Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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sabato 6 settembre 2014

Machittevòle@Festivaletteratura: chi fuffa e chi no...

[premessa] È chiaro che lo spocchioso classicista ama chi ama i classici. Non disdegna però i moderni, anzi, li ritiene continuatori di quelle intuizioni basiche sull'umanità tutta che hanno avuto gli antichi.
Non posso però esimermi dal notare come, nonostante spesso i modernisti accusino gli antichisti di essere dei generatori automatici di fuffa (ovvero dei fuff-o-matic), non sia meno svilente accorgersi che anche  il caso contrario non è infrequente a verificarsi.
[/premessa]
[Focalizzazione]
Mantova mi ha offerto, in due sere consecutive, l'esempio preclaro di gente che crede di essere venuta a dire chissaché, e alla fine ha detto pochino, e gente che poteva liberare torrenti di sapienza e di superiorità nei confronti del misero uditorio, e invece ha tirato fuori una lectio magistralis di incantevole chiarezza.
Per dire: ammetto, nella mia ignoranza sesquipedale, di non aver mai udito il nome di Robert McFarlane, scozzese viaggiante che ha scritto tanti libri sul viaggio che è bello viaggiar, intervistato da tal Peter Florence con ottima traduttrice italiana a latere. Certo, il titolo dell'intervento è "Scrittori in cammino", e probabilmente i due sono arrivati in cammino da dov'erano, visto che arrivano a Santa Barbara con 15 minuti di ritardo. E vabbe'. [/focalizzazione]
[eccoci nel vivo] Florence schiaccia subito l'uditorio all'angolo affermando che  abbiamo qui 'un maestro straordinario', la cui fama splende nel firmamento della letteratura contemporanea da 15 anni. Sì. Io chiamo 'maestro' qualcuno che di anni di fama ne ha almeno il doppio, ma sono fissazioni mie. Comunque il clima da epifania messianica del Verbo letterario è già pronto. Del resto l'ottimo McFarlane ha scritto libri che esplorano l'umanità e le nostre relazioni col territorio, uno che si è tuffato nell'indoeuropeo per scoprire che il verbo inglese 'to learn' deriva da una isoglossa legata all'atto del camminare lungo un sentiero, quindi imparare vuol dire calcare i sentieri della conoscenza.
Ottimo. Secondo me la conferenza poteva finire qui, perché questo sì che era interessante. Il resto, mi permetto in piena responsabilitudine, è stato un deliquio autoreferenziale di riflessioni assolutamente ovvie sul valore del viaggio, nulla, duole dirlo in piena responsabilitudine, che mi abbia spinto a pensare: "Ecco, questo aspetto non l'avevo mai considerato". Veniamo invece a sapere che Mac ama camminare da solo, ma che in questa sua solitudine egli conversa mentalmente con altri grandi autori di storie di viaggio, di quelle conversazioni ideali di cui erano maestri, modestamente parlando, Wordsworth e Coleridge. Bene, quindi Mac ha percorso le hollow ways, sentieri talmente antichi e battuti fin dal neolitico, che sono progressivamente sprofondati sotto il livello del terreno, e cammina cammina ha dialogato con le memorie di Edward Thomas, deceduto nell prima guerra mondiale.
Bene. E Thomas era un signor viaggiatore, eh, un occhio di lince che non perdeva un dettaglio di quello che vedeva, un po' come Bruce Chatwin, tutta gente di cui Mac si fregia di essere l'epigono.
Poi ci sarebbe un altro tipo di sentiero, anche questo antichissimo, anche questo in Inglesia fuori da Cambridge, che a lui sembra conduca verso altre reti di sentieri più grandi e più antichi che portano da tutte le parti del mondo e mettono in relazione persone e luoghi. Meglio di Avatar. Del resto ci sono giornate, ovviamente sempre a Cambridge, in cui sembra che la luce non finisca mai e che tu possa camminare finché vuoi, lui, per dire, ha dormito dentro una canale vecchio di 7000 anni e in cima ad una collina che serviva ai neolitici come cimitero. Peccato che gli uccelli cantino ininterrottamente dalle 4 del mattino alla mezzanotte successiva, una cascata di suoni bella, ma anti-sonno.
[A sentire lui, qui, fuori da Cambridge il mondo non esiste...]
