Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

venerdì 24 aprile 2015

UGF 03X03: "Io gioco a scacchi".

Farinosa quantomai vieppiù la trama della nostra fiction-guida, come i fossili del cretaceo s'avvita su situazioni sfilacciate e incoerenti, e tuttavia sottilmente comiche, sì che decidiamo di salvare quelle, e non il resto. Che non c'è.

E' il Colorado Boat, questo, vero...?


1) La comica di Dawson's Creek reloaded: pare che il settore giovanezza & virtute del cast si sia deciso a complicare i propri dialoghi in cerca di nuovi spessori. Il risultato è ovviamente contraddittorio, ma non certo privo di un suo appeal.
"I tuoi trascendentali iniziano a sfuggirmi...!" "Kairòs, kairòs!!"
Esempio uno: nerd inverighese arrabbiato con la sua quasi- ex Valentina, "perché non mi hai detto che andavi a vedere la cavalla di Raoul che sgrava con Tino" (Tino  è l'osservatore, si capisce), la Vale replica che "tanto a te non sarebbe piaciuto", ma il nerd ribatte "dovevi dirmelo, mi sono offeso!!", al che la Vale ri-riopina "ma scusa, ti offendi perché non ti ho invitato in un posto in cui comunque non saresti venuto??", e la fenomenologia del linguaggio decolla verso i lidi già ampiamente esperiti dalla coppia Van Der Beek/Holmes, quindi, gente mia, siete indietro di 15 anni, as always.


"Zietto, andavo come una freccia nera, vero???" "Ma schiatta..."

Esempio due: il sempre più sandokanesco Jamal ci prova in concretezza con la Vale, che tanto del nerd non sa più che farsene, ed ecco che al maneggio risoffia l'aria dello zompo cornificante che già tanto ci soddisfece all'epoca: come spingere la fanciulla tra le egizie labbra? "Sai, mi devo reinserire socialmente... diciamo che faresti un favore alla comunità... ma sì, è la comunità che te lo chiede!!". Ora, ai tempi in cui Pollon andava in onda su Italia1 alle 16, una qualsiasi fanciulla mia coetanea, a fronte di una circolare ministeriale spacciata per tentativo d'approccio, avrebbe perlomeno sputato nell'occhio al pretendente, fosse pure affascinante ed egizio. Qui la Vale schiude le labbra dopo nemmeno tre secondi. Sarà... 


Omar Sharif chi?

2) Seduzione, questa sconosciuta. Esempio uno: la Isabella Ferrari-Gradisca, sempre più caricaturale nel ruolo di donna di strada col passato frullato, anzitutto simula un ictus con le figlie per avere una comoda scusa per interrompere la fuga da Inverigo (TAC a tempo di record, poi dite della sanità italiana...) e andare a piatire da mamma Nora, che ovviamente le mette subito a disposizione duplicato delle chiavi di casa, telecomando del cancello, carta di credito aziendale, pulsantiera lanciamissili, botola antiscocciatori e tutto il resto che si trova nel deposito di Zio Paperone. E passi. Ma il povero Giampaolo Morelli, condannato a fare il belloccio imbecille a vita, ottiene dalla predetta un appuntamento flash di un'ora per un aperitivo, roba che neanche due perseguitati politici della Cecoslovacchia anni '60, e quando l'approccio verte sugli interessi comuni, quando cioè Gradisca va ad informarsi sulle chiavi d'accesso al cuore, e molto altro, del bel ragionierone, ecco la di lui sexyssima dichiarazione: "Ascolto l'opera e adoro gli scacchi...". Beh, roba da veder tutte le Gradische dell'ecumene gettarglisi addosso al grido di "Sì, fammi l'arrocco!!". Ma appunto, tutto si diluisce nello sciroppo d'acero.



"Scusa, il primo principio della termodinamica...?" "lalalalalaaaaaa....!!"
Esempio due: sciroppo che scorre a fiumi, rischiando di impiaccicarlo senza requie, per il secondo dei Reggiani, ovvero Niccolò, che si crede perseguitato dal tizio della piscina, il quale, guarda caso, vive non solo nello stesso stabile dei nuovi Casa Vianello, ma pure sullo stesso pianerottolo!! Eh, beh, succede, no? Detto poi che il tizio, Mattia o qualcosa di simile, attacca effettivamente bottone col Reggianino, che attende invano un ascensore che non arriva mai (e leggili i segni del destino, su...), ma continuiamo a non capire perché Niccolò tema l'assalto. Ci vorrebbe evidentemente il parere di un esperto in seduzioni gay, nondimeno la frase: "Mi si è svalvolato il wi-fi, ma vedo che c'è una rete su questo pianerottolo, è la tua, per caso? Daaaai, dimmi la password, mi connetto solo per leggere la posta, giuro..." a noi qui di Spocchialand non sembra esattamente il tentativo d'approccio più erotico pensabile. Su un pianerottolo, poi (tacciamo della password dedicata al Papa, vabbe', Laura, si sa... coerente, vero...?). 


