre alla meschinità di affermazioni come: "Nessuno perderà il posto con questa riforma", oppure: "Sono le proteste dei difensori del vecchio: meridionali, fannulloni e di sinistra". Come no, io proprio...
P. Vabbe', allora tutto il tuo livore ex novo è poi frutto di particularismo guicciardiniano...
E.  Non dico di no. Gli ultimi attacchi alla mia categoria forse mi hanno aperto gli occhi. Poi ho visto gente difendere l'indifendibile riguardo alle gesta e alle parole del Capo, e pareva di stare a Botteghe Oscure dopo la rivoluzione d'Ungheria. Tutti a dire le stesse cose, tutti educati alle rispostine meccaniche, nessuno più che cerca la verità, ma bada solo a persuadere sull'idea che piace a lui, strumentalizzando anche le virgole dell'avversario!
A.  Platone sottoscrive.
E.  E la violenza del dibattito in cui non è ammesso contraddittorio che non sia la lite...
P.  Sì, specialità sinistrese, ma l'hanno appresa anche di là.
E. Capite insomma, miei buoni amici, che io non ho dove appartenere? Voterò PD, lo dico, ma con l'ipocrisia di chi vuol difendere un giardinetto su cui gli eventi della Natura e della Storia hanno infierito oltre misura. Non c'è nulla che mi assinistri, chè la socialdemocrazia non è ancora sbocciata in modo convincente in queste sciagurate lande, ma a destra nessuno mi rappresenta, perché la mia destra vive di un'idea troppo utopica di società in cui convivono serenamente ingranaggi piccoli e grossi, in cui gli onori e gli oneri sono proporzionali, in cui ciascuno può quel che sa, e la paraculaggine è un mito lontano. E la cultura non è discrimine elitario tra Giusti e Indegni, ma alimento dello spirito per assaporare il gusto della coscienza universale che si autoconosce e si racconta, interrogando attonita il mistero della realtà che ci avvolge per ravvisare le Trame dell'Essere. Ma chi oggi in Italia mi dice ciò?
A.  Non hai torto, Eligio. Voto di disperazione, dunque?
E. Mi si chiami pure voltagabbana. Forse ho capito tardi, o forse ho scelto sempre ciò che credevo il meno peggio. Ma di una cosa sono sicuro: compiuto il mio dovere di bravo cittadino, se i nuovi equilibri politici mi daranno quel che voglio, i seggi elettorali non mi vedranno mai più. Ho dato troppo per quello che ho ricevuto. E inizierà la ricerca dell'Altrove.
A.  Confermi dunue quanto detto sin qui?
E.  Dalla prima all'ultima parola.
A.  Ebbene, Eligio, vota in scienza e coscienza, ma poi ricorda che il futuro non si crea aspettando le mani della Provvidenza, bensì plasmando la realtà secondo l'intenzione. Esci dalla tua narcisistica abulia secondo cui la virtù attira automaticamente a sé i premi che le spettano. Purtroppo è vero l'inverso: dall'Albero della Vita i frutti della Soddisfazione vanno strappati a forza. Vivi a tre dimensioni, o nulla mai sarà, Barriera Estrema o non Barriera Estrema.
P.   Sottoscrivo.
E.  Grazie.
A.  Prego. Posso andare, ora? Ho da finire il match di golf con Cassiodoro e sono alla terzultima buca....
E.  Sì, direi che ci siamo messi d'accordo. [Agostino esce da sinistra] Del resto, nulla è, e se qualcosa fosse, io allora non sarei nulla, poiché se dobbiamo esistere, allora la vita è un vuoto supplizio.
P.  [dirigendosi verso l'uscita di destra] Dove l'ho già letta?
E.  Così, se guardi in su... [esce con Petrarca, sipario].


lunedì 18 febbraio 2013

Eroi di carta e briciole di sciamanesimo

Una breve nota per disquisire di un fenomeno che sembra un po' il piatto forte degli ultimi tempi; non sono le nostre elezioni politiche e nemmeno il prossimo conclave a Papa vivente, bensì la demolizione, o meglio autodemolizione in cui stanno incorrendo due simboli dello sport mondiale, fino all'altroieri additati ad esempi sublimi di come si superano i dolori e i drammi della vita e li si converte in vittoria.
Non sarà sfuggito infatti a nessuno che il noto ciclista Lance Armstrong, sopravvissuto a disavventure oncologiche di varia entità, vincitore di 7 Tour de France consecutivi e quindi accusato e professato fruitore di doping, abbia aggiogato la sua vicenda a quella del velocista Oscar Pistorius, privato della gambe da una gravissima malattia contratta da piccino, dotato dalla moderna tecnologia di due appendici molto Transformer, partecipante, dopo fiumi di polemiche, alle Olimpiadi londinesi assieme ai 'normodotati', quindi assuntore di steroidi che gli hanno fatto un filino perdere la crapa, portandolo ad ammazzare la fidanzata in una notte d'estate (là giù in Sudafrica, s'intende). 






Vicende torbide, si sa. Lo sport ormai, del resto, insomma, sì, scemo chi s'illude davvero che certi record, certe strutture fisiche, certi coefficienti di resistenza alla fatica possano essere davvero credibili. È chiaro che, da quando anche la competizione sportiva altro non è che l'intervallo tra due sponsorizzazioni, all'atleta si chiede non solo la vittoria, ma il trionfo totale, su di lui si scommette una tal mole di soldi in accessori e strumentazioni e si investe un tal numero di spot che non è nemmeno ipotizzabile una sconfitta. A meno che essa non arrivi da parte della futura stella di future competizioni. Morale, la piaga del doping è elegantemente biasimata da tutti, ma alla fine di sa che senza certi atleti acchiappa-pubblico il movimento, qualsiasi movimento, andrebbe a gambe all'aria. Sì, l'idea che io e la Spocchia ci siamo fatti è che gli organismi internazionali con un occhio condannino il doping, ma con l'altro, non dico lascino fare, ma comunque controllino un pochino 'a campione' per dosare gli scandali e far fuori i pesci piccoli finché si può, mentre quando ormai il pesce grosso smarrona in modo indifendibile (7 Tour de France dopo essere stato strappato alla morte per un soffio e dopo cicli di chemioterapia che avrebbero abbattuto Moby Dick? Ma dai...) lo si abbandona al suo destino. Saremo maliziosi, ma si sa...




Però questo è ancora il meno. La cosa che più offende, nel caso dei simpaticissimi Lance & Oscar, è che a loro è stata garantita sin da subito un'aura di santità a motivo delle loro disgraziate vicende biomediche, e le loro vittorie hanno creato attorno a loro il mito. Poi però si scopre che, dietro i lustrini e le 'storie' esemplari cucitegli addosso, i due simpaticoni facevano come e peggio degli altri. Del doping di Armstrong s'è detto; quanto a Pistorius, a parte il dettagliuccio dell'omicidio, vi è che l'ottimo centometrista aveva in casa damigiane di steroidi, come il più sfigato dei palestrati di nostra conoscenza. Insomma, l'immaginario collettivo mondiale ha scommesso su di loro, ha costruito un'epica dell'Atleta Oltre La Malasorte, ma al momento dei conti finali, questi due si sono dimostrati di un'ipocrisia somma, come somma è la paraculaggine di chi li ha portati alle stelle per lucrare e ora li lascia cadere.
Si dovrebbe trarre semmai un'altra lezione da questi fattacci: nell'epoca del matrimonio forzoso tra sport e sponsor (chè altrimenti nessuna manifestazione si potrebbe organizzare, visti i costi) dobbiamo rassegnarci e scordarci l'immagine dell'Atleta Santo, che gareggia per il puro gusto della competizione, che mangia crostate all'albicocca per 20 anni, va a dormire presto, porta a spasso il cane correndogli dietro e così fa attività aerobica e nelle pause si siede sotto un faggio a zufolare. Balle. L'atleta da competizione è un prodotto tecnologico, a cui si contano anche i battiti di ciglia in rapporto all'attività della ghiandola pineale, che viene monitorato costantemente in ogni funzione biologica, dalla produzione dei succhi gastrici al grado di densità della sinovia. E soprattutto, dove la costituzione fisica non arriva, la chimica aiuta sempre. Sempre.
Non stupiamoci dunque dell'antro da apprendista stregone che sia Armstrong che Pistorius avevano allestito in casa loro. Usciti dal loro stato di minorità, essi non si sono offerti al mondo come i buoni in un ambiente di sportivi marci; al contrario, la sete di rivalsa contro il destino ingiusto ha moltiplicato in loro il senso della scorrettezza. E se è così (sinfonia della Spocchia on), non c'è tumore o amputazione di gambe che tenga: cari voi due, fate schifo, come un Ivan Basso qualsiasi, siete degli eroi di polistirolo allo stesso modo (ombrello antimeteorite on) di Marco Pantani (l'ho detto, ahhhhh....). Non si può davvero pensare che una disgrazia personale, anche del livello delle loro, si trasformi in una sorta di apertura di credito permanente in forza della quale a loro è concesso tutto, perché poverini con quello che hanno avuto... O forse che la famiglia della defunta fotomodella giustificherebbe Pistorius 'perché ha tanto sofferto'? Quindi se hai sofferto tu devo andarci di mezzo io? Detto più in piccolo, e disgustosamente 'made in uno che lavora nella scuola', mi sembra quando certe mamme d'assalto pretendono trattamenti di favore per i figli, perché hanno avuto gravi problemi di salute. A domanda: "E il problema qual è'?", la risposta è: "È stato due mesi a casa per polmonite l'anno scorso". Ah, come no...
Grande o piccola che sia la disavventura vissuta, non è possibile che in nome di quella a qualcuno sia concesso tutto. Lo si aiuterà, certo; lo si faciliterà pure, ove giusto e necessario; ma gli effetti dell'eroicizzazione del caso umano umano sono tutti nelle due notizie oggetto del presente Spocchia's speech: 7 Tour vinti come MAI nella storia del ciclismo e una partecipazione alle Olimpiadi 'normali' ottenuta a furor di popolo, con mediocri risultati, shopping di steroidi ed un omicidio in gobba. 
Si sa, nelle culture antiche c'è sempre la figura che possiamo chiamare genericamente 'sciamano', ovvero un individuo all'interno del gruppo sociale che è caratterizzato da una menomazione fisica o psichica, compensata tuttavia dalla capacità di parlare con gli spiriti della natura o di compiere performance comunemente negate agli altri, in genere legate al mondo magico e pure della creazione poetica (sapevate che Omero era cieco, sì?). Lo sciamano, proprio per l'apparente inferiorità rispetto alle caratteristiche ordinarie del suo popolo, è in realtà ritenuto una creatura oggettivamente speciale nella sua anomalia, degno di riverenza e muta ammirazione, datosi che egli è in grado di raggiungere dimensioni negate ai comuni esseri umani. Quale migliore applicazione di questo paradigma nei personaggi di Lance&Oscar, che dall'handicap sono saliti alla vittoria contando su una forza di volontà non comune (e nel caso di Pistorius anche su gambe non comuni), segno di una personalità rarissima e preziosa, da esibire al Pubblico Medio come paradigma sommo di virtù? Ora, ripercorrendo i ritratti delle più celebri figure sciamaniche, ci sarebbe da citare pure la sacerdotessa di Apollo al tempio di Delfi, la famosa Pizia, specializzata nel dare oracoli & profezie per conto del dio a tutti i passanti. Ricerche accurate svolte in tempi decisamente più recenti rispetto al mito, hanno portato a concludere che le zone del tempio di Delfi ove la Pizia esercitava corrispondevano a fenditure nel terreno da cui usciva un gas allucinogeno che stordiva la sacerdotessa, portandola a vaticinare or questo or quello. Per dire che pure lo sciamano, quando il contatto col dio latitava, una sniffatina se la concedeva. Ci stupiamo ancora?

