Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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mercoledì 1 gennaio 2014

Circo- stanze romane.

Satolli dopo un lauto pasto, io e la Spocchia ci muovevamo sicuri e ballonzolanti per le vie dell'Urbe. Gente di ogni specie & distinzione popolava le strade brulicanti. Mentre ci si avvicinava speranzosi alla piazza dei Fori imperiali, domande su domande pullulavano nelle nostre capocce. Nello specifico: 1) Mi sarebbe esploso un petardo in faccia prima di mezzanotte? 2) Quante ambulanze sarebbero sfrecciate con a bordo individui maciullati dai loro stessi arnesi? 3) Avrei litigato con qualche olandese ciucco? 4) Quale sarà stato il segreto di quelle cotolette d'agnello impanate che non si tiravano dietro neanche un filo d'olio? Mentre simili e altri interrogativi ci ronzavano in testa, giungevamo nel luogo in cui conveniva di fatto l'umanità intera: il Colosseo. Scie laser sui muri e nel cielo, venditori ambulanti cingalesi con le mani grondanti di roba sberluccicosa, gente attaccata al prosecco o al Gordon gin mischiato con la lemonsoda, petardi-bomba modello Beirut 1980, acrobati simil- Cirque du soleil che si arrampicavano sul niente, mamme col passeggino che speranzose - o incoscienti- spingevano il pupo in mezzo ad una folla densa come l'olio delle acciughe. E la Spocchia: "Senti, non è che stiamo perdendo il nostro tempo?"; "Perché dici ciò, Spocchia mia?"; "Mah, sai, questi posti così affollati... minimo scoppia una rissa con noi al centro"; "Ma figurati...". @@BOOOOOMMMMM!!! @@Altro petardo modello Beirut. "Vabbe', Spocchia mia, se ci sarà da menar le mani...."; "Ma s'era detto serata artistico- transgenica..."; "Infatti stiamo andando a sentire Nina Zilli".  E poi: poteva dirsi seria una serata in cui avanzavamo in mezzo ad una marea di bimbominkia diffusi - adulti e piccini- acconciati all'ultimo grido? Scoprimmo infatti che per fine 2013 si portava molto il cerchietto coi cornini stile Lamù, ma naturalmente si trattava di cornettini luminosi colorati di rara tamarraggine; c'era poi chi ripiegava sulle coroncine modello principessa de La storia infinita, mentre altri andavano sobriamente sugli occhialoni occhio di vespa coi lustrini. "Questa è civiltà...", mi dicevo, appuntando sul tablet ciò che state leggendo, con contestuale riflessione sulla potenza luminosa complessiva degli aggeggi, tale per cui, più che verso il Circo massimo, mi pareva di dirigermi sulla Stella Piumata a sentir cantare l'incantevole Creamy.  Un popolo glitteratissimo finiva dunque a convergere la' ove il Concertone di fine anno era iniziato da circa un'oretta. Senza fatica soverchia io e la Spocchia ci inoltravamo in mezzo al tamarrume ai bordi del Circo, in posizione quindi rialzata a sufficienza per poter vedere il palco e chi vi stava sopra. Certo, in altri tempi non sarebbe passato uno spillo anoressico in mezzo alla gente, ma si vede che quest'anno tira così, i romani e i turisti si sono spalmati su più fronti. O forse non amano Nina Zilli. Eccoci dunque in the middle of nowhere, mentre sull'altro lato del Circo, e nella spianata al centro, era tutto un friccichio di lucine colorate rosa, blu, viola, verdi. File inteminabili di birre già consumate sui parapetti, bottiglie tristemente abbandonate sul terreno, che costavano cadute a più di un turista, petardini e miccette (e in lontananza i petardi modello Beirut), atmosfera carina, ma poco carica. Strano: stava cantando Nina Zilli. La quale Nina Zilli aveva optato per