Forse
per il clima apparentemente destreggiante che si respira (o si respirava) (o
qualcuno credeva di respirare) in certe capitali europee, gli attenti
organizzatori del festivàl hanno pensato di farcire il sempre corposo programma
degli incontri con un certo numero di chiacchierate o lezioni singole su
fascismo, nazismo, campi di concentramento, ecc. Al mio occhio di osservatore
ingenuo la cosa potrebbe suonare (sinestesia) come un desiderio di tener viva
la memoria del passato per evitarne certi temuti rigurgiti nell’oggi. Il che è
legittimo.
Certo
risulta lievemente spiazzante che proprio uno dei conferenti, l’esimio prof.
Emilio Gentile, imposti la sua conferenza-evento sull’idea che di fascismo ce
n’è stato solo uno, quello storico dal 1921 al 1945 (no, il fascismo del 1919 è
un’altra cosa, chiedetelo a lui), laddove chi si
lamenta dell’esistenza di un fascismo eterno sempre a rischio di reimporsi
nelle società odierne commette un errore macroscopico di fraintendimento del
reale.
Nessuno
stupore: Gentile è allievo di Renzo De Felice, ovvero di colui che tentò di
analizzare il fenomeno del fascismo spogliandolo di tutte le deformazioni
ideologiche & interpretative di parte avversa per identificarne la natura documentalmente più vicina al vero, anche a rischio di infrangere alcuni dogmi
resistenziali ormai cristallizzati, cosa che in effetti gli costò una certa serie di scomuniche nel mondo accademico (e gli garantì l’ammirazione usque
ad consummationem aevi di Indro Montanelli, ovviamente).
Gentile
pure, che non ha intenzione punta di riabilitare Mussolini, mette tuttavia in
chiaro alcune cosette che ci hanno titillato molto, non tanto per i contenuti
delle cosette, che si possono ovviamente condividere o meno (spoiler:
tranquilli, il fascismo ne esce a pezzi), quanto per il metodo adottato, che è
quello su cui insistiamo anche noi coi nostri discenti: non parlate a vanvera,
fate dire alle fonti quello che dicono e non quello che vi piacerebbe
dicessero. La lucidità del metodo e il rigore dell’approccio intellettuale
hanno certamente illuminato la già luminosa Basilica palatina di Santa Barbara.
Succingendo,
dice Gentile: guai a chi parla di "fascismo eterno" come categoria innata nella
civiltà occidentale che scorre come un fiume carsico pronto a riemergere di
quando in quando. L’errore è già nella definizione, che sottrae questa presunta
categoria a qualsiasi possibilità di analisi storiografica. La storia si occupa
infatti di ciò che avviene nel tempo, mentre ciò che è eterno, come si
sa, si colloca fuori dal tempo, in un immutabile presente. In tal modo,
l’eternità presunta del fascismo renderebbe il fascismo medesimo materia non
trattabile. Ci si occupi quindi delle radici storiche del fascismo,
quelle che le fonti di allora ci illustrano con ampia messe di particolari. Manco
a farlo apposta, Gentile si trovò 40 anni fa proprio a Mantova per studiare
l’attecchimento del fascismo nel mantovano, dicasi una delle zone di più solido
dominio socialista ancora nel 1919, tanto da essere definita “la Pietroburgo
padana”. Tempo un anno e mezzo e il fascismo dominava incontrastato (non posso
citarvi i documenti da lui citati, ma ogni sua affermazione era ottimamente
supportata). Come è potuto accadere?
Riprendiamo
dal principio. Fascismo storico, dunque. Da delimitarsi entro gli anni di cui
già accennammo e non prima e non dopo e non fuori dall’Italia. Altri si sono
certamente ispirati al fascismo, ma il copyright è nostro (come quello del pecorino di fossa, del resto). Si badi dunque a non bollare come fascista
qualunque orientamento politico nutrito di nazionalismo esasperato e xenofobia,
culto della violenza e antisemitismo, chè allora sarebbero fascisti pure
certi regimi politici di secoli addietro. No no. Il fascismo, documenti
alla mano, si contraddistingue per alcuni elementi peculiarissimi, e Gentile li
snocciola con lepidezza.
1) Presa
del potere tramite formazioni armate in seguito inquadrate come forza politica
(no, amico lettore, Pisistrato non era fascista).
