Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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martedì 18 novembre 2014

I grandi ritratti di Eligio de Marinis: la biografia artistica di Cristina d'Avena (capitolo 1).

Cristina D'Avena (titolo originale: Awena no Koristina. Utsukushī koe puffa to shanpan no kashu = Cristina D'avena. La frizzante cantante dalla bella voce puffa) è un anime italo-giapponese che va in onda ininterrottamente sui canali privati nostrani dal 1982. Ispirato al non meno famoso manga Awena no Koristina. Izureka no kōmoku nado ni iku (= Cristina D'Avena. Una voce qualsiasi e via così), pubblicato a partire dall'edizione 1968 de Lo zecchino d'oro (titolo originale: Junkin. Taitsu de no tomariki to baka ni kodomo-tachi = Lo zecchino dorato. Bambini sul trespolo e un idiota in calzamaglia), questo prodotto della più raffinata cultura otaku ha saputo sedurre non meno di tre generazioni di giovani italici, traghettando la nostra civiltà dagli anni dell'edonismo reaganiano alla Generazione X fino alle radici del bimbominkismo. Non c'è cervello di essere vivente dello Stivale nato dopo il 1970 che non ospiti nel suo deposito mnemonico almeno uno dei micidiali ritornelli con cui la nostra eroina, prendendo di volta in volta le sembianze dei personaggi di cui cantava le sigle, ha saputo catalizzare i pensieri delle giovani generazioni, fino a rimbecillirle lepidamente. Noi tutti le siamo altamente debitori, ed è per questo che, umilmente e senza alcun merito, ci predisponiamo ad una rapida e succinta biografia, in onore del traguardo del cinquantennio che la Nostra ha da poco tagliato. Di fatto, i cinquant'anni sono solo anagrafici, poiché Cristina, vampira come tutti i cartoni animati, è in realtà ancora giovanissima, dacché si nutre del sangue contenuto nei diritti d'autore che le piovono addosso tutte le volte che in TV passano anche solo 5 secondi delle sue canzoni. Tirate le somme, Cristinuccia nostra continua, dal 1982, ad avere l'età di Yu Morisawa. Che è una delle sue molteplici reincarnazioni. Ma procediamo con ordine.

1964. Nel villaggio dei Puffi (titolo originale: Sumāfu. Tsukumo chīsana aoi ikimono to 1 burondo. Dono yōna senbō... = I  Puffi. 99 ometti blu e una sola bionda. Che invidia...) viene alla luce una timida fanciullina che, crescendo, prende l'abitudine di correre dietro ad un moscerino dell'uva, sempre lo stesso, inciampando e sbattendo tutte le volte la faccia contro i macigni che servivano per nascondere il villaggio agli occhiacci adunchi di Gargamella. Dopo la quindicesima capocciata, la moglie del Grande Puffo, Alessandra Valeri Manera (titolo originale: Aressandorabarerī Manera. Burendā tsubasa no kotoba to gainen = Alessandra Valeri Manera. La frullatrice alata di parole e concetti), la cui presenza è sempre stata censurata nelle versioni italiane del cartone, decide di intervenire e lo fa con tono da accademia prussiana: "Cristina, ma come fai a cacciarti sempre nei guai? Ah, neanche tu lo sai? Resta con me, dai, non cambiare mai! Vai!". Cristina, ipnotizzata dalla politezza di questa filastrocca, a tratti superiore per qualità anche agli esametri omerici, e che sarebbe stata il modulo base di TUTTE le sue canzoni future, si mette a ballare il valzer insieme al moscerino, convinta però di essere LEI il moscerino. Sarà la prima avvisaglia degli effetti delle capocciate di cui sopra, che a lungo andare porteranno la nostra fantasticah amicah ad avere crisi di identità a cadenza giornaliera bioraria. Quattro anni dopo, infatti, Cristina si presenterà al predetto Zecchino con la canzone Il valzer del moscerino (titolo originale:  Hae no warutsu. Kono denkyū wa mawari ijiru teishi shinai tame? = Il valzer del moscerino. Perché questa lampadina non smette di girarmi attorno?), eseguita con un numero impressionante di volappie' che portano la bambina a precipitare più e più volte sul pubblico terrorizzato. A fine esecuzione il mago Zurlì acchiappa Cristina con un corda d'oro prestatagli da Geordie e tenta di impiccarla mentre lei urla e strepita: "Lasciatemi volare, sono il moscerino canterino!!". Ed ecco, evocato dalla rima in -ino, piombare dalla Stella Piumata Pino- Pino, il quale incenerisce Zurlì con un phon e salva Cristina. Alessandra, che da sotto il palco aveva assistito a tutta la scena, comprende che quella piccola cantante è il futuro dell'umanità. E si regola di conseguenza.