"Sì, però mio padre recitava con la Goggi..." "T'accontenti, cocco!"
3)  Bimbominkia, sorgete!! Trionfa il Twilight-mood per il Primo dei Reggiani, ovvero Calimero: costretto a fare da ormon-sitter alla circa-nipote (ovvero Irene, figlia di Gradisca, cioè della sua sorellastra, quindi una mezza nipote o nipotastra o step-niece o qualcosa), giusto per sbollirle le voglie e dimostrarle che Inverigo è decisamente meglio di Las Vegas, o Viareggio, che poi è lo stesso (by the way: ma in quanti posti è stata Gradisca? Rimini ci sta per motivi allusivi, ma poi Bologna, Viareggio, tutto senza un perché & un percome... ah, Ferrari...). Nulla di più eccitante di un bar vuoto, giusto con un paio di truzzi a cui la fanciulla mostra la spallina dopo otto secondi. E lui a farle scudo. Sì, ma poi io dovrei custodire l'intatta (????) virtù della nipotessa quando ho appena perso la donna della mia vita? Via, giù di Caipirinha!!! E così, ciucco marcio, Calimero affida alla minorenne le chiavi del bolide paterno (fighetto fankazzista... si  licenzia dalla cesseria, tanto lui i soldi li ha...) e zummete! Fermati dalla polizia, che li umilia da ogni angolatura concessa dalla trigonometria, ma potrebbe la predetta verginella esimersi dal farsi il selfie collo ziastro in pieno sfiga-time? No, perché bimbominkia is everywhere!! E lo posta sullo pseudo-facebook, ovvero il luogo dove il padre avanzo di galera, appena avanzato dalla galera medesima, va a rintracciare la figlia, e nella foto, guarda caso, compare il cartello stradale di Inverigo. Dopodiché è tutta campagna. Certo, incastri narrativi che, beh, Thackeray è un pivello, su...


"Poi arrivò il serpente..." "Chiamatoooo...??"

4) Da rivedere il sistema di intelligence di casa Rengoni, vero? Se un Jamal qualsiasi riesce a scavalcare il muro di cinta e arrivare fino ai battenti della porta di casa... eh, beh, c'è gente cattiva in giro, sapete? L'ex di Gradisca, per dire, che rispunta nell'auto di lei a fine episodio, la costringe ad impostare faccia e parole sul livello "Madre Coraggio (selallero)" e va di ricattoni. 


Chi sta suonando il flauto per farmi uscire dalla cesta?

5) Laura, povera, ormai vittima delle ben note ciclotimie senecane: prima riceve una serie inenarrabile di siluri nello stomaco (Gradisca ammessa a casa Rengoni, poi riconoscenda come figlia legittima da Nora, quindi adottanda da Ernesto, manca che la facciano capo della baracca....) che la portano a preparare vitello tonnato per due eserciti  poi, timorosa di sembrare giusto un po' rosicona per le profferte d'amore della madre alla figlia mai vista per 50 anni, telefona alla sorellastra, inghiotte ettolitri di fiele e la assume in studio. Coerenza, coerenza...

Heisenberg e Bohr...? Ah, intendi gli stilisti di Zara?

6) Raoul, vabbe', sei padre, godi. Ma perché tu e Calimero andate avanti a fare gli splendidi chiamandovi "bròder"?

"Dorsali flaccidini, eh?" "E' l'altro Reggiani..."





venerdì 17 aprile 2015

UGF 03X02: quota, quota.

E così, una puntata via l'altra, giusto per sondare la resistenza del pubblico al glucosio, e purtuttavia instillando lievi goccine di rafano là dove la luce è più intensa affinché l'ombra sia più nera.


"Sai che sembri la nonna di Sailor Moon?" "Chi, quella della statale 54?"



Per dire insomma che la fiction nostrana a trazione rengonica svela vieppiù il suo volto, fatto di zuccherosità (molte) e asprezze (poche). Il che, suddiviso per le quote mediatiche che si programmano per ogni episodio secondo l'equazione di Sommersmith, porta alla seguente ripartizione.

Sai, quei tuoi profiteroles dell'altra sera... li ho rivisti...

1) Quota Casa Vianello/Teneramente Licia: tutta a carico del matrimonio tra Laura la Cattolicissima e il suo bel Leo. Ma dov'è finita l'avvocata che si portava dietro la sfiga come un cilicio? Eccola invece tutta presa dalle prime inevitabili messe a punto della vita (bis)coniugale, tipo buttar via le uova al bacon fatte da lui senza dirglielo, piombargli in bagno mentre lui è nudo come mamma lo fece perché non ha chiuso la porta a chiave, sistemare i cuscini a trapezio piuttosto che a triangolo, insomma una carica sexy che al confronto il duo Licia-Mirko veniva fuori dall'Histoire d'O. Tutto deve riconciliarsi, un po' come alle fine dell'Orestea, e allora anche Niccolò, che avevamo lasciato in stan-by di bega perenne con la madre, dimentica incomprensioni, bigottismi, discriminazioni e accetta di venire a vivere coi due neosposi. Così, tout est pardonné. Forgiven, forgotten. Paraculiamo allegri, insomma.
Niccolò che peraltro (ma qui pesano le ambivalenza e le ondivaghitudini piddine sulla questione delle convivenze gay) potrebbe rimettersi sulla piazza, finita la triste parentesi col pitturista. Pare che nella piscinetta da lui frequentata saltabecchi uno che forse l'ha puntato, "ciao, anche tu qui?", "ci vieni spesso?, "io prima venivo di pomeriggio", tutte espressioni talmente neutre che uno neanche ci farebbe caso, ma Niccolò, temendo nell'interlocutore chissà quale maniaco, fugge sempre a gambe levate, lui che si era infrattato col pitturista NEL GIARDINO RENGONICO alla velocità del suono. Si vede che il ruolo del personaggio, che pure da qualche parte quaglia, è di difficile gestione. Ma la dolcezza trionfa.

