Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

domenica 27 ottobre 2013

Brindiamo con un Bellini, va'! UGF 2/2

Cosa c'è di meglio che ubriacarsi di Bellini prima di mandare figlione e figlino a farsi sviscerare dal commissario? La seconda puntata di Big Family si apre con un tesissimo interrogatorio del redivivo mai morto di fronte ad un Massimo Popolizio decisamente all'altezza del ruolo,



 anche se un po' incastrato in quella espressione a metà tra il capitano McAllister dei Simpson e Magdi Allam quando protrude il labbro inferiore per rendere più probante il concetto. Certo, vedere nella stessa stanza lui e la Bergamasco e pensare a chi gli ruota attorno... sigh... (Gianni Cavina, non leggere).

Burp... no, ho ingoiato un'altra macchinina...

Ma è così, Edoardo si dimostra un contaballe spettacolare, freddo e calcolatore, al punto da spaventare uno come il Capofamiglia che pensava di averle viste tutte. Nel frattempo, Chiara vagheggia aborti e Raoul comincia a dare in evidenza tutti i segni della sindrome bipolare maniaco-melancolica dovuta all'amore infelice. E Stefano, il nostro inutile Stefano, d'un colpo si trova a reggere le fila di un intrigo sboron-finanziario, ad affrontare una capa più cattiva di Flanny in Candy Candy, nonché una doppia storia d'amore a cazzarume alternato.

"Chiara, non puoi comportarti come se non fosse successo niente...!" - "A-ha....?".


Per riassumere:

1) Dopo una puntata in cui tutti ammuinano con tutti, qui ciascuno va per conto suo: Raoul, completamente pazzo, fa su e giù dal maneggio a casa Rengoni per svegliare Chiara dal suo torpore, ma lei, tutta frizzante di vagheggiato aborto del feto raoulesco che si porta in grembo, è reattiva come la polenta incrostata sul fondo della padella quando si prova a toglierla alla domenica sera. Che la situazione psichica dell'ippoterapeuta stia declinando verso il punto del non ritorno appare chiaro da una delle penultime sequenze della puntata, quando il bel terzogenito di casa torna finalmente al suo hobby preferito di tutta la prima serie, ovvero farsi la doccia, ma stavolta lo vediamo in posizione accucciata sotto il getto d'acqua, con la testa tra le mani e un'espressione di pura follia, occhi sbarrati e tanto dolore. Però almeno butta giù grassi;
È la causa, è la causa, anima mia...


Nicolò saluta e va a vivere col pitturista, lasciando Laura di stucco e Nora di parrucco: non manca tuttavia un guizzo alla Dawson's Creek quando la Bergamasco gli rinfaccia che si fa sempre come vuole lui e lui: "Beh, è da un po' che abbiamo smesso di fare come vuoi tu...". Tie', piglia a porta a casa; Felbereccetera riprende l'interrotto dottorato, facendo venire i vermi di gelosia al cessivendolo (il cui nome scopriamo potersi abbreviare in Rudgher, fighetteria lombarda)(e comunque Stefano sarà sempre prodigo di consigli: "Sii splendido, distaccato, maturo, people from Ibiza!") che per sincerarsi che non si stiano riattizzando fiamme col vecchio barone segue la sua bella fino a Pavia ("Ma stai per diventare la principèssa dei cessi, cosa te ne fai del dottorato?"), a cavallo di una bici elettrica;

Magari facciamo la Statale dei Giovi, che lì nessuno mi conosce....?


Stefano si fa assumere alla cesseria per interposto quasi cognato, così, per ricominciare (e Nora: "Non sopporto l'idea che tu lavori dove costruiscono i bidet con la fontanellina in mezzo!!!". Arrenditi al progresso, bamba...), e trova la iena della sua vita.

"No, perché dovete capire che io non sono lo scemetto che tutti pensano..."- "Rudgher, dov'è il tasto 'espulsione....?".


2) Stefano, appunto: il suo peso, non solo fisico, nelle vicende si accresce vieppiù. Debitore a Edo per quelle 5-600 balle sparate fuori al momento dell'incidentaccio con defunto, si presta a raccontare a Popolizio fumose versioni di appeasement coi sequestratori del fratello, versioni a cui Popolizio non crede neanche per mezzo secondo, al punto da pedinare il predetto Calimero e pinzarlo all'uscita da un discount ("Un Rengoni fa la spesa al Simply? Ma come siete messi male...", ma che tte frega a tte 'ndo me rifocillo?) per partecipargli una svolta nelle indagini che sa tanto di bluff e chiedergli di prepararsi ad un nuovo, ficcante interrogatorio. Non si scordi che Popolizio NON HA DATO la mano a Stefano alla fine dell'altro match e gli ha chiesto perché secondo lui i sequestratori lo hanno scelto come intermediario, lui, lo scemo di famiglia. E Calimero: "Forse perché sono lo scemo di famiglia, non avrebbero mai sospettato di me". "Senza dubbio" replica il commissario, nel senso di: "Togli il forse".
Ma le avventure di Reggianì junior non sono finite: oltre alla fatica titanica di tenere su due storie d'amore alla volta (mi ricordo quell'animatore che conobbi 8 anni fa al mare: "Uh, è tardi, devo andare a prendere la mia ragazza e poi beccarmi con l'altra!" - in questo esatto ordine), oltre alla vulnerabilità assurda dei suoi pretesti (sorelle depresse ma anche no, sigarette fumate ma tu non sapevi che fumo, ecc.), Calimero si imbatte nella sua capa-reparto, alla quale gli sceneggiatori hanno assegnato il ruolo di maschera fissa, nel senso che, fin dal minuto numero zero che conosce Stefano, questa qui è subito super-scontrosa ("Sai guidare questo montacarichi?", "Guarda che io ero pilota di GT3!", "Cos'è, una battuta?"), super-proletaria affermata ("Io le cose me le sono guadagnate, non sono un signorino come te che si fa assumere dal cognato, e poi cosa puoi aver combinato per essere finito qui, tu che sei un Rengoni?" - peggio che avere un marchio a fuoco....), sergentessa di ferro che non ammette sgarri, che non vuole andarci di mezzo per gli errori del piccinello... sì, dai, tra due episodi questi finiscono a letto.

"Ammettilo che ti eccito!" - "Guarda che non sono ancora così disperata..."

Letto che comunque Stefano dovrà conquistarsi dopo fatiche immani ed errori puerili (si ferma l'orologio, la pausa pranzo s'allunga, non parte il carico di cessi del pomeriggio, adesso almeno 5 operai perderanno il posto per causa tua, eh no no no!!) tipo Saetta McQueen. Vedremo.
3) Laura, intanto, sprofonda nella comicità involontaria, senza colpa veruna dell'attrice che la interpreta (Sonia....why....?). Trovato il cavillo a Raoul per l'adozione del mulattino, Laura si sfoga con fratello circa i freschi progetti convivenziali del figlio, e fa capire che l'idea di lui con un altro lui.... no no no! Raoul a questo punto attiva il modulo Niki Vendola e porta Laura ad una succursale dell'AGEDO, perché familiarizzi con padri e madri nella sua stessa condizione. E giù macchiettismo: il lenzuolo fuori dalla sede della Onlus, "Lesbiche o gay, sono sempre figli miei" (oh, a me pare uno scimmiottamento degli slogan anni '70, poi per carità...); lei che domanda a Raoul: "Ci saranno altri genitori credenti, là dentro?", "Mah, prova a vedere, magari sono tutti unicorni col sale sulla coda..."; Laura, piantata dal fratello, entra impacciata come una groupie degli One Direction ad un convegno sul Tocarico B, si guarda intorno, cammina come una ladra, si imbatte in uno, "No, sono qui per un'amica" e fugge, poi torna indietro "No, in realtà mi-mi-mio fi-fi-glio è g-g-g-g- gay..." a voce sempre più bassa, "Sì, mia figlia invece è lesbica, dobbiamo dirlo subito al momento di presentarci..." ribatte l'altro. Ok, almeno la madre inflessibile ha trovato qualcuno con cui piangere. E forse molto altro.   
4) Ecco, a proposito di fissità, va bene che nei grandi romanzi popolari del XIX secolo c'era una certa serie di tipi fissi, e anche i protagonisti cambiavano poco in modo da fideizzare il pubblico, ma signori miei, questa è una fiction dell'anno domini 2013. Vojo di': il factotum di Edoardo, Diego, è quasi surreale nella monofaccia che esibisce tutte le volte. Sia che gli si chieda chi sono quei tizi col bazooka fuori dalla villa come che lo si interpelli sull'andamento dello spread, o sul prezzo del carré di vitello al Simply di Stefano, la sua espressione non muta mai, occhio incavato e truce, bocca piegata all'insù in segno di omertoso disprezzo per l'umanità intera (o forse a Gassman puzzano le orecchie, boh), risposte mono-, bi- e tri-sillabiche. Non so, non so...
Come parimenti statica e puramente decorativa diventa la scena della folla di giornalisti davanti a casa Rengoni, riproposta in loop anche nei giorni successivi alla ricomparsa di Edo, neanche fosse risorto Lucio Battisti, sì che chiunque di casa voglia uscire si trova, ad ogni ora del giorno, gli stessi giornalisti che si sbracciano sempre nello stesso modo e urlano sempre le stesse cose. Realistico, vero? Come il pubblico fisso degli sfondi di Street Fighter 2. 