domenica 17 febbraio 2013

'Lacrime del tramonto', episodio 6: è questa l'ora di riportare a casa il bambino?

[Attenzione attenzione: per comprendere lo svolgimento dei prossimi episodi, dobbiamo erudirvi su un paio di articoli del codice penale di Las Rooedas, nella sua versione adattata agli usi di Chachakunya].

Art. 554: Qualora un abitante chahakunyese riceva offesa da un suo concittadino, gli è data facoltà di vendicarsi tramite la procedura in silentio, ovvero non rivolgendo più la parola all'offensore per un periodo variabile dai 5 ai 45 anni ex opinione tribunalis, oppure ad se vindicandum, cercando cioè un sistema rapido ed efficace per restituire l'offesa ricevuta, per cui vedi infra.
Art. 555: Se l'offesa riguarda il patrimonio, è data all'offeso facoltà di vendicarsi incendiando i veicoli a motore appartenenti all'offensore, qualora essi abbiano una cilindrata inferiore ai 1500 cc. Ove tale misura sia superata, è data facoltà all'offeso di far saltare in aria i veicoli medesimi.
Se l'offesa riguarda la persona, o le persone immediatamente vicine, fino al dodicesimo grado di parentela, è data facoltà all'offeso di organizzare una sfida di rivalsa da lanciarsi all'offensore secondo le seguenti modalità:
a) Se l'offesa si è verificata in luogo chiuso, l'offeso sfiderà l'offensore ad una gara di rutti, sostituibile con una gara di Forza 4 ove uno dei due contendenti sia affetto da irritazione alle prime vie respiratorie.
b) Se l'offesa si è verificata all'aperto, l'offeso sfiderà l'offensore a badminton, avendo cura, ad ogni scambio, di incendiare il volano, così da provocare ustioni all'avversario o costringerlo alla resa.
c) Se l'offesa è avvenuta durante un'occasione comandata (battesimi, confessioni, comunioni, cresime, matrimoni, fidanzamenti, estreme unzioni, camere ardenti, funerali, anniversari, feste parrocchiali, raccolte di fondi, inaugurazioni di ville) è data facoltà all'offeso di organizzare una gara di palla bollata cui partecipino i membri di entrambe le famiglie, sì che le squadre siano formate da un numero identico di giocatori, da un minimo di 3 ad un massimo di 75. Lo scontro si svolgerà secondo il regolamento corrente della palla bollata, approvato dal CIO in data 25-09-1968, con l'aggiunta del fatto che, ad ogni tiro, il lanciatore dovrà rinfacciare qualche offesa all'avversario scelto come bersaglio, o in alternativa insultarlo pesantemente;
c) ove l'avversario respinga o eviti l'attacco, e nel contempo riesca a replicare al rinfaccio o all'offesa, potrà restare in giuoco;
ci) ove l'attacco sia respinto o evitato, ma non avvenga la replica suddetta, l'avversario non potrà attaccare a sua volta per quel turno;
cii) ove l'avversario non respinga o eviti l'attacco, né riesca a replicare, sarà eliminato dal giuoco fino ad eventuale liberazione da parte dei compagni.
Alla fine della gara, se la vittoria sarà della squadra dell'offeso, la squadra dell'offensore dovrà girare per le vie delle 7 città principali di Chachakunya a bordo di un pick-up e subire lanci di uova e mostarde assortite da parte dei passanti; se la vittoria sarà della squadra dell'offensore, l'offeso dovrà farsi rinchiudere in un bidone della spazzatura vuoto, che sarà poi appeso ad un gancio a due metri da terra, e successivamente l'offensore e al massimo due dei parenti prossimi di costui rintroneranno l'offeso colpendo il bidone con mazze di legno e spranghe di metallo, per una penitenza di durata non inferiore ad ore 5 ex opinione tribunalis.

