Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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mercoledì 3 luglio 2024

LE GRANDI BLOG-CRONACHE DI ELIGIO DE MARINIS. EURO 2024, SVIZZERA ITALIA 2-0, "LE MEMORIE CI ASSALGANO"

Se c’è mai stato un cartone animato che prova inequivocabilmente la tesi di Freud secondo cui il bambino piccolo è tutto fuorché un angelo, questo è Là sui monti con Annette, ambientato guarda te in Svizzera: nelle circa 50 puntate di questo psicodramma elvetico, giostrate nella Twin Peaks del Canton Vaud, ovvero Rossinière, vediamo in azione bambini capricciosi e vendicativi che si imbizziscono per episodi minimi, ragazzine bionde con un livello di permalosità Nina Moric plus

 


 

timidi aspiranti intagliatori di legno che giocano per tre quarti di episodio a fare la vittima, fratellini seienni petulanti che collezionano ermellini (vivi),

 


per salvare i quali non esitano a gettarsi in fondo ai precipizi salvo poi rompersi la gamba, il cui osso si salda poi in modo abnorme
(?) sì da rendere impossibile qualsiasi movimento, gli intagliatori predetti che si fanno una sciata in mezzo alla tormenta lungo il crinale che porta a Montreux, perché non hanno i soldi per il treno,  


solo per trovare un medico esperto a dissaldare ginocchia troppo rinsaldate, il tutto tra eroici tentativi del ragazzino di riconquistare l’amicizia perduta scolpendo nel legno arche di Noè puntualmente fatte volare in aria dalla biondina, nonché dispetti infiniti tipo la biondina che fracassa il cavallo ligneo dell’ ex amico per sabotare la sua altrimenti inevitabile vittoria al concorso della scuola, pentimenti,  fughe nel bosco in casa di vecchietti di dubbia affidabilità che però intagliano il legno divinamente,

 


 

la biondina che rischia l’assideramento e allora confessa all’ex forse ancora di nuovo amico il misfatto del cavallo, scuole elementari pluriclassi con episodi di bullismo che fortuna che non esisteva internet, dopodiché tutto si conclude con la fine delle scuole e la corsa di questi marmocchi demoniaci verso il loro pirotecnico domani.


Di fatto, siamo di fronte alla versione dark di Heidi. Cosa che rende allucinante il (banale) testo della sigla, vergato dalla compianta Alessandra Valeri Manera (RIP) e accompagnato da una musichetta troppo paciosa, che recitava: "Là sui monti con Annette/ dove il cielo è sempre blu/ là, con Dany e con Lucien/ vieni vieni anche tu" MA ANCHE TU COSA, IN MEZZO A QUEI BAMBINI PSICOPATICI?? (comunque nella seconda strofa anche la compianta non ha potuto fare a meno di chiamare 'diavoletti' i due, eh, 'nzomma, mentre nella terza Annette è definita UN PO' AGGRESSIVA e rancorosa, ma pronta a farsi una risata.. sì, dopo 23 puntate...)
 



Ciò spiega il disastro di sabato sera: undici piccoli Lucien convinti di avere davanti Heidi e che invece non hanno capito che la squadra avversaria era zeppa di Annette ferocissime, a partire dal roccioso capitano Annette Xhaka, per passare all’imprendibile Annette Embolo che si porta a spasso Di Lorenzo e Barella come gli ermellini di Dany, fino ai due cecchini che ci condannano all’eliminazione, il rapinatore d’area Annette Freuler e il cecchino da fuori area Annette Vargas. 

 


Noi, che poi avevamo rifiutato di guardare il primo tempo, perché in viaggio verso la città dove avremmo partecipato a un convegno sulla medicina pneumatica a una festa mangereccia, noi appunto con pizze e Vermentino andavamo a bussare alla porta, ma prima ancora di farlo sentivamo arrivare un Nooooooo!!! da dentro l’appartamento che ci infondeva i più cupi presagi, aggravati dal fatto che la maniglia della porta girava, ma la porta restava chiusa, finché sulla soglia compariva una gentildonna in gramaglie mormorando: “Ha segnato la Svizzera…”. Il che ci ha portati ad ignorare il secondo tempo, recuperando via registrazione tutto il match, anche perché il raddoppio svizzero appena rientrati dagli spogliatoi ci ha decisamente fatto preferire fregola e tramezzino diplomatico rispetto a quello strazio.