1982. Sbarcata a Milano, Cristina viene assunta come cottimista per cantare un certo numero di sigle di cartoni animati, scritte ovviamente da Alessandra, così da dare vita alla programmazione per bambocci dell'allora nascente Canale5 (titolo originale: Chan'neru 5. Donichi ningyō no hanashi = Canale 5. La terra dei pupazzi parlanti). Dopo aver inciso, più per affetto patrio che per altro, la sigla dei Puffi, dopo aver tenuto a battesimo la più brutta serie di Pinocchio mai inventata dai giappi, col burattino costretto ad interagire con una paperella, dopo aver provato con testi impegnati (La regina dei Mille anni), Cristina comprende che il suo personaggio merita una svolta, che 100 lire a canzone non le consentiranno mai di sbarcare il lunario, che insomma ci vuole la bomba. Si rinchiude quindi con Alessandra Valeri Manera in uno stanzino e procede allo squartamento rituale dell'incolpevole Augusto Martelli (prece), fin lì autore di parecchie musiche di anime, e tuttavia, in quella afosa estate di primi anni '80, l'odore delle viscere martelliane basterà a riattivare in Cristina la capacità di transfert che le aveva fatto credere di saper volare 14 anni prima. Dallo stanzino esce dunque una menade pazza che prende a strappare a morsi tutte le antenne delle televisioni dislocate negli studi dell'emittente per poi agitarle in aria al grido di misteriose formule magiche. Alessandra le corre dietro per evitare il peggio, ma il peggio arriva: Cristina, in pieno delirio, punta dritta una parete a specchio e vi si lancia a velocità folle gridando: "Lady Oscar, me fai 'na pippa, io sono She-Ra!!!!" e sbatte, frantumando il vetro che la dilania in più punti. Il personale del piano la raccoglie da terra mentre ancora rantola: "Allora? Mi sono trasformata?". No, evidentemente. Ma i pezzi di vetro sparsi per terra prendono vita propria e si tramutano in altrettante superheroine che iniziano a svolazzare or qui or lì. L'invasione è cominciata.     

1984-1986: Il mondo è ormai sottomesso al pesante giogo delle canzoni daveniane, la gioventù, qualunque cosa ciò voglia dire, si è convinta che l'unica rima possibile in poesia sia quella amore-cuore-buonumore, le aule scolastiche trillano dell'ameno berciare di ragazzine tutte prese a tentare di trasformarsi, mentre i maschietti seppelliscono l'alabarda spaziale e prenotano in stazione i biglietti del Galaxy express per fuggire dal pianeta ormai colonizzato.
Dal castello di Magilandia, rilevato dopo lo sfratto de I cavalieri del Re con di tutta la famiglia della piccola Chappy e trasformato in un resort per coniglietti in crisi, Cristina prende il volo ogni pomeriggio e assume canticchiando le sembianze più astruse per insinuarsi nei cervelli dei più piccini: alcuni se la vedono comparire davanti con in mano una bacchetta a forma di cuore con cui esegue mirabolanti giochi di abilità facendo roteare delle crepes sulla punta, per poi lanciarle contro il primo che passa, ustionandolo a morte; altri la vedono accompagnata da tre strani di folletti verdi che canticchiano insieme a lei: "Desiderio dici tu - e il cerchio non c'è già più!", astuta strategia pubblicitaria per imbambolare chi ascolta con la storia del cerchio, mentre vengono fatti scivolare nelle tasche dei genitori biglietti omaggio per due trattamenti total relax al centro massaggi thailandese Sogno d'Amore; v'è poi chi la vede tutta intenta a parlare con uno specchio a forma di cuore e con una ciabatta a forma di roditore che si anima di colpo per offrirle funghi allucinogeni, mangiati i quali la Nostra Cantante inizia a sparar bolle colorate dalla bocca urlando: "Gira e (s)pera!!!", segno evidente di raggiunto picco del trip: non stupisce infatti che di lì in poi Cristina si diverta a far sparire le persone o a segarle in due, riattaccando le due metà sbagliate o dimenticandosene una nell'altra dimensione; da ultimo, non è infrequente incontrarla in ameni prati fioriti a disegnare mostri umanoidi che si animano e vanno a far strage dei cantanti della concorrenza, ormai peraltro ridotti ad esibirsi sulle tv locali.

                                                                                                      (1- continua)

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