Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

martedì 16 aprile 2019

Notre- Dame e dintorni.

Visto che, com'era inevitabile, a fronte del disastro parigino si è subito aperta la controffensiva del "ma tanto è una chiesa, e pure rifatta", "con tutti quelli che muoiono in ogni parte del mondo...", "ma sì, tanto l'Europa deve fare quella fine lì", cerchiamo di dire una cosa semplice semplice: monumenti come Notre Dame hanno un valore che trascende (TRASCENDE) la loro destinazione d'origine, a maggior ragione se religiosa. Non si tratta di fare le anime belle che si stracciano le vesti per il crollo di una guglia e le bruciature su quattro rosoni "e poi lasciano che i bambini muoiano di fame". Se esiste un'umanità compassionevole che si occupa ANCHE di bambini che muoiono di fame, ciò si deve al fatto che i valori umani, quelli che perdurano al di là delle transitorie esistenze di ciascuno di noi, vengono tramandati ANCHE dalla bellezza dei monumenti che ci accompagnano nei secoli. Quella bellezza è la testimonianza che il genere umano non si rassegna alla propria fragilità e trasmette di generazione in generazione l'amore per l'ordine, nonché la più segreta aspirazione a non finire per sempre con il concludersi dell'esperienza terrena. Tutto ciò è valido ANCHE se il Colosseo di fatto servì come mattatoio di gente mandata in pasto alle belve, ANCHE se i credenti in quella stessa fede che ha tirato su Notre Dame si sono ammazzati tra loro nei secoli passati  e hanno ucciso altri in nome di Dio. Lo splendore immortale di quei monumenti ci dice che c'è una parte buona nell'umanità di ognuno, che purtroppo convive con l'altra, ma è proprio quella parte che aspira ad un Oltre e ad una Permanenza al di là del tempo individuale a sentire, quasi paradossalmente, l'esigenza di salvare dalla sofferenza del presente quante più persone possibile. E' in nome di quei valori più o meno palesati dalle mute pietre che si è deciso, con un lungo e faticoso cammino di civiltà, di considerare nobile e preziosa la vita di chiunque. Se non ci fosse quest'anelito, a chi mai verrebbe in mente di fare del bene ai più deboli? "Tanto dobbiamo morire tutti, cosa importa che tu sia nato in Francia o in Bangladesh?". Illusione, dicono? Bene, se l'alternativa che i cantori del nichilismo ci offrono è il solito benaltrismo per cui c'è sempre qualcos'altro per cui dispiacersi, che è poi il modo migliore per non dispiacersi più di nulla e rifugiarsi in una comoda indifferenza, allora noi piangeremo (spiritualmente) l'incendio di Notre Dame. Sempre.

domenica 14 aprile 2019

Senecana (2). Torniamo alle cose serie.