la solita mise poco appariscente: avvolta in carta d'alluminio e ai piedi stivaloni con pailettes dorate e zeppa.Stylish, stylish. Ninetta nostra, prova ulteriore che ad una cantante non basta remeggiare le braccia e ballicchiare su e giù, né giovano i paragoni con la classe di Mina, se di Mina viene a mancare l'attributo fondamentale: la voce. Ninuccia è così, ride, si atteggia, gorgheggia, ma non arriva sotto pelle. Non solo la mia (la Spocchia non ce l'ha, quindi è fuori statistica), ma a quanto pare neanche quella del pubblico: tra una canzone e l'altra, la nostra performer provava in tutti i modi a scaldare la platea, ma niente: "Ecco qui, serata fantastica, capodanno 2013, forza Roma fatti sentireeeeeeeeeeeee!!!!", risposta del pubblico: "Iiiiihhhhhhh........" (a spegnersi) e lei, ostinata, "Non sento bene, dove avete la voceeeeeee??????Daiiiiiiiii!!!!!" e il pubblico: "Ieeeeehhhhh....." (a spegnersi). E via così. Ciao Ni', non ci mancasti (noi si venne per Niccolò Fabi e Malika Ayane, sallo). Ma era ora la volta della conduttrice dell'evento, perché ogni Evento ha la sua Conduttrice, e in effetti scemi noi a pensare che Zilli, Fabi, Ayane e gli altri si alternassero così a botto, senza una Saggia Guida a reggere le fila della Cerimonia. Eccola, la Saggia Guida: un incrocio, soprattutto cerebrale, tra Martina Stella e Vanessa Incontrada, toscaneggiante, zompettante e cinguettante e, soprattutto, totalmente incapace di gestire l'Evento, che in mano a lei sembrava al massimo la cerimonia di chiusura del Grest di Acqualunga (we love Acqualunga, forever in our hearts!). Morale, colei che da qui in avanti chiameremo convenzionalmente La Cretina sbimbominkieggiava da par suo, rivolgendosi a caso ora al pubblico, ora ai cantanti, ora al cielo, sempre con frasi ficcanti ("Che bella festaaaaaaa...............grande Ninaaaaaaaaa........ciao Romaaaaaaaaaaa........... auguri a tuttiiiiiiiiii") nell'indifferenza generale. Congedata adunque Ninetta, La Cretina provvedeva a spoilerarci l'imminente arrivo del Fabi, "Solo qualche minutho, giusto il thempo di hambiare gli strumenthi, ma adesso facciamo sentire un hantante che piace thantho al nostro pubbliho a hapodanno, BOB DYLAN!!!!" (Il noto cantante di capodanno, vero?). Partiva Dylan registrato e noi ad attendere. Intorno, solita gente, solite facce, solita fuffa MA assenza totale di Directioners. Potenza di Nina Zilli. Finiva Dylan, tornava sul palco La Cretina, che doveva ben giustificare la sua presenza lì, e allora se ne usciva con argomenti di profonda sociologia: "Amici, lo sapethe che a Venezia L'ALTRA VOLTA (?) hanno fatto UN RADUNO (?) dove si sono scambiathi il bacio più lungo del mondo?????". Avendo capito l'antifona, ci guardavamo in giro: tardone accompagnate a tardoni, gruppi sparsi di giovincelli ebbri che slinguazzavano le loro belle già da mo', due cretini che si facevano il selfie. Siamo a posto, dicevo tra me e me e la Spocchia. Ma La Cretina proseguiva: "Ecco, là a Venezia erano solo 70.000 [a mollo nel Canal grande? NdR] , ma noi stasera, qui, a Roma, siamo ducentomilaaaaaaa!!!!! [Ma che ti sei bevutaaaaaa!!!! NdR] e alloraaaaaaa..... ci scambieremo l'abbraccio più lungo del mondoooooo! Al mio thre, chiunque abbiate vicino [si inseriva nel frattempo un gruppo di romani strafatti, che si sarebbe segnalato di lì a poco] abbracciathelo, ma davvero, eh?". Comparivano alla nostra sinistra una bimbominkia di 20 anni circa coi cornini viola e il naso attaccapanni, a destra un