Fu dunque leggendo con cura gli articoli sopra riportati che Derrilla decise di lanciare il guanto di sfida alla cugina, che l'accettò. Il problema sarebbe stato, evidentemente, il recruiting della squadra, poiché la nostra fantastica amica era in bega con praticamente tutti i membri della sua famiglia, ma forse, lavorando di psicologia, qualcosa si sarebbe portato a casa.
Pif e Wak erano, ad esempio, già della partita, poiché il fallimento del fidanzamento della loro primogenita era una chiara macchia sull'onorabilità della stirpe. Tra le sorelle, tutte 'improvvisamente' tornate dai loro impegni un quarto d'ora dopo la fine forzosa della cerimonia di fidanzamento, si riuscì a tirar dentro solo Martirio, che da bambina si era dedicata alla ginnastica ritmica e quindi sapeva lanciar palle in modo sufficientemente fantasioso (la promessa di un set per cucire gli occhi ai pappagallini vivi fu di fatto estremamente convincente). Le altre tre accamparono scuse plausibilissime (la gotta, l'oroscopo sfavorevole, l'avvicinarsi della festa del patrono) e quindi Derrilla non insistette. Faillor fu convinto dopo un assedio di 18 ore sotto casa sua. Ripresosi dal colpo di zoccolo di Truleida, il giovine era stato raccolto da Sidròn, che gli aveva proposto una polizza retroattiva contro i fidanzamenti mancati, ma aveva reagito in modo davvero inurbano, centrando l'assicuratore sempre molto disponibile con una ginocchiata in pieno volto, lasciandolo poi a languire in un lago di cerone. Aveva quindi vergato, sul retro della polizza rifiutata, una lettera d'addio a Derrilla che suonava cosi: ”Non avrei mai pensado que te piacessero più i postini de migo. Me impegno de abandonarte per siempre e senza ricevuta de ritorno”. Nonostante la marmorea perentorietà di queste frasi, Derrilla si piazzò davanti all'abitazione del quasi-fidanzato e, col megafono che Palmito usava quando giocava a guardie e ladri, lanciò profferte di riconciliazione.
“Querido, estamos stati engannadi todos duos... non ho mai piensato nemmeno por un minutinho de zomparme uno che va con tutte dietro emolumiento. Eppoi, è pure più basso de migo...[Derrilla è alta 1,73 m. ndr] e tu sabes che yo vado encantada solo dai fustacchiones como tigo....”. Tra Sidròn (1.72 m.) e Faillor (1.74 m) la differenza di altitudine era davvero irrisoria, detto pure che l'assicuratore rinforzava occasionalmente le suole delle scarpe con aiutini acconci e quindi risultava in quel caso un filino più alto del dovuto. Eppure Faillor si sentì considerato e si addolcì. Socchiudendo la finestra giusto per far sentire la sua voce, sussurrò: “Derrillita, luz de meos ochos, de verdad non te la sei mai entendida con ello? Porque lui è mucho plus bajo de migo, ma è plus musculoso...”.
“Ma quando mai ho badato a quelle cose, Faillorinho de mi vida... [massì, due ex-fidanzati spogliarellisti, cosa vuoi, ndr] E poi Sidròn ha i piedi storti dopo una vita a jugar a calcio, tu invece hai quel guapissimo alluce valgo che me fa enrotolar de plazer todas las vueltas...”.
“Y ahora, soy siempre al primero puesto del tuo corazòn? Pure se ho due premolari marciti?”.
“Mi amor, Truleida me ha confidado che Sidròn mangia ancora gli omogeneizzati al merluzzo, porque tiene el reflusso gastrico che pare la estiva de una nave de deportados inglesi. Entiendes? Tu es el solo e l'unico!!!”.
“Muy bien, allora te aiuterò a vendicarte. Ma cosa dirà la gente de nosotros?”.
“Ma cosa vuoi che dica, non c'è nessuno....”, chiuse le trattative lei, trascurando il fatto che attorno a casa di Faillor s'era formato un capannello di 800 persone incuriosite dal fatto che la ragazza si rivolgeva al suo bello stando a cavalcioni di una moto con testa di mucca al posto del manubrio e cingoli al posto delle ruote. Da quel giorno, peraltro, sia Sidròn che Faillor furono interdetti dall'ingresso in qualsiasi negozio di infradito in tutta Chachakunya.
Derrilla aveva comunque raggiunto il suo scopo, ovvero mettere insieme una squadra di 5 componenti, lei compresa. Si trattò quindi di dissuadere chiunque dei conoscenti ad accettare di schierarsi con Mareja. Le sorelle di costei (Gennarda, Piarda, Gustarda) furono narcotizzate e trasportate nelle segrete di palazzo Sombra de La Lira, dove Palmito le avrebbe intrattenute per tutta la durata del Match con una sua personale rivisitazione de L'esorcista. Agli amici intimi fu fatto credere che c'era una svendita di forni a microonde parlanti nella contea di Sfidhumpiah, 800 km da Las Rooedas, e fu un attimo vedere charter di chachakunyesi intraprendere il duro e lungo viaggio fin là. Don Ardiego fu messo a nanna con tre casse di liquori assortiti.
Chi poteva mancare?, si chiedeva Derrilla, secondo i cui calcoli la cugina avrebbe potuto schierare solo Truleida, Sidròn e Adrianette. Perché se poi uno dei due contendenti non avesse messo insieme un numero di giocatori pari a quello dell'avversario, avrebbe perso a tavolino, incorrendo nella penitenza supplementare di andare a vivere per 6 mesi in una casa interamente di vetro, con pareti di vetro, mobili di vetro, letti di vetro con coperte di piombo, e sopratutto gli occhi di tutta Chachakunya addosso, detto che la casa era in piazza a fianco del municipio, il tutto a privacy zero. A Derrilla non spiaceva nemmeno questa seconda ipotesi, ovviamente.
Si giunse nondimeno al giorno dello scontro, che si tenne all'Arena de los juegos populares di Chachakunya, un delizioso stadio-bomboniera di forma trapezoidale con il campo ovale, due ordini di colonne corinzie su cui appoggiano architravi di uranio impoverito, sormontate a loro volta da statue allegoriche rappresentanti la Bega e la Riconciliazione sul lato destro, il Bancomat e la Carità (nel senso di andare a chiederla) sul sinistro. L'ingresso principale è un portone di plexiglas dentro un arco a tutto sesto di polistirolo tubolare, con pannelli su cui si trovano incisi i principali episodi mitici dell'epos chachakunyese: Fisturzio, quadrisnonno di Pif, sconfigge il porcospino Sblonz, i cui aculei infestavano i prati della vallata di Las Rooedas, e sul luogo dove viene sepolto l'animale si erige una torre di guardia attorno a cui prende vita l'abitato di Asparaja, capitale di Chachakunya e teatro degli eventi che andiamo narrando. Fisturzio sposa la principessa Carojakom, cieca da un occhio, eredita dal padre di lei il Batticarne del Potere, prezioso strumento forgiato col materiale di risulta dell'Unico Anello di Morgoth, e con esso sottomette tutti i bovini, ovini, caprini, equini, suini del circondario e li porta a gettarsi volontariamente negli ammazzatoi costruiti alla bisogna, sì che tutta Asparaja diventa il principale centro di smercio di carni assortite di Las Rooedas. Peccato che, un brutto giorno, Puffer, primogenito di Fisturzio e Carojakom, litighi col fratellino Crycirc per la primazia nell'acquisto di un Pachinko, ciò per cui i due eredi al trono di Chachakunya cessano di rivolgersi la parola. Nottetempo, tuttavia, Crycirc ruba dal credenzino del padre il Batticarne e, giunto al Tempio della dea Hicethea, protettrice di Asparaja, sale sull'altare consacrato al lumacotto Rawlerm, prima vittima dell'appetito di Sblonz, e recita la Formula Proibita: “Sai se domani ha piovuto? Io noooooooo!!!!!!!!!!”; dal Batticarne fuoriesce un'onda di energia che avvolge il fanciullo, il quale si trasforma in Prizfiq, il Centauro dal busto di uomo e le zampe di lepre: comincia quindi una serie di terrificanti scorrerie nei campi di tutta Chachakunya, poiché la creatura demoniaca si ciba solo di radici di Euplemmia, il rarissimo tubero di Las Roo edas dalle proprietà nutritive eccezionali che però cresce solo in 500 esemplari l'anno. Per fermare la razzia, Fisturzio ordina a Puffer di consumare il matrimonio con la promessa sposa Krullia, sì che dalla loro unione possa nascere il Vendicatore che fermerà Prizfiq. Purtroppo Krullia litiga con la suocera Carojakom per una questione di cinquine contestate a tombola e rifiuta di congiacere col marito; non rimane che pagare la prima che passa, ovvero Ferraja, trisnonna di Sidròn, perché si lasci zompare da Puffer. Fatto lo zompo, si entra tutti nella Stanza dello Spirito e del Tempo, affinché il figlio di Puffer nasca di lì a 15 minuti. Ecco infatti che viene al mondo il Fanciullo del Destino, il piccolo Carmelo, che in groppa al leone Giovanni si lancia contro Prizfiq e lo affronta in un duello memorabile, alla fine del quale muore (Carmelo, non Prizfiq). Sconvolti dal mancato avveramento della profezia, Puffer e i suoi attirano in trappola il Centauro, lasciando nel tempio di Hicethea un vaso di nocciole avvelenate tutto ricoperto di colla. Prizfiq casca in pieno nel tranello, mangia le nocciole, ma non muore avvelenato, però una gli si blocca nell'esofago e lo soffoca. Fatto a pezzi il mostro, Puffer ne seppellisce una parte dove ora sorge il Palazzo Sombra de La Lira, un'altra dove poi si ricaverà il lago artificiale deputato all'allevamento dei piranha e un'altra ancora in una buca sopra cui viene costruita l'arena dove stanno entrando i nostri fantastici amici.
Il pubblico assiepato sulle tribune gridava in modo assordante, equamente diviso tra sostenitori di Derrilla (ovvero tutti quelli che avevano litigato almeno una volta con Mareja) e sostenitori di Mareja (ovvero tutti quelli che avevano litigato almeno una volta con Derrilla). Lo speaker chiamò a scendere in campo le due squadre. Derrilla, sistemandosi la tutina da palla bollata delle Winx comprata in svendita durante la Quaresima, guardò orgogliosa i suoi compagni di squadra: Pif, vestito con un grembiulaccio da macellaio che ne rendeva agili i movimenti, Wak tutta fasciata in una salopette di visone, Martirio vestita da ginnastica ritmica e Faillor, in costume da bagno per sfidare Sidròn a colpi di pose. L'inebriante aria dell'arena, tutta pregna delle urla del pubblico, eccitò tutto d'un colpo la ragazza, che guidò spavalda la sua squadra verso il centro del campo. E dall'altra parte, pronta a raccogliere la sfida, Mareja col suo team. Derrilla, convinta di vincere a tavolino, non notò subito che i componenti della squadra avversaria erano invece proprio cinque. Quando però fu vicina al centro del campo, sobbalzò: Mareja, Sidròn, Truleida, Adrianette e........... Paquito?!?!?!?!?!?!?

[6- continua

lunedì 11 febbraio 2013

"Grazio il maggiordomo e mi dimetto", grande fiction in Vaticano.

Dubbio non v'è che in questa nevosa giornata febbrarina, a ridosso del Carnevale, noi tutti ci si aspettasse qualche scherzo che vale. Lo scherzo non c'è stato, il botto sì.
Uno non può nemmeno pensare alle frittelle che giù a Roma gli si dimette il Papa. L'evento è di quelli storici, giacché l'ultimo Papa ad aver detto ciao alla cristianità da vivo era stato Gregorio XII, epperò erano i tempi dello Scisma d'Occidente, quando i Papi venivano eletti e dimessi avendo in realtà pochissima voce in capitolo. Di fatto, l'unico le cui dimissioni abbiano lasciato qualche seria memoria è il Celestino V simpaticamente ricompensato per questo gesto da Dante.
In ogni caso la notizia è grossa, perché, con tutto il rispetto per gli altri Papi che già si dimisero, Benedetto XVI è obiettivamente il primo Papa "moderno", post- Stato della Chiesa, diciamo, a compiere un gesto simile, e la cosa avviene nella nostra era superinformata, sì che ai quattro angoli del Globo sarà tutto un fiorire di ipotesi & commenti sulle cause e le conseguenze del gesto. E' chiaro infatti che il precedente che va a crearsi non ha alcun vero parallelo con il passato, ed è perciò gravido di segnali per il futuro. Provvediamo a delineare qualche scenariuccio, già che saremo in ottima compagnia, giusto quei 7-800 milioni di blogger in tutto il mondo, oltre ai notiziari di Telenorba e Roccacannuccia weekly.


CAPO PRIMO: SANTITA', MA PERCHÈ?