Certo Il nome della rosa versione 2.0 ha scatenato profluvi di guappidtudine che una quieta disquisizione senecana può solo sognare. Ma tant'è.
C'eravamo lasciati l'altroieri con una sommaria introduzione a quelli che secondo me e la mia Spocchia sono i caratteri che rendono Seneca un grande, anche nelle sue infinite contraddizioni di uomo.
Ora ci occupiamo di aspetti del pensiero del Nostro che non sempre sono stati messi adeguatamente in luce, per il semplice motivo che nessuno se n'era occupato prima di un certo individuo. Ovviamente le teorie di costui hanno suscitato pareri contrastanti, per il semplice motivo che nel dibattito delle idee è del tutto impossibile ottenere il plauso di tutti, poiché significherebbe che non c'è più nulla da cercare. Solo con il dissenso può infatti generarsi quella sana tensione dialettica che apre nuove vie della conoscenza anche là dove sembra che sia stato tutto detto.
Facciamo un passo indietro, perché per capire un certo Seneca bisogna retrocedere a circa 4 secoli prima. Solo pochi ingenui presentisti, infatti, alcuni dei quali diedero gran prova di sé ai festivàl filosofici da noi assiduamente frequentati, avrebbero il coraggio di dire che mai prima dei decenni di nostra esperienza biografica il mondo ha conosciuto la globalizzazione. Meglio: questa globalizzazione, viste le condizioni di massmediatismo imperante, è certamente senza precedenti, ma da qui a dire che MAI prima di questi anni regioni del mondo storicamente non comunicanti hanno provato a comunicare è affermazione rischiosetta.
Grazie alle conquiste di Alessandro Magno, infatti, il mondo greco aveva innervato di sé, lasciandosene innervare a sua volta, il mondo orientale (Egitto, Asia minore, Asia interna) con risultati in termini di progresso culturale, scientifico spirituale semplicemente mostruosi. Le parole chiave di quest'epoca sono, a lume di Spocchia, le seguenti:
- cosmopolitismo, ovvero il fatto che un individuo grecofono poteva sentirsi cittadino di un mondo ben più grande della piccola Grecia dei tempi che furono; poiché il greco si apprendeva come oggi si impara l'inglese, ciò comportava l'aprirsi di strade non solo fisiche che portavano l'individuo a far parte di una comunità culturale transnazionale.
-sincretismo, dicasi la fusione naturale tra elementi culturali che di fatto erano nati per fondersi, solo che si manifestasse l'agente agglutinante: sotto la superficiale, progressiva assimilazione, tanto per dire, di divinità appartenenti a pantehon diversi (Iside-Selene-Astarte, tanto per dirne una) non faceva altro palesarsi la comune appartenenza di questi popoli alla Mezzaluna fertile sin dai tempi del neolitico, ciò per cui esseri supremi tutti legati al ciclo della vegetazione e ai fenomeni atmosferici si affratellavano al di sopra delle singole culture di elaborazione.
- relativismo: inevitabilmente, la presenza di diversi sistemi di valori coesistenti e tra loro conflittuali crea la problematica dell'esistenza di un gruppo di verità uguali per tutti al di là delle singole visioni del mondo. Ci si può certo isolare in un mondo autonomo e autogiustificante, ma come fare di fronte alle 'verità' altrui? Cercare il compromesso, cedendo parte delle proprie certezze per giungere a nuova sintesi? Oppure accettare il fatto che i recinti delle singole verità possono toccarsi senza confondersi, in ciò riconoscendo che una certezza assoluta non esisterà mai? 
- inquietudine: strano a dirsi, ma nemmeno troppo. Da un lato, un mondo in cui una lingua, e una cultura, sovranazionale si sovrappongono ad altre senza cancellare il sostrato precedente; dall'altro, il mondo da cui quella lingua nasce sperimentava una condizione che nell'immaginario collettivo della sua popolazione sembrava retrocessa per sempre nel mito: non più cittadini, ma sudditi di sovrani sempre in lotta fra loro per espandere il proprio dominio ai danni dei vicini. Un clima che, unitamente ai fattori di cui sopra, non può che provocare nei singoli un certo smarrimento, nonché una crescente insicurezza circa il proprio futuro prossimo e remoto. Impossibilitato a decidere autonomamente il proprio destino, costretto a delegare pace e libertà ad un' autorità lontana, l'uomo ellenistico esprimerà istanze esistenziali parzialmente nuove rispetto al passato, e le filosofie dell'epoca saranno lì pronte a rispondere in un modo che merita certamente attenzione.
