Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 23 giugno 2024

LE GRANDI BLOG-CRONACHE DI ELIGIO DE MARINIS. EURO 2024, SPAGNA-ITALIA 1-0, "DUE PALLE IN CAMPO!"...

 

… dice Caressa al 41’, ed è un po’ lo stesso pensiero che coglie noi tutti alla fine del primo tempo, caratterizzato dalla noia pura, associata all’impietoso assalto a Fort Alamo degli Ispanici, inframmezzato da episodici rovesciamenti di fronte dei nostri che puntualmente finiscono nel nulla. Come tutti hanno osservato alla fine dello strazio, aver perso ‘solo’ 1-0 su autogol contro quelle furie indiavolate dai cognomi ispanicissimi (Wilson, Yamal, Laporte, Le Normande, Cucurella) è quasi un miracolo, ma le fusillate di Donnarumma sottoporta non coprono il disastro di pochezza tecnico-tattico-atletica di una squadra di illustri signori Nessuno che arriva all’Europeo con lo stesso spirito inconsulto con cui un aspirante doppiatore con la erremoscia si presenterebbe ad un provino per dare la voce a Voldemort. 

 

 

Non bastano i tatuaggi druidici di Scamacca (?) né il mantello dell’invisibilità di Chiesa, ad un certo punto multato per divieto di sosta dall’arbitro visto che non si muoveva in nessuna direzione, men che meno il taglio all’ultima moda di Barella (?). Non basta nulla, salvo chiedersi cosa abbiano in mente certi genitori che a colloquio hanno ancora il coraggio di dire che vabbé, se non ce la farà a scuola c’è sempre il calcio… QUESTO calcio?


 

 

Ma tutto è già nella puntuale osservazione di Caressa al 7’: c’è Gigio (Donnarumma) in porta e Gigi (Buffon) in panchina a fare da dirigente accompagnatore; chiaramente questa ricercata paronomasia è premonitrice di gesta epiche, come lo sciocco tiro di Scamacca al 9’, unico guizzo in mezzo ad un dominio TOTALE degli Iberici che prendono possesso della nostra metà campo, usando la propria per allestire il catering del dopo-partita, giusto per non lasciare inutilizzata tanta area giochi. Così, mentre al 10’ Cucurella mostra la fluente chioma per imprigionare Scamacca e fare a gara a chi ha più ‘c’ nel cognome, Barella sgaloppa senza esito al 12’, ma soprattutto Di Lorenzo, colpito alla spalla in uno scontro, cade di peso tenendosi la faccia, segno di evidente calo di propriocezione.

L’impalpabilità dei nostri, che anche quando riescono ad allungarsi oltre la propria metà campo riescono SEMPRE a farsi raggiungere dagli spagnuoli, porta Caressa al consueto abbandono alla para-cronaca, motivo per cui Rodri risulta essere ‘il metronomo della Spagna’, Yamal viene descritto come destinatario di una profezia di Piqué che gli augura la riconquista del Califfato di Cordova, MA proprio nel momento in cui l’argomento si fa serio, ovvero a riguardo delle peripezie della madre dei fratelli Williams nella drammatica fuga dall’Africa (anche se il tono del narratore non cambia e rimane a livello gossip), il tutto viene interrotto dall’ennesimo affondo spagnolo nella nostra bucherellata area al 20’ che Donnarumma liquida così come gli tocca fare al 23’e 24’, ma del resto, dice Caressa, “contro di noi Morata gioca sempre bene”. Il calo propriocettivo contagia anche Frattesi, colpito al 33’ da Nico Wilson al gomito, ma che cade tenendosi il petto. Segnali inquietanti (Caressa osserva atterrito che Yamal è del 2007, probabilmente pensando ai propri trigliceridi) appena appena alleviati dall’eroico salvataggio di Calafiori al 34’ su un gol quasi fatto, il che porta noi tutti a dire che sì, questa SARÀ la serata di Calafiori. Il tutto nonostante Caressa veda scoramento, osservando al 41’ che ‘manca il dinamismo di Barella’, il quale tuttavia non ha ancora indossato gli iconici occhiali scuri di tre anni fa. A fine primo tempo si rivede Chiesa, tornato dal Gelsenkirchen Mall carico di bretzel e modellini di castello di Ludwig da portare ai cugini, il quale tenta due voli (tutti al 45’) destinati a planare nel silenzio.