vecchio. Brividi. "Uno..."; brividi; "Dueeeee...."; ipoglicemia; "Threeeeee!!!!! Abbracciateviii!!!!". Tutti fermi, tranne una coppietta alla mia destra. Ok, passata pure questa... peggio dell'addestramento di Kenshiro.... Ma lei, La Cretina intendo, non era sazia: "Allora, amisci, pubbliho di Roma Circo Massimo, manca poho a mezzanotte, preparathevi a festeggiare!!! Facciamo homparire sullo schermo che ore sono!!". Sullo schermo comparivano le 23.15. E lei: "Ohhh, bene, manca un quarto a mezzanotte!!!". E dalla platea partivano insulti, cui si univa sommessamente il nostro (mio + Spocchia): "Ma impara a leggere l'ora, cretina!". Evidentemente, però, l'arricciolamento della chioma del Fabi nel backstage stava richiedendo più del previsto, giacché, non contenta di averci sfranto le gonadi coi suoi siparietti monovoce, La Cretina chiamava sul palco uno dei conduttori di RadioDue, che stava coprendo l'evento, per interagire lepidamente. Lui, il conduttore, avendo capito evidentemente da un pezzo quale acuta massa cerebrale era stata chiamata a dirigere la baracca, non si provava nemmeno a far notare alla Cretina che aveva sbagliato a leggere l'ora; lei quindi proseguiva imperterrita: "Ma he bella seratha, non trovi???"; "Ah, ccerto, veramente un bel pubblico.... Ma secondo te, quanti romani cce stanno a ssenti' qua ar Circo massimo?"; "Lo vediamo subithoooooo!! Allora, al mio thre [fin lì sa contare, che vi devo dire....NdR] tutto il pubbliho, no, cioè, tutto il pubbliho solo i Romani, insomma chi è di Roma griderà 'Ahoooooooò!!!!', va bene? Al mio thre, uno, due , threeeee!!!". Partiva un tiepido ahò dalla platea. "Però, che halore!", diceva La Cretina all'altro, che rincalzava: "Vabbe', mo' vediamo quanti sono i turisti: ar mio tre, gridate oooooooohhhhh, che sarebbe addi' ahò senza la a [questo è spettacolo, per Giove! NdR]". Partiva il grido, identico per intensità al precedente, e La Cretina: "Però, allora sono più i turisti dei romani!", "Pare dde sì", confermava l'altro. "E allora concludiamo coji stranieri: se siete stranieri ['from all over the world!!!!', precisa La Cretina], gridate yeah, al mio tre!!". Silenzio. "Ahò, so' tutti italiani...", concludeva il tizio e tornava ad intervistare gli artisti giù al box.  Lo strazio per fortuna finiva grazie all'ingresso di Niccolò Fabi, il quale, liquidata rapidamente La Cretina, partiva in quarta col momento subito più struggente della serata: la canzone Una buona idea, che di suo ci stava già benissimo, vista la serata capodannizia piena di buoni propositi per il 2014, si caricava evidentemente di significati altissimi, dato che il ritornello: " Mi piacerebbe essere il padre di una buona idea" valeva doppio, essendo cantato da uno, il Fabi, che di buone idee per fortuna non fa difetto, ma che ha avuto la disgrazia di perdere una figlia di 2 anni per meningite. Possiamo assicurarvi che, tutte le volte che la canzone finiva sulla parola 'padre', passava negli occhi di Niccolò un velo sottilissimo di tristezza, subito incendiato dalla grinta con cui la parola medesima veniva scandita, quasi ringhiata, ad esprimere la voglia di dedicare la serata a lei, rinfacciando la propria rabbia al destino, però in una forma così discreta e dissimulata, così Niccolò Fabi in definitiva, che persino la Spocchia si è commossa.  