Sì...sì sì, vedo il meteorite che precipita sulla ditta!

2) Quota Brothers and Sisters de noantri: che poi Laura, dopo tanta trasgressione nello sposarsi all'alba (ma a me continua a non tornare la cosa del ri-matrimonio in chiesa se non ha divorziato senza accenni alla Sacra Rota), dopo aver quasi fatto infartare di disdoro la povera e squinternata madre, si inalbera ad albero solo perché Nora/Sandrelli, distrattona, si ricorda, o meglio le viene fatto ricordare, di avere quella figlia nata da uno zompo giovanile, cosa là, Claudia/Gradisca, che è spuntata dal nulla e adesso vuole conoscere tutti i suoi fantastici fratellastri. E 'mbè? Dov'è il problema? Non si sa, ma Laura prende malissimo la scoperta, tace, fugge, mette giù una pippa chilometrica, ma in fin dei conti Nora era giovane all'epoca, fu costretta a smistare la primogenita per poi sposarsi col Capofamiglia, vojo di'... macché, scandalo scandalone, da parte di una che ha gettato il rosario alle ortiche e cercava i confetti color malva perché si risposava senza essere, ovviamente, più illibata. Si arriva al tutto dopo una serie di bugie, equivoci, deduzioni, silenzi e svelamenti in pieno ossequio alla fiction americana cui UGF si ispira smaccatamente: tutti non devono sapere e alla fine tutti sanno tutto. Solo che almeno a casa Walker scorreva ogni tanto il sangue. 

"E per la massa magra la creatina fa miracoli..." "Maschiaccio...".

3) Quota Candy Candy, eterna incompresa: appannaggio in realtà di un lui, ovvero Jamal, che grazie al sincero pentirsi sta riscoprendo la fede islamica, ma deve sull'altro versante cozzare contro la cocciuta vena comandizia di Raul, motivo questo di non pochi scontri, ma soprattutto di un andamento, oseremmo dire, ciclotimico e bipolare del rapporto tra i due, che si provocano, si separano e si riconciliano a velocità ghepardesca. Se Jamal compie l'intemerata di far giocare a rubabandiera gli ospiti del rieducandato di Raul, facendo sì che una di loro si sfracelli, ecco il rimprovero, "guai a te se osi prendere iniziative!", ma come, protesta Jamal, proprio adesso che mi stavo risocializzando?!??!?! e via una bella fuga di 500 metri non si sa dove, non si sa a sbracciarsi di che, ma si vede che è l'aria del maneggio, ricordate le cavalcate verso il niente di Raul l'anno scorso, al ritorno di Edoardo dall'aldilà? Poi, senza un vero motivo, Raul dà uno strappo a Jamal, ma c'è sempre la sosta a casa Rengoni, là dove Valentina la semplice è pronta a dire addio al nerd inverighese (che ha guadagnato, se non in bravura, in dizione) per gettarsi nell'ignoto coll'egizio. Basterà a redimerlo? Intanto Raul ha pronto il kit da cazziatone nel cruscotto dell'auto.


"Allora, qui Niccolò direbbe... ah, no, sono io...!"

4) Quota Il tempo delle mele: il povero Calimero, tradito da Narici Arabesche, che sta con l'altro, ma come fosse una tortura, fortuna che è arrivata la proposta di nozze che... ah, no, era un bluff. Puff, sparita.


"Allora... io farei rigatoni alla puttanesca..." "Sì, vabbe'..."

5) Quota C'è qualcosa che non so? tutta per Raul, che vede la sua ex con neonato a spasso e teme, pallottoliere alla mano, che la materia prima sia la sua. Ma lei, Cervina, zitta e muta. Guarda e schiatta.               


Kabir Bedi chi?

6) Quota Mi-mi-mistero! per Isabella Ferrari- Gradisca, l'unica a darci il  brivido del proibito e della strage imminente, anche perché, per arrivarci Laura (che in genere non ha mai capito nulla di nulla delle cose sue) a capire che questa qui ricompare proprio ora e ci sarà un perché... L'odore del sangue immine su tutto, pure sul povero Giampaolo Morelli, condannato a fare la parte del belloccio imbranato come Giorgio Mastrota è costretto a vendere pentole sino all'estinzione dei secoli... E' proprio vero che la bellezza non basta...


"Mamma, ma la Stella Piumata..." "Ssshhhhh...."

7) Boh, aspettiamo...

"Ue', altezza mezza bellezza!" "Sì, con il Mocio in testa...".


martedì 14 aprile 2015

Una Grande Famiglia, season 03X01: la calata dei marshmallows.

Abbiamo sempre seguito con interesse questo romanzone familiare con attori che vanno dall'eccellente al mediocre, rilevando in esso la spia più verace di certo orientamento socio-politico della nostra cultura. 
Dopo una prima stagione di chiaro impianto berlusconiano (l'imprenditore che si dilegua perché non lo lasciano lavorare), una seconda di evidente allure montiano-lettiana (l'imprenditore che si rivela un imbecille totale, ma alla fine lui le combina e lui le risolve, mentre attorno a lui sorelle cattoliche prendono a frequentar cenacoli multi-gender oriented, altre sposano l'uomo-bidet, mentre il fratellino si zompa la femmina con le narici gotiche), eccoci alla terza, morbidamente renziana, con una ouverture talmente melliflua che abbiamo stentato a riconoscere il plot originario.

Trattieni er respiro, Ti', che sennò ce scoppia er pixel...