Parliamo evidentemente di Epicureismo e Stoicismo, le quali, in disaccordo pressoché su tutto, concordano tuttavia in cima e in fondo:
1) il principio del mondo è unicamente materiale, negandosi di rincalzo la possibilità di una dimensione metafisica oltre quello che si vede.
2) il fine della filosofia è un'etica che dimostri come solo una vita secondo natura, immune dai desideri eccessivi che sconvolgono l'anima, possa dirsi autenticamente felice.
Sorvolando evidentemente su tutti i dettagli che sarebbe lungo ripassare, la certezza di questi filosofi circa la possibilità di mettere a punto una 'cura' per le inquietudini della vita riposa appunto sulla non-metaforicità del concetto stesso di cura: l'anima si può curare come un corpo perché essa stessa è di fatto un corpo fisico, costituito da atomi secondo gli epicurei, da pneuma secondo gli stoici. E' cioè relativamente più 'semplice' rapportarsi con un'entità che non è astratto ed impalpabile spirito, ma corporea, benché intangibile, sta da qualche parte dentro di noi e quindi può essere in qualche modo 'trattata'.
Il ragionamento è ai suoi fondamenti piuttosto lineare: guardando in casa epicurea, un'anima fatta di atomi deve essere mantenuta in uno stato di a-tarassia, intendendosi in ciò uno stato di relativa quiete degli atomi spirituali, ottenibile riducendo il novero dei desideri da soddisfare a quelli strettamente naturali e necessari. L'ingresso nell'anima di desideri eccessivi (come quello smodato di ricchezza, per dire) sortisce l'effetto di una palla da biliardo che all'improvviso venisse lanciata sul tavolo, andando a scontrarsi con le altre e provocando una serie di tamponamenti a catena che genererebbero la più totale confusione. Ecco, basta sostituire le palle del biliardo con gli atomi e il quadro è chiaro: il normale fluttuare degli atomi psichici, disturbato da un'onda di immagini legate a oggetti, e quindi a desideri, che non si è stati in grado di filtrare, diventa d'un colpo vorticoso e ingestibile, traducendosi nell'ansia di vivere che rovina se stessi e qualsiasi rapporto con altri.
Per gli stoici il discorso è simile: immaginando l'anima come un flusso energetico dotato di giusta tensione, se per qualche motivo uno stimolo esterno si imprime con forza eccessiva su questa sorta di 'corda' e ne altera il tono, l'individuo non è più in grado di discernere il bene relativo da quello assoluto e soprattutto si convince che nella vita qualcosa o qualcuno possa provocargli il male, elemento che non dovrebbe trovare cittadinanza nel razionale universo stoico. Ecco quindi perché l'immunità dalle passioni raccomandata da questa scuola si chiama a-patheia: pathos indica qui, etimologicamente, qualsiasi condizione in cui l'anima 'subisce' una pressione dall'esterno e si deforma, anche in questo caso trattandosi di qualcosa di meno che una metafora e più vicina all'analogia coi fenomeni del corpo, dal momento che gli eventi esterni lasciano la loro impronta sulla psiche esattamente come il pollice si imprime sulla cera. Tenendo quindi ben allenata l'anima, in modo che non perda il suo tono e non si indebolisca, si dovrebbe in teoria essere in grado di respingere ogni negatività, o vedere positività in eccesso laddove non c'è.
Vista quindi l'estrema 'fisicità' delle terapie spirituali di queste due filosofie, nessuno stupore che da esse germogliassero altrettante scuole mediche.
                                                                                                                    (2- continua)


