Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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sabato 22 marzo 2014

Le pagelle della settimana [9]. La prontezza è tutto (per chi ce l'ha...).

Matteo Renzi: partito a razzo, pronto con due- tre riforme al minuto, il nostro ghibellin non fuggiasco mostra un dinamismo che neanche Craxi ai tempi del suo primo governo (bei tempi, però, Topolino costava 400 lire...). Certo, la faccia è quella lì, da porcellino d'India sborone e pronto alla rissa col primo che passa; certo, l'inflessione fiorentina tira le sberle a due a due; certo, non si è sottoposto alle forche caudine delle urne, cosa che Letta ha pur fatto, anche se il premier in pectore del PD era un altro (che poi, visto il mezzo coccolone che gli è preso, meglio così)(e l'altro alla Cultura? no, non lui, dico quest'altro); Monti, oddio, vabbe', premier tecnico, ma l'éscamotage di nominarlo senatore a vita otto minuti prima delle dimissioni di Silviuccio ha perlomeno rivestito di nobile cartapecora parlamentare un'operazione molto molto bricolagica (e però quei due là se la ridevano da lassù... no, non loro, questi altri, dico...). Vabbe', insomma, diciamo che nutriamo ancora pesanti riserve su come si è giunti al RenzOne: praticamente la profezia si è autoavverata, siccome io sono il più figo, facciamo come se ci fossero state le elezioni e quindi salgo io in cabina di regia; la maggioranza è pressoché la stessa, ma le riforme sono tutte nuove, solo è cambiato lo spirito del condottiero. Possibile che tutto sia così semplice? Pare di sì. Immagino che i nostri affezzzzzzionatissimi readers si aspettassero un nostro maxi-endorsement in relazione ai proclami bombastici fatti da Renzi in tema di scuola, oltre che per la cosuccia dei 1000 euro suppergiù di bonus sfigaggine riservati ai redditi sotto  sale... No, I'm sorry. Sarò un vecchio liberale di nobili origini contadine, ma finché non vedo non credo. Primum. Secundum, siamo al punto che avevo già criticato a Matty l'altra volta: ottima cosa l'edilizia scolastica, ma qui bisogna sbriciolare la legge Gelmini, non si può sopravvivere con 30 alunni per classe, non si possono ammazzare le materi umanistiche senza un vero ricarico sulle scientifiche, non si può lasciare in attesa di ruolo una platea sterminata di giovani e non più tali. Matty, trova i soldi per rinfrescare i lavoratori della scuola, perché dei tuoi 75 euro in busta al mese in più almeno la metà se ne andranno in piscofarmaci, fra poco, quelli degli scuolasauri che non vedono la fine del supplizio e quelli dei giovani che passeranno altri lustri di frustrazione. In altre parole: Matty, sblocca gli organici della scuola o per l'Italia è la fine. Voto: 7 alle intenzioni, degradabile a 4 da qui al 25 maggio.