Se cioè la forza (diciamo così) della prima e di parte della seconda stagione di UGF era la sapiente mistura di tragico e comico, nella puntata dell'altra sera sembrava di essere finiti in uno spin- off di Casa Vianello, con situazioni talmente ridicole da sfiorare il grottesco. Ma passiamo ad un'analisi ragionata & filologica.

1) Il personaggiume.

Pare (e sottolineo pare) che ci siamo giocati l'inascoltabile Sahrah Fehlbehrbauhm e tutte le sue aspirate, detto che l'intraprendente e cessofila Nicoletta detta Nico è stata sbattuta ben al di là dell'Atlantico a grattarsi la pancia, con schiavetti di colore in lontananza a passare la cera sulle aiuole, il tutto in pieno spregio alle lotte di M.L.King. Pazienza, NON ci mancheranno le sue strizzate d'occhio, il suo intercalare stitico e le boccucce burbanzose.

Ciao, bbelli, a fasse mantene' è sempre 'na ggioia! 

Il cast di qui in Italia procede invece (del resto gli sceneggiatori non potevano preventivare LA catastrofe del 2015) verso una progressiva Onedirectionizzazione, proprio adesso che la boyband più simile allo zucchero filato che si ricordi procede verso l'inesorabile realizzazione della verità enunciata da Oderisi da Gubbio. Vabbe', li hanno presi in controtempo, via... per dire cioè che il figlio della ultracattolica (eh, come no...) Laura, quella che si faceva riguardo a pronunciare una frase in cui le parole "cazzuola" e "voliera" distassero tra loro meno di sei secondi, ebbene il famigerato Nicolò, quello che recitava con un ferro da stiro nell'esofago, è ora impersonato da un attore che sembra la versione post-centrifuga col Vanish di Riccardo Scamarcio, un Harry Styles dal sorriso di un'eloderma, puccioso e timidino, ma promosso dal Capofamiglia, ovvero il buon vecchio Ernesto/Gianni Cavina, a caporeparto della new Rengoni.

E non faccio ruoli da figurante, ok?

Sì, Nicolò. Quello che era entrato in fabbrica per dimenticare lo stalking a suo danno in quanto omosessuale, quello che se l'era fatta col pitturista a tempo di record per poi scoprire il bruciante assenzio del tradimento, insomma un incapace cosmico di colpo messo al comando senza esperienza veruna. Mi ricorda il destino di certuni che, dopo carriere liceali a dir poco fallimentari, si rifugiano sotto l'ala protettiva di papà nella fabbrichetta di famiglia, fanno carriera all'istante e poi pubblicano su facebook post di alto spessore morale del tipo: "Ciao universitari, buon viaggio verso la disoccupazione!", in ciò dimostrando di non saper ringraziare gli dèi che, pur avendoli creati imbecilli, li hanno salvati con il posto in casa, dimenticando peraltro che loro, da soli, non avrebbero neanche saputo tirare su i muri della fabbrichetta. Ma tant'è, il mediocre è sempre bravissimo a mentire a se stesso.


Sì, sempre io... sexy come il boccale del Bimby lo so...

Sempre perché UGF morde nel concreto del reale dell'oggettivo, e siamo pur sempre nell'operosa Brianza multietnica, ecco spuntare il musulmano disadattato, Jamal, sbolognato al povero Raul, ormai giunto al grado mistico di terzomondista sottoscrittore di essere ARCI per conto terzi. Raoul che saprà vendicarsi di essersi visto recapitare uno più giovane e belloccio di lui mettendolo "a spalar merda" per insegnargli l'umiltà. Ah, sì.

Ue', splendidi, mi arriva il maroccchino (si vede la mano vascolarizzata?)! 

Il Jamal è pure lui stato scelto con vaghi connotati di figaggine orientaleggiante, parla un italiano speditissimo, dovrebbe essere il Franti della situazione, "perché tanto è inutile che mi prendiate in giro, sarò sempre emarginato, la realtà non cambia, ecc. ecc.", ma dopo neanche due terzi di episodio si è già redento ed è addirittura pronto a farsi la primogenita di Madonna delle Lacrime Stefania Rocca/Chiara. Ma tutto è dolcezza in questo avvio di stagione.


Zayn Malik chi?


Ernestino detto Tino, per dire: da tenero cucciolino nella prima serie a bignè semovente adesso. Laddove la sorellina aspirante zoccola, ora interpretata da quella che in 1992 fa la figlia di Stefano Accorsi (ah, la versatilità...), è friccicosamente pronta all'esperienza interetnica. Tutto l'universo obbedisce all'amore, no?


Mo pensa te, che mi piaceva tanto vendere le piadine a Riccione...

Infatti, per amore di baracconaggine, spunta Isabella Ferrari in versione Gradisca di Amarcord, con un caricaturale accento romagnolo a dirci che no, casa Rengoni non ha ancora finito di stupirci. Dopo aver sospettato che la suddetta avesse trescato puttanescamante con Raul (colpa di questi flashback color seppia che non spiegano nulla...) restandone incinta, ciò cui induceva a sospettare anche la mise fantasia, di fatto un mashup tra il look di Donatella Rettore e Loredana Berté dei tempi d'oro, e insomma il motel, e insomma "a Viareggio non ci torniamo, dobbiamo soldi a troppa gente", eh, insomma, benpensanti che non siete altro, macché, Isabella/Claudia è nientemeno che LA FIGLIA di quella svanita siderale di Nora/Sandrelli. La qual cosa ci porta direttamente al punto 2.   