5) Felbereccetera, quando vuole darsi un tono da donna vissuta ma ancora fatale, strizza gli occhi come una talpa. Sensualità 2.0?
6) Un bravò al Capofamiglia che, pur traboccando odio a tonnellate nei confronti del figlio bancarottiere, lo riprende in fabbrica. Bravà a Serafina che mostra le zanne a Popolizio, il quale era limitato a opinare sull'impicciosità di costei nella vicenda del presunto rapimento ("Io mi sento parte della famiglia!!!"). E come si fidano l'uno dell'altra! Caffè, bicchierini di scotch, se io fossi il Capofamiglia non accetterei da Serafina neanche una stretta di mano per timore del contagio con l'antrace, ma vabbè. Tutto per avere alla fine Edoardo che messaggia agli usurai: "Sono dentro, tutto a posto". Cavina, Degli Esposti, imparate a scegliervi gli amici al prossimo giro...
7)  Addio, pronomi sorgenti dall'acque...: Stefano a Raoul: "Sei te il puro della famiglia"; Edo a Chiara: "Vorrei che fossi felice anche te"; qualcuno a qualcun altro: "Te staccalo"; Chiara a Edo (location: casale brianzolo con la nebbia al pomeriggio, sarà quella avanzata dalla prima serie): "Mi hai lasciato sola, a me e ai miei figli"; forse Edo a Valentina, ma non garantisco: "È giusto che te ce l'abbia con me". Boh.


Momento La pratica vale più della grammatica: Fehlbehrbauhm ad inizio episodio regala una freddura che lascia tutti di sasso e fa ammenda: "Beh, sì, questa avrebbe potutA dirla Stefano". Ok, sei mezza inglese, diciamo che si tratta di un BES e chiudiamola lì.

Momento Messaggi subliminali: Stefano, prima di andare a circonvenire Popolizio con la storia del sequestro, piagnucola: "Oh, se mi buttano in galera, portatemi le banane, che le arance non mi piacciono...". Silenzio. E gli altri a guardarlo come dire: "'Guarda che questa era una battuta di Niccolò...".

Momento Cose a caso: Nora/Sandrelli, per sciogliere la tensione, pota ferocemente, e fuori stagione, le agavi del giardino. Gassman, nel vano tentativo di rattizzare Chiara, le esibisce il fisicaccio di spalle e di fronte; e poi va a fare la doccia. Stefano chiama il cognato per la faccenda del ritardo, passa vicino allo spogliatoio della capa e scopre che essa tiene una boccia da bowling arancio nell'armadietto: "Ma gioca a bowling?", "È campionessa...".

Momento Ultimi giorni di Lady Oscar: a metà episodio circa, Raoul, accompagnato solo dalla sua pazzia, sale a cavallo e corre a perdifiato nella campagna, come i bei tempi in cui André, quando ancora ci vedeva, affidava al vento tra i capelli i suoi aneliti di amante non riamato di Oscar, che come è noto non si è mai mossa per meno del Conte di Fersen, salvo poi soddisfare le brame dell'ex-domestico nella penultima puntata, la famosa sequenza dello zompo nel bosco, in Italia purtroppo mai conosciuta nella sua interezza causa tagli della censura. Qui invece solo 40 secondi di galoppo con viso contratto e contrito. Poi si ferma il cavallo. E stop. Mah.

Momento Ok, una volta eravamo berlusconiani: mentre la polizia svergina gli archivi della Rengoni, requisendo cartacei e digitali, il Capofamiglia, impietrito dal ludibrio, sussurra a Serafina: "Siamo qui da 70 anni e non c'è mai stato un problema... E Dio sa quant'è difficile restare in regola, in questo paese...". Letta e Saccomanni, ricordate chi vi votò la fiducia e la sua base elettorale.

Momento Dialettica hegeliana servo-padrone - mode on: I domestici eritrei caricano Nora/Sandrelli in auto con modalità da rapimento, le fanno credere di dover andare in posta (in 3?), quindi la portano dal dottore che le diagnostica il malanno. Notevole la statuarietà del domestico che esegue gli ordini della scaltra consorte. Notevole lo spirito di iniziativa di lei; notevole la remissività della Sandrelli che si arrende al subdolo piano. Morale: entro una generazione la Rengoni sarà a guida eritrea, mentre Ernestino detto Tino, Valentina e il nascituro di Chiara e Raoul puliranno le scale della villa. La ruota gira.



Momento Qualcuno tappi quell'angolo di muro: come già accaduto a Laura, tocca ora a Valentina scoprire fetide verità, stavolta sul conto di Chiara e Raoul, ma sempre al solito posto, ovvero l'angolino di muro/finestra che dà sul giardino dove i personaggi con la coscienza più sporca si danno convegno, convinti che nessuno li veda. E invece vengono beccati regolarmente. Ma con tutto il giardino che c'è in quella villa, sempre sotto casa vanno a combinarle?

(Nel prossimo episodio... Vabbe', Edo, prova col Gratta e Vinci... Sulla A7 ci sono fior di Autogrill).

martedì 22 ottobre 2013

"Ti preferisco cazzone!!!". Ritorno in grande stile dei Rengoni.

Così si rivolge la sempre più cerea (nel senso che non muta mai d'espressione) Nico Fehlbehrbauhm al fratellino Stefano Calimero, che nel frattempo sta intavolando una relazione di sesso feroce con una che è "peggio di una zècca", ignaro del fatto che un'autostoppista disprassica gli si parerà davanti a metà episodio per fingere di farsi mettere sotto, quindi sedurlo con un sorriso da donna gatto ad alto tasso erotico.
Ma i Rengoni sono così, ormai lo sappiamo, a "Una grande famiglia" tutto avviene esattamente al contrario di quanto ci si aspetta. Partita la consegna del silenzio sul ritorno in vita di Edoardo (dura da far digerire alla suocera in pectore della Fehlbehrbauhm, ovvero la madre del cessivendolo), il dramma di casa Rengoni, oltre alla tortura del "te" al posto del "tu" per esigenze gaddiane,  si sostanzia in poche, semplici unità:
1) Il povero Gassman paga pegno alla resurrezione esprimendosi in un lombardo superaperto con la pronuncia della "e" che ancora un po' e gli sale del pancreas. Del resto l'ibridazione romanesco-brianzola serve a far digerire al pubblico di area una verità che nella prima serie, concepita, giova ricordarlo, sub Berluscam, era pressoché improponibile, ma che ora, in tempi di larghe intese, condanne per frode fiscale e Dudù prossimi a finire in pentola, si può dire: ebbene sì, il rampollo di casa Rengoni, uomo del nord leghista brianzolo, È UN CRETINO COSMICO, altro che onesto imprenditore con qualche peccatuccio di gestione. 110 milioni di euro di buco a causa di speculazioni sbilenche e prestiti usurari di varia natura ("ma ne ho già recuperati 20, gli altri 90 dopodomani", però, meglio di Saccomanni...) lo obbligano a vestirsi penitenzialmente di nero per tutto l'episodio (anche se c'è una motivazione ulteriore, ne parleremo) e girare come un paria per casa rassicurando tutti che no, non è finita finita, fidatevi, ho combinato il guaietto ma adesso aggiusto tutto. Incredibile come il mutar di scenario politico in Italia ricada ad effetto immediato sull'impianto ideologico delle fiction.

Sì, pronto, dieci pizze alla stricnina, grazie!
2) Si diceva del nero- pece della mise gassmaniana: di classe senza dubbio, ma forse mirato anche a nascondere un fenomeno che invece traspare con inquietante ricorsività se si guardano gli altri maschi della specie. Sarà che il boom di ascolti della prima serie si è tradotto in copiose libagioni collettive a fine riprese, fatto sta che Ernestino detto Tino, Stefano e Nicolò sono ingrassati paurosamente. Il bambino addirittura è più largo che lungo, e ciò nonostante sia cresciuto di tre spanne rispetto alla prima serie e sia passato da una pronuncia vagamente ciociara ad un brianzolo da manuale.

Piccolo, ti sei mangiato la maestra con tutta la classe?
 