Papa Francesco: è noto che noi, un anno fa, puntammo su un altro cavallo (ma forse meglio che no...), nondimeno Bergoglio, al pari di RenzOne, ha il turbo nel motore, chiama a casa fedeli a caso, celebra messe nei luoghi della disperazione, abbatte i superbi, prega i mafiosi, chiude banche, se avesse tempo poterebbe di persona i bossi della residenza di Castelgandolfo, insomma fa. Già abbiamo osservato che il suo animo schiettamente pop oscura fino a disintegrare la memoria del povero Ratzinger; del resto, mi si dirà, o si sventagliava di aria nuova a Vatican City o le chiese sarebbero diventate ripostigli per bambole decapitate. Vero. Rimane sempre un retrogusto asprigno nel considerare che oggidì anche il sommo Pontefice debba poppeggiare per piacere; in altre parole, pare proprio che il brand "fede cattolica" non dipenda da ciò che si dice, ma da chi e come lo dice: se infatti andaste a rileggervi o a risentirvi una qualsiasi delle omelie di Benedetto XVI, o uno dei suoi molteplici interventi su questioni della più varia natura, trovereste una chiarezza e una semplicità che non sono assolutamente seconde a quelle di Francesco. Eppure B-XVI è stato inteso come il teologo-rottweiler che parla per essere capito da pochi, Francesco parla a tutti, persino con lo stra-ateo Scalfari su Repubblica. Il che non mi porta a sminuire il portato del pontificato bergogliesco, tutt'altro, qui a Machittevòle l'attuale Papa gode di un credito amplissimo; è l'atteggiamento della comunità dei fedeli che ci perplime. Vabbe', anche Wojtyla aveva puntato molto sul carisma papalizio, e ancora più indietro fu un attimo opporre il mite e carezzevole Giovanni XXIII all'ascetico e roccioso Pio XII. Però, insomma, il valore di un messaggio dovrebbe avere anche una sua forza intrinseca, che prescinde dall'eventuale capacità attorial- merchandinsing- mediatica di chi lo veicola. È un po' il problema che abbiamo noi oggi a scuola, là dove si esige anche un certo istrionismo professorizio per far digerire Inferno XXXIII o gli eleganti endecasillabi rococò del Parini. Va bene che eseguire un pezzo di poesia o di prosa in un modo o in un altro può in effetti garantire una maggiore presa sull'uditorio alunnizio, ma ad un Papa non si chiede esattamente la performance che si chiederebbe a Glauco Mauri. Del resto, a lume di Vangelo, non pare proprio che Gesù fosse un battutaro nelle riunioni al cenacolo con gli apostoli o durante i suoi viaggi. Anzi (a meno che...). Eppure funzionò. In definitiva, se dobbiamo rassegnarci al fatto che anche la religione sconti il pegno che ormai tutte le forme della vita associata pagano alla vetrinizzazione e spettacolarizzazione del gesto "che non ti aspetti", dello slogan "di sicuro effetto", dell'immagine "che rimane scolpita", pazienza. Ci auguriamo che tutti questi effetti speciali non restino solo fenomeni di superficie, sennò finirà come è finita a Wojtyla sepolto, quando lo si accusò di aver riempito le piazze e svuotato le chiese. Quanto al Bergoglio "politico", eravamo neanche a farlo apposta in piazza S. Pietro l'1 settembre scorso, quando il Pontefice recitò il mestissimo Angelus dedicato a scongiurare l'attacco militare americano alla Siria come rappresaglia per le ripetute violenze e violazioni dei diritti umani nell'area. Voce funerea, frasi stentoree, damazze intorno a me che piangevano, effetto assicurato con la proclamazione del digiuno per il sabato successivo. Obama soprassedette, senza dubbio. Certo, con tutto l'amore per Bergoglio, se dall'altro lato dell'Atlantico ci fosse stato Bush figlio, non so come sarebbe andata, visto che gli appelli alla pace di Wojtyla contro la seconda guerra del Golfo caddero nel vuoto. E però grazie Francesco, chè ci siamo pure scocciati dell'ossimoro "guerra umanitaria". Non è a colpi di bombardamento che si risolvono le cose. E però, giusto perché lo Zio Sam è alle volte prepotentuccio, ma pure dall'altra parte del globo non si scherza, una parolina sulla situazione in Crimea no? Referendum, ok, la regione è sempre stata russa fino ad un colpo di ciucca di Kruscev (o come diavolo si scrive) 60 anni fa, però però, la prova di forza putiniana, i carrarmati, la disperazione dei crimeani ucraini, lo sdegno del resto del mondo vorranno ben dire qualcosa. Ora, sia chiaro che il Papa non può passare il suo tempo ad esecrare i pugni di ferro minacciati o attuati ai quattro angoli del globo, né richiedere digiuni a getto continuo ai suoi fedeli, tuttavia resta sempre la sgradevole impressione che, se è l'America a fare la voce grossa, "beh, ma chi si credono di essere questi mangia-hamburger?", mentre su altre prepotenze si resta, come dire, sempre un pochino più indulgenti. E per uno che da un anno dimostra coraggio da vendere come Bergoglio, uno che gira per città brasiliane senza scorta, il silenzio ucrainico davvero è poco pertinente. Voto: 7,5 con outlook speranzoso.