Ok, abbiamo capito che Mac cammina e si interfaccia con l'universo. Del resto, abitando lui in un appartamento in pianura, suppongo a Cambridge, quando si cammina per 20 miglia e più, i pensieri si sublimano e d'un colpo tutte le parole della geologia, della botanica e dell'ornitologia vengono in aiuto per esprimere il tesoro di bellezza che si scopre tutte le volte. Ah, però, Giovanni Pascoli rulez.... Mac poi, a costo di coprirsi di vesciche, cammina spesso a piedi nudi per entrare in diretto contatto con la terra, quasi per parlarle. I piedi si prestano anche molto bene alla trascendenza. Ah, però.
[New Age, New Age][jump to: in himalayano - o himalayese? - c'è la parola di origine sanscrita dashan che indica il contatto con ciò che ti stupisce e che ti fa dire: "Wow!"]
Poi l'unica altra cosa interessante: la differenza ('meravigliosa', sottolinea Florence) tra l'atteggiamento di noi occidentali e dei buddisti nel concetto di scalata: noi occidentali vogliamo arrivare in cima, per loro è più importante girare attorno alla cima, è la metafora del processo della conoscenza che  non si arresta mai.
Poi altra new age: in Inghilterra, ma stavolta a sud-est, ci sono coste un po' sabbiose e un po' paludose, la cui estensione dipende dalla marea, che in momenti da bassa marea liberano lingue di terra scintillanti che nei giorni di nebbia danno l'idea di camminare lungo specchi d'argento, terre di confine con un altro mondo, per tacere di tutta la terra calcarea che ti ricopre e ti inargenta. [/eccoci nel vivo]
[e quindi?] Poi il nonno, poi le camminate in Palestina, ma alla fine una domanda sorge nell'animo: "Era necessario organizzare un evento mantovano per sentire tutto ciò?". Dice: "E tu che ci hai atturrato i cabbasisi coi tuoi diari di viaggio?". Rispondo: "Sì, ma io non vado a Mantova a leggerli o a parlarne, invado facebook e stop". Ho notato cioè nel MacFarlane la tendenza di certi scrittori a gonfiare le loro esperienze per far passare come assolutamente eccezionale ciò che non lo è, proponendosi all'uditorio come scopritori dell'ovvio, ma credendo di aver propalato chissà quale novità. Se la tirano, insomma. Che è diverso dalla Spocchia per l'assenza dell'unico grande elemento che salverà il mondo dalla quarta guerra mondiale, ovvero l'ironia. Nel dialogo tra i due Angli c'era quel fastidioso senso di Esperienza Assoluta E Sovrumana in riferimento ad avventure che potrebbero al massimo classificarsi come trekking fighetto ma per nulla straordinario. Voglio dire: se fuori da Cambridge il buon Mac dice di aver trovato tutto quel ben di Dio, cosa dovremmo dire noi in Italia? Io spero che tra il pubblico qualcuno abbia pudicamente sorriso di compassione a sentir magnificare luoghi britannici come The Best Luoghi in the World, quando noi, qui nello Stivale, camminiamo su millenni di ben più corposa cultura e abbiamo ben più affascinanti paesaggi. Ma è il solito problema: in Italia, a Borgo S. Sepolcro, la casa natale di Piero della Francesca non è visitabile, lassù in Scozzesia creano turismo col mostro di Loch Ness. Sono più bravi a gonfiare il poco che hanno. E noi ad ascoltarli. [/e quindi?]
[verità  e bellezza....] Vuoi mettere l'intervento di Luciano Canfora, storico sommo, che mette da parte la penna rossa e riflette amabilmente sul linguaggio della politica? Allora, si dirà che per lui lezioni di questo tipo sono accademia, che non ci ha regalato chissà quali verità, ma almeno si viene via avendo messo a punto una serie di coordinate storiche e culturali di un certo rilievo, sicuramente più in rilievo delle hollow ways.