domenica 7 aprile 2019

Il nome della Rosa 2.0, finalone. E poi l'oblio.

[ANTEPRIMA]

Visto che solo pochi di voi arriveranno - stremati- in fondo alla lettura, sia qui consentito sciogliere un inno alla recitazione dell'unico che lì dentro ha capito qualcosa, il nostro SESQUIPEDALE Fabrizio Bentivoglio, perfetto nella resa tragica di Remigio, mai sotto né sopra le righe, ma perfettamente calato in una parte atrocemente atroce.

[FINE ANTEPRIMA]




Occitana viene portata urlante come un Nazgul in prigione, mentre un intirizzito Adso, ancora più inespressivo del solito, colpa del freddo, piomba all'abbazia e si spalma nella cella di Guglielmo, spalancando gli occhioni da cicciobello drin drin quando gli si fa notare che la tizia adesso è tra le mani di Bernardo, quindi è spacciata.  

Al che Adso fa per precipitarsi, ma Guglielmo gli ricorda che finire al rogo è un attimo, allora ad Adso si allungano le guanciotte e subito dopo lo vediamo in atteggiamento michelangiolesco a farsi medicare il faccino (Christian Slater, where art thou??).

La buoncostume provvede intanto a sigillare le gonadi di Salvatore con acconcia marchiatura  e mentre le urla del poliglotta invadono la notte, Bernardo prega.
Tutti i monaci fanno capolino nel corridoio, pensando a qualche rituale proibito con Adso protagonista ovviamente. 

Poi Bernardo passa da Salvatore e gli chiede: "Hai le palle per rispondermi?"
Salvatore: "Quali?"
Bernardo: "Appunto. Adesso vuota il sacco!"
Salvatore: "Ancora con 'sta storia???"
Bernardo: "Andiamo a cacciare nella vigna del signore?"
Salvatore: "Cioè?"
Bernardo: "Remigio ama Occitana?"
Salvatore: "No, è quel fighetto di Adso!"
Bernardo (alzando la cornetta): "Pronto, Novella 1327???"




Robina tenta invano di uccidere Bernardo, ma sbaglia tre volte cella e va a disturbare Jorge, il quale chiede di essere ucciso, ma lei no. 

Adso si spalma sul pavimento della chiesa per impetrare mercé a favore di Occitana e giusto in quel momento passa Jorge col frustino, tutto curioso di sapere cosa ci faccia il bel giovine INCHIODATO A TERRA. Appena prima che si passi alle vie di fatto, torniamo in cella con Occitana, sulla quale una guardia esercita un tentativo di sbirciatina, ma andando a vuoto le getta la pagnotta col piede.

Riprende l'adunanza chiassaiola e Salvatore infama bassamente Remigio per farlo finire al rogo
Bernardo: "E' vero che guardavate Topazio di nascosto?"
Salvatore: "Oui, meu domino"
Remigio: "Tu menti!!" 
Bernardo: "E che smerciavate cicche di Lupo Alberto al prezzo raddoppiato?"
Salvatore: "Oui, meu domino"
Remigio: "Tu menti!!" 
Bernardo: "E che avete craccato gli abbonamenti su Dazn perché a Dolcino piaceva Diletta Leotta?"
Salvatore: "Oui, meu domino"
Remigio: "Tu menti!! Ti fui madre, scudo, amico!"
Bernardo: "E le lettere con le password trafugate sono qui in abbazia ora, vero??"
Salvatore: "Oui, meu domino"
Remigio: "Tu menti!! Così mi ripaghi?" 



Guglielmo: "Scusate, ma un uomo con le parti basse arrosto può essere affidabile?"
Bernardo: "Come osi, eretico??? E comunque pur di difendere il segreto di quei codici Remigio non ha esitato a uccidere! Era convinto che anche Voi, Guglielmo, aveste in mano quelle carte... no?"
Guglielmo: "Veramente io stavo cercando un trattato sull'idrofobia canina [Adso socchiude gli occhi] che anche tu conoscerai [Adso sorridicchia]".

A questo punto Alinardo la tira addosso a Malachia: "Attento agli scorpioni".

Malachia: "Comunque non sapevo che fossero codici di Dazn..."
Abbone: "Ma vedi un po', adesso arriva la finanza, cretino!!"
Bernardo: "Vai pure Malachia..."
[voce da dietro uno scranno: "... tu mostravi le lettere e i novizi ti mostravano il culo!!"][risate][Adso abbassa gli occhi][Abbone minaccia una nota di classe e apre il registro elettronico]

Bernardo: "Insomma Remigio, vuoi confessare di aver craccato 'sti codici con Dolcino?"
Remigio: "Sì, perché non è giusto pagare per vedere il calcio!!! Confesso di aver creduto all'open source!!"
Bernardo: "Bene, sei condannato! E manderemo tutto in podcast gratuito"
Guglielmo: "Come??? Punite un peccatore peccando allo stesso modo?"