E poi si scivolava via, una goduria dopo l'altra, Il negozio di antiquariato, Capelli (in versione rock), Lasciarsi un giorno a Roma, piccoli capolavori di sentimenti quotidiani ed elegantissimi che ci ricordavano che esiste una speranza oltre Fabio Volo e il suo sentimentalismo da Bacio Perugina (parliamo del resto del confronto tra un laureato in filologia romanza, il Fabi, e un simpatico ciarlatore con la terza media, il Volo- momento antipatia on, ci sta, fatevene una ragione).  S'era intanto fatta una cert'ora. Precisamente le 23.48. E la Spocchia: "Mettiamoci in disparte, qui fra dieci minuti inizierà il finimondo...". Cercavamo allora un comodo seggio parapettile, a fianco di un quartetto di quarantacinquenni veneti che tentavano, perlopiù invano, di scattarsi foto col Samsung S4. E noi, seduti, sentivamo i razzi terra-aria esplodere ovunque attorno, vedevamo le mongolfiere di carta salire leggere al cielo, portandosi con sé i desideri e le speranze di chi le faceva decollare, in effetti pareva di stare in mezzo ad una guerra. Ma forse il capodanno non è altro che la guerra contro le delusioni dell'anno passato cui si unisce il desiderio di costruire il nuovo? Diciamocelo pure: l'aspetto parabellico che spesso il capodanno assume è un retaggio neanche troppo velato di riti di passaggio che prevedono simulazioni di distruzione e rinascita.  Così pensando cercavo di far passare i minuti che mancavano; avrei certo potuto pensare a qualche puntata di Criminal Minds, o immaginare quale nuovo personaggio di Glee sarebbe schiattato nel 2014, invece no: per effetto evidentemente dei tagliolini cacio e pepe ingurgitati 3 ore prima, mi si svelavano aspetti filosofici della festa che non avevo mai considerato; da ciò deducevo che, a botti finiti, bisognava provvedere ad uno spuntino. Ma c'era tempo: scoccava la mezzanotte e partivano i missili, baci e abbrracci, girandole di scintille, cerchietti lampeggianti lanciati ovunque, una dei quattro veneti di cui sopra che, nel goffo tentativo di scendere dal parapetto che separava il terrapieno del Circo dalla strada (altezza un metro scarso) rotolava di fianco ora avanti ora indietro, risate degli altri tre, ma, ma, ma... "Sì, manca qualcosa", osservava tetramente la Spocchia. E io ne convenivo: non potrei dire che non ci fosse allegria, in quel momento, ma, ossimoricamente, percepivo un'allegria fredda. Mancava l'entusiasmo, mancanza appena coperta dal fragore dei botti. Le facce dei circostanti a me erano appena appena insorridentate, giusto perché sì, dai, Circo Massimo a Capodanno, almeno stanotte ridiamo, ma io e la Spocchia abbiamo avuto nettamente la percezione che il defunto 2013 si sia portato via molti sorrisi, come in certi cartoni giappi in cui il cattivone di turno prosciuga l'allegria alla popolazione e poi si aspetta il mago, la maga o il chimico di turno per riassestare tutto. Gente che beveva, ma non cercava più nemmeno l'ubriacatura fine a se stessa, conscia della sua fondamentale inutilità. Si avvertiva un certa rassegnazione ad aspettare tempi migliori nella coscienza che tale miglioramento non dipende da chi lo spera, ma da circostanze oggettivamente incontrollabili. Spiace che si sia giunti a questo fondo. Sensazioni, forse. Ma di rara concretezza. Ecco quindi che toccava a Malika Ayane dare un po' di brio post-botti alla serata. Missione compiuta dal punto di vista cromatico: capello biondo inguardabile e tubino (nel suo caso un po' più che tubino) rosso fuoco capodanno, più tutta la caratteristica serie di smorfiette, miagolii, gesticolature da neuropatica che l'hanno resa apprezzata & famosa a tutte le latitudini. E, in cima a tutto, le sue miticissime frasi prive di qualsivoglia senso, frasi che Malika ad ogni