Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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lunedì 20 maggio 2013

Le pagelle della settimana (5)

L'allegra Newteam del governo Letta. Al Quirinale, dopo un'ossessiva Holly e Benji marathon a base dei videocassette registrate a suo tempo dalla Meloni e gentilmente prestate per la bisogna, devono aver concluso che il modo migliore di trovare una squadra di governo accettabile sia quello impiegato già a suo tempo dall'Assessorato Sport e Politiche giovanili della ridente città di Fujisawa, allorché si trattò di mettere insieme una squadra di calcio da far partecipare con speranze di successo al campionato nazionale giovanile della Giapponia. Allora si fece un casting a dir poco spietato che coinvolse Newppy (o come diavolo si scrive),  Saint Francis ecc, ecc. e saltò fuori la formazione finedimondo, sostanzialmente un'accolita di fighetti che sbancò la competizione dopo l'epica finale contro la Muppet, guidata dal proletario marxista Mark Landers. I nomi, scolpiti nella nostra memoria a lettere di bronzo: Benji Price (Alan Crocker per 9/10 del torneo); Charlie Custer, Frankie Gilbert (Bruce Harper a partire dal secondo tempo del match contro la Hot Dog); Jill Taylor, Jack Morris, Bob Denver; Ted Carter, Paul Diamond, Johnny Mason, Oliver Hutton, Tom Becker. 
Ecco, più o meno siamo addivenuti ad un risultato consimile con i nostri ministri: scartati tutti coloro che in passato, nel PD nel PDL, hanno avuto vaghi o meno vaghi incarichi governativi, si è proceduto ad una spartizione delle poltrone tra i meno impresentabili che ha accontentato un po' tutti. Certo, Alfano viceministro e ministro dell'Interno è un po' come dire: "Attenti, Silviuccio vi guarda..."; certo, Saccomanni all'Economia è un po' come dire: "Cara Europa, non temere, gli unici che capiscono di finanze in Italia non sono i politici, dobbiamo appaltare il ruolo"; certo, la Lorenzin alla Sanità è un po' come dire: "Ad ogni turno ci vuole un'incapace, l'altra volta fu la Gelmini, avvocato di chiara fama incaricato di sventrare la scuola pubblica (Gelmini che, mi dicono fonti piuttosto addentro agli arcana imperii della capitale, ha davvero sgomitato fino alla sera prima del varo del governo per riavere la Pubblica istruzione, dichiarando poi che le sarebbero andate bene anche le Pari opportunità, della serie: "Basta che mi ci mettiate, sto"), oggi tocca ad una diplomata al classico che disquisirà di aoristi gnomici e frammenti di Alcmane nel firmare i protocolli per le cure con le staminali; certo, Lupi ai Lavori pubblici sa tanto di premio feudale al vassallo chiacchierino disposto a sostenere ogni sofisma pur di dare ragione al Capo; ma insomma, la zattera è partita, e al ministero che più a tutti noi sta a cuore hanno messo una che sfracelli non dovrebbe farne, la Carrozza, intendo, anche se l'unico minimo dubbio nostro è che, essendo lei donna più che altro di ambienti universitari, come l'evanescente Profumo, che davvero NON ci mancherà, le manchi un pochino il polso sui problemi concreti della scuola, sia quelli ormai storici che quelli sopravvenuti a causa della macelleria gelminiana. Ma vabbe', lasciamole tempo.
Tempo che, invece, ci pare finora usato maluccio da Oliver e Tom, alias Letta & Alfano, i quali, dopo essersi messi d'accordo sulle regole d'ingaggio per non irritare le proprie rispettive basi politiche andando a braccetto con  l'avversario, hanno esordito con la comica due giorni di ritiro pre-cresima nell'abbazia di Spineto, "per fare spogliatoio", ha detto Letta. Già l'uso di una metafora calcistica di chiara etimologia berlusconiana mostra il livello di permeabilità che una coalizione sta esibendo nei confronti dell'altra. Le conclusioni del nirvana abbaziale dello scorso weekend sono però desolanti nel loro essere un crogiuolo di buone intenzioni a cui sostanzialmente manca una cosa per essere messe in atto: i soldi. È bensì di oggi la notizia della sospensione della rata di giugno dell'IMU, ma essa sospensione sarà confermata solo se nel frattempo si escogiterà qualcosa per rimodulare o abolire proprio la tassa, sennò dal 16 settembre torneremo a pagarla as always. Così però si è dato un contentino al PDL, che ovviamente per bocca di Tom Alfano ha subito detto che con questo provvedimento "il governo ha fatto gol". Sì vabbè, un gol da rivedersi alla moviola, semmai. Ma è così, alla fine da Spineto abbiamo avuto tanto ottimismo condito con tanti "vedremo", "chissà", "speriamo". In effetti, la conferenzina tenuta dal trio Letta- Alfano- Quagliariello (il quale nell'organigramma governativo corrisponde circa a Johnny Mason, centravanti di spinta per le riforme) ha avuto una declinazione di stupidità quasi onirica: è partito Letta spiegando, con giri di parole degni di una pagina di Proust, che la situazione è quella che è, che ci sono quattro punti e che poi ci sono questi quattro punti e se non si era ancora capito hanno partorito quattro punti che consistono nell'essere questi quattro punti; poi tocca ad Alfano che ribadisce di cosa si tratta nei quattro punti e che è davvero un successo il raggiungimento di questi quattro punti, che se non avete ben capito sono questi; quindi chiude Quagliariello sottolineando le specificità dei quattro punti, rielencandoli dal basso verso l'altro, quindi riassumendo i quattro punti in modo che il pubblico da casa capisca che sono quattro. Morale? Abbiamo quattro punti da svolgere.
Letta pareva in effetti il classico professore che non ha preparato bene bene la lezione e un po' annaspa di fronte agli studenti cercando di mettere insieme i concetti, ma alla fine dice poco o nulla. In effetti non è il contenuto dei suoi discorsi che stupisce, poiché si sa che la situazione attuale dell'Italia è quella che è, quanto il giro di subordinazione, tanto tornito quanto superfluo, che non porta di fatto a niente che non si possa dire in quindici-venti parole. Dopo un po' che lo si ascolta si giunge ad uno sfinimento cosmico, perché si percepisce che la circonvoluzione dei concetti serve solo a dare spessore a qualcosa che di spessore non ne ha. Alfano, invece, lieto del suo ruolo di pupazzetto che parla per ventriloquio altrui, ammanniva i medesimi concetti del collega con la leggerezza di chi sa che qualsiasi colpa di questo governo non verrà addossata lui e quindi può promettere quel che vuole. Bel quadro. voto 8 (4 Letta + 4 Alfano).

