Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 28 ottobre 2012

Sulla scuola e lepidezze varie

Il proprietario di questo blog, accuratamente celatosi sotto il nome idiota che vedete, di mestiere fa il professore di lettere. Nella mia finora decennale esperienza insegnantizia ho potuto constatare che, rispetto agli anni in cui ero studente io, e non si parla evidentemente della preistoria, il giudizio sulla scuola e su chi ci lavora da parte dell'opinione pubblica è semplicemente precipitato. I motivi sono i più vari e ne riparlerò spesse volte d'ora in avanti. La stretta attualità delle ultime settimane, tuttavia, mi suggerisce di postare qui il testo di una lettera che ho spedito al giornale in merito all'abbozzato e ora forse del tutto abortito tentativo da parte del Ministero dell'Istruzione di alzare l'orario dei docenti della scuola secondaria da 18 a 24 ore settimanali, senza commisurato aumento stipendiale. Ci sono almeno 2 articoli della Costituzione che verrebbero violati se la norma passasse, ma la cosa più grave è che l'Italia che ragiona "di pancia", e ci odia a prescindere, ha naturalmente plaudito alla cosa, ignorando che le ricadute di un simile provvedimento sarebbero innanzitutto la mummificazione del corpo docente italiano, già ora il più vecchio d'Europa, e l'impossibilità di una didattica veramente efficace, strangolata dall'esorbitante numero di alunni che ogni docente si troverebbe a gestire. Ho affrontato la questione nella lettera che ora vado a postare, avendo avuto cura di considerare tutto da un punto di vista avulso dalle polemichette "lavorate poco, prendete tanto" et similia. A voi il giudizio.

