Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

domenica 28 aprile 2013

I grandi ultimatum di Machittevòle - extended version.

Tra ieri e oggi abbiamo avuto la netta percezione, quasi fisica, direi, dei diversi gradi di esasperazione che possono manifestarsi nel popolo- noi compresi - di fronte a situazioni al limite del sopportabile.

Verso le 13 e qualcosa, nell'imminenza del colloquio del Presidente del Consiglio incaricato Enrico Letta con Napolitano, colloquio con lista dei nuovi ministri del Governo acclusa, si ventilavano i nomi di Gelmini o Lupi all'Istruzione. Si sanno le mie idee sulla prima e la mia antipatia per il secondo. Così scrivemmo (o scrissimo, o scrimmo):

"Scriviamo da una postazione di fortuna dotata di wireless, quassù, all'estrema balconata dal Cosmo esterno, trepidanti d'attesa per il passaggio dell'ultima carovana di comete che probabilmente ci porterà in una galassia diversa da questa. Orbene, laggiù a Chigi's Palace si stanno rimesclando le carte per far uscire una squadra di governo che ci porti fuori dalle secche politiche in cui versiamo ormai da tempo immemore. Tra i nomi che circolano, al Ministero dell'Istruzione rischiano di andare o la nota esperta di didatttica Mariastella Gelmini, o il simpatico chiacchierino Maurizio Lupi, bravo a ripetere i copioni che gli fanno mandare a memoria e nulla più.
Ora, con tutto il rispetto che NON abbiamo per questi due, io, i fan di Machittevòle, l'universo tutto INTIMIAMO al neo premier di non provare nemmeno per un istante a pensare di inserire in un dicastero chiave per il futuro di questo sciagurato Paese una delle due persone anzidette. Si tratterebbe del colpo di grazia alla scuola pubblica. E si badi che lo scrivente, pur lavorandoci da più di dieci anni, non ha mai difeso acriticamente questa istituzione, oggettivamente lasciata per anni in mano alla sinistra per farne un serbatoio di posti di lavoro e voti conseguenti, senza MAI provare lontanamente a ripulire gli organici dai docenti obiettivamente INCAPACI, quelli che entravano in classe a leggere il giornale, spiegavano leggendo dal manuale e davano i voti a caso, avendo invece cura di bandire concorsi su concorsi per immettere in ruolo a più non posso, indipendentemente dalle capacità; nondimeno le terapie gelminiane, emanazione diretta delle direttive anticulturali e delle rappresaglie politiche progettate dai capi del Ministro medesimo, non hanno fatto il bene della scuola, ma hanno solo scatenato una campagna di odio, favorendo l'attuazione di un piano di tagli all'organico che non ha portato NESSUNA progressione qualitativa nela didattica, ma solo l'invecchiamento del corpo docenti e la contemporanea DEVASTAZIONE delle speranze di tanti giovani insegnanti che hanno scelto questo lavoro per passione e non per far propaganda politica travestita da insegnamento, che hanno creduto nel valore della cultura e che si sono visti sbattere in faccia glaciali affermazioni di disprezzo, irridenti battute del tipo: "Dovevate saperlo che con questo mestiere non si guadagna...", accuse di aver voluto cercare il lavoro facile e ben pagato, un part-time di 5-6 giorni, anzi mattine a settimana con le ferie di 3 mesi pagate per non far nulla eccetera eccetera.
No. Noi abbiamo scelto questo mestiere senza pretendere chissà quale favoritismo e ora ci troviamo davanti speranze di carriera sempre in bilico, come fossimo dipendenti di un'impresa in bancarotta. Ma noi dipendiamo dal Ministero, dallo Stato che i soldi per riprendere il circolo virtuoso del turn over generazionale li saprebbe trovare, SE VOLESSE. E oggi ci sbatte in faccia l'ipotesi di rivederci a viale Trastevere un Ministro che agisce per eterodirezione, oppure un uomo di partito fermamente fedele ai sogni di privatizzazione della scuola, di managerializzazione aziendalizzante degli istituti e sopratutto di chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi, idea che io sposerei subito in qualunque altro Paese che non fosse il nostro, perché qui e solo qui questo sistema diventerebbe la fiera del clientelismo e della raccomandazione. Detto poi che questa legge regionale fortemente voluta dalla Lombardia è stata già dichiarata incostituzionale, per dire.
Noi qui a Machittevòle non abbiamo mai creduto alla trimurti concettuale della scuola laica, democratica e antifacista, poiché i tre aggettivi sono sempre stati usati a sproposito solo per dire: "Scuola di sinistra in cui il merito non vale e tutti devono essere uguali per forza". I bei risultati di tutto ciò sono sotto gli occhi di chiunque veda lo sfascio logistico e amministrativo dell'Italia. Ma che la soluzione a tutto siano i tagli, le demonizzazioni, il blocco delle immissioni in ruolo, la martirizzazione degli insegnamenti di lettere, poiché le coscienze è sempre più bello plagiarle che educarle, ebbene tutto ciò è solo che inaccettabile. E non è (ri-?)chiamando all'Istruzione certa gente che i problemi si saneranno. Guardate al futuro del Paese, e ricordate che la scuola è la radice di tutto, senza la quale ogni albero, anche il più fronzuto, decadrà miseramente.
Ciò detto, sarà nostra cura prendere OGNI E QUALSIASI PROVVEDIMENTO necessario a manifestare il nostro totale dissenso ove uno dei due succitati diventasse Ministro dell'Istruzione. Ossequi".