2) Intervento
di tipo antropologico sulla popolazione italiana per trasformarne i caratteri
intrinsecamente deboli e plasmare una nuova società vigorosa, aggressiva e
affamata di futuro (no, amico lettore, Saruman non era fascista).
3) Incanalamento
delle attese collettive in una serie di campagne militari volte a dare una
dimensione concreta a questa fame di futuro e consolidare il senso di
appartenenza alla nazione, nazione la cui religione laica si identifica in
toto con l’ideologia fascista (no, amico lettore, Bismarck non erafascista). Quello che non riuscì, per dire, a Francisco Franco e Antonio Salazar, poiché spagnoli e portoghesi erano poco eccitabili rispetto alle bombastiche ambizioni dell'italico italiano (infatti Spagna e Portogallo restarono ben fuori dal secondo conflitto mondiale).
Già così
il saggio Gentile delimita in modo notevole il fenomeno e risponde, o almeno a
me è parso, alla domanda di cui sopra: il fascismo dilagò persino nella
socialistissima Mantova e provincia anzitutto per la violenza militaresca delle
squadracce che fecero pappetta delle sedi periferiche del partito socialista e
all’occorrenza dei socialisti stessi. La tolleranza mostrata da certa borghesia
industriale, disturbata dai tumulti e dagli scioperi, e la gnecchezza delle
forze di governo fecero il resto. Cose risapute, si dirà. Ma i documenti e le
statistiche su cui la dimostrazione della natura peculiarissima del fascismo
storico si fonda rendono il discorso concreto oltre ogni stratificazione straniante
della memoria collettiva.
Non meno
bum-bum è la domanda (con relativa risposta) se Mussolini abbia creato il
fascismo o il fascismo abbia creato Mussolini. E qui i fuochi d’artificio: dice
Gentile che, documenti alla mano, non può dubitarsi giammai che Mussolini
dovette prendere col tempo le misure al fascismo, giacché egli non ne fu il dominus
incontrastato sin da subito. Anzi, e anche qui Montanelli applaudirebbe,
Mussolini in certo modo mal sopportava i fascisti, o almeno certi fascisti e
certe metodologie fasciste. Per dire: non fu Mussolini a volere la marcia su
Roma, ma il fumantino Michele Bianchi (poi quadrumviro) che, a governo creato,
rinfacciò al Predappiese (tramite lettera appositamente citata, ma voi non
c’eravate, stolti) i propri meriti nell’aver radunato i fascisti per mandarli
nell’Urbe a spaventare Vittorio Emanuele e Facta. Come dire che Mussolini era
agli occhi di Bianchi poco meno che un timido. Così come Mussolini si trovò in
gobba le conseguenze potenzialmente devastanti del delitto Matteotti, delitto
che lui era stato ben lungi dall’ordinare (si sa, si sa...). Detto che il Duce non era esattamente
un gelsomino, il suo polso su tutto il movimento fascista si dovette tuttavia
esercitare a lungo prima di egemonizzare appieno le folle adoranti in camicia
nera, visto che ad agitarle c’era un gruppo di personaggi piuttosto feroci.
Il che,
sia chiaro, non mira a nessuna riabilitazione postuma del Duce, ma
semplicemente ci mostra come una lettura attenta dei documenti consenta di
approfondire la complessità di qualsiasi fenomeno. Non si potrebbe del resto
parlare di riabilitazione dopo che Gentile snocciola altre lettere, stavolta di
monsignor Tardini, prelato di alti incarichi vaticani, che nel 1935, in vista
della guerra in Etiopia, sparava a zero
su Mussolini (alla faccia della conciliazione ecc. ecc.) con espressioni pesantucce
(che ascolterete quando su questo sito sarà disponibile
l’audio dell’intervento, stolti)(comunque qualcosa c’è pure qui)(prego, eh...).