Stefano è pressoché incassato nelle spalle e quando si fionda da Edoardo per domandargli il perché e il percome dell'insabbiamento della verità sul suo famoso incidente, si muove come una specie di Pokémon dispeptico;

Per pietà, dammi del seltz....
 Nicolò, con una pronuncia appena appena meno monocorde dell'altra volta, contempla sazio e gonfio, oltreché reduce da uno scrub facciale con la torba, la rinascita della fabbrica e si sbaciucchia il pitturista tra una damigiana di pop-corn e l'altra.

La biografia di Harry Styles? Mmmmmhhh, forse ce l'ho...
 
Ragazzi, la parola d'ordine è fitness, ricordatevelo.
3) Serafina viene disintegrata dal Capofamiglia al minuto numero 5 della puntata e sparisce per sempre; Quella Di Troppo fa trovare a Raoul cassetti aperti e vuoti e attaccapanni solitari; Chiara ha un attacco di biancanevite, sbriciola test di gravidanza con furia compressa, fa la santarellina offesa, ma non cede, proprio non cede; Laura (Sonia, why, e soprattutto, because?) non accetta, no, non ce la fa e non accetta la gaiezza di Nicolò, intanto però permette a tutta la famiglia di sfotterla ("Da te mi aspetterei minimo una citazione biblica!") e sarebbe lì lì per spifferare in Questura le criticità di Edoardo, però alla fine, in tempi di Papa Francesco, anche lei si modera. Cioè si riduce ad ancor meno di prima. Sonia, datti malata (ah, ma tanto ormai hanno girato...); Nico rimane scemamente indecisa a tutto fino a tre quarti di puntata, quando ripiomba chez son céssiste amoureux durante l'ennesima riunione e gli annuncia che stanno per riprodursi, poi scappa: la ritroviamo appena fuori dalla cesseria, elegiacamente seduta su un water lasciato lì nel parcheggio a chiedersi se sono pronti ad avere un figlio. Il cessivendolo, che nella realtà di cognome fa Guanciale, e gli effetti sulla faccia si vedono tutti, dice che lui non mancherà mai. Ah, però. Valentina sta chiusa in camera, chiamatela se serve. Cioè, le femminelle della serie sembrano essere state liofilizzate, i loro ruoli ridotti e limati per far spazio a tutto il dramma professional- poliziesco del Gassman. Ne risente ovviamente anche Nora/Sandrelli, cui la privazione dei liquidi per la liofilizzazione provoca, nella lavanderia della villa, una specie di collassino (l'ammoniaca, sai, l'età, gli affanni...) di cui poi non si fa più menzione, ma che ovviamente deve farci attendere cose per il prosieguo della serie. Tutti con Edo, diamogli fiducia.

Ma perché stai sempre di spalle? C'è qualcosa che non devo vedere?

4) Mentre scopriamo che parte dell'imbolsimento di Stefano è dovuta anche all'esigenza di verosimiglianza col fatto che l'incidente di quattro anni prima fu dovuto all'abuso di alcool e droghe (che evidentemente gonfiano a posteriori), l'unico a rimanere in formissima è Raoul. Facile, del resto: torna Edoardo, e Raoul scappa al maneggio; arriva Chiara, e Raoul scappa dal mulattino adottivo; Edoardo lo chiama a casa per un chiarimento, i due litigano e Raoul corre via di casa. Facile buttar giù i grassi: il nostro banderuolo ad honorem gira su e giù per la Brianza in cerca di risposte, senza accorgersi che la risposta è scritta in fronte a Chiara: te si' messo ca' a zoccola, mo' che ppretendi? Forse che la magrezza di Raoul sia un principio di tubercolosi catulliana?

Guarda che quel pizzettino non ti rende più virile!! - Parliamo della creatina che prendi tu?
 Epicrisi: Edo ne combina una più di Bertoldo, invece di risolvere complica all'inverosimile, ma il bello è che, come i veri fighetti senza nerbo, vuole fare tutto da solo. Ne discende che la vita sentimentale degli altri diventa spento corteggio dei maneggi al limite della legge del nostro, per inciso manco capace di bloccare il pirataggio delle sue transazioni intercontinentali. E chissà che faccina truce che avrà sbattuto in faccia agli usurai per dir loro che i soldi sono spariti...

Ad Arcore i fagiolini vengono 80 euro al chilo - Mecojoni!!!


Prognosi: da giovedì entra in scena lo Zenigata inverighese, che darà strenua caccia a Lupin/Gassman. Peccato che ciò comporti il sacrificio di un altro gigante del teatro italiano, Massimo Popolizio (ah, il suo Heisenberg in Copenhagen...), che spero non venga mandato pure lui al massacro come la Bergamasco. Per il resto, aspettiamo Nicolò con le piume di struzzo ed Ernestino detto Tino che attiva il suo Digimon.

Momento Sceneggiatoriiii...???? Sempre Raoul coi suoi cassetti aperti, suona al campanello Stefano, che ha il braccio al collo un fotogramma sì e tre no, Raoul apre e Stefano: "Hello bròder, come va?". Raoul mostra a Stefano la desolazione dell'appartamento abbandonato da quella là. Stefano non sa nulla di lui e Chiara. Però abbraccia forte forte Raoul, facendosi stritolare il braccio malandato. "Ti sono vicino". Lo senti lo scricchiolio?

Momento Adesso l'ammazza: Gassman si apparta con la Bergamasco che è assetata di spiegazioni sulla sua sparizione. "Ma come hai fatto a sopravvivere?" - "Mi sono buttato fuori in tempo dall'aereo"; "E il cadavere che abbiamo ripescato?"- "Era quello DI UN EXTRACOMUNITARIO (ricordate che siamo in provincia di Como....) che era morto da mo'"; "Ma il DNA era il tuo" - "Perché ho pagato qualcuno che dichiarasse ciò". Uno non s'aspetta le braccia buttate al collo, ma almeno comprensione per tutte le arzigogolate fatte per salvaguardare i familiari, invece l'avvocata tutta d'un pezzo se ne esce con: "Ah, però, falsificazione di dati oltre che simulazione di incidente, sottrazione di cadavere, incendio colposo, procurato allarme, crisi di ragadi da stress a tutte noi bla bla bla....". A quel punto Edoardo sarebbe lì lì per porre fine ai giorni della sorella, ma resiste.


Momento poracciata: tutti a luce spenta, è notte e potrebbero vederci. In un surreale dialogo penombrile in tinello, Edo dice a tutti di stare tranquilli; quale famiglia del resto non si incontra alle 4 di notte al buio per discutere sugli eventuali inquilini di una Mercedes S nera parcheggiata da 4 ore fuori della villa?

Momento Teneramente Licia e i Beehive: di fronte al mutismo selettivo di Valentina, Nora/Sandrelli se ne esce con la storia della PROPRIETÀ TRANSITIVA DELLE MAMME che detta così fa pensare a ben altro, e che invece significa castamente che le mamme leggono nel pensiero dei figli, e pure dei nipoti, e capiscono sempre cosa non va. Peccato, Andrea e Giuliano in cerca di polpette non avrebbero stonato, a quel punto.

Momento Ma perché non posso entrare nello schermo e prenderti a putrellate? Saputo della gravidanza della sorella, Stefano dice: "Mamma, vuoi sapere che nome ho in mente per mio nipote? Mamma, lo vuoi sapere???? Water Benedetti Valentini!!". Ah, quelle nuance!

E insomma, non sospettano di nulla. Copione a sorpresa?

(arrivederci a giovedì)

giovedì 17 ottobre 2013

Spesi, ma spesi bene! Tra faziosi e tempi bruni.