Sarebbe puerile sottolineare che i provvedimenti minacciati erano ovviamente di tipo didattico: se Gelmini fosse davvero ritornata a Viale Trastevere, dal giorno successivo io sarei probabilmente entrato in classe a leggere il giornale da qui alla fine dell'anno. Quindi avrei presumibilmente disertato gli scrutini. Epperò oggi mi salta fuori una sparatoria davanti a Palazzo Chigi, colpevole uno squilibrato non tanto pazzo, pare, tal Luigi Preiti, che ha aperto il fuoco sui carabinieri. Il tizio avrebbe perso da poco il lavoro e si sarebbe separato dalla moglie, di qui la sofferenza ecc. ecc. e quindi la scelta di un'occasione di grande visibilità come il giuramento dei Ministri, la qual cosa ovviamente ha riportato a galla la memoria di un altro attentato durante un altro varo di Governo, ovvero i tragici fatti del sequestro Moro del 1978, avvenuto la mattina del giuramento del Governo guidato da Andreotti e sostenuto in modo, come dire, originale dal PCI. Niente a che vedere coi fatti di oggi, s'intende, qui pare proprio che il Preiti abbia fatto tutto da sé, benché, non avendo egli il porto d'armi, qualcuno debba avergli procurato la pistola.
Resta certo l'amarezza per gesti che sono frutto di una situazione evidentemente al limite, come al limite, se non l'avessimo scritto noi stessi, ci parrebbero certi toni del nostro post, che si potrebbero fraintendere al di là dell'intenzione dello scrivente. 
Che vogliamo dire? Che in ciascuno di noi può covare una rabbia più o meno sorda verso le istituzioni quando da esse ci sentiamo danneggiati (perché ovviamente il Preiti si sentirà vittima della crisi, dell'IMU, delle spese pazze della Casta, ecc.), ma la gradazione di essa rabbia è vastissima, visto che c'è chi minaccia cose innocue, chi le minaccia non innocue e chi le fa sul serio. Eppure, eppure, non so, alla fine non si può provare un lieve o meno lieve moto di spavento nel pensare che la nostra presunta società perfetta non riesce a sopprimere del tutto certi istinti, anzi alle volte l'incontro tra un'educazione non sufficientemente nutrita di senso civico, la miopia, per non dire cecità di certe scelte politiche, la debolezza MAI SCUSABILE dei singoli portano a certi esiti. Chi più chi meno sente un'ingiustizia, a volte esasperante, e manifesta il suo malessere in modi più o meno civili. Ma siamo tutti noi, animali razionali, prima animali e poi razionali. Molto poi. Ne abbiamo di strada davanti...
   
(Ciò detto, Ministro Carrozza, La invitiamo caldamente a salvare la baracca e sopratutto i burattini)



giovedì 25 aprile 2013

Le pagelle della settimana (4)

La carne al fuoco brucia profumando l'aere tutt'intorno di zaffate osmoeccitose. Ah, il barbecue del 25 aprile! (che in realtà NON sto consumando, sono a casa e leggo cose). Giorgio Napolitano: contro OGNI PREVISIONE, il nostro migliorista preferito è tornato al Colle, e probabilmente Clio sta predisponendo le carte per il divorzio. Ottimo e tonitruante il discorso di re-insediamento, peccato che i 945 geniacci applaudissero ad ogni suo strale contro quei cretinazzi che lo avevano riportato lì, senza accorgersi di essere LORO i cretinazzi in oggetto. Un caso di transfert da manuale. Ma il momento connotativamente più alto di tutta la cerimonia è stato quando, finita la concione, tutti i parlamentari si sono alzati ad applaudire e una sola, grande eminenza ha intercalato l'applauso ad una feroce consultazione dello smartphone, quasi sicuramente per twittare qualche instant- thought di quelli che fanno epoca:


lei, la mai più dimenticata ex-Ministro dell'Istruzione, frantumatrice della scuola pubblica e distruttrice di onorate carriere senza fare di strage di chi veramente meritava il licenziamento, insomma lei, Mariastella Gelmini, la quale, come l'ultima delle bimbominkia con cui quotidianamente interagiamo, non ha resistito al fascino della twittata anche in un momento in cui bisognava solo alzarsi e, impettiti, con o senza applauso, rendere omaggio ad un uomo che si è preso in spalla una soma di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma lei NO, come il bimbominkia medio che entra in casa altrui e prima ancora di salutare i padroni finisce di messaggiare, e al limite dà la mano senza staccare gli occhi dallo schermo, così Marystar ha rovinato la solennità della standing ovation per commettersi subito ed informarci di una cosa che sapevamo già, ovvero che Napolitano era di nuovo lì. Quanto a Lei, presidente, butti giù l'amaro calice: ha avuto più voti dell'altra volta, nel paradosso assoluto di questo post-elezioni, ed ora deve traghettarci verso il Nulla. Non tema, La stimiamo comunque. Voto 8 a Napolitano, 4 alla Gelmini per l'atteggiamento non consono.