Sull’altra
mitologia di un Mussolini sin da subito furibondo & assetato di vendetta contro
i traditori del fascismo, quelli cioè che gli levarono il trono da sotto il
sedere nella fatal notte del 25 luglio 1943, oltre che con il connivente
Badoglio, ecco che uno scambio epistolare Badoglio- ex Duce fresco di arresto (vedere qui) (ben prima del momentaneo
collocamento fuori ruolo a Campo Imperatore dove i maligni dicono fu concepito Bruno Vespa) getta una luce curiosa sulla vicenda: a fronte di un maresciallo
neo-premier che quasi si scusa per i modi un po’ bruschi della detronizzazione,
resi necessari dalla preoccupazione di garantire l’incolumità personale del
Predappiese, il Predappiese medesimo risponde cordialissimamente e ringrazia
delle premure (!), mettendosi a disposizione dello Stato, da lui fedelmente
servito sin lì, per ogni futura esigenza (!). Il che, di nuovo, non riabilita
in nessun modo il Duce, casomai mostra che, all’altezza della detronizzazione,
la sua percezione delle cose era un attimino sfalsata. Come dimostra del
resto l’ultima lettera citata (che purtroppo mi è sfuggita in gran parte a
causa di inopinate chiacchiere di pubblico accanto a me e gente che si alzava e
chiedeva cose ai ragazzi del service), che penso sia questa qui (comunque verificheremo con gli audio)(stolti) in cui un Mussolini ormai alla
frutta trova i colpevoli del fallimento del fascismo in chiunque tranne che in
se stesso. Nessuna contrizione, osserva Gentile: come si poteva pretendere che
uno così ridotto capisse cosa stava succedendo a lui e agli italiani?
E così,
tra scrosci di applausi, termina la conferenza. Per quanto mi concerne, trovo
importantissima la linea metodologica interamente basata su documenti, che
possono certo essere passibili di interpretazioni anche opposte, ma sono materiali
concreti, non chiacchiere volanti o idee rimasticate per sentito dire
come spesso accade nella nostra twitter-crazia.
Non secondaria è la convinzione gentiliana che uno solo è stato il vero fascismo, laddove l’estensione del termine a fenomeni solo superficialmente affini rappresenta un abbaglio intellettuale che genera a sua volta non pochi problemi. Sia chiaro: l'esimio studioso è ben conscio del pericolo insito in certi atteggiamenti che rigurgitano odio razziale et similia, ma per lui il fascismo è morto con Mussolini. I problemi di oggi, al netto delle costanti positive e negative dello spirito umano la cui memoria non può mai svanire, vanno affrontati con le categorie di oggi. E qui mi permetterei di allargare il discorso (spocchiaaaaa).
In effetti, nonostante il ‘900 sia schiattato da un po’, le sue ideologie più resistenti non cessano di esercitare un certo fascino anche su giovani menti che, del tutto ignare dei fondamenti storico-socio-filosofici delle ideologie medesime, si dichiarano avventurosamente comunisti e (neo) fascisti pur non avendo assolutamente idea di cosa si stia parlando. Mi capitò di chiedere ad un giovane (sedicente) attivista di ultrasinistra quali fossero i suoi testi politici di riferimento e i pensatori- guida, o perlomeno le idee forti su cui piedistallava la sua azione. Risposta: “Mah, così, in generale…”. Così come non poco sconcerto mi causò un dibattito tra miei allievi nei tragici giorni della morte della povera Eluana Englaro. Se in un primo momento notai che gli studenti si dividevano piuttosto nettamente in due fazioni pro e contro l’eutanasia, grande fu la sorpresa allorché, finite le argomentazioni di base, i favorevoli all’eutanasia cominciarono a dare dei fascisti a quegli altri che condannavano il gesto di Beppino Englaro, ricevendo in cambio l’appellativo di comunisti. Che senso aveva ricondurre due posizioni su un simile delicatissimo argomento a categorie politiche decotte, che oltretutto nulla c’entravano? Ma soprattutto, perché, nel secolo ventesimo primo, dovrebbe avere davvero senso dichiararsi di destra e di sinistra, visto che il mondo che ha prodotto quelle categorie non esiste più, o meglio si è evoluto in tutt'altro? E perché in un'epoca in cui il progresso democratico e tecnologico dovrebbe favorire la libera autodeterminazione dell'individuo, si rimane ancora ingabbiati nei 'pacchetti tutto compreso' delle ideologie? Sento spesso gente 'di destra' dichiarare in rigoroso filotto di essere nazionalista, non-ambientalista e filo-americana, laddove gente 'di sinistra' è rigorosamente terzomondista, ambientalista e filo-qualsiasi cosa non siano gli USA (con addentellati pro o contro Israele e la Palestina). Pare che un menù à la carte, in cui uno possa liberamente scegliere posizioni appartenenti in teoria a schieramenti ideologici diversi, diventi automaticamente taccia d'incoerenza o cerchiobottismo. Detto poi che, al loro primo vagito (avevano appena ammazzato Lady Oscar), 'destra' e 'sinistra' ovviamente nulla dicevano rispetto ai pacchetti di cui sopra (figurarsi sull'eutanasia). Sarebbe come aprire il barattolone di latta dei biscotti danesi e trovarci dentro un set per il cucito (ma quando mai...).