concerto pronuncia nella fretta di riempire il vuoto tra una cantata e l'altra, giusto per non fare la figura della cantante fredda e poco ammiccante al pubblico, ciò di cui sono accusate da mo' sia Giorgia che Elisa, passando per Carmenco'. "Allora, Malika," inizia La Cretina "sei contenta di dare tu l'inizio al nuovo anno?", "Certo, grazie a tutti che siete qui, è la prima volta il primo dell'anno per me a roma, graziegraziegraziegraziegraziegrazieeeeeeee!!!! ". E fin qui, ok. Poi Malika cantava Tre cose e gli esseri umani intorno a me, che fin lì non avevano dato gran segno di vita, cominciavano a muovicchiarsi sulle gambe, così come Malika gattoneggiava sul palco con le sue pose improbabili, lanciando sensuali richiami allo zompo post-evento indirizzati ai suoi stessi "miticissimiiiiiii!!!!" membri della band ("i miei compari", li definiva). Peccato che il tilt fosse dietro l'angolo: "Oh, adesso, graziegraziegraziegrazie Roma!!!!, adesso dicevo cantate con noi, e se non la sapete scegliete una vocale a scelta e cantate!". Ehm, sì.... Partiva Ma cos'hai messo nel caffè?, e una selva di punti di domanda fioriva sopra le teste della platea nello spiazzo: di che vocale parlava Malika? Semplice: si era confusa con la scaletta, perché la canzone a colpi di vocale era quella dopo, Thoughts and Clouds, dove si canta: "She says aaaa-aaa-aaa-a-a!". E vabbe', succede. Poi: "Graziegraziegraziegrazie, che bello, oh, se poi il 2014 non va bene, questo è un precedente micidiale!". Ehm, sì... E via con La prima cosa bella, e qui il risveglio dei romani strafattoni di cui si diceva. Malika cantava: "La senti questa voce?" e i fattoni: "A Mali', e tu lo senti questo vaff******?". Stavo per girarmi a mazziare il sacrilego, quand'ecco un intero coro di ubriachi, mix maschi-femmine, età poco sopra il bimbominkiese, intonare (si fa per dire): "La prima cuosa beeeeellllaaa- che uho auuuto dalla uiiita- e il tuouo suorriso giovanehhhh sciueituuuuuu!!!!". Compresa la disparità di forze in campo, tornavo al mio nido. In tempo, peraltro, per godermi l'unico vero motivo della mia presenza al Circo Massimo: l'esecuzione dal vivo di Ricomincio da qui, il gioiellino confezionato da Arnò-Pacifico per Malikuccia nostra, un pezzo che ad averlo dato 40 anni fa a Dionne Warwick oggi lo saprebbero cantare anche le badanti svizzere. Malika non deludeva, arieggiava le note della canzone con le morbide tonalità esotiche e speziate di cui è capace solo lei, saliva di ottava con irrisoria facilità, gesticolava a caso con altrettanta facilità, ma arrivati a: "E mi porterà- a non fermarmi mai..." ecc. ecc. un tumulto scuoteva le coscienze dei presenti e giù nello spazio fronte palco le braccia iniziavano a sbracciarsi. Ok, Malika, mission accomplished. "Ancora tu....qui..." veniva flautato nell'aria come una nuvola d'incenso & cardamomo e l'ipnosi cessava, ma che ipnosi! L'unico, autentico momento di estasi, nel senso di "uscir fuori dall'ordinario", della serata. Clap Clap. Poi si andava verso il congedo: "Oh, graziegraziegrazie, adesso il momento-limone, nel senso che le due canzoni a seguire vanno benissimo per quando si limona". Ehm, sì... soprattutto Come foglie, chi non limonerebbe al suono di "È piovuto il caldo.... d'estate muoio un po' "? Ma va bene così, seguiva l'ultima canzone e poi ciao ciao Malika.  