Il Partito Democratico (o quel che ne resta). Ok, sarebbe troppo facile sparare sulla Croce Rossa, specie perché ho votato questo partito per la prima e credo ultima volta in vita mia, ma penso proprio per questo di poter dare un parere abbastanza scevro da partigianerie o pregiudizi. La Caporetto democratica, con le candidature bruciate di Marini e Prodi, la regia oscura di Renzi (visto a non nominarlo delegato regionale? Più vendicativo di un chierichetto...) & D'Alema (che resta appunto quel gran fuoricorsista rancoroso di cui già dissimo), i mal di pancia a getto continuo della base e dell'altezza, e pure del perimetro e dell'apotema del partito, le imboscate e i tradimenti sanciscono un unico verdetto: il PD si dimostra una volta di più un partito nato morto, frutto dell'alchimia di elementi inconciliabili come l'ex sinistra democristiana e gli avanzi dell'ex PCI in salsina socialdemocratizzata. In nessun luogo al mondo, checché ne ciarlino gli esperti, il centro cattolico si allea con la sinistra, poiché, se anche i due poli paiono accomunati da una certa visione solidaristica dello Stato e della politica in termini di protezione dei più deboli e promozione di scelte egualitarie, sono d'altra parte separati da un oceano metafisico, poiché il personalismo teleologico cattolico non ha nulla a che vedere col cieco materialismo storico delle teorie a cui, se non è cambiato pure questo, si ispira un partito di sinistra. Da un lato valori non negoziabili perché emanati non dall'uomo, ma di Dio, dall'altro l'elevazione del bisogno individuale a legge pratica relativamente valida indipendentemente dal numero degli abbisognanti, da un lato il guariniano "piaccia, se lice", dall'altro il tassiano "s'ei piace, ei lice". E così enumerando. Ora, questa antinomia a monte si è tradotta, a valle, in due campagne politiche (2008 e 2013) che si sono rivelate una disfatta senza appello in entrambi i casi, perché sotto sotto, e lo dico perché ho sentito l'uomo della strada parlarne, il socialdemocratico convinto non ha voglia di votare la Bindi e tutto il mondo di vecchiume ideologico che costei si porta dietro, né il cattolico osservante può accettare che prima o poi il PD tiri fuori la legalizzazione del matrimonio omosessuale. Per dirne una. E c'è poi da ponzare sul fatto che la vittoria alle primarie ha a tal punto ubriacato la segreteria Bersani da far sembrare le istanze dei renziani poco più che capricci. Di qui le candidature di gente non impresentabile, ma vecchiotta, i giochini di far disputare le primarie a Finocchiaro e Bindi non nella loro regione di residenza, il peso abnorme dato a candidati molto sinistresi, laddove la fetta renziana dell'elettorato cresceva in sdegno e malcontento. Insomma, il netto successo alle primarie ha provocato nei bersaniani quella che potremmo da oggi definire "sindrome dei guelfi Neri", a memoria di quanto Ciacco profetizza a Dante nel sesto dell'Inferno, allorché gli racconta che i Neri, aiutati da Bonifacio VIII, prenderanno il potere a Firenze e bersaglieranno i Bianchi con rappresaglie ed ingiustizie multiple senza avere un minimo di pietà (vv. 70-72: Alte terrà lungo tempo le fronti, /tenendo l'altra sotto gravi pesi, /come che di ciò pianga o che n'aonti). Peccato che i guelfi Bianchi siano oggi capeggiati da un fiorentino DOC, Renzi appunto, che quindi di guerre civili se ne intende. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. (E anche il conte Ugolino ha avuto il suo risarcimento: Enrico Letta è pisano...) Voto: boh, come fai a votare una cosa che non c'è?

Papa Francesco. Sempre più pop, a livelli che oramai scaraventano Wojtyla nella preistoria. Dopo aver detto che Dio non è uno spray, alla preghiera del Regina Coeli di domenica, evidentemente caricato a mille dalla parabola del buon pastore, Bergoglio ha arringato la folla come nemmeno il più esperto dj di uno spring break qualsiasi sarebbe riuscito a fare. Lui: "Sentite la voce del Signore?". La folla: "Sì!". Lui: "Non... non sento..." (mano all'orecchio in stile: "Let me feel your rythm!!"). La folla: ""Sììììì!!!!". Poi, la folla: "Fran-ce-sco, Fran-ce-sco!". Lui: "Grazie per il saluto, ma salutate anche Gesù! Gridate Gesù, forte!!!". La folla: "Ge-sù, Ge-sù!!". Ovvio che Ratzinger si starà fregando le mani, pensando di aver trovato il vasocostrittore giusto per ridare slancio anche mediatico ad una chiesa in gravissima crisi. E Bergoglio vasocostringe da vero entreneur. Secondo alcuni, ovviamente, anche un po' troppo fuori dalle righe con atteggiamenti magari pure eccessivi. Oddio, a parte che dopo 27 anni di pontificato wojtylesco in cui si è visto di tutto, in senso buono, grazie all'istrionismo di GPII, gente come Bergoglio non è più nuova in senso assoluto. A parte che, ormai, sembra che dobbiamo rassegnarci all'alternanza tra pontefici "seriosi" e pontefici "popolari" (Pio XII vs Giovanni XXIII, Paolo VI vs GPI e GPII, Benedetto XVI vs Francesco). A parte tutto ciò, Bergoglio mostra in realtà una scafatezza da vero gesuita. Ricorderanno i nostri piccoli lettori che una cosa fu imputata a Wojtyla appena deceduto, ovvero di aver riempito le piazze, ma svuotato le chiese; in other words, si osservò che la grande carica mediatica di GPII aveva bensì avuto ottime ricadute in termini di folle oceaniche agli Angelus, alle Giornate della gioventù, al Giubileo, ovunque questo umile polacco mettesse piede, insomma, epperò a questo boom promozionale della singola figura del Papa non era corrisposta la capacità di frenare il crollo delle vocazioni religiose, cosi come quello del numero di cattolici praticanti, che obiettivamente si sono acuiti proprio nei 27 anni di regno del cracoviano. Tutta roba che, poi, passò in cavalleria nel momento in cui si riconosceva a GPII di aver avuto un ruolo attivo e fattivo nel contribuire all'estinzione del Demone Sovietico che tanto turbò i nostri sonni da Yalta in poi (e comunque nemmeno Paolo VI riuscì ad arginare la marea montante dello scetticismo secolarizzante, figuriamoci un uomo che veniva da una nazione mai toccata prima dalle mode consumistiche).
Vero è che la questione della mediaticità non sempre feconda di Wojtyla può oggi essere analizzata in termini sereni: ci permettiamo senza dubbio di rimarcare come certe occasioni ecumeniche di quegli anni, Giubileo in primis, ci avessero lasciato un certo retrogusto sgradevole, non certo nell'impegno profuso da un Wojtyla ormai a pezzi, ma nell'atteggiamento di certi fedeli, di certe masse di fedeli, che sembravano partecipare all'evento non per Gesù, ma perché c'era quel Papa lì. Voglio dire che, a volte, mi si formava nella mente l'immagine di un cartellone teatrale con scritto a caratteri cubitali GIUBILEO!!!, poi appena sotto CON PAPA WOJTYLA!!! e poi ancora sotto sotto, in caratteri minuscoli, "e l'amichevole partecipazione di Gesù". Purtroppo pareva proprio che il Giubileo, specie il Giubileo dei giovani, fosse diventato una specie di Woodstock cattolica la cui star principale risultava essere (involontariamente) il Papa, dopodiché si faceva uno sforzo e ci si ricordava che il "protagonista" vero della cosa era colui di cui il Papa è il vicario, Cristo appunto. Ma era già tardi, le telecamere si erano già spente, i canti erano finiti, si disse addirittura che i preservativi coprivano la spianata di Tor Vergata, a dimostrare che la gioventù cattolica aveva saputo unire in maniera epica l'utile al dilettevole (ma cathopedia dice che non andò così, e lo speriamo vivamente, non per un soprassalto di pruderie, ma perché pensare che gente giubilare abbia approfittato dell'occasione per lo zompo è poiuttosto triste...): lo spettacolo imperniato sul Papa era andato bene, quello della Fede no.
Bergoglio, in quell'esortare la folla a scandire non il suo nome, ma quello di Gesù, mi pare abbia dimostrato di aver ben presente il rischio della mediatizzazione della figura del Papa, e di non voler cadere nel budello predetto. La sua idea è quella di essere un tramite, dotato certo di una visibilità negata a chiunque altro, e tuttavia conscio che il fascio di luce che si punta su di lui deve essere subito deviato verso la Sorgente stessa del suo essere lì. Non male, non male. Detto poi che, secondo me e la Spocchia, la sua voglia di stare tra la gente ci porterà di qui a poco ad assistere agli Angelus con lui in piazza in mezzo alla folla, microfono da guancia come ad Amici, giro per la piazza sul gippotto, le guardie del corpo che impazziranno tutte le volte. Ce lo vedo troppo. Voto 8.