Dice Ratzinger: "Sono stanco". Sì, guidare una cosina come la Cattolicità a 85 anni è forse una sfida un filino superiore all'umana forza. Udienze, viaggi, encicliche, concistori et alia... Tenete conto, miei giovani lettori, che Giovanni Paolo II è giunto pure lui alla soglia degli 85 anni, ma vivendo gli ultimi 7-8 anni di pontificato in uno stato generale eroico nella sofferenza e tuttavia desolante per l'immagine del Capo della Chiesa. Siamo chiari: abbiamo tutti ammirato l'apostolato della malattia esibito da Wojtyla, il suo farsi anche fisicamente imago Christi, sbattendo peraltro in faccia alla nostra modernità, tutta tesa ad esorcizzare affannosamente i concetti di vecchiaia, decadimento fisico e morte, la naturalità della vita che si estingue, ma che viene tratta fino all'estremo in nome di una Missione. Gran cosa, che dimostra come il Papa più mediatico dall'epoca dell'avvento dei media ha saputo piegare la forza dei media stessi ad un messaggio ostinatamente cozzante contro i valori della società soprattutto occidentale, che ai media chiede di diffondere ben altri paradigmi. Detto ciò, le preghiere domenicali dell'Angelus, ma pure tutte le uscite pubbliche papali, degli ultimi 3-4 anni erano obiettivamente svilenti. Massimo rispetto per l'uomo, ma le Ave Maria sbiascicate, le benedizioni tremolanti, i discorsi letti meccanicamente, ma senza più partecipazione, la pedanina mobile, la gestualità aggredita dal Parkinson, l'impressione che il Pastore per eccellenza fosse ormai ridotto a pupazzo, tutto ciò ci infastidiva, ma non certo per motivi estetici, ohé che noi si vuole il Papa figo che saltella, ma per carità, il fatto è che la domanda che ci ronzava in testa era ben più seria: "Si sta rendendo conto di quello che gli accade? È presente nelle sue decisioni? È in grado di guidare la Barca di Pietro? O qualcuno lo tiene lì di facciata e intanto dietro è tutto un manovrare?".
Problemi, come si nota, molto 'manageriali' e molto poco teologici, però ineludibili: la Chiesa non è un'agenzia del bene che si muove a colpi di preghiere, è un'istituzione internazionale con un precisa missione che però proprio per questo deve essere condotta, sia detto senza oltraggio, COME una multinazionale, esigendo quindi una capacità di controllo e di decisione che non può essere demandata ad un ottuagenario, per quanto ardente e serafico di autentica fede egli sia. E non basta certo che l'ottuagenario si circondi di valenti ministri cui delegare i compiti. Alla fine egli non deve rispondere ad un board di soci, ma al suo diretto superiore, della cui ipostasi-Figlio si trova ad essere il vicario in terra: insomma, l'ultima parola su tutto DEVE comunque essere la sua, perché il contatto più diretto coi piani alti è il suo e non di altri.
Ecco, sia perché anche il povero Luciani, al netto delle ipotesi da 007, ha avuto un cedimento psicofisico dopo appena un mese di pontificato, sia perché, s'è detto, Wojtyla si è visibilmente accartocciato sul finale, credo che Ratzinger, da persona lucida qual è, abbia tratto esempio dalla vicenda di entrambi i predecessori e abbia voluto risparmiarsi e risparmiarci lo spettacolo di un Papa fulminato/consumato dalla malattia e magari esibito nel suo lento decadere. Le sfide della Chiesa nel terzo millennio sono troppe perché essa si possa permettere il lento tramonto della sua guida, mentre tutto il resto del mondo affila le armi per affrontare da posizioni sempre più dominanti i nuovi scenari che verosimilmente ci si pianteranno davanti nei prossimi decenni. All'immagine nobile, ma concretamente inutile se non controproducente del Capo che avvizzisce, Ratzinger ha preferito il ritiro nel pieno della propria autonomia decisionale, sì che alla Chiesa non manchi una guida sempre vigile, senza dover subire lo stillicidio di una fine il cui protrarsi porterebbe via tempo ed energie preziose ad una Chiesa che di tempo ne ha davvero sempre meno.


CAPO SECONDO: L'ATTACCO DELLA MODERNITÀ COGLIE IL SUO PRIMO BERSAGLIO?


Se c'era chi temeva che, dopo il pirotecnico pontificato wojtyliano, questo di Benedetto XVI sarebbe passato negli archivi della storia alla voce: "Papa coso, quello là dopo quello bravo bravo che ha ammazzato Stalin", credo che i timori siano ormai fugati: sarà impossibile dimenticare questo pontificato proprio per il finale assolutamente inaspettato che lo caratterizza. Però onestà intellettuale impone di considerare altri elementi sicuramente forti di questi quasi 8 anni: dalle frasi fraintese ad arte sull'Islam, alla questione orrendamente spinosa della pedofilia dei sacerdoti, dalle polemiche sui matrimoni e convivenze omosessuali alla grana annosa dei divorziati che si risposano, dall'etica del preservativo fino ad arrivare agli scandalacci imperniati sull'attività di spionaggio all'amatriciana perpetrata dal maggiordomo Paolo Gabriele, con l'emersione quindi di tutto un mondo di intrighi che naturalmente solo Biancaneve poteva non sospettare, e che però erano davvero tanti & complessi, alla somma di tutto era pensabile che la pur teutonica fibra di Ratzinger avrebbe alzato bandiera bianca.
Certo, i commentatori più occhiuti hanno osservato che il grosso dei problemi che hanno fatto da ginepraio alle passeggiate pomeridiane del Papa in Vaticano era in radicato nell'epoca precedente, e non poteva essere diversamente, dato che Giovanni Paolo II ha regnato per 27 anni sulla Cattolicità. Sorge cioè il fine sospetto che gran parte dello scandalismo anti-Ratzinger copiosamente sgorgato in questi anni abbia avuto una certa regia, che ha sfruttato mende obiettivamente grosse della Chiesa, e che però le ha fatte ricadere tutte sull'ultimo arrivato. Non v'è dubbio che già l'allora Cardinal Ratzinger dovesse aver sentore degli scandali che bollivano in pentola al di qua e al di là dell'Oceano [update: altroché se lo sapeva, aveva anche istruito i processi canonici contro i preti toccaccioni....], ed è risaputo che il braccio ideologico di Wojtyla sia stato lui. Cioè: non siamo qui a disquisire quanto potesse o non potesse sapere uno che ha vissuto in pianta stabile in Vaticano dal 1981, chiamato a presiedere l'ex Sant'Uffizio dopo aver retto la diocesi di Monaco di Baviera. Né, sia detto pure questo, Ratzinger ha mai fatto ciò che è tipico dei nostri politici, ovvero scaricare tutte le colpe su chi c'era prima. Però, però, c'è in effetti stata una certa ferocia negli attacchi che la precedente gestione non ha subito, e ricordiamoci bene che Wojtyla non è stato meno duro del suo successore in materia di comunione ai divorziati o pratica dell'aborto. Ma a lui si perdonava tutto, vuoi per il suo ruolo di sminatore del comunismo in Europa, vuoi per certe apparenti 'aperture' come le scuse per gli errori passati della Chiesa, scuse che per esempio Ratzinger non aveva condiviso. In realtà l'anticonformismo di Wojtyla in certi comportamenti è stato subito declinato in prospettiva pop ben oltre le reali intenzioni del Pontefice. Il quale però, ritenendo questo ritorno d'immagine tutto sommato positivo per la Chiesa, ha coscientemente lasciato fare.
Ratzinger no, il Pastore tedesco che avrebbe riportato la Chiesa ai tempi di Bonifacio VIII era cattivo a prescindere, chiuso e bigotto, da condannare per ogni mezza sillaba. Specie le mezze sillabe su diritti ritenuti ormai cosa di fatto come le unioni omosessuali. Le quali, beninteso, sono una questione da cui la legislazione di qualsiasi paese civile non può prescindere, ma che non possono davvero diventare il discrimine tra buona e cattiva politica, secolare od ecclesiastica che sia. La dialettica culturale in cui siamo immersi è ben più ampia. Dietro allo scontro Vaticano- Resto del Mondo che si è profilato nell'ormai tramontante era Ratzinger sta in verità la lotta cinquantennale tra un modello di civiltà laica, nella quale il solo fatto di desiderare una cosa implica il diritto- dovere di averla e una civiltà che promulga ancora permessi e divieti; da un lato un'idea della vita calata nel solo orizzonte terreno e materiale, dove non esistono valori più nobili di altri, ma ciò che piace al singolo è già un valore in sé da tenere a fianco, senza conflitto, coi valori degli altri, dall'altro un programma esistenziale che ha il suo ultimo sbocco in una dimensione metafisica di cui questa quaggiù è l'anteprima, dimensione che però esige, per essere raggiunta, il rispetto e la difesa di valori definiti non negoziabili, comuni alla dignità di qualsiasi essere, valori della coscienza umana che sono però in esatta sintonia col volere divino e sono impossibili da secolarizzare. Bref: un conto è passare dalla messa in latino alle cantate di padre Cionfoli, altro è accettare di considerare l'embrione di tre settimane 'un ricciolo di materia' la cui espulsione dall'utero è poco più dolorosa dell'estrazione di un dente cariato, ma ha le medesime conseguenze sul piano morale, cioè, a detta degli abortisti, nessuna.
Dicono quindi che il quasi ex Papa Benedetto di è trovato sotto assedio da parte di una civiltà ormai troppo distante dal Cristianesimo, che però ha trovato il grimaldello per indebolire l'immagine della Chiesa proprio in quei difettucci che essa sconta nel suo concedersi troppo alla dimensione temporale. È dai tempi di Cheope che i tre motori del mondo sono il potere, il sesso e la ricchezza: ebbene, nessuno stupore che si sia deciso di bombardare il Vaticano col rinfaccio di scandali legati alle manovre della Segreteria di Stato, alla pedofilia e i guai dello IOR con connesso arricchimento illecito di certuni [update: per l'appunto....]. Il messaggio è tipico del rinfaccismo cui peraltro la più recente politica italiana ci ha abituato: "Moraleggia poco, hai l'armadio pieno di pantegane morte pure tu...". E Ratzinger, comprensibilmente, non ne ha più potuto.


CAPO TERZO: SÌ, MA POI?