Giuseppe 'Pippo' Civati: sarà che al PD sono in cerca di sostegni che non facciano precipitare la baracca (per quanto Epifani ieri pomeriggio abbia plasticamente ipostatizzato la reale situazione del partito), sarà che le beghe interne lasciano poco spazio alle public relations, sarà che il ritiro a Spineto ha sfinito tutti o quasi, da qualche tempo l'unico esponente piddino che gira infaticabilmente, a nome di un partito in cui peraltro si riconosce poco, per programmi radio & TV è questo allegro filosofo per fortuna senza spocchia, giovane esponente di una sinistra poco acida, una sorta di Sergio Chiamparino sottopostosi ad un'endovena di pandoro.


  

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Civati, appunto: il quale, esibendo una capigliatura fulva abbinata a curiose sopracciglia bionde, ha un modo di porsi che lo colloca in una galassia che non è né dalemiana né renziana né, tantomeno, cacciariana. Di D'Alema Civati non ha la superciliosità sprezzante e lo scherno automatico delle altrui opinioni; di Renzi gli manca l'atteggiamento da esperto di economia domestica che ti spiega per filo e per segno come si piegano le camicie dopo la stiratura, dimostrandoti che lui solo ha capito qual è il verso giusto per salvare i gomiti delle maniche dalla consunzione; di Cacciari, tecnicamente l'uomo a lui più affine, gli manca l'aire di colui che sa TUTTO, che è entrato nei meccanismi più profondi dell'Essere assoluto, che se Hegel fosse ancora vivo gli spiegherebbe dettagliatamente TUTTE le aporie della Fenomenologia dello Spirito, irridendole una per una (altro che le vacche nere di Schelling...), che, potendo usufruire della macchina del tempo, si catapulterebbe a Gerusalemme per spiegare a Gesù come officiare l'Ultima Cena in modo che i suoi atti non risultino teologicamente contraddittori nel confronto tra i vangeli sinottici e quello di Giovanni, detto che poi a quest'ultimo, o meglio alla sua comunità, farebbe presente che insistere sull'assenza di dolore del Cristo in croce è una pericolosa concessione al monofisismo. Ecco, Civati perlomeno nei suoi primi atti, è stranamente simpatico. L'occhio ceruleo sorride fiducioso di farsi capire e capire l'altrui posizione, il labbro inferiore lievemente clownesco denota, per IRREFUTABILE fisiognomica pre-lombrosiana, un animo aperto alla giocosa dialettica delle parti, l'abbinata assassina e vagamente trasandata di giacca e camicie sempre dai colori spenti o scuretti indica una totale insignificanza del look oltre l'assetto base nella sua scala valoriale. Il che, peraltro, dovrebbe essere in effetti una saggia risposta alla sinistra fighetta che professa a voce ideali ugualitari e di spartano decoro e poi non resiste alla tentazione della cabriolet. Il Civati pare invece piuttosto soddisfatto di sé intellettualmente, al punto da non aver bisogno di altri orpelli a sostegno del suo Ego. Considerando che nel suo partito c'è gente con lo yacht, gente con le figlie in appartamento a Manhattan, gente votata da gente ancora più truzza di Berlusconi che però si professa antiberlusconiana perché fa fino, insomma, lui pare aver capito perlomeno quale dev'essere il modus apparendi dell'intellettuale di sinistra, diverso ma non astratto, non integrato ma nemmeno ibernato in un idealismo senza sbocchi. Ha rifiutato di votare la fiducia a Letta e non transige, il che, visti gli agguati recenti a Marini e Prodi, è oro colato, là dentro. Ora lo aspettiamo al varco sull'unico fronte nel quale mancano ancora records di peso a lui riconducibili: le idee. Voto 7 di stima con outlook speranzoso.