venerdì 19 aprile 2013

"Se puoi, chiamami Alessandro". Crepuscolo di un'epoca.

Mentre componiamo questo lacrimevole post, è in corso la seconda, inutile votazione (si prevedono circa 600 schede bianche) per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica Italiana, o di quel che ne resta. Stamane, è noto, il nuovo fiammante candidato della Buffa Coalizione (auf deutsch: ulkig Koalition), il già ampiamente esaminato Francuzzo Marini, ha preso una di quelle silurate che non vedevamo dai tempi delle elezioni presidenziali del 1992, allorché gente come Forlani e Andreotti fu impallinata dai propri compagni di partito e solo, purtroppo, il tritolo di Capaci riuscì a porre fine ad uno stillicidio che prometteva di durare fino all'estate, e che poi si concluse con l'elezione di Scalfaro. Orbene, Francuzzo era accreditato di 750 voti e spicci, ne ha presi 521 (o meglio, 520 + 1 andato a Francesco Marini, così, per sfottere un po' e rimembrare l'elezione senatoriale del 2006). Così, 250 voti in meno di quelli previsti, giusto per far capire ai signori delle stanze dei bottoni che c'è un Paese là fuori che ne ha piene le storie di accordi inciuciosi e compromessi al ribasso. Si sa, abbiamo il problema di un parlamento triminoritario, Berlusconi che alza la posta per i motivi suoi, Bersani & compagnia che ciarlano di differenti criteri per eleggere il Capo dello Stato rispetto al Premier, sottigliezza di raro bizantinismo, ma alla fine: perché?
Perché, mi domando, si deve sempre giungere ad un passo, non dico da Piazzale Loreto, ma da qualcosa che gli somiglia molto, lasciato peraltro in mano a un comico? Vojo di': si sa che, per me e la Spocchia, Marini non è tra i peggiori quirinabili, ma a questo punto è alla reazione dei militanti PD che bisogna guardare, senza parlare dei pentastellati. Se vediamo gente che minaccia di bruciare la tessera del partito in caso di marinizzazione dell'elezione (detto pure che Marini contribuì a fondare il PD un lustro fa), se un popolo si esaspera nel vedere la prospettiva di un accordo tra gente che ha mandato il Paese allo sfascio, dobbiamo chiederci: è il popolo che non capisce o i politici che non vedono? Grillo, per chi scrive, è un baracconaro senza appello, ma mai e poi mai vorrei sottovalutare l'onda montante di disgusto e nausea, per non dire altro, che ha mosso gli italiani a votarlo: siamo di fronte ad un Paese esasperato che vede i suoi rappresentanti crogiolarsi in accordi di basso profilo che nascondono evidenti intenzioni di appeasement le cui radici remote e propaggini future restano per gran tratto un mistero. Bersani e Berlusconi sono nemici, amici, o cosa? Rodotà fa così schifo (sì, non era nella mia rosa, ma obiettivamente non lo vedevo così quotato)? Che poi pure lui fu parlamentare in anni remoti, eh, non è esattamente un fiorellino di campo, suvvia, che i grillini abbiano partorito una rosa di nomi con dentro lui e Prodi, roba che poteva sottoscrivere un qualsiasi militante di SEL, mah... sì, ok, la Gabanelli, ma pure lì la retorica dell'inesperto al comando sarebbe tracimata a fiumi, idem per Gino Strada. Insomma, soluzioni convincenti non se ne vedono.
Rimangono le facce schiumanti dei sostenitori del candidato grillino fuori da Montecitorio: lì vi abbiamo visto il classico esempio di saturazione morale che a qual punto è identica a quella di un palloncino pieno d'acqua; quando è troppo, è troppo, ed ecco un robusto NO!! salire dalla piazza e finire fin dentro al Palazzo, nelle sembianze di quegli almeno 150 franchi tiratori che oggi hanno scompaginato le previsioni. Credo che a un certo punto si debba prendere atto che le forze pulsanti nelle piazze, purtroppo per noi catalizzate dai 5 stelle, stavolta sono al limite della sopportazione (date un'occhiata alla pagina facebook di Bersani...). Quell'ondata di ribrezzo per il nome di Marini non è partigianeria, almeno non stavolta: è l'esasperazione di chi, per l'ennesima volta, vede all'opera gente che non si rassegna al mutare dei tempi, come gli aristotelici che si rifiutavano di guardare nel cannocchiale di Galileo per non dover ammettere che la superficie della Luna non era liscia. Quell'ottuso arroccarsi su posizioni che ormai la Storia ha bollato come ridicole, quell'insistita sordità alle istanze non di quattro gatti spaiati, ma di un oceano di voti, quel tentativo di tenere insieme ciò che strutturalmente non può più andare d'accordo, quel ricattarsi ad incrocio, quelle parti in commedia, insomma adesso proprio no, urlano fuori da Montecitorio. E attenzione, perché la misura è davvero colma.