Vabbe', adesso Nicolò lo fa mio fratello, oh... familismo all'italiana, via...



2) Le distorsioni quantistiche della trama.

Ecco, appunto. E Nora figliò clandestinamente? Ma questa è solo una delle veroniche della trama che ci mettono di fronte a situazioni date, ma non radicate in alcun trascendentale fededegno.
Il che, detto più spicciamente, indica:
a) Perché i Rengoni aprono una fabbrica nuova & più grande? Non erano stati ridotti alla canna del gas dalle giravolte finanziarie di Edoardo? Hanno rubato alla famiglia Cassina l'esclusiva dei mobili di Le Corbusier? Le sedie disegnate con Autocad da Chiara hanno sfondato così tanto?
b) Perché il Capofamiglia odia così visceralmente Edoardo/Gassmann, che oltretutto qui si fa vivo solo tramite sparute email con Chiara? Non lo aveva riaccolto a braccia aperte? Non aveva apprezzato il suo quasi-suicidio per salvare la ditta dopo il breve passivo di centinaia di milioni? E perché Nora, che odiava Chiara peggio di come Stephanie Forrester (prece) odiava Brooke, adesso la incensa come una dea? Non era una poco di buono a nastro?


Dai, in fondo non fai poi così schifo...

c) Perché la bella di Calimero, con le narici sempre più simili alle finestre dell'Alcazar di Siviglia, tradisce il tapinello, ignara del fatto che costui tende in genere a sfracellarsi con l'auto da corsa nei momenti tristi? Quali i motivi della crisi? Quale il ruolo del tamarro barbuto che se la porta a letto?

Maronn', me s'è allungata la narice destra...

d) Perché Nico non si è tenuta al di là dell'Atlantico il consorte e l'adottato Salvo, il noto maghrebino con l'accento di Tor Pignattara? Perché Ruggiero di Cessilandia è qui? Non era impegnato a rovinare la vita alla Dama Velata?


E allora io ho detto a Mario Bros: "Oh, niente colpi di testa, oggi, eh?".


e) Perché l'unico momento gloomy dell'episodio è il flashback di Chiara che perde il bambino di Raul? Cos'ha avuto? Non erano tutte a posto le analisi?

3) Simpatia, simpatia.

Ma, s'è detto, il vero tratto unificante di tutte le vicende puntatizie è la melassa comico-farsesca ruotante attorno al matrimonio tra l'ultracattolica Laura, che si risposa per la seconda volta in chiesa (ma non aveva rifiutato di concedere il divorzio all'ex?). Certo, essendo il primo correlativo oggettivo della stagione una delicata pianta di banano regalata dalla cesso-family ai piccioncini, uno s'aspettava trasgressione a go-go. Ebbene, Vandea-woman, irritata dallo spreco di invitati e cibarie messo in piedi da Nora, che fa del matrimonio cosa sua, decide di fare la prima, grande cosa trasgressiva in quarant'anni o poco più di vita.

Eh, ma quella cosa dello ius primae noctis, sai che quasi quasi...

 E che cosa fa? Gira nuda per casa con la bandiera della contrada del Montone? Spacca le vetrine dei negozi Bimbostore? Si ubriaca di trielina? Macché, passa la notte PRIMA DELLE NOZZE a infrattarsi col quasi-marito nella quasi- casa, esibendo un quasi-decolleté, un quasi-piede nudo e abbandonandosi alle gioie del congresso fiatando di non essersi pentita. Sporcacciona... Non paga di cotanta perversione, la mattina dopo butta giù dal letto One Direction mozzarella e gli intima di venire in chiesa tipo alle 7 per sposarsi in intimità, lui, lei, i figli, il prete, le fedi nuziali prestate dagli Iron Maiden, il tutto all'insaputa di Nora. La quale Nora, quando scopre il fattaccio, tiene giù un muso, ma un muso... che in mezz'ora è già pallido ricordo. Non dopo essersi coperta di ridicolo svegliando il povero Capofamiglia all'alba "perché tu non sei una donna", smistando all'indietro invitati e corone di fiori, sforzandosi di essere truce senza riuscirci.
Tutto riposa insomma su un insistito macchiettismo che ci lascia alquanto perplessi: va bene che l'Italia ha bisogno di ridere, ma ridere di se stessa a questo modo fa bene?


Ancora più cretina... no dai, ancora di più, forza...