Qui il campo delle ipotesi è tanto sterminato quanto nebbioso. Godibilissime le domande da pivelli al primo servizio serio che i giornalisti della sala stampa del Vaticano ponevano ad un ottimo Padre Lombardi, al posto del quale io avrei cominciato a lanciare posacenere da un quintale sugli astanti. "Se per caso parte della Chiesa restasse comunque fedele a Ratzinger, ci sarà un nuovo scisma?". "Ma se il futuro ex Papa andrà a vivere nell'ex monastero di clausura che c'è dentro le mura vaticane, allora non si muoverà mai più da lì?". Ma sopratutto: "E dopo il 28 febbraio, IL PAPA COSA FARÀ?". Però... le domande dell'angolo della posta di Top girl o Cioè ("Ho baciato il mio ragazzo, resterò incinta?"; "È possibile fare l'amore se si è vergini?"; "Le donne primitive avevano il ciclo?") al confronto valgono il Pulitzer.
A parte che il sottoscritto, all'epoca, azzeccò sia l'identità del futuro Papa sia il nome che si sarebbe scelto, mentre ora non saprei davvero chi vedere sul soglio petrino, credo che il precedente ratzingeriano comporti ben precise conseguenze per chiunque dei successori. E le andiamo ad elencare (marcetta di Mickey Mouse in sottofondo).
1) Caro futuro successore di Pietro, quale che sia il tuo orientamento ideologico, conservatore, progressista, cerchiobottista, minimalista, insomma, ricordati che un uomo condannato per contratto a dover conciliare la metafisica con il mondo secolare non potrà MAI mettere d'accordo tutti. Vai tranquillo, qualcuno avrà sempre da ridire. Ti prego di non fare della morale sessuale il perno attorno a cui far ruotare le condanne al Paradiso o all'Inferno, occupati di cose che vanno al di là dei quattro muri delle camerette in cui uomini e donne, da soli o in compagnia, omaggiano le loro pulsioni viscerotoniche. Condanna con vibranti parole la povertà e le sperequazioni sociali, quello sì; battiti contro l'uso disinvolto della tecnologia con cui l'uomo pretende di diventare padrone dell'Essere, prospettando scenari futuri di società eugenetiche che già a leggerle nel romanzo di Huxley fanno spavento; decidetevi, tu e i tuoi colleghi, una buona volta su quale sia il limite di decenza delle cure mediche oltre il quale c'è l'accanimento terapeutico, così che "eutanasia" rimanga un termine astratto su cui far esercitare in greco i ragazzini di quarta Ginnasio. Non venire a patti col relativismo e col materialismo, ma fai capire che l'unica sorgente di Senso a cui agganciare la dignità dell'esistenza umana non ha le radici nel mondo di quaggiù, la cui vicenda di nascita per morire è la base del nichilismo e del relativismo, che però poi sfociano agevolmente nella distruzione dell'Altro da Sé che non la pensa come Me.
2) Certo poi, se c'è da predicare, che non si abbiamo conti in sospeso, reali e metaforici, di cui venire accusati. Ratzinger ha pianto al cospetto delle vittime degli abusi dei preti pedofili, ha dato il via ad una campagna di ripulitura certo insufficiente, perlomeno disciplinata. Resta ora da togliere l'immagine della Chiesa come una sorta di SPA della fede che fa affari e lascia transitare sui conti della Banca Vaticana cose che nemmeno Panama e San Marino; per combattere gli abusi sessuali bisogna fare piazza pulita dei chierici omertosi, e se davvero le vocazioni languono, aprire con maggior decisione al laicato, e riconsiderare certi aspetti davvero medievali come il celibato ecclesiastico e il divieto di comunione ai divorziati risposati che oggi, nella crisi delle coscienze di fronte al ciclone della modernità, rischiano di allontanare padellate di fedeli dalla Chiesa, fedeli indignati da questioni di sottigliezza ipocrita che paiono l'architrave dell'anima del buon cristiano, laddove la vera fede di misura con ben altri comportamenti. Allargate la famiglia ecclesiastica, non fatene solo un mondo di rinunce, poiché solo chi ha può dare
3) Occhio poi che il precedente di Benedetto XVI è di quelli che contano. Chiunque tu sia, o Successore, ricorda il vero messaggio di queste dimissioni: la Chiesa non può più reggersi sull'idea che il Papa è scodellato dallo Spirito Santo tramite il voto dei Cardinali e solo Dio può riprenderselo indietro. Un Capo Vecchio è prima vecchio che capo. Adeguatevi qui sì allo spirito dei tempi, e fate del papato una carica elettiva ma a termine, non oltre i 75 anni, per dire. Non mi scandalizzerò vedendo fianco a fianco il Papa e l'ex Papa (o gli ex-Papi). Sarà esperienza che si aggiunge ad esperienza, consci però che il Pontefice in carica, pur potendosi valere del saggio consiglio dei predecessori, sarà dotato di tempra psicofisica bastevole per sfidare il mondo di propria iniziativa. Non diciamo di avere dei Papi trentenni, ma l'equazione più vecchio = più abile a reggere la Barca petrina è ormai inaccettabile, ora che il Papa non ha come scenario in cui muoversi solo l'Italia (o l'Europa), ma il mondo tutto, ed un mondo che, s'è detto, segue logiche in prevalenza antagoniste a quelle ecclesiastiche. L'impresa necessita quindi di forze relativamente giovani.
4) (E comunque, il Papa che era tacciato di conservatorismo ne ha combinata una che si mangia tutti i progressisti in un boccone... sehr gut, Herr Joseph....).


(Pronostici? Un'altra volta, qui ora si chiude...).

domenica 10 febbraio 2013

Politica politicante? Sì, ci vuole.

Gli è che sono 19 anni che l'Ottimo Silvio si autopresenta come uomo estraneo alla politica, uomo del fare, imprenditore concreto delle cose concrete, niente a che vedere coi mestieranti della politica che di quello hanno campato e fuori da essa nulla saprebbero fare.

Julius Andreoctus, pleistocene avanzato


Ammirammo, lo dico senza sospetto di ipocrisia, le affermazioni silviesche di allora: quando la Prima repubblica cadde nel fango tangentopolizio, noi si aveva 16-17 anni e le paturnie nostre, dato che, per motivi già altrove esplicati, anche a noi crollavano mondi antichi, ma quelli nuovi tardavano a prender forma, a causa anche di una inenarrabile serie di impiastri che si presentò sul nostro cammino a intralciarci. Ebbene, a veder scoperchiarsi tutto quel pozzo di miasmi fatto di tangenti, appalti truccati, favori e favoricchi, raccomandazioni, considerando poi che, davvero, i nomi di quegli ormai ex-sovrani del nostro Parlamento dicevano solo di esperienza politica, di gente che per la maggior parte era nata nelle sezioni di Partito ed approdata a Roma per non tornarsene più indietro, manco fossero canonici di S. Pietro, insomma, sì, Silvio, eravamo con te: lo sfacelo morale dell'Italia nostra si doveva anche a persone che, fidando nell'immutabilità di un sistema che esigeva la Democrazia Cristiana al potere e i comunisti all'opposizione, si erano prese libertà assurde, governando non per servizio alla Patria ma per i Porci Comodi, uomini che veramente dovevano ringraziare la politica, poiché la loro insulsa mediocrità non avrebbe concesso loro altro sbocco lavorativo.

Arnaldus Phorlanus, giurassico

I mille vertici di partito & coalizione, i discorsi allusivi e fatui, le minacce subliminali, le allusioni per chi sapeva coglierle, le questioni di fiducia nelle quali si prometteva (e basta) il bene del Paese, si adombravano riforme mai arrivate, le finanziarie acchiappavoti, gli accordi elettorali puntualmente smentiti, i franchi tiratori, i governi balneari, le crisi ad orologeria, no no no, Silvio you are right, questi sono uomini sbagliati nel posto sbagliato, ci dicevamo, consci che tanto, per la prima tornata elettorale che ti vedeva protagonista, non avremmo potuto che assistere, non avendo ancora l'età per votare.

Johannes DeMichaelius, triassico

E poi i tuoi quasi vent'anni, gran parte dei quali al governo. Ora, clappeggiamo commossi alla tua idea di imporre un massimo di due legislature o comunque 10 anni di permanenza in Parlamento AI FUTURI ELETTI (sempre belle queste riforme che colpiscono gli altri, ringiovanire le liste già per questa volta costava troppo?), ma non possiamo che dirti, calendario alla mano, che dopo 20 anni di presenza in politica, la parte di quello che lui non c'entra ed è qui ma non è come quelli là non funziona più. Hai usucapito te stesso, Silvio, e ormai sei un politico COME GLI ALTRI. Evita, d'ora in poi di dire che “vorrei fare di più, ma i professionisti della politica mi mettono i bastoni tra le ruote”, no, sei professionista pure tu, piantiamola con lo stereotipo dello statista in prestito. I tuoi accordi, gli addii, i ritorni, le riconciliazioni, le dichiarazioni e le smentite, i trucchi e i parrucchi che hai sempre imputato agli altri fanno stabilmente parte dei tuo repertorio, ma non c'è da vergognarsene, la politica non è candeggina. Però, quando Solone, Clistene e Pericle hanno fatto il loro, non si sono presentati come tizi che passavano di lì e già che c'erano riformavano la politica ateniese. Ottaviano nonché Augusto accettò bensì tutte le cariche che il Senato gli tirava addosso, facendo le viste di subirle più che volerle, ma mai e poi mai diede l'idea di fare il princeps a tempo perso. Credi che Cromwell e i suoi abbiano fatto tutto quel sommovimento repubblicano solo per il gusto di chiudersi a Westminster e tener allenata la mira sparando ai sarcofagi dei re inglesi che ci sono dentro l'abbazia?