E così, sazi ma felici, io e la Spocchia ci apprestavamo a guadagnare il metro'. Senza danni, oltretutto, anzi, c'era pure il momento lollons: gruppo di bimbominkia che veniva nella nostra direzione, uno di loro dava un calcio per sbaglio ad una bottiglia di birra vuota che giaceva solitaria sul pave', io spostavo le gambucce per non venir birrato, la bottiglia mi passava in mezzo alle gambucce e il bimbominkia mi guardava estasiato: "Tunnel!!!". Ah, che momenti. Ma il metro' chiamava. Non prima di aver mantenuto la promessa- panino: un umile camioncino delle delizie stazionava giusto lì, chissà perché poi, ed io mi procuravo, quasi inconsapevolmente, un modesto panino con la porchetta, la cui croccantezza mi invitava a proseguire le riflessioni prinicipiate poc'anzi: sì, l'umanità si avvolgerà su se stessa, fin quando non capirà che è la rottura del cerchio e il suo divenire spirale l'unica via di salvezza. E pensando ciò, tagliavo di netto il viale, fidando nel piede sonnecchioso degli automobilisti. E così giungevo all'ingresso del metro'. Chiuso. Ma scusi, signor agente, non s'era detto fino alle 2.30? Spallucce. Provavo allora a guadagnare l'altro ingresso, quello davanti alla sede della FAO. E facevo tappa ad un altro umile camioncino sparavivande, luminoso nella notte buia come un porto felice nelle tempeste, o meglio nel caleidoacusma di petardi e sirene che saliva da ovunque, segno che anche quest'anno qualcuno si era ustionato. Cordoni di volanti e luci blu, cordonate a loro volta da panciuti e soddisfatti poliziotti, circondavano me e il mio panino salamella e ketchup, giusto il tempo di prendere atto che anche l'altro ingresso era sbarrato. Peccato, pensavamo io e la Spocchia leccandoci le dita dal ketchup, dovremo farcela a piedi. Circo Massimo- quartiere Prati. Ma sì, un'oretta in mezzo al caos capodannizio, cosa vuoi che sia...  Cosucce, sì: slalom tra auto in corsa per finire in coda, ulteriori petard-bombing con sottofondo di ambulanze, gruppi umani a caso che prendevano direzioni a caso, il bimbominkia della Roma- bene prelevato sul lungotevere dal papi in Maserati, gli edifici storici dell'Urbe mollemente adagiati sulle rive del fiume o accoccolati sui colli intorno, immersi nei guanciali della vegetazione sempreverde, illuminati di caldi toni ocra, isole di armonia nel disordine, comprensivi e quasi annoiati nel vedersi svolgere l'ennesimo rito di massa al cospetto della loro immutabile maestà, retaggio di epoche in cui verità & bellezza andavano a braccetto (but we love Risorgimento, sia chiaro). Così, zompettando zompettando si giungeva al quartiere Prati, noto per essere il più tranquillo di Roma, datosi che in esso nulla accade mai a nessuna ora di nessun giorno di nessun mese. A un km di distanza, in Vaticano, può esserci l'assalto alla piazza della Basilica, nel quartiere Prati tutto tace; feroci tornate di shopping in via Condotti, al Prati non si muove foglia; capodanno folle in tutta Roma, il Prati mi accoglie col l'estinguentesi odorino di petarducci da poco scoppiati, robetta, in questo quartiere una tromba d'aria diventerebbe il mulinello di un placido rio. Così pensavo, riflettendo sulla monotonia del Prati, quand'ecco @@BOOOOOOMMMMM!!!!@@ un petardo Beirut pure qui, con contestuale luce saltata in un pezzo di via. Ok, segno che non esiste luogo al mondo immune dal divenire. Ed è così che divenivo nel mio lettuccio, con una sola idea in testa: che, al momento, non ricordo.  Buon anno.

1 commento:

  1. Magistrale reportage, devo dire. Chapeau al tuo estro! ;) Comunque, questa lettura m'ha fatto apprezzare maggiormente il "mio" Capodanno casa-e-famiglia... xD

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