lunedì 6 aprile 2015

I grandi réportages gastronomici di Eligio de Marinis: sciccherie a Loreto

"No, no e no! Io in quel buio andito non entro!", così la Spocchia si era rifiutata di sperimentare la cena in un ristorante-hotel perso su una collina, ma certamente abitato da presenze umane. I borbottii dell'Arciduca, che si confondevano col rombo del motore dell'automobile, segnavano gradi crescenti di disapprovazione.
"Moglie mia, piove e nessuno mai avrà da ridire se entriamo lì... Non vorrai che la serata finisca a trancio di pizza...".
"E se fosse?".
"Chiudere il sabato santo con pane lievitato, saprofiti frullati e jambon mi pare riduttivo...".
"Se a te, marito mio, non aggrada la prosciutto e funghi, la cosa mi cale poco assai!".
Discorsi di questo tenore, mentre i fari delle auto che correvano sul fondo della strada arrivavano a riflettersi nel monocolo dell'Arciduca. No, in effetti l'ingresso di un turista solitario sotto la pioggia avrebbe ingenerato dietrologie di sfigaggine francamente irritanti. La Spocchia era nel giusto. Riavviai l'auto, riguadagnai la strada principale, riaccesi i grugniti dell'Arciduca, che di duodeno insisteva a criticare la mia scelta, ma tanto fu. E ora?
"Beh, ci sarebbe sempre quel ristorantino dai prezzi esagerati che....", attaccò la Spocchia.
"Di bene in meglio, moglie! Facciamoci pelare del tutto!!" protestò l'Arciduca, memore degli espropri napoleonici avvenuti in zona due secoli fa "Hai già scordato le pagelle di Tripadvisor? Prezzi alti, piatti piccoli!".
"E vabbe', ordiniamo antipasto, primo, secondo e ci saziamo di certo!".
"Come no! Che ideona...".
Ideona che pure mi piacque, ciò per cui voltai d'impeto a destra l'auto, mandando a sbattere Spocchia e Arciduca contro i rispettivi vetri, zittendoli il necessario per trovare il ristorante "Da Pasqualda" [nome di fantasia, metti che leggano il blog, poi finisce come quelli del festival di Mantova...].
Sotto secchiate di pioggia guadagnai la porta del locale, parzialmente a vetri, vetri dai quali la proprietaria osservava il mio incedere, incerta suppongo se aprire o meno a un turista solitario che magari arrivava lì per mangiare solo l'antipasto e le occupava un tavolo da quattro.
Mi aprì, tuttavia, ma prima di lasciarmi entrare attese il cartiglio di presentazione.
Decido allora di passare al presente storico e mi aggiusto una faccia da Ditino Pretenzioso feat. Pulcino pio: "Salve, sono da solo, mi prendete lo stesso?". La vice-Pasqualda, ovvero la Caposala del ristorante, mansione segnalata dalla giacca nera, i jeans e le ballerine nere per i piedi piatti, che pur piatti non possono essere serviti [questa serviva per dare colore, magari piatti non erano], mi squadra impietosita, poi mi dice: "Ma certo... Mi dia il soprabito...", mentre Pasqualda attiva il portaombrelli, mi ri-squadra dubbiosa, poi sussurra all'altra: "Questo  lo mettiamo di lì...", come se parlasse di uno stivale spaiato, quindi mi conduce "di lì", ovvero in una sala attrezzata alla "sentitevi inadeguati, please": musica jazz-lounge-chillout- classico che non passa, colonne a specchio, camerieri a specchio, nel senso che si specchiano nella loro professionalità e poi si ricordano che ci sono lì i clienti, tavoli ampi e decorati con composizioni floreali tutte diverse, coppie affamate, famiglie misticanza (una ha il padre coi capelli all'indietro, basettoni, figlie preadolescenti e chiattissime, felpa col cappuccio e fuseaux - no fashion, no fashion - moglie intellettuale bionda tinta, dall'altra parte padre, madre e due figlie cavallone assai piacenti, peccato per l'accento, una tutta tatuata e lievemente forte di glutei, poi se li alloggi nei jeans slavati attillati, eh, però - no fashion, no fashion - l'altra deliziosamente musona, stacco di coscia di un metro e venti, faccia triste per dire "sono troppo per chiunque....", però lo smartphone manda e riceve whatsapp), tris formato da lui, lei e il simpatico frugoletto Duccio, che entra in sala giocando col videogioco dell'Ipad e non la smette più, nonostante le suppliche dei genitori (bimbominkia!!!).
Caposala mi fa sedere a un ampio tavolo spoglio, non per punirmi, ma perché l'arredamento progressivo del medesimo fa parte dello show. Scopro poi l'esistenza degli altri camerieri, le due appena di grado inferiore a Caposala, ovvero Pinocchia e Giappa, distinte dalla livrea nera e dal farfallino, e i due sotto-sottoposti, Pinocchio e Pagnotta, camicia bianca e cravatta nera.
Pinocchia ha la boccuccia a becco d'anatra e il nasino affilato, oltre alla coda di cavallo affilata, e serve i clienti con affilata professionalità, spiegando in modo affilato le caratteristiche dei piatti, ma sempre con un tono come se capisse che i clienti non sono lì per capire, ma per mangiare. Giappa, che sembra la nonna di se stessa, sorride quasi impietosita, conscia delle infinite sorprese culinarie che attendono gli avventori, ignari delle dimensioni new age della cucina secondo Pasqualda. Il suo musino a ciabatta si illumina solo se deve servire il vino, ma sembra la nonna di Aiko di Hello Spank quando mesce il saké. Pinocchio ha un tatuaggio sul collo, sembra un pinocchietto con le bretelline, esce trionfante dalla cucina con un piatto con su tre pomodorini e serve lo zucchero nel caffè come pochi. Pagnotta è addetta a servire il pane ai tavoli, in linea con la propria silhouette, e serve i piatti solo se il numero dei clienti al tavolo è dispari, e Pinocchia e Giappa hanno verosimilmente solo due braccia.
