Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

mercoledì 5 febbraio 2020

Sanremo 70. Versione biblica.

Premesso che:

  • non ho visto la prima serata perché impegnato in gradevole cenetta;
  • la conferenza di presentazione, al netto di quel ridicolo "passo indietro" evocato dal dott. Sebastiani, era già da latte alle ginocchia in quell'inutile profluvio di "bella, bella, bellissima", detto di ognuna delle co-conduttrici (dico io, sai bene cosa ti chiederanno i giornalisti, inventati due righe per ciascuna no?);
  • quando il predetto Sebastiani alloquisce con ugola tonante, mi ricorda troppo il compianto Vittorio Salvetti
  • l'assolo della Jebreal ha fatto il suo;
  • Riki Markuzzoh ha steccato;
  • Tiziano Ferro ha buttato cuore e vari organi interni nell'eseguire la canzone di Mia Martini, e si vede (e si sente) quanta sofferenza sua personale c'era nel poter gridare quell'almeno tu di fronte all'Ariston tutto, ma Almeno tu nell'universo è e sarà solo di Mimì, con buona pace di Elisa & tutti quelli che l'hanno coverizzata;
ebbene, detto ciò, il profilo sanremico del septuagesimo pare già delinearsi come un curioso finto-salto-in-avanti che in realtà occhieggia al glorioso passato RAI, pur nell'abile rimescolamento dei contenuti.


Detto più casarecciamente, non sfugge a nessuno che, fin qui, Amadeus sta funzionando più o meno come un vigile che smista il traffico, ma il palco è tutto dei co-conduttori (Fiorello, il già citato Iron-T, la Rula ecc. ecc. ecc.)(anche di quelli non ingaggiabili: "Se Fabrizio Frizzi fosse ancora qui, il Festival di Sanremo quest'anno l'avrebbe condotto lui"... ah lo sai...)(a prescindere dal look friccicarello di Achille Lauro ecc. ecc.. ecc.): obiettivamente, questo Sanremo Ventiventi è una poli-conduzione che alterna più protagonisti a guidare la carovana, mescolando musica, momenti super-comici, momenti super- patetici, insomma di fatto mai come quest'anno il Festivàl è uno spettacolo di varietà con le sfumature più cangianti (basti pensare che la categoria Big stasera non è ancora entrata in gara, e siamo, al momento in cui dottamente scrivo, alle ore 21.43). Non esiste una sola "trama" della serata (le canzoni, le giurie, i look delle cantanti), ma tanti fili che si succedono nella totale diluizione del conduttore che, dalle vette baudesche in cui lo spettacolo era cucito addosso al suo auriga, ora si limita a "subire" la presenza dei co-conduttori che si è scelto lui stesso. 


Rimane il fatto che in Riviera stiamo assistendo a qualcosa di vecchio e nuovo allo stesso tempo: il varietà "tutto di tutto" non può non ricordare i vecchi Fantastico degli '80 (vedere qui, e poi qui, ma pure qui)(non con conduttori così diluiti però)(e Fiorello, tra il droghismo e il plastichismo, rischia di essere the new Grillo di quella volta là); la novità è che la musica è pressoché assente, o meglio c'è ma passa via. Non solo perché i big entrano in scena all'ora in cui la brava gente molla tutto e apre Netflix, ma anche perché sotto sotto tutti sanno che il Festivàl è ormai da una buona decina d'anni niente più che una Champions League dei vincitori dei talent show, con qualche imbucato (o qualche mummia)(o qualche Junior Cally giusto perché se ne parli) così per fingere che tutto sia come una volta (questa una volta)(pardon, intendevo questa). Sanremo è cioè ormai un evento secondario, che esiste perché esistono altri programmi che gli forniscono materiale: una volta passare da Sanremo era una tappa obbligata per chi voleva fare il pieno di vendite grazie alla vetrina nazionalpopolare da 15-20 milioni di spettatori. Oggi si può al limite passare anche da Sanremo, ma senza quell'idea di liturgia laica di un tempo: gli spettatori medi per serata sono "solo" 10 milioni (ricordate questi qui? Con loro l'ascolto medio di quel mercoledì di febbraio del 1995 raggiunse i 18), una parte dei quali seguono lo spettacolo solo per commentare sui social, un'altra orecchieggia distrattamente i pezzi per decidere cosa risentire nel caso su Youtube, un'altra ancora mette su Rai1 giusto per avere un sottofondo mentre naviga su Instagram; e così avanti. Morale, gli intenzionati ad acquistare il CD di uno di questi quanti sono? Cioè, per chi veramente si allestisce il carrozzone sanremico? Per quei quattro aficionados stretti nelle ormai striminzite transenne davanti all'Ariston?  




Ecco perché in casa Rai hanno deciso di ibridare Sanremo con i varietà del tempo che fu. E quindi anche gli artisti in gara escono il meno possibile dal seminato, perché sanno che è già difficile tenersi stretti i fan attuali, figurarsi se conviene cercarsene di nuovi con qualche scelta avventurosa. Si dirà che questa è la solita critica di immobilismo che si muove al Festivàl da almeno 50 anni. Il fatto è che una volta il Festivàl era sempre uguale, ma pur sempre baricentrico. Oggi è simile a quei pranzi di Natale dove si va giusto perché ci mancherebbe altro, ma a parte qualche parente con cui magari si fanno due risate per poi non rivedersi nei prossimi 12 mesi ("ma come sei simpatico, dai non facciamo passare un altro anno, eh....??"), il pensiero è sempre a quando si partirà con la cumpa per il Capodanno in chalet ("Lì sì che ci si diverte..."). 

Nessun commento:

Posta un commento