Al che Jorge, che rimpiange ancora 90° Minuto condotto da Paolo Valenti, si alza e grida di averne abbastanza. Adso si offre di accompagnarlo e Jorge gradisce. Guglielmo gli dice di stare attento. Adso ricambia con lo sguardo del tipo: "Tanto, peggio di così..."
Fuori nella neve Jorge chiede ad Adso di vuotare il sacco.
Adso: "Metaforicamente?"
Jorge: "Ovvio".
Adso: "Allora, se ti lascio schiacciarmi le guance, mi dai la benedizione a Occitana, così almeno muore in grazia del Signore?"
Jorge (spacioccando il giovine): "Cerrrrto... sei buono, ragazzo... ANCHE TROPPO..."
Adso conduce il vecchio conscio di aver compromesso per sempre le sue speranze recitare nel ruolo di Rambo.
Davanti ad Occitana, Jorge afferma di non sentire niente di diabolico. Anzi, niente proprio. E la assolve, mentre Adso la limona duro.





Bernardo: "Va bene, Remigio, adesso ti torturiamo un po'..."  
Remigio: "No, non è giusto!! E' grazie a me se Abbone ha fatto i soldi con i codici craccati!!"
Abbone: "Taci, bestia!!". E va a vomitare. 
Nel frattempo Remigio sbrocca a manetta delitti mai compiuti, il tutto con un tale trasporto che Guglielmo mette la mano sul ginocchio dell'ancora piangente Adso, contro il parere di Bencio, e gli fa notare di nuovo come la tortura faccia ammettere anche ciò che non si fece. "Maestro, me la state tirando??" chiede sottovoce il giovine.
Remigio inizia una preghiera satanica. Bernardo lo manda ai ceppi.

Guglielmo: "Bencio, tira fuori il libro".
Bencio: "Figurati, se sto zitto divento vice-bibliotecario". E se ne va.
Al che Guglielmo, non potendone più della faccia da cane bastonato di Adso, lo consola dicendogli che la lussuria ce l'hanno un po' tutti lì dentro, Bernardo quella del torturare, Bencio quella dei libri, ma la lussuria non c'entra con l'amore carnale, che vuole il bene dell'amato... Adso sorride rinfrancato, passando dalla smorfia da dodicenne triste a quelle di seienne triste. "E comunque, Adso, un monaco strafatto dell'Oriente mi disse che tre cose non possono essere nascoste: il sole, la luna e la...
Adso: "Maestro, posso ardire di completare la sua frase??"
"...verità!" . Adso abbassa lo sguardo.


Robina si fa un giretto nelle carceri e arriva alla cella di Occitana, promettendo di liberarla prima o poi e di portarle un po' di Elvive. Poi passa da Remigio e gli porta due ricariche della Wind in cambio dei codici di Dazn, poi però si mettono a ricordare i roghi dei bei tempi andati e allora lei si arrabbia e torna a liberare Occitana, disperata per le sue doppie punte, aprendo il lucchetto con un coltello da macellaio, poi svanisce dentro un buco a forma di croce, dimostrando di essere un barbapapà.

Bernardo: "Ma che odore aveva quella che ha provato a sgozzarti?"
Tizio: "Muschio"
Altra guardia: "Tipico odore da baldracca" [?] 

Mentre in chiesa si canta, Malachia ha talmente schifo dei canti che muore, non prima di aver maledetto Alinardo.
Guglielmo: "Vedi, Berny? Non era Remigio il colpevole".
Benrardo: "Io un colpevole ce l'ho e me lo porto ad Avignone. Adesso brucio Occitana e voi vi arrangiate"
Guglielmo allora consiglia a Michele di telare il prima possibile.




Di notte, solito momento confessione: Adso prega Guglielmo di impedire che Occitana vada arrosto: "Si può sapere che colpe ha? E' riccia naturale!!"

Funerale di Malachia. Bencio ad Abbone: "Adesso mi fate vedere il labirinto???"
Abbone: "No. Facciamo tutti schifo, comunque... Quindi da oggi mi tolgo da tutti i social".
Allora salta su Jorge a rimproverare i mali del secolo e Alinardo gli dà man forte: "Gli ultimi due episodi di Star Wars sono un insulto alla trilogia originale! Ma l'avete visto il naso di Adam Driver???"