Ah, la sfrigolantissima lite Fazio-Brunetta a Che tempo che fa! Che persino un vecchio lupo di mare televisivo come Fazio cascasse nella rete del rinfaccismo di scuola PDL era difficilmente pronosticabile. Ma si sa, l'uomo di sinistra è sempre convinto, quando ha a che fare con quello di destra, di avere di fronte un bambolone imbelle, un ignorantotto attaccato ai suoi quattro concetti, uno sprovveduto propalatore di qualunquismi piccolo-borghesi, ma più che altro un essere appartenente ad un'umanità di grado inferiore. Si tratta cioè, se vogliamo ricorrere a livelli alti di comparazione, altezze imposte evidentemente dal tiro del post precedente a questo, della ormai arcinota Sindrome del Cavaliere d'Oro del Grande Tempio di Atene quando deve affrontare un Cavaliere dello Zodiaco (Bronze Saint nell'anime originale). All'inizio è tutto un frullar di colpi sferrati con soave noncuranza, quasi si avesse di fronte un moscerino, dopodiché l'Aldebaran o lo Shaka o il Milo (uso i nomi originali) di turno si rendono conto che il tapinello che hanno di fronte è più coriaceo di quanto non sembri, sì che alla fine, o perché gli parte un corno dall'elmo, o perché l'avversario si sublima in una colonna di luce assieme a loro, o perché dopo trafitture multiple il tizio è ancora lì, decidono di smetterla con il match e mollano, o si lasciano disintegrare in allegria, il tutto all'insegna di frasi topiche del tipo: "Ho fatto male a sottovalutarlo, di Cosmo incredibile è dotato costui, e superiore a me di certo [per una spallina congelata, ma dai....], oh, egli dunque appartiene ad Atena! [AAAAthenà nell'originale giappo]". Ecco, più o meno domenica è andata così: convinto di punzecchiare sul vivo Brunetta sulla questione Alitalia, Fazio, alla replica di costui che gli ha rinfacciato il suo fresco rinnovo di contratto in RAI per la modica cifretta di 5,4 milioni di Euris, si è visto costretto ad un frettolosissimo ripiego come non si vedeva dai tempi della ritirata di Kutuzov contro Napoleone ad Austerlitz, finendo, nel giro di 120 secondi, all'angolo, ridotto, dal mitragliante eloquio brunettiano, a sacco da punching-ball, costretto a flebili autodifese puntualmente coperte dal parlar sopra dell'avversario, sì che a un certo punto si è dovuto ridurre a chiedergli di cambiare discorso. Una disfatta su tutta la linea, se si pensa che poi, da ambienti RAI, fuori RAI e resto del mondo, NESSUNO si è peritato di difendere il conduttore, ma tutti hanno lasciato intendere che sì, Brunetta odioso come al solito, nanerottolo logorroico, basso giocatore di colpi bassi, però però Fazio, quei milioncini lì in tempo di crisi, eh? Per lavorare due sere a settimana, poi, eh? Vabbe' che tu porti introiti alla RAI, ma pur sempre dipendente pubblico sei, eh?

Ma insomma, l'Iva al 22% si applica alle puffragole o no?

Mostruosa l'ironia di Gianluca Nicoletti su Melog martedì mattina nel rispondere agli ascoltatori, paradossale che persino Repubblica abbia impallinato il supposto alleato, laddove una vigorosa ancorché poco convincente difesa del predetto è arrivata dal Corriere. Morale: il primo della classe, il discreto chierichetto dai canini spuntati, il felpato affabulatore che incensa chiunque segga di fronte a lui è finito in 24-48 ore a fare la parte del fighetto viziato che ha tanti bei giochi e non vuole dividerli con nessuno. Di qui, due sommarie conclusioni:
1) Laggiù nelle lande sinistresi non ci si vuole rassegnare al fatto che gli uomini del cdx non sono più i disorientati tatoni di un tempo, quelli che venivano SEMPRE messi dialetticamente nel sacco dall'astuta interlocuzione di un D'Alema o anche solo di un Minniti in modalità econofast. Questa gente, come appare chiaro dai moduli sempre identici dell'espressione, in termini di postura, atteggiamento verso l'avversario e tipologia di argomentazione, è andata a scuola, ma sul serio; si capisce lontano un miglio che tutti i centrodestrini d'assalto (Brunetta, Santanché, Comi, Carfagna, Giro, ecc.) sono reduci da paurosi training organizzati da esperti di comunicazione, sì da essere stati letteralmente "programmati" per condurre sempre in un solo modo il dialogo con l'avversario, non dicono parola o muovono muscolo facciale senza che tale atto sia stato attentamente studiato in termini di resa mediatica. Sono tutti attori, insomma. Perché alla fine le regole sono sempre le stesse:
a) L'interlocutore domanda: "Ma come pensate di gestire il problema X?".
b) Il centrodestrino replica: "Prima vorrei capire come la sinistra pensa di risolvere il suo problema Y". Esempio classico: Berlusconi avrà le sue magagne con Ruby, ma il PD pensi agli scandali tangentizi di Penati. O alla questione Montepaschi.
c) Se l'interlocutore è contemporaneamente l'avversario, come nel caso di Fazio, o come la Costamagna contro la Carfagna, la risposta è: "Osi farmi le pulci proprio tu, che pure hai questo, questo e quest'altro peccato Z da nascondere?".
Seguono, in proporzione variabile, accuse di comunismo (Carfagna vs Civati), insulti multipli (Santanché vs Santoro), facce artatamente truci quando Crozza satireggia a Ballarò, commentini di sottofondo, provocazioncine, urla e strepiti, "L'ho lasciata parlare, adesso Lei lasci parlare me!", "La vedo agitata, come mai?", ecc. Ciò che conta è ammazzare sul nascere il fertile limo della discussione per portare subito tutto su un binario morto: le repliche centrodestrine hanno la caratteristica di non essere quasi mai omogenee rispetto alla questione in oggetto, ma ciò si deve al fatto che, prima ancora di venir catechizzati dai predetti esperti di marketing e comunicazione, i nostri fantastici eroi sono cresciuti alla scuola De Filippi, quella del talk show in cui viene fuori tutta l'immaturità latente in chiunque di noi, ma che in contesti di sovreccitazione forzata conduce ad un tipo di espressione quasi surreale in cui l'unico modo per difendere la propria posizione è dire cose che non c'entrano con quelle dell'altro, sì che il dialogo (dia-leghein, parlare attraverso) non partirà mai perché i presupposti non si incontrano.

Onorevole, Gargamella è un proletario! - Lei c'era quando l'ha detto?


E così l'ottimo Brunetta ha certo tutte le ragioni di opinare sull'emolumento faziesco, ma si vede bene come rinfacciare al conduttore una cosa simile mentre si stava parlando del fallimento PER 5 MILIARDI dell'Alitalia, cioè di una compagnia aerea decotta che nemmeno l'azione generosa per quanto vacua del pool dei patrioti ha saputo salvare dal baratro, è pura commedia. A quel punto, per restare, diciamo così, in scia, Fazio avrebbe dovuto replicare: "Lei prende lo stipendio da parlamentare mentre in Africa i bambini muoiono di fame" oppure "Ma che ne sa Lei che è stato trombato alle elezioni comunali di Venezia?". Il fatto è che Brunetta è arrivato in trasmissione espressamente caricato per svergognare Fazio: troppo rapida la replica, troppo preparate le rimbeccature successive per non essere frutto di attento studio preliminare (uscite dal castello di Biancaneve, please, le domande delle interviste sono sempre concordate prima, siamo in Italia...). E così Fazio ha continuato ad annaspare: Io guadagno i frutti del mio lavoro - Brunetta: Come tutti - F: Metà dei miei guadagni va in tasse - B: Come fanno tutti - e via così; segue tentativo di Sacro Virgo risolutivo: "Io non ho denunce per frode fiscale!", ma tanto l'altro non ascolta (come nelle commedie) e va avanti a parlargli addosso, fino al capolavoro finale: "Io sono orgoglioso dipendente RAI da trent'anni" - "Ed io sono italiano da 63!!!!". Ora, al pubblico de panza resterà l'impattanza della replica, ma è chiaro che, a mente fredda, le parole di Brunetta sono semplicemente ridicole rispetto a ciò che ha detto Fazio; né più né meno che se io chiedessi un caffè al bar e mi si rispondesse: "Tempi duri per le zucchine...". E allora, giovani uomini di sinistra, aprite a pagina 1 il Manuale del perfetto piazzista e stampatevi in mente l'assioma numero 1: "Una frase, per quanto di contenuto assurdo o non pertinente al contesto, pronunciata con tono assertivo diventa per ciò stesso del tutto convincente, al punto da venir creduta vera a priori".  Civati, prendi nota.
2) Epperò Faziuccio si era già tirato addosso l'ira divina appena venti minuti prima del match con Brunetta, mentre intervistava il neosenatore vitalizio Renzo Piano. È bastato un accenno al compenso che Mr. Slow prenderà come senatore, che a Fazio è venuta la solita curiosa espressione da pecorella imbarazzata che gli si stampa involontariamente in faccia quando sa di averla detta (o stare per farla) grossa, come appena prima dello sketch di Crozza all'ultimo Sanremo: gli occhi si abbassano verso l'esterno, la bocca e il mento si smussano a forma di cuore, gli occhi si anneriscono. Qui Fabiuccio nostro dice che i mestieri di responsabilità meritano il giusto emolumento, anche perché così si può pretendere l'eccellenza, quindi NO all'idea pauperistica della politica che alimenta la mediocrità. La politica, appunto. Ma tu, uomo di spettacolo, pensi di meritare altrettanto? Questo ci si domandava. Dopodiché, il diluvio punitivo di Zeus si è abbattuto impietoso sul nerd savonese. Che, visto il trend ideologico medio del programma e degli ospiti che vi compaiono, ha usato l'ultima parola - pauperismo - che poteva permettersi di sfanculare.
Detto brevibus verbis (o brevis verbibus per gli amanti del tardoantico): Fabio, Fabietto, Fabiettino, tu che inviti, una volta ogni tre/quattro, Gino Strada a parlare di Emergency e ad accusare gli Stati Uniti di tutti i crimini del mondo, compresa la disintegrazione dell'impero Hittita nel 1200 a. C. e spicci; tu che da sempre fai del terzomondismo una bandiera del tuo programma; tu che raduni attorno a te tutti i più bei nomi dell'intelligencija anti-capitalista e anti-mercatista, gente per cui Adam Smith è un novello Satana, a sparare a palle incatenate sulle orrende e subdole logiche del mercato, che dietro alla finzione liberista cela i peggiori soprusi a danno degli ultimi della Terra;  tu, insomma, a chi ti contesta l'esorbitanza del tuo cachet, non trovi di meglio che rispondere: "Ah, ma questo è il valore del mercato..." o peggio "Grazie a me abbiamo introiti pubblicitari che voialtri vi sognate" o addirittura "Io faccio guadagnare la mia azienda"? Insomma, deciditi. L'ipocrisia a lungo andare genera più nemici della schiettezza. Guarda e nota come nessuno ti abbia difeso a botta calda, lasciandoti solo e nudo di armi a replicare ai tweet di Grillo. Fatti due conti e ricalcola il numero degli amici. Ma soprattutto, decidi da che parte vuoi tenere cuore e portafogli. Civati, prendi nota.  

mercoledì 16 ottobre 2013

Appello alla civiltà.