Il 'comandante' Francesco Schettino. Questo idiota totale, capace di far naufragare una nave pachidermica contro gli scogli dell'Isola del Giglio solo per fare "l'inchino" nelle vicinanze della costa, si è presentato al processo per la morte di 30 passeggeri nel naufragio della Costa Concordia del gennaio 2012 con uno stupore fanciullesco che gli meriterebbe perlomeno l'assunzione di 4 o 5 secchiate di letame per via orale. La sua tesi, meravigliosamente degna del miglior Gorgia, è la seguente: non sono i 30 morti che mi dovete contestare, semmai dovete essermi grati per gli altri 4000 passeggeri CHE HO SALVATO con la mia manovra. Prego? L'ottimo Schettino dimentica forse che il naufragio l'ha causato LUI? Cioè, vuole che ringraziamo per aver portato in salvo gente dopo un guaio imputabile alla SUA personale imbecillità, dicasi che non si trattò di guasto meccanico o imponderabile errore umano, bensì di sciente e cosciente procedura dettata da puro e folle esibizionismo?
Ma non dobbiamo stupirci: questa spettacolare acrobazia dialettica, in forza della quale si potrebbe addirittura criticare Gesù che cammina sulle acque accusandolo di non saper nuotare, è figlia del clima di discolpismo che infetta la società italiana dai tempi dello scoppio di Tangentopoli. Dopo una prima fase in cui ricevere un avviso di garanzia equivaleva ad una condanna senza appello (laddove l'avviso di garanzia di per sé è solo una comunicazione della Procura dell'avvio di indagini sul tuo conto, volte appunto a 'garantirti' la ricostruzione della situazione oggetto di denuncia nel modo più oggettivo possibile, onde poi procedere all'eventuale processo con conseguente condanna o assoluzione), da quando l'accanimento magistratizio contro Berlusconi ha fatto sentire puzza di complotto a più d'uno, oggi chi riceve avvisi di indagine o addirittura viene pluri-inquisito o pure condannato, si ostina a negare gli addebiti, anche di fronte a prove appena appena schiaccianti (Franco Fiorito docet: non sono io che prendevo i soldi, erano gli altri che me li portavano); lo stile della reazione è sempre quello: negare l'evidenza fino al parossismo, ribaltare l'impianto delle accuse sulla base di un mutamento prospettico logicamente verosimile, ma inaccettabile in un contesto più ampio (ex-comunisti docent: ci rinfacciate le stragi rosse in alta Italia del triennio 1945-1948? Ah, perché, preferivate tenervi Hitler e Mussolini?), quindi si procede a discolparsi. L'antica barzelletta: "Non l'ho picchiato, è lui che è venuto addosso al mio pugno" è oggi inverata in questa serie di discorsi assurdi a cui purtroppo indulgono tutti i politici di ogni schieramento. Se vengo sorpreso con un transessuale, ovviamente gli stavo proponendo di tornare sulla retta via smettere di prostituirsi; se mi trovano con la droga in tasca, ovviamente ce l'ha messa il mio vicino di tavolo, oppure stavo conducendo una ricerca sull'uso di sostanze stupefacenti; se intasco tangenti, ci sono stato costretto dai costi della politica; se costruisco una villa abusiva da 54 stanze, dovete ringraziarmi, perché prima qui era tutta sterpaglia. E se causo la morte di 30 persone per aver manovrato un gigante da migliaia e migliaia di tonnellate come fosse un triciclo, sono un eroe per quelli che ho salvato. Bravo, Schettino. Bestia eri e bestia rimarrai. Voto: ergastolo, e gettate la chiave.   

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