[Eccetera, eccetera, ma arriviamo al sugo]

A un bel momento Adso si ricorda di un giochetto ipogrammatico nascosto nella parola equus e allora Guglielmo decide di schiacciare la prima e quarta lettera di quattuor nel finis Africae. Oplà, ecco comparire in un andito della biblioteca il buon Jorge, che ha appena intrappolato Abbone in uno sgabuzzino per fargli fare la fine del topo.
Ed eccolo lì, il secondo libro della Poetica di Aristotele, che Guglielmo legge evitando di ciucciarsi il dito e avvelenarsi.
Jorge apprezza la furbizia, ma decide di dare fuoco a tutto in una gioiosa ekpyrosis stoica, perché la commedia è un genere che non gli piace. Quindi partono insulti al ritmo di "ti metterei piume di pollo in culo" e "povero giullare!!!"

Ed ecco il gran finale: Jorge smangiucchia con lepidezza il libro suddetto per avvelenarsi un po', mentre il fuoco vorace si nutre della cedevole pergamena trecentesca che trabocca dagli scaffali. E allora Guglielmo, lungi dal volersi salvare la vita, decide prima di farsi un giretto tra le scansie per  recuperare il recuperabile. Lui sa cosa scegliere, ma Adso no...
"Maestro, le ricette culinarie di Benedicta Parodi?"
"Per carità, no!"
"100 modi per curare la peste?"
"Ma ti prego, siamo nel 1327, la peste è roba da antica Roma!!"
"Letteracce assortite di Dante Alighieri alla cittadinanza fiorentina?"
"Ecco, quello sì!"
"E qui... aspetta, qui c'è un codice delle tragedie di Seneca omaggio di Lovato Lovati, dove tuttavia leggo al verso 123 della Medea l'aggettivo non sana del ramo A invece di vesana del ramo E. Che sia un esemplare contaminato??"
"Prendi tutto!!!"



Nel frattempo Robina arriva al culmine del freccianerismo della serie e minaccia di sgozzare Bernardo se non liberano Occitana, che era lì lì per andare arrosto. Ovviamente Bernardo abbozza, Occitana fugge a cavallo, portandosi via anche un discreto quantitativo di olio per capelli. Appena prima che Robina riesca a farsi dare i codici craccati di cui sopra, scoppia il portale della biblioteca, al che il cardinale francese ciucco ne approfitta per esercitarsi nel lancio del giavellotto e lui, proprio lui, la flaccidezza fatta uomo, CENTRA ROBINA DA 30 METRI scagliandole contro un affare più lungo di lui e inchiodandola al muro.


Passa di lì Adso in camicia notte che la vede e crede stia facendo Calisthenics, quindi si ferma pensando di darle un colpetto, ma poi vede che sta un po' morendo e allora la disincastra e passa direttamente alle benedizioni in latino, sbagliando pure l'accento (venéris invece di véneris):
"Non temere Robina, la tua anima si salverà... Libera me Domine, de morte aeterna, in die illa tremenda.
Quando coeli movendi sunt et terra:
dum veneris judicare saeculum per ignem..."
"E'.... è viva...."
"Ciaooooo!!!!!" e schizza via lasciandola semi-purificata. Tancredi, prendi nota.

Remigio si butta nelle fiamme, Alinardo se la gode un mondo a vedere tutto quel fuoco e invoca
l'apocalisse, giusto prima di venir asfaltato da un cavallo.

Passano tre giorni e l'abbazia fuma che è un piacere, ma i nostri eroi sono già lontani. Adso, che da tre giorni cerca Occitana, trova su un tronco il libro di poesie che le aveva regalato, apre e vede scritto quanto segue: 

"Caro Adso, grazie per questo libro, ma come vedi io so solo scrivere, quindi non ho capito un tubo delle poesie che c'erano qui. Comunque sei stato gentilissimo. Anche se presumibilmente non ci vedremo mai più perché sei monaco, terrò sempre il tuo nome scolpito nel cuore, mio dolce Thomas. Tua Occy". 

