Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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venerdì 8 gennaio 2016

Visti per voi: Star Wars, episodio VII. Il risveglio dell'intertestualità (bummm!!).

La sera successiva [ricordate che i post hanno l'ordine cronologico inverso...] andammo a vederci Star Wars episodio 7, con la lieve e trafiggente sicumera di chi si avvicina al più atteso séguito della più mitica miticissima saga cinefilmica della storia umana non essendo un fan sfegatato della serie e avendo bucato tutti i primi tre capitoli, ovvero gli episodi 4, 5, 6, ovvero come uno che va a Messa senza conoscere il Vangelo. Avremmo, per verità, giochicchiato con due videogiochi ispirati alla saga, ma ciò non ci permette di dire di saperne. Ci siamo invece slurpati, tra non indifferenti sbadigli, i capitoli 1, 2, 3, su cui diremo fra breve, e su cui diciamo subito che un mattone verniciato sarebbe stato più espressivo di Hayden Christensen e che fare della Forza una questione di Midi-Chlorian nelle cellule fa molto Scuola Pneumatica.
Appunto. E’ chiaro che tutti gli ammiccamenti di SW7 alla serie storica sono per noi lettera morta, benché persino noi siamo riusciti a riconoscere al primo colpo il Millennium Falcon. Era inevitabile comunque che, essendo la serie passata in gestione Disney, il pubblico avrebbe vissuto lacerazioni orizzontali (tra estimatori storici e neofiti parziali -come noi- o totali -come i bimbominkia) e verticali (tra nostalgici commossi dal ritorno delle trame che furono e teorici dello stupro disneyano ai danni della nobile e visionaria fantasia lucasiana di 40 anni fa).  
Bene, lasciamoli lacerare e veniamo ad un sommario giudizio, che ho voglia di contatti sul blog e l’hastag #starwarsVII promette cose: il giudizio più immediatamente pancioso è quello di un film che certamente lascia attaccati alla poltrona lungo tutti i 135 minuti di proiezione, sì che è difficile dire di essersi annoiati. L’azione c’è eccome. Fin troppa, verrebbe da dire. E qui entriamo subito nel focus del problema, ovvero la gestione di casa Disney, officiante J.J. Abrams. E’ ovvio che, dopo aver lautamente emoluto 4 miliardi di dollari a Lucas per rilevarne la casa di produzione e ninnoli acclusi, i signori Disney hanno subito inserito Star Wars nella griglia-tipo delle loro realizzazioni di largo respiro, il primo comandamento delle quali è, come si sa, ‘vietato rischiare’. Che si tratti di sirenette vogliose di sgambettare sul bagnasciuga, di Aladini col naso di Tom Cruise, di belle rinchiuse in castelli a parlare con candelieri e orologi, di cinesine che indossano l’armatura, di macchinette parlanti col cervello di un bimbo di 7 anni, il bene trionfa, dall’esperienza si impara sempre qualcosa, se si è umili si vince, l’amore domina ovunque. Il che ha consentito alla Disney di sfornare lungometraggi di successo planetario, bellissimi sotto ogni punto di vista, e certamente rassicuranti nel messaggio finale rivolto agli utenti.
Ora, come disneyzzare una saga che di rassicurante ha ben poco? Anzitutto, privando il suo settimo episodio di qualsiasi minimo spazio di sollievo alla tensione narrativa, così come al bando vengono messe riflessioni che trascendano le questioni di più immediata urgenza. Tutte le alte allegorie esistenziali e filosofico-religiose che soprattutto la prima saga aveva in sé sono qui assorbite dal susseguirsi forsennato di eventi in una storia in cui l’attenzione dello spettatore non riposa mai. Se proprio non lo si può rassicurare, visto l’argomento in questione, che almeno gli si ecciti ininterrottamente il nervo ottico, si saranno detti al Castello della Bella Addormentata. Di qui il ciclone di fughe, lotte, pianeti sparanti, assalti all’arma bianca, laddove gli hints sul perché e il percome si sia giunti al punto in cui si è (cos’è il Primo Ordine? perché Rey possiede tracce non indifferenti di Forza? perché Luke si è dato irreperibile? perché Kylo Ren è così brutto?) sono ridotti a flash narrativi brevissimi o non ci sono proprio (vabbe’, restano due episodi da riempire, si capisce anche…). E così, la sete di avventura del pubblico (una parte, almeno) è saziata oltre ogni immaginazione. E’ chiaro che tutto il resto non si può pretendere, col che inevitabilmente i duri e puri del fandom 1977-1983 hanno visto appiattirsi la solennità dei capitoli primigeni in una vorticosità più vicina ad un videogame. Per noi che di quel fandom non facciamo parte valga l’osservazione che, rispetto a certe sequenze infinite e alla lunga stremanti della seconda saga (il duello tra Obi-Wan e Anakin ormai schiavo dell’oscurità… bello sì, ma dopo un po’ non se ne desiderava che la conclusione) o zone narrative di sommaria inconcludenza nel non spiegare nulla (potremmo citare pezzi e pezzi dell’episodio 2, il peggiore di tutti secondo noi), qui almeno ci si diverte senza guardare l’orologio.
Ma proprio perché a casa Disney studiano tutte le varianti del caso, c’era anche il problema di non perdere la fetta dei lucasiani della prima ora. Soluzione: ricalcare sull’episodio 4 la trama del 7, o perlomeno arricchire di attinenze reciproche i due capitoli per titillare il palato dei nostalgici. Questione di mettersi d'accordo, si capisce, e non succederà mai, stiamo ancora qui a scannarci sul vero significato di "dolce stil novo" (scuola poetica vs gruppo di amici, la definizione vale solo per Dante, sennò cosa ci fa Guinizzelli in Purgatorio vs ma non ma no, ci sta dentro almeno anche Cavalcanti!), immaginate un po'... In ogni caso, gente che ne sa scrive sul webbe che basterebbe cambiare i nomi dei protagonisti e dei pianeti, lasciando intatto tutto il resto, e i due film si sovrappongono alla perfezione (altri non la pensano proprio così, veh, ma i commenti dei lettori poi...). Risultato: grida di giubilo di chi ha risentito l’arietta del bel tempo che fu (anche per il ritorno di Leia, Han, il robottame vario…), grida di strazio di chi sostiene di aver pagato il biglietto per vedersi riproporre non il seguito della serie, ma il remake del suo primo episodio.
Qui dovremmo entrare nei meccanismi mentali di Abrams per comprendere a fondo questa scelta, e infatti lo facciamo con la spocchia del filologo classico. Cosa può aver mosso il predetto regista a ricreare struttura e contenuti del Sommo Inizio, sapendo (perché non poteva ignorarlo) di esporsi al rischio di sentirsi dare del remakatore selvaggio, quando non del plagiario? Secondo me e la Spocchia, l’approccio di Abrams a Star Wars è stato lo stesso, o molto simile, a quello di Peter Jackson con Il signore degli anelli. Il paradosso è solo apparente: Jackson ha ricavato una trilogia da un romanzo che era già trilogico – e immenso – di suo. Per contenere in tre episodi da tre ore lo sterminato materiale tolkieniano, ovviamente, il regista ha dovuto selezionare, eliminare, ridurre, adattare e alla fine è uscito un prodotto che anche in quel caso ha suscitato pareri discordanti circa il rapporto tra fedeltà al testo ed efficacia della resa cinematografica, tuttavia non ricordo di aver sentito gridare all’assassinio come nel caso di SW7. Bisognerebbe allora pensare che Abrams abbia visto l’episodio 4 (ma probabilmente tutta la saga nel suo complesso) non come un film a cui dare un seguito, ma come un pre-testo equivalente ai romanzi da cui i colleghi spremono i soggetti non originali per le loro pellicole. Nessuno accuserebbe mai Jackson di aver plagiato Tolkien, perché trarre un film da un romanzo plagio non può essere. Ebbene, Abrams ha considerato tutto il pregresso lucasiano come ‘il romanzo’ da cui partire. Una saga così innervata nella coscienza collettiva dei cinefili da aver superato la natura meramente filmica: un mito a se stante, ormai senza un vero padrone, visto pure che il creatore ha svenduto casa sua. E questo mito poteva, in simili condizioni, essere ri-raccontato con qualche variante, ma senza con ciò sentirsi colpevoli di remake in atto. Risalendo risalendo, insomma, risfociamo nelle belle abitudini del mondo classico, quando non esisteva il copyright: tanto Eschilo quanto Sofocle quanto Euripide hanno messo in scena il pezzo della saga degli Atridi in cui Oreste ed Elettra uccidono la madre Clitennestra per i noti fatti (perché sono noti, vero?). All’epoca non c’erano George Lucas che potessero dichiararsi depositari della versione originale del mito, quindi l’idea del plagio era inesistente; soprattutto però, e qui ri-balziamo arditamente alla questione Jackson-Tolkien, il pre-testo (romanzato o trasmesso oralmente che sia) è a disposizione di chiunque voglia ri-raccontarlo coi mezzi che gli sembreranno più opportuni, sia esso il teatro o il cinema. Abrams, secondo me la Spocchia, ha guardato a Star Wars in tal modo, ovvero come un mito da ri-scrivere più che da innovare profondamente o a cui dare un seguito del tutto originale (e i personaggi stessi di SW7 parlano di Luke e compagnia come di esseri la cui realtà si perde nel mito). Ciò almeno vale per l’episodio 7. E’ chiaro però che un giudizio complessivo sull’operazione si potrà dare solo quando si avrà tutta la nuova saga completa. Fin qui, la rassicurante reprise del già noto ha ottenuto riscontri comunque ragguardevoli.