"Sì, ma l'Alessandro del titolo?". Oh, quello è il corollario più glamour che ci si potesse aspettare dopo la funesta mattina votatoria. Circa tre ore fa, durante un'edizione di Sky tg24 condotta dalla champagnosa Caterina Baldini, c'è stato uno dei tanti collegamenti con Montecitorio per sentire dalla viva voce dei votanti un parere sulla situazione. Ora, insieme all'atticciato Alessandro Taballione c'era un deputato 5stelle, tal Alessandro Di Battista, una specie di Raoul Bova dei poveri (o una versione maschile della Boldrini, a quel che vedo sul web...), incapace di tenere una posa che non sia quella del superbullo con le mani ai fianchi e la cravatta salmone in vista. Dai dati in nostro possesso costui, che peraltro ha poco meno della nostra età, ma sembra nostro zio ("beh, lui è uno che andava in Brasile dai bimbi poveri!", a deliziarli col frutto della sua laurea in DAMS, suppongo...- cattiveria time), sarebbe scrittore e giornalista. Transeat. Orbene, il Di Battista ha quisquiliato con compiaciuto accento di Civita Castellana, chiedendosi cosa impedisca al PD di votare Rodotà, e che insomma questi politici sono chiusi nella loro buvette coi menù a 4 euro e là fuori c'è un popolo che scalpita, eccetera, condivisibile per carità. Sennonché, quando Taballione ripassa la palla alla Baldini in studio per fare domande al tizio, il tizio anticipa la Baldini dicendo: "Oh, se puoi, chiamami Alessandro". Al che la Baldini, che ovviamente non capiva a chi fosse rivolto l'invito, fa una faccia interdetta, manco le avessero detto che c'era Bin Laden redivivo in studio, e poi passa a chiedere cose. Due nanosecondi di gelo, comunque, ci sono stati. E direi. Cioè, pentastellato mio, e anche una volta che vi foste dati del tu, "Ascolta, Ale...", "Dimmi, Cate!", sarebbe questo il nuovo che avanza? Ancora più ridicolo di quello di 20 anni fa? Ancora con la filippica dell'onorevole cittadino non- onorevole? Voi sì che siete alla mano, che rompete gli schemi, che sapete dire agli altri come stare al mondo. Come? Candidando al Quirinale il PRIMO PRESIDENTE del PDS da quando esso nacque sulle ceneri del PCI, insomma uno che ha il curriculum sulla carta più lontano da voi? Gigioneggiando davanti alle telecamere con affettazioni di smart-style e low-profile communication? Diamoci del tu, così abbattiamo le barriere? Ma per favore. Non fate i bambocci, che il mondo sta seduto su una polveriera e voi prendete ordini da un comico che diceva peste e corna dei computer e dell'informatica prima di venire formattato da Casaleggio, che d'altronde ha cominciato alla Olivetti e ne sapeva. Già nel 1994, quando le elezioni portarono Berlusconi alla vittoria e rinnovarono, più o meno come oggi, il Parlamento per un circa 60%, ci fu chi gridò al becerume da parvenus dei neo-eletti, specie i leghisti, tutta gente che i sinistri radical chic videro con l'orrore del giovin signore pariniano che sente parlare di lavoro alle sette del mattino. Certo, becera fu l'esultanza nell'elezione del Presidente del Senato, quando la new entry Scognamiglio battè l'esperienziato e colto Spadolini di un voto e si sbraitò come alla finale della Coppa del nonno. Oggi chi sbraita è Grillo e gli svarioni principali, e volgari, e ignoranti, e nauseanti, e qualunquisti, sono affidati anzitutto al dinamico duo Crimi-Lombardi, quanto di meglio l'italica supponenza abbia partorito dai tempi di Floriana del Grande Fratello. Poi arriva Di Battista a chiedere alla telegiornalista di chiamarlo per nome, perché lui è un cittadino. Non so, fa proprio così schifo pensare che chi è eletto in Parlamento qualche qualità al di sopra della media ce l'abbia, senza con ciò cedere a chissà quali classismi? È chiaro che la sostanza umana è la stessa in chiunque di noi, è una delle conquiste più alte del nostro pensiero e della nostra cultura, ma che di fatto uno sia più dotato di altri per fare determinate cose non mi pare esattamente un crimine. Se non ci fosse stata la voglia da parte di certuni di fare meglio di altri, oggi saremmo ancora a vivere nelle caverne. Il progresso nasce dall'eccedenza dell'eccellenza, che tira dietro sé chi da questo primato inter pares può avvantaggiarsi. Ma no, oggi la democrazia è "orizzontale" e "liquida", i deputati si danno del tu coi giornalisti perché è più giusto, tutti possono fare tutto, come l'Olanda di Crujff, produttrice di calcio spettacolo a tonnellate e due volte finalista ai mondiali del 1974 e 1978. Che poi sono stati vinti dagli altri.

domenica 14 aprile 2013

I grandi endorsement di Machittevole: specchio specchio delle mie brame, chi tte ce manno ar Quirinale?

Visto il recentissimo successo del nostro appoggio al cardinal Tagle, non abbiamo esitazioni a dire chi secondo noi deve sedere al posto dell'ormai distrutto Napolitano, un uomo che non aspetta altro che un paio di guerrieri di Hokuto vadano a splattare i parlamentari, sì che essi paghino il fio della loro nequizia.
Diciamo che nessuna delle peggiori prospettive mai più pensabili per un dopo voto avrebbe potuto eguagliare il pantano istituzionale in cui ci troviamo: a 50 giorni dalle elezioni, siamo senza un governo corrispondente alla nuova piantina del Parlamento, non c'è ancora un nome condiviso sul Capo dello Stato, e sopratutto i partiti fanno come se fuori dall'Italia fosse tutto tranquillo & pacifico, sì da permetterci di girare di valzer in attesa che un deus ex machina venga da chissà dove a sistemare le cose. Siamo sull'orlo di uno scontro USA- Coreanord, l'economia traballa, il Giappone ha deciso di invertire la politica monetaria facendo crescere l'inflazione, tutti fanno qualcosa, noi no. Al massimo le intelligentissime Quirinarie del Movimento 5 Stelle, ormai solidamente dimostratosi per quello che è, un'adunata di pazzi furiosi animati solo dal pingue gusto di sabotare le regole del gioco istituzionale, convinti ancora come ai tempi di Robespierre che le rivoluzioni si facciano distruggendo tutto e non dall'interno del sistema. Questa accolita di teste fini, schiave del Vangelo Grillesco, succubi di un Padrone inappellabile, bravi a fare lo streaming delle loro assemblee e sopratutto a NON FARLO quando quando l'esigenza e la comodità lo impongono, bravi a discettare di taglio ai costi della politica, ma bravi pure a NON TOCCARE la LORO diaria, promettendosi di parlarne un bel dì quando sarà, ebbene, costoro sono la vera palla al piede di questa povera e sfigata diciassettesima (appunto) legislatura.