C'è in ballo questo terrificante forum sul Corriere online dal 10 ottobre, e il punto di partenza è una sconsolante indagine statistica condotta a livello internazionale, secondo cui i livelli di competenza linguistica e matematica degli italiani tra i 15 e i 65 anni sono tra gli ultimi, o ultimi proprio, in una classifica di 24 Paesi. Il che, evidentemente, mette sul banco degli imputati non solo la scuola attuale, quella cioè che deve gestire i bimbominkia, ma sostanzialmente tutto il sistema scolastico italico dagli anni '50 ad oggi. Da ciò l'ottimo articolista deduce che aumentare i fondi alla scuola è inutile se non la si ripensa radicalmente. Vero, verissimo. Ripensare, cioè magari rivedere quella assurda mannaia di tagli gelminiani che altro non fece che invecchiare di altri 5 anni l'età media del corpo docente italiano, già altissima; ripensare, cioè decidersi una buona volta a buttar fuori dalle classi gli insegnanti decotti, senza metterli sulla strada, ma semplicemente destinandoli ad altra mansione all'interno della scuola, cosa fattibilissima, visto che di attività para-extra-sovra-lateral scolastiche da assegnare a didaskaloi non più (o mai stati) "sul pezzo" ce ne sono. E magari, torniamo ad un numero massimo di alunni per classe che renda decente la didattica e la possibilità di seguire i ragazzi con più pazienza. E magari impariamo a tappare la bocca ai genitori che vengono a colloquio come andassero al banchetto reclami delle agenzie di viaggi; e magari aggiorniamo la didattica senza lasciarci travolgere acriticamente dalle nuove risorse informatiche....e magari.
Potevano leggersi queste proposte da parte di chi ha partecipato al forum collegato all'articolo? Ma per carità... tutti i lettori più assatanati contro noi docenti, attratti dall'odore di sangue che stillava dal predetto articolo, sono usciti dalle tane come branchi di iene e, IN ORARIO DI LAVORO, hanno trovato il tempo di postare, evidentemente dai computer dei loro uffici, commenti al vetriolo sulla fannullonaggine degli insegnanti italiani e sul fallimento della scuola tutta. Al branco si è unito un tizio, evidentemente vittima di burnout, ex docente da un anno in persone, che ha dato ragione su tutta la linea alle tesi dei nostri detrattori. Un tapino, direi, di quelli che, falliti come docenti dopo una vita di didattica al ribasso, vorrebbero trascinare nel calderone la categoria tutta. 
Ma passi. Altre cose, però, sono inaccettabili, e credo sia giunto il momento di fare il punto su un po' di eccessi che dimostrano non tanto che la società italiana e la scuola parlano due linguaggi diversi, e non è cosa di oggi, quanto che il concetto di civiltà che va prendendo piede tra gente che, se legge (per quanto online) il Corriere, dovrebbe appartenere alla cara vecchia borghesia illuminata italiana, è paurosamente disumano. Orbene, se questa è la borghesia, povera Italia.
Sia chiaro che ogni critica costruttiva ad un mondo vario e sbilenco come il nostro è benvenuta. Costruttiva, però. Se invece si leggono i seguenti illuminati placiti:

-  A che serve studiare i Sumeri se poi non si sa una parola d'inglese?
-  A che serve il Greco antico al classico?
-  A che serve il Latino allo scientifico?
-  A che serve saper tradurre dall'Italiano in Latino?
- Lo studio del Latino è frutto della nostalgia (?) di quando eravamo dominatori del mondo.
-  Il Tedesco serve più del Latino.
-  Qual è il contributo del Greco alla formazione complessiva dell'individuo?
-  Si può imparare benissimo da Youtube se l'insegnante è bravo.
- I corsi universitari ad indirizzo umanistico sono frequentati al 99% da fannulloni, chiuderne il 95% significherebbe riportare l'Italia a livello degli altri Paesi civili.
 - Eccetera, eccetera, eccetera, e la cosa evolve anche ora mentre scrivo, e i miei interventi e repliche come Lettore_9362119 vanno avanti;

quando si legge roba simile, dicevo, e ve ne ho risparmiata altrettanta, è chiaro che il problema non risiede più nella struttura della scuola in sé, nei suoi organigrammi, nella didattica, nella valutazione, nei tagli e nei collegi docenti più o meno starnazzanti. Se una società (ok, dieci lettori del Corriere online, comunque significativi testimoni di un certo mood diffuso al riguardo) si ostina a vedere nelle materie umanistiche il freno al progresso, significa che qualcosa si è rotto. Vabbe', è da mo' che la civiltà tecnologico-edonista detta leggi di piacere istantaneo, di felicità artificiale, di sovrano disprezzo per tutto ciò che coinvolge le più remote angosce esistenziali dell'umanità. Si sa, contano l'hic et nunc, il soddisfacimento immediato dei desideri, la vita assoluta e irripetibilmente ricca di occasioni da gustare senza sovrastrutture psicologiche o remore etiche. Consumo ergo sum, guai a restare indietro rispetto alle novità del mercato, ok, ha già detto tutto Bauman. Perché buttare via tempo a pensare al tempo che passa quando si può godere del presente?
Bene, azzeriamo tutto. Sui problemi della scuola ho già replicato lungo tutto questo anno di vita del blog, e quindi gangna. È forse il momento di volare un pochino più alto, anche a costo di fare la figura dell'anima bella. 