Bello sarebbe, sulla scorta del magistero gentiliano, deformare la realtà il meno possibile. Essa, si capisce, sarà sempre una ri-creazione delle singole coscienze soggettive e quindi mai uguale per tutti. Ma tra il non poter cogliere la cosa-in-sé e convincersi che una mela è una pera ce ne passa.
("C'è tutto negli archivi, basta aprirli", cit.)
Non secondaria è la convinzione gentiliana che uno solo è stato il vero fascismo, laddove l’estensione del termine a fenomeni solo superficialmente affini rappresenta un abbaglio intellettuale che genera a sua volta non pochi problemi. Sia chiaro: l'esimio studioso è ben conscio del pericolo insito in certi atteggiamenti che rigurgitano odio razziale et similia, ma per lui il fascismo è morto con Mussolini. I problemi di oggi, al netto delle costanti positive e negative dello spirito umano la cui memoria non può mai svanire, vanno affrontati con le categorie di oggi. E qui mi permetterei di allargare il discorso (spocchiaaaaa).
In effetti, nonostante il ‘900 sia schiattato da un po’, le sue ideologie più resistenti non cessano di esercitare un certo fascino anche su giovani menti che, del tutto ignare dei fondamenti storico-socio-filosofici delle ideologie medesime, si dichiarano avventurosamente comunisti e (neo) fascisti pur non avendo assolutamente idea di cosa si stia parlando. Mi capitò di chiedere ad un giovane (sedicente) attivista di ultrasinistra quali fossero i suoi testi politici di riferimento e i pensatori- guida, o perlomeno le idee forti su cui piedistallava la sua azione. Risposta: “Mah, così, in generale…”. Così come non poco sconcerto mi causò un dibattito tra miei allievi nei tragici giorni della morte della povera Eluana Englaro. Se in un primo momento notai che gli studenti si dividevano piuttosto nettamente in due fazioni pro e contro l’eutanasia, grande fu la sorpresa allorché, finite le argomentazioni di base, i favorevoli all’eutanasia cominciarono a dare dei fascisti a quegli altri che condannavano il gesto di Beppino Englaro, ricevendo in cambio l’appellativo di comunisti. Che senso aveva ricondurre due posizioni su un simile delicatissimo argomento a categorie politiche decotte, che oltretutto nulla c’entravano? Ma soprattutto, perché, nel secolo ventesimo primo, dovrebbe avere davvero senso dichiararsi di destra e di sinistra, visto che il mondo che ha prodotto quelle categorie non esiste più, o meglio si è evoluto in tutt'altro? E perché in un'epoca in cui il progresso democratico e tecnologico dovrebbe favorire la libera autodeterminazione dell'individuo, si rimane ancora ingabbiati nei 'pacchetti tutto compreso' delle ideologie? Sento spesso gente 'di destra' dichiarare in rigoroso filotto di essere nazionalista, non-ambientalista e filo-americana, laddove gente 'di sinistra' è rigorosamente terzomondista, ambientalista e filo-qualsiasi cosa non siano gli USA (con addentellati pro o contro Israele e la Palestina). Pare che un menù à la carte, in cui uno possa liberamente scegliere posizioni appartenenti in teoria a schieramenti ideologici diversi, diventi automaticamente taccia d'incoerenza o cerchiobottismo. Detto poi che, al loro primo vagito (avevano appena ammazzato Lady Oscar), 'destra' e 'sinistra' ovviamente nulla dicevano rispetto ai pacchetti di cui sopra (figurarsi sull'eutanasia). Sarebbe come aprire il barattolone di latta dei biscotti danesi e trovarci dentro un set per il cucito (ma quando mai...).
Bello sarebbe, sulla scorta del magistero gentiliano, deformare la realtà il meno possibile. Essa, si capisce, sarà sempre una ri-creazione delle singole coscienze soggettive e quindi mai uguale per tutti. Ma tra il non poter cogliere la cosa-in-sé e convincersi che una mela è una pera ce ne passa.
("C'è tutto negli archivi, basta aprirli", cit.)
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