[da qui Adso decide definitivamente di dedicarsi al culto...]

E' mattina, maestro e allievo si fanno una passeggiatina sui valichi alpini vestiti leggeri.
"Perché mi stai seguendo, Adso?"
"Il copione, Maestro..."
"Che sfiga però quella biblioteca... è il segno dell'anticristo... "
"Suvvia, siete stato un figo in mezzo a quei balordi..." [pacca sulla spalla che stimola la creatività verbale di Guglielmo]
"Adso, sono stato testardo, l'ordine immaginato dalla nostra mente è come una rete o una scala costruita per raggiungere qualcosa [Adso aggrotta le ciglia], dopodiché devi gettare via la scala perché per quanto sia stata utile, ora è priva di senso [Adso aggrotta sempre più le ciglia]... forse la missione di coloro che amano l'umanità è far sì che gli uomini ridano della verità... far sì che la verità rida!"
Adso a questo punto capisce che tutto questo delirio deve essere provocato da un'incipiente dissenteria, quindi prende un foglio di pergamena di quelli trafugati dalla biblioteca e lo dà a Guglielmo. "Ah, comunque poi torno a Melk a prendere i voti, qui in Italia crocione e mai più..."
Guglielmo: "Quando una rosa appassisce, della rosa resta solo il nome..." e gli dà una pacca sulla guanciotta.
"Va bene, alla prossima maestro..." e se ne va, non capendo che quest'ultimo volo concettuale era la richiesta di un deodorante per il dopo. 

Fine

Sul serio

Vabbe', guai a far pronunciare ad Adso le ultime parole prima di chiudere gli occhi per il viaggio eterno, il giovanotto deve restare giovanotto. Ma è il meno.   
Cosa non ci piacque di tutto ciò? Credo che sulla strada giusta possa metterci quella ricerca ad hoc degli studenti di Beni culturali dell'Università di Trento: i saggi osservatori hanno rilevato tutta una serie di errori che noi definiremmo filologici, nel senso che in abbazia sono presenti statue, vetrate e miniature che sono anacronistiche rispetto all'epoca dei fatti. Un modus operandi che tradisce un approccio ai fatti più da Trono di Spade che da film storico. Vero, o forse si potrebbe andare oltre: più che da fantasy americano, vedrei una certa arietta da film in costume alla Elisa di Rivombrosa, dove la cornice storica si estende attorno ad una vicenda che potrebbe essere ambientata in qualsiasi epoca, visto che la trama, ridotta all'osso, è quella di una qualsiasi soap opera. Niente a che vedere con I promessi sposi, tanto per dire. Che saranno pure la storia di lui che ama lei e uno si mette di mezzo, si separano e poi si riuniscono, ma il Seicento manzoniano è imprescindibile perché le cose vadano in quel modo e non altrimenti. 
Ecco, il Trecento in questa fiction è stato una raffinata quanto posticcia cornice per una vicenda che non ha trasmesso quasi nulla della tensione intellettuale presente nel romanzo. Troppo Adso [battutone...], vicenda sherlocckica messa spesso all'angolo, tematiche antropo-teologiche appena sfiorate, lungaggini nella disputa bernardesca che hanno addormentato senza eccitare.  
Nulla di memorabile, insomma. Anche se, a onor del vero, trovare qualcosa di memorabile che sia anche di qualità oggi è utopia. Perché da noi a Spocchialand alti ascolti NON SONO sinonimo di qualità. Semmai, come ci disse gente saggia al Master in Critica letteraria, un romanzo da 500.000 copie non è automaticamente un capolavoro, ma certo è un fenomeno da analizzare. 
Peccato che qui da analizzare seriamente ci sia stato poco.
Ciao.


[P.S.: a questo punto aspettiamo caldamente una fiction in 14 puntate su Va' dove ti porta il cuore]
[P. P.S.: Damian Hardung, con tutta la simpatia... entra in una boyband e stacci...]