Strazio già tutto nell’inspiegabile congiuntivo impiegato da Caressa nel solito epic-pippone pre-gara: cosa vuol dire “Le memorie ci assalgAno?”. Visto il contesto della frase, e dato un rapido controllo a sei-sette grammatiche latine, esortativo non è, desiderativo non è, concessivo non è, potenziale non è, dubitativo nemmeno, suppositivo nemmanche, irreale no perché ci vorrebbe l’imperfetto. Ragionando alla stoica, la crisi del linguaggio è spia di un più generale impazzimento della struttura del cosmo, ed in effetti il Caressa medesimo, al 28’, osserva costernato che siamo troppo “frAttolosi” nella manovra. Mah. 

Che poi le statistiche iniziali di Bergomi che dovrebbero garantirci almeno un 56-0 e invece, senza tener conto della solita, storica frasaccia acchiappa-sfiga al 29’ (“vediamo quanto riescono a tenere il ritmo” detto degli svizzeri, e invece), Caressa che minimizza ogni boiata dei nostri, Bergomi che pialla (“non è riuscito a passare…”, “come non è riuscito…? NON HA VOLUTO!!”) e insomma al 35' coso là segna, Caressa dice “male” e Bergomi lo corregge pure lì (“molto male”).

Poi capisci che appena rientrati quelli là segnano e vabbè (“troppo, troppo facile”, opina Bergomi, e Caressa lombrosiano: “i nostri avevano facce che non mi piacevano già sotto il tunnel”). E ciao Europa.

 

 

Già in passato opinammo sullo stato comatoso del nostro calcio, quindi non aggiungeremo nulla, se non una tipica osservazione da blogger che si improvvisa esperto di un ramo che non gli appartiene, in questo caso la sociologia. Ebbene, per comprendere come giocatori con tatuaggi più elaborati degli affreschi di Santa Maria Novella, roba che al confronto le polemiche sull'acconciatura di  Nesta [read my lips: N.E.S.T.A., uno a cui oggi Calafiori potrebbe FORSE insaponare i tacchetti] diventano barzelletta, dicevamo per capire come gente simile assurga al ruolo di portabandiera dei nostri destini pedatori bisogna affondare il coltello nella purulenta piaga dei mali che ci affliggono da ormai un trentennio: detto che la polemica sui ‘miliardari in mutande’ è datata, ma non priva di un certo fondamento, il problema è che QUESTI miliardari valgono, sportivamente parlando, meno delle loro mutande: essi sono la propaggine estrema di quello sciagurato fenomeno di esaltazione del calciatore sempre e comunque, indipendentemente dai risultati, che ad un certo punto si è incrociato col mito dorato del binomio calciatore-velina, che a sua volta si è incrociato col mito del belloccio incapace di successo incarnato dai tronisti. Risultato: il calciatore resta un mito per coloro che seguono questo sport con lo zelo con cui si è adepti di un culto, per cui i singoli ministri possono sbagliare qualcosa, ma IL culto non si discute. Si ricordi del resto che Dante Alighieri, nonostante alcune trascurabili divergenze col Papa, non ha mai abiurato alla fede cristiana; allo stesso modo, chi segue il calcio come una religione non cessa di rimpinguare gli introiti dei suoi protagonisti, delle società e relativi stadi, delle televisioni, del merchandising in genere anche quando costoro fanno schifo allo schifo, così che possono sempre dire “di far girare l’economia” e quindi giù milioni di stipendio. Solo che oggi non abbiamo calciatori di valore, ma onesti mestieranti che hanno semplicemente intrapreso una professione che è associata alla ricchezza, al lusso, ai privilegi esclusivi, dimenticandosi che ricchezza, lusso, privilegi esclusivi sono solo il promontorio estremo di una vita di allenamenti, fatiche, sacrifici, delusioni e rinunce. Vigendo tuttavia il modello del tronista, adorato senza senso da folle femminili così come il calciatore-zappa è adorato senza senso dai tifosi-adepti, i nostri campioni si sono specializzati nell’italianissimo tirare a campare: finché il pubblico c’è, e paga, finché il mio stipendio annuale equivale a quello di CENTOVENTI vite di un operaio, e nessuno me lo contesta, perché devo mettercela, chessò, per onorare i colori della mia nazionale (Graziano Pellé, cucchiaista incapace MA con stipendio cinese, remember?). Sui problemi dei nostri vivai e della sciagurata esterofilia delle nostre squadre taccio, perché molto è già stato detto. Resta inteso che così, con questa etica da reality show, faremo la fine delle vacche svizzere quando sono avanti con l’età: diventano carne Simmenthal.

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