"Premetto che, al momento dell'invio di questa lettera, non è ancora chiaro se la proposta contenuta nella bozza della Legge di stabilità, inerente all'aumento dell'orario settimanale dei docenti della secondaria da 18 a 24 ore, sia destinata a venir soppressa o meno. In ogni caso l'ipotesi, almeno a leggere i commenti dei lettori sulle pagine dei quotidiani online, o anche ascoltando distrattamente le altrui conversazioni per strada, è stata salutata con fanfare di gioia da quella fetta di opinione pubblica che odia la nostra categoria al grido di : “Finalmente lavorerete anche voi!”. Ho constatato, insieme ai miei colleghi, che è pressoché impossibile convincere codesti interlocutori che, oltre alle 18 ore di lezione frontale, il nostro impegno ne prevede almeno altrettante di lavoro pomeridiano, spalmate tra preparazione e correzione compiti, riunioni, aggiornamento et similia. Nulla. Quelle sono ore non quantificabili, ergo non esistono. Tale chiusura di fronte alle nostre ragioni è poi sempre condita dalla (vecchiotta) sequela di stereotipi secondo cui guadagniamo troppo per quel che lavoriamo, siamo pagati d'estate per non far nulla – perché come è noto a luglio i ragazzi sono a scuola mentre noi giriamo per il mondo – quello che spieghiamo potrebbe spiegarlo chiunque, ecc. Giunti a questo punto, ho il sospetto che l'odio di cui siamo bersaglio, e che nemmeno i corposi tagli agli organici voluti dal precedente governo paiono aver saziato, sia ormai qualcosa di pregiudiziale. La nostra è una categoria di costosi fannulloni, quindi dobbiamo essere puniti in qualche modo, per esempio aggiungendo 6 ore di cattedra che si tradurranno in nuovi tagli. Proverò ora a spiegare ai nostri infaticabili detrattori perché questo accanimento è inutile e controproducente tanto per noi quanto per loro. Procederò per punti, come a scuola.
1. A chi ci odia perché a suo tempo ha avuto a che fare con qualche professore poco saggio, e quindi vorrebbe essere risarcito della sua triste gioventù vedendo gli insegnanti di oggi licenziati o gravati da più ore in cattedra, rispondo: io non pago per l'incapacità altrui, come non si chiudono gli ospedali se un medico sbaglia un'operazione. I tagli, è bene che i nostri odiatori lo sappiano, non ripuliscono le scuole dagli “incapaci”, ma impediscono il ringiovanimento del corpo docente: una scuola “taglia” nel senso che, graduatorie dei docenti alla mano, “toglie” semplicemente il posto a quelli con minore punteggio, a prescindere quindi dalla questione se siano individui validi o meno,  peraltro rallentando o addirittura bloccando l'immissione in ruolo dei più giovani. Dove sia il vantaggio per i figli dei nostri odiatori, delusi all'epoca dai loro insegnanti, è tutto da scoprire.
2. Sul fatto che lavoriamo poco: che vogliate crederci o no, sappiate che l'insegnante motivato, quando sale in cattedra, è come un attore che entra nel suo personaggio e spende energie per tenere avvinta a sé l'attenzione di un pubblico che non è esattamente quello di un teatro, ma deve essere continuamente gestito, sollecitato e sottoposto a verifica. Posso assicurarvi, odiatori carissimi, che già dopo tre ore di fila di lezione ci si sente provati né più né meno che se si fosse compiuta un'attività fisica intensa. Voi dite che è impossibile. Notevole è la superbia di chi giudica senza mettersi nei panni dell'avversario. Che voi, ai vostri tempi, non riusciste a mantenere una decente curva dell'attenzione, e quindi vi sembrasse che il professore non spiegasse, è un conto; che quel docente si sia consumato nell'istruire non solo voi, ma anche i vostri 25 compagni, è un altro.
3. La radice di tutti gli attacchi è però un'altra: “la scuola non serve” e le materie che si spiegano, in primis le umanistiche, “non interessano a nessuno”, mentre le cose veramente utili si imparano nella vita quotidiana e sul lavoro. Questa seducente tesi, sostenuta con un certo seguito già a suo tempo dall'australopiteco Lucy, ma poi smentita dal prosieguo della storia umana, cozza contro un dato di fatto che alla sua base è, oserei dire, darwiniano: la cultura, intesa come funzione della coscienza tramite cui l'uomo “si racconta” a se stesso e ai suoi simili, evolvendosi dalla condizione di animalità pura, è un dato biologico ineliminabile, al pari dell'attività respiratoria. La scuola a sua volta deve essere valorizzata come luogo in cui l'ossigeno della cultura si trasmette alle generazioni. Abbiamo il dovere di difendere e promuovere  la cultura (tutta: umanistica e scientifica) e la scuola come veicoli della nostra umanità. Chi si oppone a ciò, e vagheggia “soluzioni finali” contro l'insegnamento, finisce per essere un airone che rifiuta di volare. Troviamo il modo di intervenire sui casi di docenti obiettivamente inadatti al ruolo, ma solo su di loro; aggiorniamo la didattica; facciamo interagire scuola e territorio; discutiamo pure di tutto; al fondo di tutto, però, odiatori carissimi, toglietevi dalla mente l'idea che la scuola sia solo un'istituzione da punire o decimare indiscriminatamente: il vostro è autolesionismo inconsapevole."

Sono graditi i commenti, anche polemici. 

4 commenti:

  1. Sono pienamente d'accordo con quanto hai fatto bene a scrivere sia su questo blog sia sul giornale perche' e ' ora di farsi sentire e di porre un freno a questa svalutazione della scuola e della cultura.

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  2. Infatti ritengo che la battaglia sia solo all'inizio: la proposta delle 24 ore è defunta , ma solo perché siamo sotto elezioni e in più, trattandosi di materia di contrattazione e non di legge, era irrimediabilmente incostituzionale. Nulla vieta però che il futuro governo agisca per via normativa, riproponendo 'sta roba in altra salsa per aggirare gli ostacoli. Dobbiamo lottare perché la scure dei tagli cada altrove o finiremo con un corpo docente di soli sessantenni.

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  3. "Finalmente, lavorerete anche voi". Chissà perché, a sentir qualcuno, è sempre e solo LUI a dover lavorare. L'erba del vicino... storia vecchia. ;)

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  4. La cosa inaccettabile è che i nostri odiatori "vedono" solo le 18 ore di lezione frontale e fingono di ignorare che ce ne sono ALMENO altrettante di lavoro preliminare o di correzione. A meno che non credano che le nozioni da insegnare ci piovano dal cielo per divina ispirazione o i compiti si autorreggano magicamente.

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