Convinti di essere stati eletti per effettuare la Grande Palingenesi della politica italiana, non sono più che dei dilettanti allo sbaraglio, arroganti, supponenti, contraddittori e ignoranti dei minimi meccanismi parlamentari, convinti, per lunga consuetudine con "Amici", che i cantanti possano imparare il Grand Jeté in cinque secondi e quindi un commerciante di pelli di lontra possa diventare Ministro del commercio estero.



Loro non vogliono nulla, non sanno nulla, perché nulla sanno quei due geni che stanno alla base del Movimento e che hanno deciso davvero di fare come i personaggi degli Uccelli di Aristofane, i due già citati Pistetero ed Evelpide, pronti a costruire la città nelle nuvole dove tutto vada secondo i loro capricci infantili. Con una differenza: i protagonisti della commedia aristofanesca, perlomeno, andavano via da Atene e si creavano un mondo per conto loro, questi qui invece pretendono di fondare la città delle nuvole sulla terra, peggio ancora a Montecitorio, occupando le aule come dei giacobini in sedicesimo, quando non si rendono conto di avere il peso politico di dopolavoristi in gita sociale a Villa Giulia.
Ciò detto, chi ci mandiamo al Colle?
Ecco, dei nomi sin qui circolati, alcuni fanno sinceramente rabbrividire, altri sono quasi passabili, ma su uno vorremmo puntare. Spiegando perché scartiamo gli altri.

ALFA- QUESTI PROPRIO NO!!!

1) Romano Prodi.



Allora, quando noi si votava per quelli di là, l'antipatia per Prodi sarebbe stata semplicemente spiegabile dal punto di vista del mero antagonismo politico. Sennonché, il noto economista bolognese, figlioccio politico di Nino Andreatta, ci urtava proprio in sé, come persona. Era l'anti-Berlusconi in tutto, scelto apposta dal centrosinistra per mettere in difficoltà il Cavaliere: tanto sulfureo, fallocentrico, esuberante, arrogante risultava in certe pose Silviuccio, tanto bonario, morbido, pulitino, accomodante, umile, rassicurante veniva dipinto Romano. E difatti, va detto, per due volte su due le elezioni contro Silviuccio le ha vinte. Salvo poi finire anzitempo i suoi mandati governativi entrambe le volte, silurato dalle sue stesse maggioranze. Uomo complesso, Romano, boiardo della Prima repubblica, sfiorato dagli schizzi di Tangentopoli, sceso in campo senza avere un partito suo e quindi ostaggio di quelli delle coalizioni che lo sostenevano, uomo - punching ball in epoche in cui il carisma è tutto, ebbene, noi non lo sopportammo proprio per quell'alone di mediocrità autocelebrativa che lo circondava, e presumibilmente lo circonda tuttora. Cioè: quel basso profilo insistito, quel parlare fiatando, quel fare boccucce e sbuffetti che neanche il conte zio col nipote Attilio, quel minimizzare ogni cosa, quel muoversi con aria curiale senz'essere prete (ma pure quella pretesca vendicatività, detto che, caduto la prima volta nel 1998, fece in modo che la sua Bologna, Bologna la rossa, facesse mancare i voti al candidato sindaco del centrosinistra e mandasse in municipio, prima volta dai tempi degli Etruschi, un uomo di centrodestra, Guazzaloca), quella palese mancanza di qualità incisive, che era in realtà il vero motivo del suo duplice issaggio a Palazzo Chigi, rappresentavano all'epoca per noi il contrario di come doveva essere condotta la politica, e ai tempi l'energia e il piglio silvieschi ci convincevano decisamente di più; in Prodi vedevamo l'esaltazione di chi non si espone mai troppo, di chi è prudente perché debole, di chi trama alle spalle e manda avanti gli altri a metterci la faccia, insomma, il tipo umano che da queste parti si chiama confidenzialmente 'la merdina', il vigliacchetto per bene che piuttosto di farsi vedere a perdere le staffe, con chissà quali rischi, lascia che i teppistelli gli passino col motorino sotto casa, così la figura dell'iracondo la fa il vicino che invece vorrebbe lecitamente starsene in pace, ma non trova sponde, appunto perché 'la merdina' non ama esporsi. Tutto questo cosmo di silenziose viscidezze e mediocri rinculaggi vedevamo allora incarnato da Romano. E oggi dopo il nostro mutamento di prospettiva? Esattamente le stesse cose, quindi per te, Romano, la corsa al Colle finisce.

2) Giuliano Amato.