Voi che disprezzate non solo e non tanto la scuola in sé, ma in special modo alcuni settori didattici, che a vostro giudizio sono improduttivi, tenete bene a mente ciò: la letteratura e gli studi umanistici in genere non sono una sovrastruttura inventata da pochi cervelloni saccentoni per far vedere che erano più bravi degli altri; la letteratura, come tutte le arti, nasce dalla vita, è un racconto dell'umanità a se stessa, è nient'altro che la resa istituzionale e artisticamente elevata  di ciò che l'uomo fa da quando fu costretto ad assumere la stazione eretta per vedere al di là dell'erba altissima delle praterie africane al tempo che fu: comunicare. Se per un certo tempo fare "letteratura" significava semplicemente avvisare del leone in arrivo o contare i sacchi di grano che dai campi giungevano al tempio, ci è voluto poco ad approdare a ben altri usi della comunicazione. Quando l'uomo è uscito dallo stato di semplice sopravvivenza e ha scoperto i sentimenti, le angosce, le paure, la forza propulsiva del Bello, quando ha affidato a ragionamenti astratti la ricerca di un principio che spiegasse le cose, la loro origine, il loro senso, quando ha cominciato a chiedere conto alle forze cosmiche del perché del dolore e della morte, quando ha cercato al di là del mondo sensibile, o quando ha voluto trovare la chiave di esso al suo stesso interno: in tutti questi casi l'uomo non ha perso tempo, semmai ha dato fiato a tutte le risorse della sua coscienza, ovvero all'elemento biologico che unico ci eleva rispetto alle altre creature. E la letteratura si è fatta strumento esplicativo di tutto ciò. Oggi, in un mondo che predilige l'agire piuttosto che il pensare, oggi che l'unica forma di riflessione degna pare solo quella finalizzata al saper far funzionare qualcosa, le grandi questioni di senso sono messe all'angolo. Per forza: se l'umanità tutta si fermasse per un momento a riflettere sull'abisso di mistero che ondeggia appena al di sotto delle nostre luccicanti o miserrime esistenze, tutto si bloccherebbe. Ma così non dev'essere, dobbiamo sorridere alla vita senza più lasciarci infastidire da sentimenti troppo complessi che sbalestrino la nostra mente al di fuori del piccolo accumularsi di giorni dietro ai giorni, dei piccoli amori, delle piccole avventure, dell'egoismo consumista, delle ideologie a basso costo, del chiacchiericcio pseudo-filosofico che procaccia ricettine per una sopravvivenza minima. L'umanesimo che è espresso dalla letteratura [in senso lato, non dico Poliziano & C.] è altrove: esso sta nel lasciar scivolare l'animo sulla linea del tempo, così da sentirsi prodotto di un tutto che ci precede ed elementi di un tutto che verrà dopo di noi; esso non chiude gli occhi di fronte alle domande estreme sull'eternità e sulla morte; esso non conclude che tanto non c'è una risposta, quindi tanto vale godersi la vita più che si può; esso cerca la bellezza, anche quella che non acquieta lo spirito, ma lo provoca. E alla fine dell'umanesimo, sono forse più le domande delle certezze: ma perlomeno l'umanesimo non mente, non ci illude di essere invincibili, non riduce tutto alla scimmiesca spirale produzione-consumo, non rinnega il mondo e le sue seduzioni, ma non ne fa un elemento assoluto. Ecco perché è scomodo: esso si ostina a subordinare i mezzi ai fini, le cose alle persone, l'essenza singola alla relazione dialettica. E l'umanesimo passa anche per studi apparentemente assurdi nell'anno del Signore 2013, i vituperati Greco e Latino. Detto che evidentemente le letterature di queste due lingue sono godibilissime anche in traduzione, accedere direttamente ad esse in lingua originale, costringere la mente ad un esercizio di uscita da sé e di ingresso in un mondo "altro", ma meravigliosamente "nostro", non è fatica sprecata, solo che si capisca che il fine di tutto non è azzeccare i participi congiunti o le perifrastiche passive, il fine vero è giungere alle radici stesse della nostra civiltà, per abbeverarci direttamente alla fonte da cui sono scaturite tutti quei quesiti, quelle riflessioni, quegli splendori concettuali ed estetici che ancora oggi tengono in piedi il nostro essere uomini e non bestie. La domanda: "A cosa servono le lingue classiche?" ha pertanto la sua risposta al di fuori di esse: si tratta di un patto con la nostra essenza più profonda, nella disposizione a concedere tempo (non poco, ne prendo atto) a qualcosa che sul momento non darà alcun frutto, ma che dopo attenta fermentazione ci aprirà le porte della Comprensione, dicasi del con-prendere, dicasi del fare nostro tutto ciò che ci circonda secondo una visuale critica che non accetta compromessi al ribasso o mitologie da supermercato, ma tende all'essenza dialettica dei problemi. È pertanto un falso dilemma quello "latino sì- latino no", o più alla larga "facoltà umanistiche sì, facoltà umanistiche no", poiché non è questa la domanda da porsi, ma l'altra: "Vuoi essere uomo o cos'altro?". È chiaro che chi rifiuta questa scommessa, non tanto perché non vuole o non può dedicarvisi (posizione legittima), ma perché ritiene che nessuno dovrebbe farlo, a cascata svaluta anche roba come le lingue classiche, ma evidentemente quest'ultimo è solo il sintomo di una distorsione più a monte e più grave; non si tratta di iscriversi tutti a Lettere, ma chi ha altre vocazioni deve riconoscere che chi studia e promuove l'umanesimo non spreca nulla, né si fa parassita di alcunché, semmai tiene viva la luce dell'intelletto, anche a vantaggio di chi fa altro, e così ci ricorda che solo riflettendo in modo dinamico su noi stessi  e sul senso del nostro agire possiamo evitare il regresso alla vita giorno per giorno che caratterizzava i nostri antenati Australopitechi, sviluppando indipendenza critica e sete di assoluto. E risparmiatevi frasi del tipo: "Con la gente che muore nel mondo tu stai a difendere Callimaco e Ovidio". Non crediate che per sanare le sofferenze dell'umanità più disgraziata bastino cibo e connessioni wifi: se pensate così, per voi i poveri bambini del centro Africa sono solo scimmiette denutrite da trasformare in scimmie sazie; non esiste progresso se oltre i bisogni materiali non si nutrono anche quelli spirituali, né i primi possono sostituire, o saturare, i secondi: siamo immersi in una società che fa del bisogno continuo di quel che non si ha il motore della vita e dell'economia, ovvero eleva l'insoddisfazione a parametro unico dell'esistenza. Ebbene, non ci sarà mai la totale soddisfazione dei bisogni, poiché questa coinciderebbe con la fine della spirale produzione-consumo; ma anche l'individuo materialmente più soddisfatto non sarà mai giunto ad asciugare per via di cose la sete dello spirito, poiché nessuna materia potrà mai rispondere al senso intimo che ciascuno di noi ha del fluire del tutto, e dello sbocciare misterioso dei nostri interrogativi, del nostro bisogno di corresponsione, dei legami arcani che uniscono, o separano, le persone tra la gioia, l'odio, il perdono, il rancore, la fiducia, la paura e il sollievo, la speranza e l'oblio. Tutto ciò sfuggirà sempre al dominio della materia e delle logiche tecnico-utilitaristiche. Tutti noi abbiamo il nostro smartphone, ma allo stesso modo in ciascuno di noi palpita, più o meno zittita, la coscienza del trascorrere delle nostre forze secondo una necessità che ci domina e ci lascia giusto la libertà di agire secondo un tempo capriccioso e ristretto. E l'umanesimo ci offre tutti i mezzi per vivere senza esserne schiavi. Miei cari esseri viventi immersi nell'Oggi (vergine, vivace e bello che possa essere), permetteteci di continuare a fare e studiare letteratura, non perché noi si voglia campare di aria fritta mentre voi vi sporcate le mani con la vita vera, ma perché noi e voi abbiamo lo stesso dovere: rendere l'umanità migliore. Ciascuno coi suoi mezzi e le sue eccellenze. Per un Fine che non divori se stesso. 

E così mi taccio. 

domenica 13 ottobre 2013

Felice genetliaco, blog.

Contro tutte le (mie) previsioni, Machittevòle ha tagliato il traguardo di un anno di vita. La qual cosa mi procura un discreto delirio di Spocchia. A completamento di quel delirio, chiederei cortesemente ai lettori di delurkarsi, così da discernere i contatti veri dallo spam. Grazie della fedeltà. Il mondo va a catafascio, ma noi saremo sempre qui, vigili sentinelle a osservare & giudicare. Sulla possibilità di impedire il crollo, non garantiamo, a meno che gli One Direction non si sciolgano entro stasera.
Ad maiora.
EDM - La Spocchia

giovedì 3 ottobre 2013

Le pagelle della settimana [7]. Di suicidi veri e tentati.