Benedictus Craxius, cambriano

Poi sai cos'è? La retorica di quello che non dovrebbe essere lì ma però insomma, è il solito italianesco fare per concludere che, se la va bene, merito mio, visto quanto ho fatto meglio degli altri anche se non avevo le loro stesse competenze?, mentre se la va male, eh beh, cosa pretendevate, mica sono un addetto ai lavori. Sì, come quando si va alle conferenze di presentazione di qualche romanziere o saggista, e chi dovrebbe introdurre i contenuti dell'opera si schermisce dicendo che non se ne intende molto e quindi farà quel che può. NO!!!! Io voglio gente che fa una cosa perché ce l'hanno voluto lì e PROPRIO PERCHE' SE NE INTENDE. Basta con il sonoquipercasismo. Possibile che la meritocrazia italica sia sempre strabica e metta le persone dove non devono stare?
Quindi, Silvio, posto che ti auguriamo lunga vita e una tazza di brodo che non ti manchi mai, per questa che sarà verosimilmente la tua ultima legislatura, e ormai non ci perdi più nulla, fai il politico, dichiarati politico, parla da politico, perché i tuoi precedenti vent'anni da imprenditore prestati alla politica dimostrano quanto io e la Spocchia ripetiamo da sempre, cioè che entrare in un sistema obbliga ad osmosizzarsi ad esso, anche se di base non vi si appartiene: il laureato in farmacia che, mentre aspetta di capire il suo destino, fa supplenze di matematica alle medie e poi per corsie più o meno diritte passa di ruolo sulla classe di concorso A059, non sarà più un farmacista in classe, ma un docente in tutto & per tutto; un professore di lettere a cui viene affidata la gestione di un certo ente culturale, e poi magari diventa direttore degli Uffizi, è un VERO direttore, non un professore che tra l'altro dirige Primavere e David. Rassegnati, Silviuccio, sei un politico pure tu. E concorda con i futuri parlamentari quei due o tre provvedimenti che ti ripuliscano la faccia dai sospetti che ti tiri dietro da 20 anni. Sono cose su cui io e la Spocchia stiamo riflettendo da mo' nel raffrontare le tue parole con quelle dei filosofi che di politica si sono occupati in via teorica.
Tu dici: “Il politico politicante non ha altra expertise che la chiacchiera a vuoto, l'accordo sottobanco, il mantenimento della propria corte di lacchè, nonché l'intrattenimento di buoni rapporti coi potentati extrapolitici che finanziano questa o quella iniziativa. Se io, imprenditore che sa come va il mondo reale e che vuol portare a casa cose e non chiacchiere, mi metto in politica, aziendalizzando la gestione della macchina statale, garantisco un profitto al Paese che quegli altri vecchi scarponi non produrranno mai, perché è gente che tira a campare”. [Inciso: però senza quei politicanti tu e le tue reti televisive, eh, eh, eh....]
Io e la Spocchia diciamo: “Scusateci l'idealismo pre-machiavellico (e del resto il principe tanto caro a Niccoluccio nostro è un principe e basta, non un mercante di stoffe o un medico prestato alla politica), ma secondo noi non bisogna elevare a paradigma il miserando spettacolo dei nostri politicanti e concludere che la politica fatta dai politici è sempre fango, e quindi tanto vale appaltarla agli esterni. In realtà, il politico che solo quello sa fare, se esistesse davvero (ed esiste), è la risorsa più affidabile per un Paese, posto pure che l'Uomo Onesto & Cristallino che non ha difetti è pura utopia (ma esiste forse l'imprenditore perfetto?). Perché? Perché costui, non venendo dal mondo, diciamo così, della produzione atta a soddisfare i bisogni materiali e/o simbolici della popolazione, non avrà altro interesse che fare politica, ragionando non con gli schemi della propria attività, ma con quelli più astratti del bene comune, che prescinde dal vantaggio/svantaggio particulare di questa o quell'altra parte della società (il pollivendolo che entra in politica vorrà sempre danneggiare gli allevatori di suini, no?). Il politico politicante, di fatto, non avrà quella cosina che il mondo sinistrese ti rinfaccia da mo', Silvio, ovvero il conflitto di interessi di un editore televisivo che fa il Presidente del Consiglio e che è sempre stato sospettato di essere sceso in campo per farsi i provvedimenti ad hoc e salvare le sue aziende. Ora, sai bene che io e la Spocchia non la pensiamo così, perlomeno non del tutto, e che in 20 anni i tuoi oppositori non hanno proposto nulla per risolvere il problema, sì da renderti a loro giudizio sempre moralmente manchevole ad ogni tua discesa in campo, però resta il retropensiero che chi entra in politica venendo da altrove, senza però aver mai del tutto rescisso i suoi legami con quell'altrove, non sarà un politico puro, ma proprio per questo abbia nelle sue intenzioni politiche delle impurità che potrebbero addirittura renderlo meno affidabile dei parolai inconcludenti contro cui lui giustamente si scaglia.

Paulus Cirinus Pomicinus, bronzo tardo

Vedi, Silvio, guidare l'Italia non è come guidare un'azienda, te lo disse Montanelli ancora 20 anni fa e ormai te ne sarai convinto anche tu. Per quanti pretesti tu accampi per giustificare i tuoi mancati traguardi, è ormai chiaro che tu, Gelmini a parte, non sei stato né meglio né peggio degli altri. La favola dell'imprenditore in prestito alla politica è ridotta a fuffa. La Terza repubblica, se mai nascerà, avrà bisogno di nuovo di gente che fa la politica PERCHE' VUOL FARE POLITICA, gente CHE VIENE DALLA POLITICA, perché i codici della politica SI IMPARANO IN POLITICA, non si importano da fuori”.
E perché allora i politici politicanti nostri fanno così schifo? Quello è un problema di educazione morale che affligge tutti gl'italiani, Silviuccio compreso. Abbiamo nel sangue la vocazione alla furbata, allo scavalco, alla coltivazione del giardinetto rubando i bulbi delle piante da quello del vicino, siamo la patria del familismo amorale, ma questo è appunto carattere italico, non politica. Se si cambia questo, cambierà anche quella. “Bravo, illuso....”. So bene che non è un processo che si compie in due mesi, ma da lì bisogna ripartire. C'è bisogno di gente che vada in politica perché ne sente la vocazione, né più né meno come chi sente la vocazione del commercialista, del professore, del costruttore edile. Alla larga i qualcos'altro in prestito alla politica. Se però davvero vuoi servire lo Stato, caro mio, fai che la tua vocazione sia il meno possibile inquinata dalle esigenze del tuo tornaconto e agisci davvero come se tu cessassi di essere tu e diventassi Istituzione incarnata, aliena il più possibile del morbo dell'interesse privato. Difficile, certo. Utopico. Si cominci però a fare scuola di politica, che uno si abiliti a quello e non mischi il pubblico coll'attività privata. Si inventino le Scuole di specializzazione per classi dirigenti sul modello dell'ENA francese o giù di lì. E allora cambierà la musica, posto pure che bisogna prima cambiare la testa agli italiani. Difficile, certo. Ma il rischio è bello (cit.).


(P.S.: Silvio, ribadito che io e la Spocchia ti concediamo un minimo di autentico senso del bene comune allorché scendesti in campo, il problema è che chi vede te vede ricchezza e lusso, e vuole imitarti, poiché erroneamente pensa che il tuo benessere sia frutto della tua attività politica e non capisce che tu ti sei fatto politico per non perdere il benessere acquisito per via imprenditoriale. Ecco perché la genìa dei Fiorito prospera così assurdamente. Sei un uomo fatto a modo tuo, bungabunga incluso, ma anche senza volerlo costituisci un esempio che può davvero distorcere le idee a certuni che non hanno gran senso critico, ma solo una disperata voglia di arrivare. Anche per questo, se sarai da fine mese senatore e nient'altro, vieni il meno possibile a Palazzo Madama e fai parlare il meno possibile di te. Non fare più da esempio. Sarà un gran servigio alla Nazione).

sabato 9 febbraio 2013

Dai, che sennò t'offendi, Beppi', senti qui...

No, Grillo, non penserei mai di trascurarti, anche perché mi prometti un botto del 18-20% alle elezioni. Ho solo da eccepire qualcosina.....

Perché poi uno dice "Grillo demagogo", "Mestieranti della politica", gnè gnè gnè.... Perché, dopo tutta la palestra democrazia cui ci esercitammo indefessi dai tempi dei tempi, guardiamo alla politica d'oggi come se essa fosse nata l'altro ieri o al limite una settimana fa?
("Ha bevuto, sai..."), no sono lucidissimo. Lucido per vedere lucidamente quanta poca prospetticità alberghi negli occhi & nei cuori dei nostri commentatori di cose nostre.
("Ha dormito scoperto..."), macché, vedo l'oggi e vedo lo ieri, e mi stupefaccio del vostro stupore. Entrino gli schiavetti con le lavagne!

[quindici schiavetti di varia pezzatura recano due lavagne ampie & pesanti]