Il Dottor Sottile, l'uomo che ha passato i suoi anni migliori all'ombra di Craxi come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e poi, quando Craxi è crollato, si è spostato dalle macerie con levità incredibile, dando ad intendere che lui era sì accanto al Grande Tangentocrate, ma non ne sapeva nulla, né aveva mai visto o condiviso nulla, era un professore universitario prestato alla politica, lui... al punto che nel 1993, verso la fine del suo primo incarico di capo dell'Esecutivo, mentre i parlamentari si scannavano, disse che si ritirava dalla politica, difatti fu di nuovo premier nel 2001; il giorno della presentazione della lista dei ministri, affettò una lunare parte da uomo capitato lì per caso, scusandosi di non conoscere bene le tappe del cerimoniale nel comunicare i nomi alla stampa (ma allora quello che aveva ricevuto l'incarico 9 anni prima chi era? Un sosia?). Insomma, la parte defilippica di chi è lì ma non ci dovrebbe stare a lui calza sempre benissimo. Ricordiamo anche qui che il vulcanico Vittorio Sgarbi, quando negli anni '90 dirigeva il suo pulpito mediatico su Canale 5, il sempre divertente Sgarbi Quotidiani (un goccio di vin santo tra Tg5, Non è la Rai e Beautiful) ebbe a fare un paragone folle ma calzantissimo: tutti voi, grandi uomini della sinistra, dite che Bettino Craxi è stato un cesso di politico? Allora Amato, che è stato il suo braccio destro per 4 anni a Palazzo Chigi, era il suo bidet. Il che, al netto della carica polemica insita nella metafora, non è lontano dai fatti. Se nel water si evacua, come ben si sa, nel bidet ci si lava. E in effetti Amato, autoassolvendosi in nome dell'onestà intellettuale dell'uomo di cultura, si è lavato degli eventuali schizzi di liquame connivente lasciando intendere che lui ha svolto il suo servizio per il Paese, non per Craxi, e se qualche dolo c'è stato, e magari lui ha assistito o ne ha avuto solo sentore, la sua specchiata onestà lo ha portato a non parteciparvi mai, ma forse addirittura a negare a se stesso la veridicità dei maneggi cui era costretto ad assistere, così come Don Ferrante, non essendo la peste né sostanza né accidente, andava a dormire convinto di non poter subire il contagio. Amato è così, uomo coltissimo senza dubbio, e tuttavia desideroso di convincere anzitutto se stesso che l'unico male che esiste è quello che compiono gli altri, e siccome tu sei di natura buono, vedere Craxi rubare e non dirgli niente è giustissimo, perché sennò macchieresti la tua bontà dovendo impegnarti a pensare a quelle cose così brutte, tipo scatoloni di banconote da centomila lire dell'epoca che affluiscono copiose nella sede del PSI. No, l'anima bella è come il Motore Immobile di Aristotele, può avere solo se stessa come oggetto del proprio pensiero per non diminuirsi nel pensare all'altro da sé, ontologicamente inferiore. E così il bell'Amato, a cui gli allori sottosegretariali non dispiacevano, a patto che il letame per concimarli fosse prodotto da altri, si è trovato a suo agio come post-Craxiano proprio perché Craxi, novella peste milanese del XX secolo, non è mai esistito (o così almeno lui si è convinto). No, Giuliano, l'ipocrisia no. Per te, la corsa al Colle finisce qui.

BETA- VABBE', SE PROPRIO...

1) Massimo D'Alema

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Strano a dirsi, mai avrei pensato di potermi far andar bene per il Quirinale, in mancanza di meglio, l'incarnazione più pura e cristallina dell'Antipatia umana: questo politico, ritenuto da tutti un jolly da calare in casi estremi, già odorato di presidenza 7 anni fa ma poi bruciato da Napolitano (il quale maledirà quei giorni, si sa...), riesce a rendersi odioso per un'aria di saccenteria come poche altre se ne respirano accanto a chicchessia; il suo sarcasmo pre-montiano, i suoi sbuffi, i suoi occhi sgranati, i suoi "diciamo" intercalati ogni 5 parole, richiamano alla mente la tradizione più pura del comunismo, quella dei dirigenti che liquidavano con un forzato sorriso di sufficienza le argomentazioni degli avversari, ritenendole così di basso profilo umano da non dover essere nemmeno prese in considerazione. Perché appunto, il male della sinistra è sempre quello: la convinzione di essere i Prescelti da Dio (che per loro neppure esiste - lollata del mese). E D'Alema, finché ha fatto politica attiva, ha sempre voluto dare di sé l'impressione di quello troppo bravo, sprecato quasi per la faunetta che lo circondava. Un grande attore, in realtà, capace di manovre ad elastico con Berlusconi, nemico-amico alla stregua di un duo Tom e Jerry de noantry, dicitore di odio e facitore di paci e SOPRATTUTTO studente fuoricorsista alla Normale di Pisa. Speravo che avrebbe impiegato questi anni fuori dal Parlamento per finire 'sta benedetta tesi che si porta dietro dai tempi di Jimmy Carter. Macché. Ma poi dico: alla Normale, è noto, non entrano esattamente cani e porci, anzi parliamo dell'unico ateneo italiano con una selezione davvero meritocratica dei suoi studenti. Quindi, Max caro, l'intelletto ce l'hai. E l'hai buttato via dietro ad un'ideologia senza uscita. Non sei l'unico, lo so, ma anche tu, come tutti quelli della tua generazione, non hai fatto la necessaria autocritica in merito a scelte politiche perculate dalla grande Storia. Vedo te e mi chiedo: possibile che anche gente col cervello in ampio regime di funzionamento autonomo possa essere stata sedotta a tal punto dall'ideologia, che come prima cosa richiede il reset del cervello medesimo? Eppure.
Ciò detto, perché semi-endorso costui? Non certo perché bramo di vedermi la sua faccia da capetto prussiano che mi augura buon anno da qui al 2019; né perché voglio vedere cosa farebbe in udienza da Papa Francesco; né perché sarebbe troppo comica vedere il Presidente della Repubblica, ex-lanciatore di molotov ai tempi della contestazione contro la polizia di Kossiga, costretto dal protocollo a salutare con tutti i rispetti le parate militari del 2 giugno. No. Semplicemente D'Alema mi garantirebbe una cosa: il contegno istituzionale, parte a recitare la quale lo vedrei assai bene. "Recitare", si badi, perché il vero D'Alema è un mistero anche per il suo stesso gestore. Però avremmo cose. Mai una parola fuori posto, la necessaria ironia acida in caso si dovesse replicare per le rime ad eventuali battutazze anti-italiane provenienti dall'estero, la convinzione che, alla fine di tutti gli odi di parte, qualcosa per tenere in piedi la baracca va comunque escogitato. Piccolo cabotaggio, certo; si parla di un fuoricorsista, del resto, almeno Veltroni il suo bravo diploma all'Istituto del Cinema (prerequisisto fondamentale per candidarsi alla guida del PD nel 2008) se l'è preso. Insomma, una mediocrità ombrosa e se necessario ringhiosa per tenere unito ciò che sembra sfaldarsi da ogni parte. Massimo, la corsa al Colle, per te, continua.