Ecco dunque le tappe del Viaggio nell'Estasi:
1) Il menù: saltato a pie' pari quello di mare/terra con dieci piatti per un totale di 80 euro, compongo à la carte: antipasto detto "5/4 di scottona", probabilmente un indovinello; primo detto "lo gnocco viola ripieno al salmì di lepre con burro e salvia"; secondo detto "il maialino alla brace". Lo gnocco alluderà a LO gnocco per antonomasia, come usa ora presso i ristoratori (come quando servono LA misticanza, per dire che la cicoria e la lattuga che ti danno loro non hanno rivali in tutta l'ecumene), oppure devo aspettarmi un solo gnocco? Il maialino sarà ancora vivo? E come può una scottona dare luogo ad una frazione impropria?
2) Quante sciocche domande... Ben più urgente è chiedersi dove siano le posate... Ah, no quelle arrivano con le pietanze... Anche l'acqua è servita sempre da loro, appena vedono che hai bevuto un sorso, subito rabboccano, e per evitare che tu, tapino, te la versi da solo, la collocano su un tavolinetto a sei metri dal tuo, così t'impari.
Ma il lounge è lounge... Arriva Pagnotta, tutta flautata: "In attesa dei piatti, apriamo con una caramella di pecorino su stecco di legno" e mi propina un bicchiere a forma di budello con dentro il sale grosso per tenere fermo lo stecco ove è allocato un pezzo di formaggio fritto al microonde e poi lasciato rapprendere che prende quella caratteristica consistenza a ragnatela. Gnam. Ah, che sazietà...
3) Sì, ma le posate? Ma, no, buzzurro, prima arriva il pane! Riecco Pagnotta con un vassoio bislungo recante grissoni bislunghi (fatti col Bimby), serviti con le molle, quindi in un piattino mi viene versato dell'olio, con evidente invito a fare scarpetta (ma non era volgare?). Però, scarpetta col grissino...
Infatti Pagnotta ritorna e porta "il nostro pane, adesso Le spiego: al centro c'è il pane...  pane diciamo [quello dei plebei, se lo togliete vengono giù tutti gli altri], poi pane di patata [ = fondo della pentola della polenta con consistenza pane carasau], pane di patata viola [idem, ma viola], pane [a forma di stringa cicciuta] e panini col formaggio nell'impasto". Ah, il pane. Adesso sì che si può fare scarpetta.
4) Macché: piomba dopo due minuti Caposala con una scatolina rettangolare 25x3. Gesù, i fiori di Bach a quest'ora... "Questa è la sopresa dello chef. Apra un po'..." [apro un po'...] "ecco, vede come prima cosa una pallina di tartare di carne che Lei dovrà infilare nel sacchettino delle spezie, shakerare e quindi mettere sulla fettina di pane fritto, poi la mangia... questa è la nostra oliva ascolana da montare!!". Facciamo notare che la pallina ha il diametro di un centimetro, così come la fettina di pane. Dopo aver litigato col sacchetto per capire dove diavolo si apre, apro, shakero, ma mi va tutto da una parte, quindi impiatto nella fettina. Ri-gnam. Ah, le calorie...
5) Le posate, le posate!!! Ah, no, vanno al tavolo di Duccio. Il quale Duccio, che ovviamente di questi piatti raffinati se ne fa un baffo, ordina tagliatelle al sugo. Rispetto ai tempi biblici delle altre portate, le tagliatelle arrivano IN QUATTRO MINUTI, potenza del cibo plebeo.
Ma no, noi siamo nel Parnaso! Ed ecco le posate! Che sono l'avviso dell'arrivo del piatto, recapitato dopo 8 minuti. Ed ecco la frazione impropria: piatto oblungo, con su tracce di elaborazione carnea, rispettivamente un fagottino di roastbeef con puré, un sospiro di bresaola con tre cilindretti di caprino, un bottoncino di carpaccio, un dado di lingua, un cuneo di tartare di manzo ottenuto col sac-à-poche. "Buon appetito!", opina Caposala. Adesso sì che posso usare "il nostro pane". Certo, senza ingozzarmi, veh...
6) Ciao assaggini, vi amammo. Ma se ne vanno anche le posate, e ora? Intanto osservo Basettone che osserva le cavallone mentre la figlia chiatta1 si alza per andare in bagno. L'impietoso confronto gli fa scuotere il capo. Poi si alza la figlia chiatta2, e la felpa a lustrini si mostra inadatta a coprire tutto. Vuoi mettere il tailleurino della cavallona col broncio? E giù bicchieri di bianco per dimenticare.
Oplà, "continuiamo il Suo antipasto di scottona!" e Pinocchia mi serve tutta secchioncella "il nostro miniburger di scottona, la nostra trippa e per digerire il gelato al peperone". Ah, però.
Eccoci alla prova del fuoco: il miniburger, diametro due centimetri, accoglie al suo interno due minifette di minilatttuga e appunto il minipezzo di scottona (il quinto quarto, direi). E' tenuto fermo da un ministuzzicadenti, ma non ci sono posate. C'è invece una miniforchetta atta a gustare la minitrippa, contenuta in un ditale di alabastro a forma di conchiglia, mentre il minicucchiaio serve a mangiare la miniperla di gelato arancio che è proprio peperone.