 

Secondo tempo inaugurato da qualche sparuto guizzo nostro (al 49’ Cambiaso, al 50’ Scamacca per Chiesa che ha lasciato nello spogliatoio la scatola dei Lego per costruire il Duomo di Colonia), dopodiché ricomincia l’assedio, coi nostri che si piccano di fare passaggini tra portiere e difensore in area di rigore col rischio, avveratosi un paio di volte, che gli avversari abbranchino il pallone e facciano gol (come al 52’). Nulla sembra quindi cambiare, se non che Caressa inizia a divagare di fenomenologia dello spirito, fatto che in tutte le gare degli Europei a partire dall’edizione del 1988 vinta dall’Olanda indica una sola cosa: autorete in arrivo.

Minuto 55: novello Bruce Harper (cit. solo per esperti), il già citato Calafiori decide di mettere un audace ginocchio tra un pallone di Nico Williams destinato a finire nel niente e la propria porta, sì da imprimere quel momento angolare minimo ma decisivo che spinge la sfera nella rete azzurra.

Mentre onde di tenera disillusione si infrangono nei cuori di quei sei-sette tifosi in tutta Italia ancora ostinatamente convinti che avremmo ripetuto il miracolo del 2021 (ma il piazzamento di Angelina Mango all’ESC dovrebbe essere segnale più che evidente che il destino ha altri piani per noi), noi tutti Osservatori Distaccati del Reale (d’ora in poi ODR) non vediamo altro che la conferma della crisi irreversibile di un movimento sportivo che non genera più campioni né mezzi campioni, ma solo onesti mestieranti: tuttavia, essendo il calcio parte integrante del plasma di due terzi degli italiani, ci vorrà ancora tempo perché la bolla economico-idolatrante attorno a questi atleti si sgonfi.

Diciamo ciò confortati dall’indovinello di Caressa al 57’: “C’è una sola squadra in campo e non siamo noi”, roba da mandare in confusione anche Gandalf davanti all’ingresso di Moria. Ma è così: afflosciati ulteriormente dal beffardo svantaggio, riusciamo giusto a contenere le incursioni dell’onnipresente Nico Williams (70’) senza incidere mai seriamente, mentre al 63’ dal tatuaggio di Scamacca usciva Elena Gilbert a dirgli che era ora di farsi sostituire e di tornare a fare il barista a Mystic Falls insieme a Mike Donovan. Solo verso il finale, dopo che Chiesa ha finito di cucinare bratwurst per tutti in vista del dopo gara, ci facciamo lievemente più minacciosi con un corner all’84’, in occasione del quale Caressa rileva “storie tese tra Carvajal e Bastoni”, così offrendo a Bergomi l’occasione per la battuta cringe del secolo che però viene miseramente lasciata cadere, come del resto cadono le nostre speranze di pareggio, nonostante il mucchione in area comprensivo di Donnarumma. 


 

 

E così, tra un rimpianto su come sarebbe potuta andare se avessimo avuto in squadra Del Piero, Totti, Pirlo, Baggio, Baresi, Maldini, Altobelli, Paolo Rossi, Rivera e uno sguardo sconsolato alla Croazia, anche per le minori parcelle dei dentisti, vediamo rientrare nel tunnel ventidue fantasmi, eccellente correlativo oggettivo dello stato agonizzante del nostro calcio. Prima o poi qualcuno dovrà spiegare al pubblico plaudente – e anche a quello non plaudente – cosa si è rotto all’indomani di Berlino 2006, perché non è possibile essere così malconci e privi del benché minimo spunto tattico che non sia fare muro contro l’avversario sperando che la palla rimbalzi e poi rilanciarla lontano confidando negli scherzi dell’attrito. Attendiamo risposte. Con l’obbligo finale di cringiare come non è riuscito a Bergomi: ci vogliono compagni di altra pasta perché giochi Fagioli.

Aufwiedersehen.

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