Non vorrei tediarvi tirando in ballo la teoria della degenerazione dei sistemi politici già ampiamente delineata da quel tizio del Mondo delle Idee, ma mi limito a ricordarvi che già in tempi remoti vi sono state fasi nelle quali la pancia del popolo decideva a discapito di quello che diceva la testa, ciò anche grazie all'azione di abili demagoghi che sondavano umori & titillavano istinti con promesse di ogni tipo. E' sempre facile dichiarare la pars destruens di un progetto politico, è l'alimento di ogni populismo: "Il sistema fa schifo, cambiamolo noi che del sistema non sappiamo nulla!!!". Sì, come no. Peccato che il Sistema, qualsiasi sistema, abbia delle costanti che sono strutturali e pertanto non cambiano mai nei secoli, anche se le rivoluzioni paiono scardinare l'esistente e sancirne l'irrimediabile dissoluzione. In realtà vale in politica il principio democriteo- epicureo- lucreziano secondo cui in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
Grillo mio, Grillo parlante ed urlante, non sai quanto concordo con le tue bordate contro questa classe politica... Sappi però che, appena quello che tu chiami 'movimento' scende nell'agone elettorale, qualsiasi agone, esso cessa di essere movimento e fatalmente diventa partito, perché la politica è SEMPRE stata fatta dai partiti, sia quelli organizzati cui ci siamo abituati dalla rivoluzione industriale in poi, sia quelli di un tempo, molto meno strutturati, ma pur sempre attivi PER qualcuno CONTRO qualcun altro. Per dire: democratici ed aristocratici ateniesi, optimates e populares romani e poi su su dai whigs & tories, e poi dai rep & dem, ecc. ecc. La politica, intesa come apparato circolatorio che fa funzionare la polis, ha delle caratteristiche invariabili, e una di questa è il cosiddetto Sistema, ed il Sistema, quando non degenera, si nutre di dialettica, di compromesso, di soluzioni che non sempre mettono d'accordo, ma spesso rappresentano il male minore. Perché vedi, Beppuccio mio, nel gestire le sorti di una comunità, due più due spesso fa cinque, e qualsiasi soluzione a determinati problemi può non essere mai quella perfetta, sì che entrambe le alternative di fronte a cui uno si trova (o pure più di due, s'intende) hanno ciascuna del buono o del meno buono, e allora tocca scegliere sapendo che l'opzione perfetta non sarà mai. Tu invece ci sbatti in faccia i tuoi programmi grondanti di certezze sullo schifiltìo dei politici attuali (e come non essere d'accordo?), ma poi proponi cose che sì, si possono condividere, ma non sono l'Unica Vera Soluzione. Detto più rasoterra, mi spaventa di te la sicumera di chi sa esattamente tutto quello che deve fare, quando in ballo c'è la guida non di una città pucciosa ma piccina come Parma o di una regione pucciosa ma regione come la Sicilia. Qui c'è lo Stivale tutto, Beppino mio. E le tue bombing proposals potranno certo intercettare il disgusto dell'elettorato (ci vuol poco, veh...), ma potrebbero rivelarsi non così efficaci come tu credi; questo è il problema: tu credi ciecamente nella verità apodittica delle tue tesi e non vuoi condividere momenti critici con nessun'altra forza politica. Vuoi entrare in Parlamento, ma fare come se ne fossi alieno: ricordati che già la Lega Nord si atteggiò in tal modo e oggi boccheggia, sepolta da scandali di un certo peso. Vuoi imporre tesi non negoziabili: spiacente, questi sono gli atteggiamenti delle dittature; la cecità dialettica dei tuoi più accesi rappresentanti, il cui occhio fisso e spiritato nel perculare QUALSIASI idea altrui è spaventosamente vicino a quello di certi adepti di certe sette pseudoreligiose, non è ciò che mi aspetto dal futuro Parlamento. Se scendi nella fogna della politica (o perlomeno ci mandi i tuoi), preparati a vederti sporcato un po' anche tu. Le vergini vestali non abitano a Montecitorio (specie nell'ultima legislatura...).
Sappi poi che, per quanto puri & immacolati siano i tuoi boys e le tue girls, il contatto coi palazzi del potere sortisce sempre qualche effetto, come chiunque di noi resterebbe lievemente stordito se visitasse certe cantine della Franciacorta o del Chiantigiano e fosse sottoposto agli effluvi etilici che ivi promanano con voluttà, anche senza toccare mezzo bicchiere di uvesco nettare (devo smettere di leggere i romanzi di Piperno....). Diciamocelo clarum tondumque, non vincerai, al limite guasterai. Voglio però ipotizzare per assurdo che tu aggranchi maggioranza sia alla Camera che al Senato. Quanto credi che ci metterebbero a scoppiare tra i tuoi lindi parlamentari le beghe, le ripicche, i tranelli, gli assalti alla diligenza? Quando si è al potere, si ha una voglia pazza di far vedere che lo si gestisce meglio degli altri; cosa sarà poi, dimostrato ciò si ha pure una gran voglia di vedersi riconosciuto questo meglio: e sull'entità del riscontro spesso comincia a svilupparsi quella voglia di concretezza che si traduce in fette di potere autonomo; peccato che in genere siano almeno due o tre le persone a ragionar così: ecco allora le pugnalate alle spalle e le congiure, la fretta di metter via più ricchezza possibile prima che il vento cambi, la consorteria rivale vinca o semplicemente il popolo si stufi. Ora, che i tuoi eletti in Sicilia abbiano rinunciato a gran parte dello stipendio previsto, invero orrendamente alto, è cosa lodevole; ma è solo il primo gesto: devono adesso districarsi in una realtà in cui l'anti-Stato la fa da padrone; dovranno avere la forza di mandar via 10, 100, 1000 questuanti, a loro volta espressione di gruppi di potere inimmaginabili. Tutto da soli, senza chiedere aiuto alle altre forze politiche. Perché loro sono puri. No, non sono puri; sono semplicemente sciocchi. Politica E' immergere le mani nello sterco del demonio, quale che sia la sua ipostasi. Politica E' trescare cogli avversari di ieri, che saranno gli amici dei nemici di domani. Politica E' misurarsi con le mille e una tentazioni dell'ebbrezza che dà il potere: non si tratta, irrealisticamente, di professarsi incorruttibili; si tratta di toccare la corruzione, sentirla insinuarsi dentro l'animo, quindi cercare di respingerla, pur consci che qualche incrostazioncella resterà, perché anche solo il millisecondo di tentazione relativa al farsi i PROPRI interessi prima o poi si verificherà. E' l'animo umano nelle sue componenti istintuali, c'è poco da fare. Il servizio per la patria è sempre condito da una punta, minima, di narcisismo, e da questo narcisismo possono sgorgare correnti poco ortodosse, ma spiegabilissime. Piuttosto di negarne l'esistenza, le si ammetta e le si combatta andando loro incontro. Ma i tuoi ce la farebbero? O, inebriati di potere, non si metterebbero ad epurare gli avversari - cioè i compagni di partito- per garantirsi più torta, come fece chi ha retto la baracca prima di loro? Ricorda, Grilluccio mio, che non sei andato nel Paese delle Api Industriose a reclutare le tue truppe, ma le hai pescate dalla società civile, civile sì, ma sempre italiana: e certi difettacci del nostro carattere nazionale sono comuni alla casalinga quanto all'imprenditore, al ricercatore universitario quanto alla parrucchiera quanto al direttore di supermercato quanto al politico da 10 legislature per gamba. Basta con la fola dei Puri che nulla sanno di politica e quindi la faranno meglio degli altri: la politica è un'arte che si impara con l'esperienza, nei suoi ingranaggi nobili e nei suoi squallidi maneggi certamente, ma non è improvvisata naivité. Sembra di essere tornati al cinema neorealista che prendeva gli attori dalla strada, perché erano più credibili e spontanei di quelli sfornati dalle Accademie. Ma che discorso è? La tecnica è ciò che perfeziona il talento innato, ma il talento è qualcosa che non è certo comune a qualsiasi uomo della strada, eppure è proprio la dimensione talentuosa e 'altra' dalla trita realtà, anche nel modo di recitare, che rende il teatro arte e non artigianato. L'attore "come se fosse uno di noi" è fuffa come il politico "che viene da tutt'altro settore", che poi, per amor di sofferenza, è la stessa idea che per fare l'insegnante in fondo che ci vuole, datemi un registro e due libri e qualcosa imbastisco pure io. Per carità, torniamo all'idea che per fare le cose bene ci vuole esperienza e tornitura mentale; risparmiateci, obsecro, la retorica del politico parvenu che butta su piatto la sua freschezza e la sua limpidezza e sopratutto la sua inesperienza; no, io voglio anche sei o sette squali in Parlamento, voglio gente che sa far quadrare i conti che non quadrano pur di fare l'interesse pubblico, uomini e donne che non guariscono i lebbrosi al loro passaggio, ma hanno sufficiente sapor vitae da accontentare più popolazione possibile evitando al contempo di scontentarne altrettanta. E ciò sarà SEMPRE fonte di contrasti, anche duri; ma è chiaro che, se a giostrare su argomenti come la scuola, il welfare, LA POLITICA ECONOMICA EUROPEA, i trattati internazionali, le spedizioni militari, l'antiterrorismo, la lotta alla mafia mettiamo i primi venuti, animati solo dalla voglia di spaccare tutto, ci tireremo addosso il ridicolo e pure il disprezzo di tutti il consesso mondiale.
Beppino mio, da italiano ad italiano, detto che entrambi teniamo al nostro sciagurato Paese: appena hai tempo, tra un tsunami e l'altro, di' queste due cosette ai tuoi candidati: "Gente, ricordate che la Rivoluzione francese è partita a suon di illuministici proclami contro il vecchio e a favore di un mondo migliore ed è è finita con tutti che ghigliottinavano tutti".
Lieto dell'attenzione che vorrai aver prestato a questa mia.
Ossequi.
EDM - La Spocchia. .

venerdì 1 febbraio 2013

Homo insipiens (de aquae calidae inventione).