2. Gustavo Zagrebelsky.



Niente da dire sull'uomo, ma siamo sempre lì. Un non-politico eletto da un Parlamento incapace di trovare al suo interno un nome condivisibile. Magistrati e giudici che passano in politica, anche quando si parla di insigni giuristi, sono come i tecnici di Monti, prestati e in quanto tali non avvezzi a cert'aria che solo il politico puro sa respirare, anche nei suoi miasmi. Ma la politica, Machiavelli insegna, è tutto fuor che mestiere da educande convinte di instillare il Bene assoluto in ogniddove (aurevoir, Platon...). L'uomo di legge, abituato all'esattezza astratta delle norme e alla loro inesorabile ed efficace applicazione, non sempre può essere in grado di gestire le cavillazioni a volte purtroppo necessarie per far giungere a sintesi ciò che sembra irrimediabilmente antitetico, là dove invece un reato è un reato, e se uno compie un omicidio non può essere accusato di furto. Quindi, se non c'è proprio nessuno, passi, però per me 'sta storia della politica fatta dai non politici resta sempre on the gozz... Gustavo, la corsa al Colle, per te, continua.

3. Franco Marini



Il problema uguale e contrario rispetto a Zagrebelsky: essendo Francuzzo un ex-sindacalista, sconta il dramma di tutti i sindacalisti, perlomeno di quelli italiani, ovvero la vocazione insopprimibile a complicare il semplice e a trovare sempre il compromesso peggiore. A parte la sovrana incapacità dei sindacalisti della scuola nel fermare la macelleria gelminiana, ho constatato che la specialità sindacalese nostra è dire ostinatamente NO quando ci sono gli spazi per un sì ben più utile, e dire SÌ quando il governo di turno ha pronta la vaselina per i lavoratori. In nome di principi democratici di puro poverinismo globale, questi qui ritengono che la distribuzione di pari diritti a tutti comporti, come se si trattasse di una torta, che ciascuno di noi può godere di un 'dirittino', perché sennò non si possono accontentare tutti. Quindi, se tutti i neolaureati/ abilitati hanno diritto ad insegnare, non ha senso prevedere incarichi triennali al personale non di ruolo, perché ciò vorrebbe dire vietare per un triennio a chi si abilita a nomine avvenute di adire alla cattedra; meglio, molto meglio polverizzare tutto nella miriade di incarichi conferiti annualmente che riescono soprattutto a rendere impraticabile la continuità didattica; poi però, se si tratta di salvare l'insalvabile, come Alitalia, ecco ben 9 (nove) sigle sindacali a difesa di una società spesso usata per collocare parentadi vari e quindi assolutamente immune a qualsiasi ipotesi di riduzione degli organici. E lì la battaglia si fa epica, perché il diritto al lavoro è di tutti, anche se i soldi per pagare i lavoratori non ci sono. E altre resistenze medioevali simili. Insomma, il sindacalista-tipo ragiona per schemi astratti che però riescono in genere a NON aderire alla realtà in oggetto. Potrebbe dunque un ex cislino guidare il Paese? Oddio, i sindacati, del nostro Paese, sono uno specchio anche piuttosto fedele, specie nella loro confusa utopia di volere il bene di tutti purché sia qualcun altro a pagare, quindi per principio Marini al Quirinale non sarebbe illogico. Non so come interagirebbe, con le sue logiche di contorto sindacalese, con gente che vuole parole chiare e fatti concreti, come quei due-tre avvoltoietti europei che aspettano solo di mandarci in default. Vabbe', a 'sto punto... Franco, la corsa al Colle, per te, continua.

GAMMA- SÌ, SEI PROPRIO TU, EHI, PARLO CON TE, NON FARE LA RITROSA...

Ecco dunque il nostro endorsement: donna, colta, esperienziata, spalle larghe, carattere d'acciaio, antipatia pari a quella di D'alema, ma molto più carisma che pure promana da quegli occhi glaciali, è riuscita a citare Vittorini nel dibattito sulla fiducia a Berlusconi nel 2008 ("bella forza, è siciliano come lei...", certo, ve lo immaginate Maroni che cita Gadda?), è un magistrato, lo riconosco, ma sono 25 e passa anni che sta in Parlamento, sa come vanno le cose e ha la classe necessaria per farci ben figurare anche dirimpetto a Hollande o a Cameron, è stata vittima di una delle solite campagne rinfacciste orchestrate dal centrodestra tramite Alfonso Signorini, per dimostrare che anche lei sfrutta anomalamente i suoi privilegi, e se vieni rinfacciato da Chi vuol dire che sei Qualcuno. Insomma, è lei: la senatrice Anna Finocchiaro {perché la Bonino mi spiace proprio no, lei e suoi amichetti radicali vivono ancora nell'illusione di aver fatto vincere il divorzio e l'aborto in Italia, quando la società era già pro tutto ciò ben prima che loro ciarlassero, educata ormai dalle logiche consumistiche a considerare anche il matrimonio e la procreazione come beni esauribili e dismissibili [il che, per inciso, non vuol dire che noi si contesta i diritti acquisiti in materia e relative leggi, (ci mancherebbe anche), vorremmo solo che la gente, prima di sposarsi o zompare, ci pensasse bene per non dover poi dover ricorrere a rimedi comunque sempre dolorosi, fisicamente e psicologicamente], eppoi 'sti radicali me parono dei 5 stelle ante litteram, vabbe', Emma no]}. Anna, Annedda, da quella terra baciata e martoriata dal sole e dalla Storia, tra sciare verghiane e zolfare pirandelliane, nei silenzi di smalto del cielo estivo, dove cattedrali color ocra sorvegliano il mare amico e terribile, da lì ci giunga tua elezione.


[Ma tanto so, sì che lo so, parlamentari marrani, che mi isserete Casini al Colle ... sigh...]