Certo, lui parte da Platone e dalla celeberrima lettera settima, quella in cui il filosofo parla del suo rapporto con la politica, delle delusioni e di progetti che lo hanno mosso a fare certe esperienze e a tentare, per dire, di educare al governo filosofico il tiranno di Siracusa. E da lì la riflessione spazia, a colpi di Erodoto e non solo, nella presa d'atto che la discussione sulla migliore forma di governo interessava non solo i greci, ma anche i persiani, nella conclusione che essi concludevano che non c'è la forma di governo perfetta, monarchia, oligarchia e governo del popolo hanno pregi e difetti che si annullano a vicenda. Riflessioni di tutti i tempi, roba su cui si è già scritto tutto, è vero, ma sentirsi sintetizzato il tutto in poco meno di un'ora, a parer nostro, è oro colato. Atene ha elaborato tutte le forme di governo, arrivando al picco della democrazia elettiva. Certo però, osserva il Canfora, che parliamo di una relativamente piccola élite di cittadini pleno iure che governavano su una platea ben maggiore di meteci e schiavi. Per dire cioè che la democrazia ateniese è alta nella sua elaborazione treorica, ma ancora troppo quantitativamente ristretta nell'attuazione pratica.
Roma pure, sì, certo, la res publica, ma poi tutto si è coagulato attorno alla fiugura del princeps e sappiamo come andò.
Insomma, dobbiamo pazientare fino alla Rivoluzione francese per vedere i principi democratici trasformati in oggetto di riflessione su scala massificata, quando cioè uguaglianza e libertà vanno ad interessare TUTTI i cittadini, senza distinzione. E però proprio da lì avviene una cosa curiosa, perché il linguaggio della politica pare spesso contraddire le azioni e lo stato del reale.
Dice: Napoleone ha esportato l'illuminismo a colpi di guerre e fondando un impero. Le altre nazioni europee, che pure avevano imparato qualcosina di illuminismo dalla Francia, si coalizzano contro la Francia, e pure la coalizione vede l'Inghilterra  liberale e la Russia zarista dalla stessa parte. Gulp, com'è contraddittoria la storia umana.
Non è terreno facile, la politica, gronda di contraddizione: si era capito già da tempi di Machiavelli, col terribile capitolo 18 del Principe, là dove si dice che il sovrano potrebbe anche, al bisogno, NON mantenere la parola data, se questo servisse alla salvaguardia dello Stato. Verità scomode, che certo Niccolò enunciava non senza dispiacimento, ma la realtà effettuale quella è: il linguaggio politico campa anche di ambiguità e rimescolamenti dettati dalle contingenze. Ma sai, Augusto fece leggere post mortem in Senato le proprie Res Gestae all'erede Tiberio, sì che i senatori dovettero sentirsi dire dal defunto tramite la voce del vivo che lui, Augusto, aveva restaurato gli antichi fasti della repubblica, ritenendo inezie strutturali la tribunicia potestas e il consolato perpetui e il possesso delle province imperiali, uniche in cui c'erano le legioni schierate. Un gran democratico, insomma.
E oggi? Oggi, osserva Canfora, il vero problema è la propaganda mediatica della politica, il fatto che il linguaggio, ma soprattutto il messaggio è tanto più forte quanto più efficace è la capacità di diffonderlo capillarmente. Tanto che, aggiunge, quando vent'anni fa in Italia il centrodestra arrivò al potere (Berlusconi non è mai nominato), la sinistra lamentò la dittatura mediatica del suo capo, ora che al potere c'è il partito democratico (Renzi non è mai nominato), quello stesso capo del centrodestra dice che non si può fare opposizione se tutti i media parlano solo dell'attuale premier.
La democrazia, insomma, si gioca anche sugli spazi di parola, purché siano equi e la parola incida sulla vita. Sennò si finisce, altro flashback, alle proposte di Messalla Corvino per i funerali di Augusto che furono liquidate da Tiberio come sciocchezze. Ma Messalla affermò che gli bastava avere avuto la libertà di enunciarle. Libertà della servitù, osserva Canfora. Applausi.[/verità & bellezza]
[corollario autoriale] E poi sai, nel 14 muore Augusto, nel 1814 comincia il congresso di Vienna, altra fiera delle chiacchiere restauratorie, nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale, e lì alle parole subentrarono le armi. Se pensiamo a oggi poi... Aggiungo io: speriamo almeno che la parola politica riscopra la dimensione del dialogo. Sennò ci toccherà affittare un bunker antiatomico. [/corollario autoriale]
[finalino] Ribadiamo: non si tratta di aver spalancato chissà quali orizzonti ermeneutici, tuttavia dalla serata Canfora siamo tornati con qualcosa (più di qualcosa) che rimane. Di là, il viaggio nella chiacchiera. [/finalino]

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