Partiamo dall'ovvio.
Silvio Berlusconi: cosa si può dire che non si sia ancora detto delle follie di Silviuccio in questi ultimi giorni? Notevole, certo, è la botta suscitata dal suo dietro-dietro-dietro front di ieri all'una, botta che si può misurare, nella sua intensità, col fatto che ieri sera, ancora alle 23 passate, la rassegna stampa di Sky Tg24, numero monografico "Il giorno della fiducia", non mostrava l'anteprima della prima pagina di Repubblica: il motivo è evidentemente uno solo, e cioè che Mauro, Giannini, Ceccarelli, Lo Papa, Bei, Rampini, Spinelli e tutte le redazioni distaccate ai quattro angoli del globo erano ancora in coma etilico dopo un pomeriggio di feroci festeggiamenti per aver visto finalmente avverarsi il sogno di un ventennio, dicasi Berlusconi messo definitivamente all'angolo, ridotto ad un comprimario dalla ribellione dei suoi stessi sottoposti. Grande, come al solito, il talento recitativo del nostro: mani giunte, volto tirato, dichiarazione di voto imparata come le preghierine della sera nei collegi di una volta, ma soprattutto un sesquipedale sprezzo del ridicolo, detto che fino a mezz'ora prima, come testimoniano fonti orali e scritte (cuccia, Tucidide!) la parola d'ordine era "sfiducia all'u-na-ni-mi-tà!!!". Meravigliosa l'arrampicata sugli specchi di Sacconi appena dopo i fatti, davanti ai microfoni dei giornalisti, tutto all'insegna della lode di Berlusconi e del suo "responsabile gesto da grande statista", ovvero ritirare la sfiducia da lui stesso minacciata una settimana fa, riportandoci al punto di prima, ma con un punto di IVA in più; perché poi qui casca l'asino: se alla fine dobbiamo rilevare come la blitz-crisi di questa settimana era gnagna, ciò porta a concludere che non c'erano veri motivi per bloccare l'azione del governo e far scattare l'aumento ivesco. Deduzione della deduzione, se oggi paghiamo la benzina 1,5 centesimi al litro in più, la colpa è di chi ha provocato il pandemonio. Sì, Silviuccio, sei tu. Sia chiaro: mai e poi mai ci professeremo gente di sx, esclusa la mano con cui scriviamo, ma per amor di democrazia dobbiamo dire basta alle mistificazioni. Basta col gioco del lupo e dell'agnello, per cui tu, Silviuccio, hai passato due mesi a fare la vittima, a dire che erano gli altri che ti provocavano, che toglievi deputati dal parlamento e ministri dal governo perché tutti erano cattivi con te, che l'IVA è aumentata perché Letta ha bloccato tutto, quando invece la causa del blocco sei stato tu stesso. Patetici i titoli dell'ex miglior quotidiano d'Italia: "Il PD mette in crisi il governo", ad insinuare che i piddini si ostinavano in giunta a volerti far decadere, ergo i tuoi erano costretti a togliere la fiducia a Letta. Ergo un tubo. Tre gradi di giudizio, Silviuccio: per quanto sia evidente che nei tuoi confronti c'è stata un'attenzione, diciamo così, particolare da parte della magistratura, è pur vero che le irregolarità c'erano e sono state sanzionate; dirai: "Eh, grazie, se tutti venissero sottoposti allo scanner finanziario che ho subito io, nessuno sarebbe immune da condanne". Vero, Silviuccio, ma tu non sei 'nessuno', tu conti, tu hai proclamato per vent'anni di essere venuto a salvare l'Italia e alla fine l'unica riforma andata a segno è quella che ha distrutto la scuola e le carriere dei giovani insegnanti. E poi, la foglia di fico somma: "È saltato tutto fuori perché avete indagato ME, ma se indagavate qualcun altro...". Teorema dell'autovelox: "Certo, andavo 20 km oltre il limite e c'era l'autovelox giusto lì, e ho 150 euro di multa, ma se lo mettevano quando quello là con la Porsche passava a 200 all'ora gli toglievano la patente". Già, ma ciascuno è responsabile delle cose che compie quando le compie. E chi scende in politica avendo alle spalle un copioso passato imprenditoriale (atteso che il mondo dell'imprenditoria non è esattamente un giardino di vergini)(atteso che la tua natura da simpatico squalo che non guardava in faccia a nessuno era cosa nota in tutta Milano già a metà degli anni'80), deve sapere che da quel momento ogni suo battito di ciglia presente, passato e futuro sarà messo sotto esame. E se poi il marcio salta fuori (perché c'era, non perché se lo sono inventati i giudici, posto pure che ti abbiano tenuto fin troppo d'occhio), non ci si può stupire o scandalizzare. Invece passa l'idea che non ha colpa chi commette il dolo, ma è l'autorità costituita che si impiccia a cose ormai fatte, osando pretendere che una situazione di fatto, confliggente con quella di diritto, vada corretta: nella tua antropologia, invece, antropologia in cui purtroppo ci specchiamo un po' tutti noi italica gente, la trasgressione reiterata alla regola diventa regola essa stessa, una specie di usucapione allargato. Litigai in epoche remote con alunni motociclettofili a proposito della lievissima evasione fiscale scoperta a carico di Valentino Rossi. Risposta classica: "Pota, profe, si è scoperto, perché lo hanno preso dentro" (come dire: "Mi ha interrogato perché stamattina ero a scuola..."). Appunto: la polizia indaga per scoprire i reati, mica per passare il tempo. Ma poi, quell'indagine partì perché c'erano conti che non tornavano, giusto il fatto che dalla sera alla mattina TUTTO l'abitato di Tavullia si era trovato con la connessione Fastweb bella pronta (Fastweb sponsor di chi.....?). Risali che ti risali, è saltato fuori Rossi con i suoi MILIONI di euro non dichiarati al fisco, altro che povero perseguitato. Quindi nessuno "l'ha preso dentro", è lui che l'ha combinata, dando il destro per ulteriori indagini e ulteriori scoperte. Ecco il livello della nostra civiltà, non certo per effetto dei soli vent'anni di berlusconismo, perché queste furbate sono nel nostro DNA ad ogni latitudine politica da sempre, ma sicuramente elevato a sistema dopo questi vent'anni: se io la combino, colpa tua che mi scopri, essendoci sempre ben altro da frugare. E così abbiamo visto in questi mesi deputati e senatori difendere l'impossibile oltre ogni logica, ma anche oltre ogni dato empirico conoscibile per tutti, gente che, senza più argomenti, cercava il rinfaccismo facile tirando fuori lo scandalo MPS, gente che faceva la voce grossa pur essendo azionista di minoranza del governo, gente che ha fatto la figura del fesso mentre forze speciali kazake giocavano a 007 in casa nostra. Eccetera. Un eccellente script, in cui Alfani e Santanchesse, Gelmini e Carfagne, Brunetta e brunette sono stati costretti per mesi, per anni anzi, a fare quello che facevano i comunisti tutte le volte che la Madre Russia ne combinava una di indifendibile, ed erano stringati comunicati in cui si contestavano i resoconti dei fatti offerti dalla corrotta stampa occidentale, ci si appellava al fatto che nessuna rivoluzione è esente da passi falsi, e che comunque no, non era come vi avevano riferito, si trattava di una dialettica più complessa, che il torto era tutto nei borghesi reazionari, fino a quando, arrivati al colmo dell'instaurazione del regime di Jaruzelski in Polonia, il povero Berlinguer dovette ammettere che la spinta della rivoluzione socialista andava esaurendosi. Novello Berlinguer, ieri e oggi Al Fano (per distinguerlo da Al Bano) ha stracciato il copione, non ne può più delle interviste precotte guardando dritto nella telecamera come un piazzista televisivo che deve convincere della bontà del suo prodotto, ha capito che il destino di un singolo uomo politico non può essere più importante di quello di un Paese intero. Le repliche stizzite a assertive a giornalisti e avversari politici che tanto piacciono a Brunetta; le lezioncine di Costituzione impartite dalla nota modella di calendari hot Mara Carfagna, che con ampi remeggi delle braccine e il caschetto da rettrice di educandato parla di cose di cui nemmeno sa il significato, essendo tutta roba fattale pervenire dagli spin doctor del PDL e da lei imparata a memoria; le spiegazioni barocche della Bernini, senatrice-avvocato con una pista per sci acrobatico al posto del naso, che a colpi di vocaboli con più di 5 sillabe tenta di farci capire che Berlusconi è un santo: il team delle risponditrici automatiche Ravetto- Gelmini- Comi, ottime come segretarie d'azienda, ma solo quello: cose che sono ormai fuori luogo; ci vuole troppa faccia a difendere chi, in nome di un presunto danno personale, ha provato a gettare nel baratro un'intera nazione, pretendendo che i suoi eletti si riducessero al rango di servi sciocchi e gli dessero ragione anche stavolta. Liberissimo di sentirti ingiustamente condannato, Silviuccio nostro, ma da qui a ritirare parlamentari e ministri per arrivare al sabotaggio dell'attività istituzionale, no no no. È per questo che noi abbiamo (momentaneamente, spero) abbandonato la sponda cdx: una riedizione del PCI in versione soap-opera è troppo. Silvio, ti consigliai in tempi non sospetti di prendere il primo volo per Antigua e non tornare mai più in Italia. Oggi sei senza passaporto e non puoi più. Quindi ti dico quest'altra cosa: rinuncia, esci di scena, fatti decadere e goditi la vecchiaia a Bellagio. Vedi, so bene, per averli provati, cosa sono i deliri narcisistici, e so che una parte di te, autoscusandosi per le piccole marachelle compiute in 50 e passa anni di carriera, non capisce perché certuni ti vogliano tanto male anche se tu sei sceso in campo per il loro bene; il tuo difetto è quello tipico di chi concepisce la felicità altrui come semplice estensione della propria, nel senso che si deve essere felici alle sue condizioni, magari anche sovvertendo un pochino le regole che tutti dovrebbero rispettare, ma che ostacolano il compiacimento edonistico; e quindi guai a criticarlo per quello che fa, nel suo mondo magico di psichiatrica consistenza il Bene è automaticamente dalla sua parte e cattivo e da eliminare è chiunque si opponga alla riuscita del giuoco. Tu credesti e agisti, ma sbagliasti. Per questi vent'anni in cui sperai e da te venni deluso, il voto è 3, che col 22% di IVA diventa 3,66. Arrotondo a 4, perché quando hai detto: "Siamo giunti a decidere dopo molto travaglio", il lapsus legato all'uso di questo sostantivo dimostra che anche tu sei umano.