Poi certo, questioni filologiche a parte, il film è tutto molto Disney nella scelta degli attori per i nuovi personaggi (che con le loro faccette gommose potrebbero stare tranquillamente dentro un teen-drama qualsiasi, Finn su tutti), nei diminutivi (FN-2187 diventa Finn, come Megara in Hercules diventa Meg), nella mimica facciale da cartone animato di Poe e soprattutto di Han Solo (il quale a volte sembra dire: “Dai, ma non dovrò davvero prendermi sul serio, ancora qui dopo 40 anni?"), nei siparietti vagamente comici, nell’evoluzione- lampo in direzione pucciocentrica del rapporto tra Rey e Finn. Certo, il ritmo indiavolato dei fatti rende piuttosto estemporaneo, e certo meritevole di maggiore tragicità, l’uso del cannoncino da parte dei cattivoni. Certo, per rappresentare il Cattivone Supercattivo di turno i disegnatori computergrafici potevano evitare di rifare Voldemort. Stupisce semmai la quantità di giudizi dati sulla figura di Kylo Ren, che in realtà fa molto poco e mi pare che quel poco non autorizzi ad uno screening così approfondito del suo carattere come abbiamo letto in Rete. E’ chiaro che anche da come si evolverà costui, oltre ai ruoli di Rey e Finn, dipenderà il tasso di aderenza di Abrams a Lucas, nella speranza che non diventi adesività. Staremo a vedere, come disse Polifemo dopo che Odisseo lo accecò.  

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