Dedichiamo questo post ad uno di quei temi che prenderanno sì e no 10 contatti (infatti ci piazzo poi un episodio della blognovela a fare da traino, ahò, so' mejo de Mentana...) (e invece ho già 21 contatti al 3 sera, grazie Erica...), ma che mi urge assai. E'appena di ieri la notizia VERAMENTE CLAMOROSA che l'Università italiana ha perso in dieci anni 58.000 studenti, l'equivalente di tutta la Statale di Milano, disastro che si associa all'altro, ovvero il calo drastico dei laureati, che erano già pochi rispetto agli iscritti. E giù stupore. E giù lamentele & giaculatorie. E giù recriminazioni. Ovviamente 'sono notizie che non lasciano ben sperare per il futuro del sistema Paese' e che 'dimostrano l'arretratezza della nostra politica culturale', ma pure 'la difficoltà per l'Università di essere davvero una cinghia di trasmissione tra utenza ed esigenze del territorio'. Ora, il sottoscritto lavora ANCHE in Università, quindi vede certe cose e trae le sue conclusioni. Conclusioni alla conclusione delle quali v'è da concludere che non vedo la ragione di tanto stupore: avete fatto di tutto per bucherellare il secchio e solo adesso vi accorgete/lamentate che perde? Sì, sì, imposto la lezioncina.
1) E' chiaro che se l'Università non funge, non funge ancor prima il gradino immediatamente precedente, ovvero la scuola superiore; la non fungevolezza non dipende però, come sosteneva madama Gelmini, 'dall'eccessivo numero di ore di latino a svantaggio di matematica' o al fatto che 'il 98% del bilancio della scuola va in stipendi'. Fuffa. Cioè, si può discutere anche di questo, ma il problema è altrove. Ed è il solito: politiche 'poveriniste' che, in nome della concezione della scuola come ente assistenziale che deve sanare gli squilibri della società, hanno voluto mandar avanti chiunque senza alcun filtro, dando del fascista a chi si permetteva di pretendere una selettività non basata sul censo, ma sui risultati. No, si ribatteva, è chiaro che i figli dei poveri saranno sempre ignoranti e quelli dei ricchi saranno sempre bravi, quindi si risolve il problema alla radice e si promuovono tutti. Questa elastica e moderna visione delle cose sociali si è paradossalmente sposata con l'odio a prescindere della destra berlusconiana nei confronti della scuola, sì che, per evitare ai professori di guadagnare miliardi con le lezioni private, oltre che per non rovinare i fine settimana in montagna o le vacanze estive alle famiglie, e quindi agli operatori turistici, e quindi alle casse dello Stato, si pensò bene di sterilizzare ulteriormente il sistema valutativo eliminando i cosiddetti esami a settembre, lasciando al loro posto i famigerati 'debiti formativi', ovvero insufficienze maturate alla fine dell'anno da saldarsi con tutto comodo l'anno successivo VENENDO NEL FRATTEMPO PROMOSSI. In caso di mancato saldo, l'alunno sarebbe comunque andato avanti, con l'obbligo morale, a suo talento, di recuperare prima o poi le lacune o di uscire dalle superiori senza saldo veruno, al limite si sarebbe giocato 4-5 punti sul voto finale di maturità. Risultato: gli scemi, ricchi o poveri di famiglia non importa, non hanno più studiato. E si sono diplomati. Mi domando quindi cosa si pretenda dall'Università, nella quale ad un certo punto si sono riversati ragazzi incapaci di gestirsi, privi di qualsivoglia competenza, bravi solo a cercare scorciatoie per studiare poco e sfangarla, attori incomparabili nel presentarsi a ricevimento dai professori e millantare problemi esistenziali titanici per concordare una riduzione di programma rispetto al già poco che siamo costretti a chiedere con l'introduzione del 3+2 (ma per questo, cfr. paragrafo 2). Gente che sa solo esigere, inabile ad affrontare le difficoltà, poiché le superiori, coi loro presidi compiacenti e attenti solo ad attirare 'clientela' con la fama della manica larga del proprio Istituto, hanno sempre fatto in modo di annullargliele, priva di qualsiasi attitudine al sacrificio, gente che aveva il coraggio di chiedere ad un docente di anticipare di un giorno la sessione d'esame 'perché il giorno dopo parto per il mare'. Era inevitabile che costoro si perdessero per strada, crisi o non crisi. Perché è chiaro a noi tutti che il crollo segnalato da questi numeri non va imputato solo alla diminuzione di coloro che decidono di iscriversi, ma comprende anche quei fuoricorsisti perenni che ad un bel momento mollano. Se il fuoricorsismo è una piaga storica dell'Università italiana, esso ha trovato ulteriore alimento nel clima da todos caballeros creato dalle politiche sia di sinistra che di destra, che hanno tutte avuto come risultato la smidollizzazione del carattere dei ragazzi e quindi l'aumento del numero degli incapaci. Non vedo perché lamentarsi dei fallimenti e degli abbandoni: li abbiamo messi noi in questa condizione, e le famiglie, vogliose solo di garantire un'adolescenza serena 'ai loro bambini', non hanno mai questionato. Ecco ora i frutti di cotanta lungimiranza.
2) Certo poi che, per chi la voglia di universitarizzarsi ce l'ha davvero, il nostro sistema universitario fa di tutto per risultare respingente: tasse altissime, disservizi all'ordine del giorno, fondi sempre più esigui, corpo docente mummificato dalle baronie con conseguente affido dei corsi a gente che poco o nulla ne sa [mi dicono di aggiungere la clausola ad me paraculandum 'però ci sono moltissime lodevoli eccezioni'. Lo so benissimo e le vedo anch'io, ma qui sto descrivendo il problema per come l'utenza lo percepisce], possibilità di carriera intra moenia garantita quasi sempre dalla loggetta di turno, sviluppo di competenze autenticamente spendibili nel mondo lavorativo spesso affidato alla buona stella ('ho la laurea in ingegneria, ma quello che ho studiato in Università non mi viene richiesto al lavoro' vs 'ho un diploma, ma per fortuna mi hanno paraculato, sennò ciao...'). Si dirà poi che la crisi ha prosciugato le tasche di molte famiglie, e visto che il lavoro post lauream spesso è anche peggio retribuito di quelli dei semplici diplomati (Sidròn docet), molti, legittimamente, pensano che il gioco non valga la candela e si arrangiano altrove.
Ecco, proviamo a soffermarci su quest'ultimo punto: perché l'Università italiana, alla fine, sembra dare così poco? Certo, l'onda lunga degli esami di gruppo e del 18 politico di marca sessantottina non ha mai cessato realmente di esercitare i suoi effetti: che anche l'Università abbia ampiamente allargato le maglie della sua iniziale rigidezza per mandar fuori, se non chiunque, quasi tutti, è roba che si sa da ben prima degli avvilenti dati di ieri. Se così è, però, credo che la prospettiva vada lievemente corretta: non si tratta di aver dato poco agli studenti universitari, ma di non aver saputo mettere un argine ai loro sbagli, mandando fuori per sfinimento (= non vederseli più tra i piedi) gente giunta al ventesimo esame di Analisi 1, Diritto Amministrativo, Latino 1, Tedesco 1, insomma facendo ciò che altrove non si fa e non facendo ciò che altrove si fa, ovvero pronunciare la seguente formula: "Caro tu, se davvero sei costretto a ripresentarti 5, 6, 15, 20 volte allo stesso esame, e regolarmente non lo passi, è segno inequivocabile che sei nel posto sbagliato. Questo corso di studi ti darà un pezzo di carta che ti attaccheremo alle chiappe, congedandoti quando avverrà, e che ti verrà buono al massimo per fasciare il salame nostrano. Va', abbandona l'Università, o perlomeno la nostra Facoltà, e non peccare più". Quanti bimbominkia ante litteram privi di raccomandazione fuori dall'Università avrebbero risparmiato tempo e fatica e si sarebbero immessi prima nel mondo del lavoro invece di gravare sulle famiglie e sullo Stato! Il fatto cioè che, spesso, gente anche brava non trovi uno sbocco lavorativo del tutto omogeneo ai suoi studi, dipende da una molteplicità di fattori (arretratezza delle politiche in materia, assenza di meritocrazia, paraculaggini varie) che vanno oltre i demeriti oggettivi delle Università, la cui vera e unica personale colpa è stata, di nuovo, la mancata selezione in nome del già visto principio pseudo-democratico delle uguali possibilità di successo da garantire a tutti, dall'attaccapanni al piccolo Einstein. Non si tratta solo di aver dato poco, ma di non essere riusciti a convincere certuni che con quel poco non avrebbero combinato nulla.

Ma anche a chi vorremmo dare tanto si dà poco. Perché? Chiedetelo a chi volle introdurre, nel 2000-2001, il sistema universitario 3+2, mutuato dallo Zio Sam. Ah, che genialità la laurea triennale seguita dalla magistrale!!! Più esami e più preparazione? Macché, un pulviscolo di esamini pieni di cosine, imperniati su programmini che portano all'elaborazione di tesine su cui i futuri dottorini disquisiscono dottamente, sapendo un pochino di tutto, cioè globalmente nulla. Con le debite eccezioni, per carità, chi è bravo si trova sempre, ma quando si sta per dare un misero 18 in latino e la candidata cinguetta che lo prende 'perché se no resto indietro con gli esami', ciò significa che lo studio universitario è ormai una gigantesca abbuffata di esami da cui ricavare i crediti (perché la cultura, come è noto, si quantifica) e quindi accedere alla laurea oltre che, ove ciò interessi, alla possibilità di determinate abilitazioni all'insegnamento. I nostri attuali studenti, quindi, trottolano in questa bulimia esaminatoria poiché, evidentemente, l'obiettivo dei geniacci che partorirono la riforma fu quello di far fare tutto a somma zero: se con il vecchio ordinamento si chiedeva tot, oggi si chiede lo stesso tot spalmato in più esami, ergo questi poveracci fanno come gli invitati ai buffet di matrimonio che assaggicchiano tutto, non gustano niente, ma alla fine della serata hanno lo stomaco a pezzi.
Stupirsi dunque che 58.000 studenti abbiano mollato? Piuttosto di vederli vagare come zombi tra corridoi muti, bussando come amanti elegiaci a porte di professori che non sanno più come toglierseli dai piedi, destinati a bivaccare su divani sformati in attesa di un impiego che non sarà mai, perché gli anni migliori si sono impantanati là dove gente meno spocchiosetta ha provveduto altrimenti, ebbene, se questo era il destino di quei 58.000, meglio che abbiano cambiato lidi [update: mi dicono di aggiungere che però, tra quei 58.000, magari c'è qualche meritevole fregato dagli scarsi mezzi economici. Non lo escludo, ma mi sento di dire che si tratta di percentuali irrisorie rispetto agli indegni veri e propri]. Vorrei però che si pensasse ora a come tener dentro gli altri e a come dar loro il vero pane della conoscenza, che naturaliter tracima in competenza, senza che ci siamo i professionisti del pedagoghese a spiegarci separatamente come far emergere entrambe a colpi di prove semistruttrate a griglia di valutazione anglosassone.
Chissà (cader fragile di foglie in sottofondo...)