"Non oserai mangiare con le mani il miniburger, vero?", mi squadra severo l'Arciduca. Certo che no, ribatto, anzi, mi aiuto con lo stuzzicadenti: trafiggo il pane, alzo, addento di lato e... flip, tutta la miniscottona fuori dall'altro lato. Allarme fashion, sotto con la forchettina della minitrippa per recuperarla, macché mi scappa da tutte le parti, oddio la mia cena! Allora la Spocchia mi passa una fetta di pane di patata, che con la sua consistenza laminacea mi consente di bloccare la fuga del bocconcino. E gnam.
A vigorose miniforchettate drago la minitrippa dal suo fondale, quindi azzanno la miniperla di gelato al peperone, oh è davvero peperone, senti come fa digerire. E sul burp finale, passa Giappa, compatendomi, a ritirare il piatto oblungo.
7) Minuti interminabili senza posate, mentre i miei vicini attendono qualcosa da ormai mezz'ora. Carino, il poggiapiedi per la borsa della signora. Io allora attacco "il nostro pane" già che è lì, faccio scarpetta e Giappa approva.
Ma ecco le posate!!! E basta. Forse dovrei guardarle per saziarmi, come il cane di Eta Beta.
Cavallona tatuata esce a fumare tra gli sguardi invidiosi delle astanti. Cavallona musona fotografa il brodo. I miei vicini attendono qualcosa che non arriva. Pinocchia mesce miniburgher alla famiglia chiatta, ma Basettone, che era lì per lo spiedo (devono averlo indirizzato male), disapprova.
Perdiamo nel frattempo la coppia del tavolo lontano, dopo che lei ha pesantemente commentato un MMS, ma guadagniamo... lo gnocco, anzi gli  gnocchi, viola per davvero. O meglio: loro sono grigiotti, ma cosparsi di una specie di farinetta viola, o forse è formaggio grattugiato passato nel mirtillo, o forse sto per mangiare i veri funghi di yuggoth che tanto piacevano a Lovecraft, boh. Sì, in effetti i sei bagolotti informi sembrano pronti a prender forma per impossessarsi del mio corpo, ma la mano dell'Arciduca è più lesta, e un sol colpo di forchetta basta a sventrare il primo mutante, che trimalchionicamente mostra il contenuto che non ti aspetti, ovvero un soffice ripieno che al gusto è proprio di lepre, ma lepre lepre, roba che a non stare attenti lo gnocco scatta e vola via. Gustoso, davvero, anche perché Pagnotta mi ricarica di pane & grissini, laddove al tavolo delle cavallone si brinda.
8) Ciao Lo gnocco, ci piacesti. Gulp, non passano tre minuti che arrivano già le nuove posate. Il tutto mentre Duccio fa strage di nemici, e sua madre strage di sugo sulla camicetta. La serata va scaldandosi. E infatti, a breve distanza dalle posate arriva il maialino, ovvero una morbida fetta suina, tenera & polposa, accompagnata da se stessa, nel generale tripudio creato dalla croccantezza della cotenna e dalla tenerezza del filettino di grasso che corre tutt'attorno la carne color ocra pallido, ben cotta, ben calda, scioglievole al punto giusto, anche perché finalmente anche la coppia vicina dà un senso al suo esserci: sono arrivate le costine d'agnello, ordinate prima che io arrivassi. Infatti le serve Pasqualda, conscia della figuraccia.
9) Ciao, maialino, s'è fatta 'na certa... "Gradisce la nostra carta dei dolci?", mi chiede Caposala, "No, va bene così, mi basta un caffè corretto sambuca", e lei, fulminandomi con lo sguardo perché ho OSATO rifiutare il dolce, sibila: "Sì, ah, beh, certo, glielo faccio preparare...". E così passa mezz'ora, me imprudente... Ciò non vuol però dire ch'io e la Spocchia ci si sia macerati nella noia: abbiamo visto Basettone ubriacarsi, la coppia al nostro fianco finire l'agnello in fretta e furia, ma soprattutto, verso metà della mezz'ora, arriva Giappa con un'altra posata. Il cucchiaio che preannuncia il caffé? Ah, no, è una specie di rasoio da barbiere... Che, mi vuole sgozzare perché non ho preso il dolce? No, col rasoietto mi spazza via le briciole dal tavolo, e le raccoglie nel cestello di vermeil. E il tempo passa... E Caposala guarda al mio tavolo, pentita forse, o forse mefistofelica, ma la verità è che, se anche non ordinai il dolce, loro vogliono che io ne goda. Ed ecco, non richiesta, "la nostra piccola pasticceria", ovvero un bicchierino oblungo con dentro la crema catalana, un ricciolo di pannacotta a forma di stelllina, un fruttino rosso come quelli che magiano i draghetti di Bubble Bobble e un'altra cosa colorata. Domanda: come faccio a ingollare la crema catalana? Semplice, bisogna attivare il livello bonus costituito dal cucchiaio con sopra il ricciolo di pannacotta. Allora prima devo mangiare il ricciolo. Gnam, che boccone grosso... Ecco che il cucchiaio affonda generoso nella catalana, la quale ovviamente finisce ovunque tranne che in bocca, ma un rapido colpo di mano risolve la tracimazione.
Essendosi la curva glicemica alzata di tanto così, ripassa Pinocchio a chiedermi se voglio ordinare il caffè. Ohibò, quindi Caposala ha obliato la comanda? Don't good, don't good.   
Giunge il caffé, sambuca a parte, "mi dica Lei quanta ne vuole" [versa, versa, che me devo scafazza' "], poi lo zucchero servito direttamente dai bricchi a cucchiaini, sia mai che il cliente si impiccichi le mani. E niente, sazio ma non pieno mi allontano con voluttà. Non prima di aver visto Pinocchio e Pagnotta raccattare i tovaglioli sporchi con le molle e metterli nel vassoio d'argento, pronti, immagino, "alla nostra lavatrice", il cui detersivo come minimo è ricavato dagli olii essenziali di jojoba con un tocco di vanillina.  

Il prezzo di tutto ciò? Suvvia, tra gentiluomini...
[peccato che cavallona col broncio fumasse...]