Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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lunedì 30 marzo 2020

Le lezioni perpetue.

Da qualche giorno, in corrispondenza con l’aggravarsi del picco dei contagi e del numero dei decessi per/con/da Coronavirus, compaiono sui social e un po’ ovunque sul web riflessioni sul fatto che questa epidemia, indipendentemente dalla sua durata, costituisce uno spartiacque tra un certo modo di vedere la vita che avevamo prima e un altro, caratterizzato in sostanza dalla coscienza più solida della nostra fragilità, del bisogno di ricalibrare il nostro rapporto con la natura ecc. ecc.
Tutto ineccepibile. Si attendono evidentemente repliche da parte di coloro che prima dello scoppio della catastrofe si sentivano invincibili padroni del mondo e adesso probabilmente accuseranno di qualunquismo esistenzialista “da perdenti” gli estensori delle riflessioni di cui sopra. Potranno allora contro-intervenire gli umanisti da trincea (a cui ci iscriviamo con convinzione) i quali a loro volta, finiti i richiami alla peste manzoniana, ribatteranno che quanto accade oggi non fa altro che riportare a galla riflessioni sulla problematicità della nostra condizione che possiamo far partire da quando esiste la letteratura (le stirpi umane paragonate a foglie sugli alberi, l’uomo definito “sogno di un’ombra” oppure creatura “terribile” o “mirabile”, ma sempre stupefacente è – e rimaniamo in Grecia antica – per arrivare via via a Leopardi, Montale ecc. ecc.).
Ecco. Immaginiamo che un ex- invincibile, esasperato dalla situazione in corso e dalle citazioni dotte, esploda definitivamente e accusi noi di essere Anime Belle Delle Materie Umanistiche (d’ora in avanti ABDMU). Succederà. Quindi facciamo come una volta, anticipiamo la tesi avversaria e confutiamola.
Diranno che siamo i soliti intellettuali da salotto che pontificano al sicuro sui loro divanetti senza mettere il naso fuori di casa; che non conosciamo la sofferenza vera, ma solo quella su carta; addirittura (perché in situazioni fuori da ogni schema come queste bisogna immaginarle tutte) diranno che non aspettavamo l’ora di goderci lo spettacolo dell’avverarsi di tutte le nostre nefaste profezie, noi, che la società industriale e la cultura di massa hanno messo all’angolo, liberi di provare quell’acre soddisfazione di gridare in faccia al mondo che avevamo ragione, cioè che l’uomo è nulla di fronte al Tutto; il che, oltre a farci passare per miserabili rancorosi, darebbe corpo ad un equivoco culturale enorme: le idee, le riflessioni, gli spunti critici sullo stato dell’umanità elaborati dalle ABDMU funzionerebbero solo in caso di calamità pandemica. Detto in altro modo: aspettate che la Modernità e il Progresso mettano il guinzaglio anche alle epidemie virali e tornerete a cuccia come prima.
È qui che bisogna intervenire, non solo per correggere l’errore, ma anche per evitare che si riproponga un domani.
Le ansie, le paure, il senso di fragilità che si stanno diffondendo capillarmente nell’opinione pubblica, tutti fenomeni ai quali il pensiero umanistico casomai fornisce sollievo invece che essere sale sulla ferita come i nostri detrattori credono, non sono stati “inventati” dal Coronavirus. Sono condizioni permanenti connaturate col nostro essere più profondo. Semplicemente, in situazioni di vita ordinarie si tende a rimuoverle dal livello più immediato della coscienza e a relegarle là dove non possono nuocere, in modo da poter vivere nel quotidiano con relativa serenità e dedicarci al qui ed ora.
Siamo sinceri: non serviva il Coronavirus per ricordarsi che il nostro passaggio su questa terra è un lampo nel buio; che i corpi da sogno esaltati da certa propaganda salutista sono una cosa, mentre l’ammasso delle cellule che ci costituiscono, soggette a mutazioni incontrollabili e spesso indifese contro affarini privi di DNA, è un’altra; che non esiste un Destino, o come lo si voglia chiamare, programmabile dalla A alla Z come un’agenda di lavoro.
Cose che sapevamo già. Cose su cui le ABDMU hanno sempre riflettuto. Oggi queste cose sono semplicemente “riemerse” dalla zona analgesica in erano state collocate, complice anche certa cultura presentista ed edonista che domina dalle nostre parti da un po’.
Pertanto, quello di cui noi ABDMU parliamo oggi è identico a quel che dicevamo ieri, solo che oggi c’è un virus palese – e odioso, lui sì- che fa sembrare non solo nuove, ma valide solo per questo periodo le nostre riflessioni. Sia quindi chiaro questo: non è il Coronavirus che OGGI ci fa scoprire la nostra fragilità, ecc. ecc., come se non fossimo fragili ieri e non lo saremo domani finito tutto. Semmai oggi quel senso di precarietà e incertezza di fronte al mistero dell’esistenza che è con noi SEMPRE, ha ri-guadagnato un rilievo che lo fa sembrare nuovo, quando nuovo non è.
A questo punto, però, non si commetta l’errore di ritenere errato o addirittura patologico provare queste ansie che in tempi ordinari vengono rimosse: la vera patologia è proprio l’atto della loro rimozione, dal quale nascono tutte le forme di egoistica arroganza, di sopraffazione concorrenziale, di incomprensione dei sentimenti dell’altro che caratterizzano anche giornate “sane”. Sono tutte forme di compensazione del vuoto ansioso che non si vuol vedere. Condizioni dell’esistenza che le ABDMU indagano e su cui invitano a riflettere proprio come terapia quotidiana, senza bisogno di aspettare una pandemia: curarsi un po’ ogni giorno (dove per cura può intendersi anche solo la presa di coscienza della totalità problematica della nostra condizione) potrebbe così sortire il duplice effetto di addolcire le inquietudini in situazioni ordinarie e non venirne travolti in situazioni straordinarie
E’ per questo che nel nostro piccolo, a scadenza rigorosamente irregolare, pubblicheremo e commenteremo brevi citazioni di uno che di malattie quotidiane dell’anima se ne intendeva assai (sì, tutto ‘sto giro per arrivare a Seneca…). Prima che ci accusiate di spocchia, vi preveniamo ancora: intitoleremo questo “ciclo” di post S3 (Spocchia’s Seneca School). Ciascuno offre le cure che può: visto che l’unica medicina di cui sappiamo qualcosa è quella Pneumatica, la useremo a modo nostro. Ossequi.

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