Fabio Fazio: prontezza, si diceva. Ebbene, Fabiuccio, dopo il flop sanremese, sembra diventato anche più bradipo di prima. Cioè, prima la bradipaggine, facente parte fissa del suo stile, i suoi frutti, anche di un certo pregio, li dava. Oggi, scopertosi anche lui vulnerabile dall'Auditel, nonché sabotabile dai primi due disoccupati che passano, Fazio sembra un cerbiattino timido, interagisce con una Littizzetto che nei suoi monologhi mamma-cacca mostra delle polveri decisamente più bagnate rispetto a prima del Festivàl, trasuda insomma una tristezza e un'insicurezza mai viste, va in cerca di chicche pucciose come il ridicolo selfie con l'incolpevole (e riluttante) Gramellini postato su Twitter, intervista don Ciotti sparendo più del solito dietro la verve ispirata dell'interlocutore, no no no, non è più lui. E su tutto, il capolavoro: invitare Veltroni, un altro volto notoriamente giulivo della nostra politica dell'altroieri, per parlare del film in memoria dei trent'anni dalla morte di Berlinguer. È ben vero la cosa suscita in me una certa, vereconda emozione, non perché io sia mai stato comunista, ma perché la morte di Berlinguer è il primo fatto di storia italiana che mi ricordi direttamente. Epperò la celebrazione della celebrazione filmica del segretario del PCI fatta a casa Fazio ha preso dopo trenta secondi il sapore dell'armadio appena aperto coi vestiti ancora pregni di naftalina: vedere un già ingrigito conduttore prestare il fianco ai deliri del vivace interlocutore, capace di dire che il PCI di Berlinguer era un partito senza ideologia, in cui si riconoscevano anche persone estranee al mondo operaio e più vicine a quella che oggi chiameremmo fighetteria berlusconiana, beh, beh, beh... E poi, su tutto, il fatto che Berlinguer era "una persona perbene" (e fin qui, nulla da dire), che guidava un partito "fatto di persone perbene", in cui riconosceva "LA GENTE PERBENE". A poco è valsa la subitanea correzione: "Non che non ce ne fosse anche negli partiti, eh?", perché il caro, vecchio adagio rosseggiante della superiorità morale di chi vota mancino era ormai calato senza appello. Eccoli lì, Fab&Walt, nostalgici cantori di un mondo che non è più. Oddio, non che il mondo che oggi è sia quello splendore, nevvero? Dirò anzi che ho più rispetto di quei pugni chiusi alzati al cielo di una Roma assolata di giugno al passaggio del feretro di Berlinguer che dei queruli tifosi asserviti al verbo del Capo (Renzi o Silviuccio che sia) che oggi infestano i talk show. A quell'epoca si credeva davvero di poter cambiare il mondo, pur secondo una visuale che la storia ha dimostrato perdente; ma c'era una fede, per quanto laica. E una speranza, pure laica. E una carità, laicamente declinata in solidarietà sociale. Oggi c'è il tifo, irrazionale e radicale, assoluto ed esclusivo, ma soprattutto nichilista: si crede al contenitore, ma si ignora il contenuto. E ciascuno vive per sé, perché alla politica si chiede solo la garanzia del proprio micro- equilibrio, ma guai a pensare in grande. A quell'epoca, le idee c'erano. Ma la classe dirigente dell'epoca, poco pronta pure lei (e non so quanto Berlinguer avesse fiutato fino in fondo i tempi nuovi), non volle capire che quelle idee andavano aggiornate in salsa socialdemocratica. Cosa che non si fece. E oggi, a comunismo sepolto, il PD non è più nemmeno socialdemocrazia. È semplicemente Renzi. In quell'11/6/84 si celebrò la fine di un uomo senza capire che si stava celebrando la fine di un mondo. Stasera Fazio e Veltroni hanno rifinito quella fine. Poracci. Voto: 5,5 per la stanchezza. (P.S. Fabio, prenditi un anno sabbatico, sei a pezzi...)

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