Il duo di Fort Apache, Napolitano-Letta: dopo una settimana come questa, il minimo che io mi sentirei di meritare se fossi uno di loro due sarebbe un viaggio di tre mesi su una sperduta isola della Polinesia, senza connessioni Wifi, senza telefono, senza cartina geografica, a spassarmela sulla spiaggia alla faccia di tutti.
Ma no, siete qui e vi voglio dire cose. Anzitutto, bravi per come avete retto al tentativo di strappo estremo di Silviuccio: abbiamo veramente rischiato l'implosione del sistema democratico, oltre che il ludibrio di tutti i Paesi civilizzati. Certo, ora che, come sembra, il governo poggia su una maggioranza molto meno ricattevole dell'altra, ma ce sincereremo più in là, una richiestina mi sento di elevarla alle vostre Somme Deità: Giò, non più tardi di dieci giorni fa hai ammesso pubblicamente che la scuola italiana è stata vittima in questi ultimi anni di tagli inconsulti e immotivati, che tutto hanno fatto fuorché migliorarne la qualità; Rick, da Fabio Fazio ancora a maggio, con successiva riconferma domenica scorsa, giurasti e stragiurasti che stop ai tagli all'istruzione. Bene. Mettete insieme queste due istanze e traetene le dovute conseguenze: ora che non ci sono più falchi pidiellini a minacciare l'iradiddio, ora che l'umanità pare comprendere che una cultura girata tutta sul tecnico non è meno inconcludente di una girata tutta sull'umanistico, Giò, Rick, CANCELLATE, DISINTEGRATE, PULVISCOLATE quella maledetta riforma Gelmini. Ricordate che c'è un ricorsino pendente in merito che verrà discusso il 21 novembre. Perché attendere? Eliminate l'unico relitto ancora pulsante del ventennio che tanto vi diede noia, l'atto di arroganza più insopportabile che mai uno Stato moderno abbia perpetrato contro i suoi stessi dipendenti, la vendetta più assurda che ha colpito non i percettori dei privilegi contestati da decenni, ma coloro che a questi privilegiati sono succeduti senza colpa veruna. Gettate nel dimenticatoio la riforma più persecutoria e disordinata che mai pubblica amministrazione ricordi. Fatelo per la pacificazione da tutti quanti invocata. Per il resto sono sicuro, Rick, che quando hai detto: "È un grande" riferito a Silviuccio, non stavi usando un aggettivo sostantivato. Dai, dicci cos'era, un grande cosa? Voto 7 sulla fiducia, più il 22% di IVA saliamo a 8,4. Più di così...

Giuseppe Civati: datosi che gli ultimi chiari di luna parlamentari hanno di fatto steso il sudario sulle ambizioni premieratizie di Renzi (e sai quanto ci spiace...), restiamo alla battaglia piddina per l'elezione a segretario. Pippo mio, siamo omonimi, siamo pressoché coetanei, siamo entrambi lombardi, siamo entrambi dottori di ricerca in discipline umanistiche, pertanto credo di avere una certa qual serie di obblighi intellettuali nei tuoi confronti. Vado ad assolvere il primo: ricordati che sono vent'anni che gli italiani mandano al potere individui dal viso inquietantemente glabro. Cerone di Silviuccio a parte, Renzi e quel lugubre becchino di Cuperlo sfoggiano ogni giorno che Dio manda in terra un volto rasatissimo, quasi riflettente. Spesso tu indulgi invece a quell'ispida peluria biondo-folletto irlandese che fa tanto studente universitario che ha tagliato i ponti col mondo perché doveva dare Analisi 1. Nella repubblica platonica il compito del comando tocca bensì ai barbuti filosofi, ma noi abbiamo superato da mo' la tripartizione indoeuropea delle mansioni all'interno di una polis, sicché tu devi evitare che ti si confonda col ceto intellettualoide di sinistra, quello delle movimentate barbe di Michele Serra o Marco Damilano per intenderci. Niente di peggio, vista la traboccante simpatia dei soggetti. Liscità, Pippo. Oppure oblio. Voto 5, che per effetto dell'aumento dell'IVA al 22% diventa 6,1. E ringrazia Silviuccio di ciò.

La Lega nord, che, OVVIAMENTE, oggi ha votato contro il Decreto Cultura del Governo. Certo, in tempi di crisi come questi sembra follia stornare fondi alle fondazioni lirico-sifoniche, roba da fighetti si sa, o addirittura alla salvaguardia di quel cimitero extratemporale cadente e malconcio di Pompei. Per carità. Chi sarebbe così folle da pensare che il potenziamento delle occasioni culturali, offrendo al pubblico bue qualcosa di diverso dalle fiction interrotte dalla pubblicità di prodotti che nessuno ha più voglia di comprare, porti soldini in cassa? Davvero c'è gente under 80 che pagherebbe per sentire le sinfonie di Mahler? Davvero una Pompei meno scalcinata di quella odierna attirerebbe turisti paganti e contanti? Ve li immaginate visitatori gaudenti agli Uffizi che non devono sempre chiudere metà delle sale, o presso il mausoleo di Augusto? Questo è il Lega-pensiero. Per loro cultura vuol dire spreco, ovviamente di sinistra. Nel loro immaginario, la nuova agorà è il centro commerciale dove spedire i pupi con la cicca in bocca a giocare coi videogiochi seduti alla tavola calda, mentre si acquista il telefonino da 800 euro e si tenta invano di far entrare la moglie nelle taglie 42 esibite alle vetrine degli outlet, pensando nel contempo a come implementare i tempi morti serali dopo l'anticipo di serie A in TV (birra e pizza o pizza e birra?). "Mah, che stereotipi qualunquisti". Lo so. Uguali e contrari a quelli che "il popolo della Lega" ha vomitato contro noi insegnanti e uomini di cultura in genere, dandoci genericamente del comunista (respingo al mittente, thanks...) ed elevando il conto in banca a unico parametro per giudicare la dignità umana (e se sapessero quanti uomini e donne di sinistra hanno il portafogli a destra...). Per costoro, tutto ciò che non diverte immediatamente o che spinge a riflessioni oltre il livello zero della comunicazione è in automatico una zavorra che obnubila il libero dispiegarsi delle facoltà naturali dell'uomo, che nel loro pantheon coincidono con quelle più istintivamente animali. Peccato invece che la cultura sia il punto più alto della nostra evoluzione. Che costa, certo. Ma rende. Voto 0, e tale rimane anche aggiungendo l'IVA al 22%.

La cretina che ha tentato il suicidio per non essere riuscita a procurarsi il biglietto per il concerto degli One Direction. Ora, a parte che da qui a giugno prossimo quelli lì potrebbero anche essersi sciolti ("NuuuuooooooooooHHHH, Louis nooooooooooOoOoOoo!!!!!"), rilevo nel per fortuna mancato autoannullamento della predetta figliola la traccia ulteriore della smaterializzazione etica e psichica della generazione bimbominkia. Sì, in altre sedi già osservammo che sono più di 20 anni che le fan delle boyband cianciano che senza il loro Nick, Robbie, Justin, Brian ecc. ecc. la vita non ha senso, ma alla fine erano frasi che restavano lì. Adesso no, è talmente forte l'anestesia morale in costoro che la barriera tra le cose per cui vale veramente la pena vivere (ed eventualmente morire) e la fuffa è del tutto crollata. Volersi uccidere perché non si riuscirà a vedere il Catechista mancato dal vivo (con quel muso, poi...)  va al di là del dispiacere che noi stessi provammo in un lontano e anonimo pomeriggio di periferia del 1987, quando ci accorgemmo di essere stati troppo in cortile a giocare, sì che avevamo bucato la puntata di Holly e Benji (che peraltro ineriva alla noiosissima partita con la Hot Dog dei gemelli Derrick, insomma nulla di imperdibile). Ci restammo male, è vero, perché all'epoca seguire quel cartone era quasi una religione (tralascio le schiere di coetanei che tentavano senza successo il tiro ad effetto...)(il tuo unico gol su azione in 13 anni di ora di ginnastica è stato un'autorete, ricordi?)(vabbe', quisquilie...), però a sera non ci si pensava più. E all'epoca per noi Oliver Hutton e soci erano davvero degli eroi. E non c'entra che nel caso degli OD ci sta anche tutto un fattore estetico-erotico che nel nostro caso era per forza di cose assente: c'è che l'eroe mediatico è una fonte di vita superiore a quelle reali proprio perché la vita reale non conta nulla rispetto al mondo fatato di sogni che i media hanno tessuto attorno ai bimbominkia. Questa qua tenta il suicidio, ma di fatto è già una pianta adesso, senza nemmeno attendere l'apposita assegnazione al girone di Pier delle Vigne; per una così non c'è famiglia, non ci sono amici, non ci sono agenzie sociali che tengano: fuori dal suo castello di favole e Sawii Badilati, semplicemente non c'è nulla di percepito. Cioè c'è solo la morte. Voto 2, che con l'Iva al 22% fa.... ah no, era già inclusa nel prezzo dei biglietti che non ha comprato...