Ci sono eventi nella Storia, quella con la esse maiuscola, con i quali prima o poi bisogna fare i conti, poiché essi ci hanno sotterraneamente plasmati, e con noi l'umanità tutta, sì che una sana presa di coscienza non può che incrementare l'autocoscienza individuale e collettiva ed instradare la comunità dei viventi e pensanti su sentieri ermeneutici di sicuro spessore.
Tutto questo per dire che non saremmo quei grandi filologi che siamo se non affrontassimo uno degli snodi fondamentali che hanno traghettato la nostra generazione verso quella dei bimbominkia, giacché, è noto, ogni epoca ha in sé i germi della successiva.
Ed è quindi con commossa sollecitudine che ci apprestiamo a scorrere, obbligatoriamente a grandi linee, i momenti salienti di un programma televisivo a cui tutti siamo un po' debitori, ovvero Non e la Rai.
1. La fondazione
Estate 1991: evidentemente desideroso di esperienze al di là di ogni limite, il regista ed autore televisivo Gianni Boncompagni, scopritore di talenti a getto continuo (Lucio Battisti, Raffaella Carrà, Claudia Gerini) lascia la natìa RAI radiotelevisioneitaliana e trasporta alla corte di Berlusconi su Canale 5 la filosofia programmistica che aveva animato gli sfondi delle ultime edizioni di Domenica In: tutti lorsignori ricorderanno che il programma, condotto in quegli anni successivamente da Marisa Laurito, Edwige Fenech, Gigi Sabani, poggiava su una folta schiera di ragazze in studio (le Ragazze Pop Corn), che facevano da claque, da gruppo canoro, da coreografia, animatrici di sketch vari, caselliste del Cruciverbone et similia. L'idea fulminante di Boncompagni, che però necessitava della sponda di un intenditore di bellezze femminili come Silviuccio, è quella di trasformare la cornice in contenuto (esattamente come i video degli One Direction, ricordate?). Ecco quindi che, nel sonnacchioso autunno di quell'anno, giusto 6 mesi prima dell'inizio del crollo della prima Repubblica per via tangentizia, gli studi del centro Palatino in Roma di Canale 5 vengono affollati da una marea di ragazze e ragazzine tra i 16 e i 25 anni, gente che perlopiù non sa fare NULLA, tranne qualche discreta ballerina e un paio di cantanti di belle speranze, che però giocavano facile perché venivano appunto da Domenica In. Era stato selezionato il cast della trasmissione, il cui titolo appare già sbeffeggiante della TV pubblica, come dire che qui non ci si prende sul serio (quale preveggenza...). Boncompagni stesso fa peraltro capire che lui è arrivato lì a Fininvest (poi Mediaset) giusto per respirare aria nuova, ma certo nulla ha a che spartire col becerume medio della TV commerciale, lui legge l'Espresso e Panorama, mica Novella 2000. Dichiarazioni distensive, come si nota, che gli costano l'anatema dell'allora direttore di TV Sorrisi e Canzoni, Gigi Vesigna, la cui partigianeria pro-Fininvest è peraltro sputata (d'altronde l'editore della rivista è Silviuccio): "Attento, Gianni, Fininvest non è la Rai, l'hai detto tu...". Da paura. Gianni comunque non si lascia intimorire e, giusto per non dare l'impressione di aver creato un asilo infantile per pubblici morbosi, mette alla guida dell'asilo Enrica Bonaccorti, la quale, distintasi sia in campo musicale (suo il testo de La lontananza di Modugno) sia teatrale, sia cinematografico, più una trascurabile cover su Playboy, aveva colto l'apice del successo quando Boncompagni le aveva fatto condurre il programma pre-prandiale su Rai Due, Pronto, chi gioca? che negli anni precedenti era stato condotto da Raffaella Carrà, poi passata a Fininvest e successivamente emigrata in Spagna.
Vabbe', l'alchimia giovinette urlanti-conduttrice di spessore dà l'idea che Non è la Rai si proponga come programma leggero ma non scemo, in grado di occhieggiare ad un pubblico di giovani e casalinghe in una prospettiva di evasione ma pure di riflessione seria. Ciò spiega certi squilibri sopratutto nelle prime settimane, allorché i giochini degli sponsor, per loro stessa natura estremamente scemi, si alternano a interviste- verità di con donne violentate fisicamente dai mariti. Non mancano poi momenti di ballo&canto, oppure giochi da casa come il 7 e mezzo umano, nel senso che le ragazze, come gli uomini-sandwich degli anni '70, 'indossano' una carta da gioco ciascuna e lo spettatore deve regolarsi come nel gioco normale (praticamente la riffa via telefono). Si tenta tuttavia di guadagnarsi anche parte del pubblico infantile con giochini pucciosi fatti con la videografica e il bambino da casa che deve aiutare la mano del disegnatore virtuale a creare mari, alberi, fiori & tenerezze varie.
Gli è cioè che gradualmente il programma muta la sua iniziale impostazione housewives - friendly per diventare il primo, vero grande laboratorio televisivo del bimbominkismo, con ben 10 anni di anticipo sulle maestose architetture defilippiche.
Gli è cioè che gradualmente il programma muta la sua iniziale impostazione housewives - friendly per diventare il primo, vero grande laboratorio televisivo del bimbominkismo, con ben 10 anni di anticipo sulle maestose architetture defilippiche.
2-
L'esplosione del fenomeno
La
prima stagione svolazza via tranquilla (a parte questo trascurabile episodio...), anche perché le iniziali due ore e passa di diretta,
la prima così lunga e per così tanto tempo di fila nella storia
delle tv berlusconiane, vengono, a partire dal gennaio 1992, segate
di un buon 40 minuti per dare spazio al nascente Tg5 (Sposini ancora
sano, Bonamici con tutti e due gli occhi funzionanti, Parodi senza
quell'insulsa sorella al seguito... altre epoche...). La Bonaccorti
si diverte discretamente a fare da chioccia alle aspiranti
starlettes, gestendo le prime, piccine rivalità tra bionde e more,
capitanate rispettivamente da Antonella Elia (poi destinata a sbroccare all'Isola dei Famosi,
ma già allora palesemente insana di mente) e Yvonne Sciò, salita
agli onori della cronaca per la struggente pubblicità telefonica “Mi
ami? Ma quanto mi ami....?”. Mentre quindi i primi nomi di un certo
peso per il futuro dell'umanità si fanno notare (Laura Freddi,
Miriana Trevisan, Cristina Quaranta, Ilaria Galassi), la furbizia
boncompagnica punta ad esaltare lo spirito giocoso e
fanciullesco del programma, a partire appunto dalla rivalità
predetta, per poi dare sempre maggior voce alle ragazze, diciamo così,
più esuberanti. Nessuno sospetta ancora nulla, of course, eppure
l'indirizzo semantico, vorremmo dire la sterzata assiologica, di più,
l'entelechia sub-epiteliale della trasmissione sta lentamente
emergendo, ed un solo nome va lentamente prendendo forma negli studi
romani: cazzeggio.
Ma
perché l'intima natura di tutto tracimi, sono necessari inevitabili
aggiustamenti strutturali. Anzitutto, va rinsanguato il parterre
delle ninfette, cosa che si ottiene mandando in onda durante l'estate
una cosa chiamata Bulli & Pupe, condotta nello stesso
studio di Non è la Rai da Paolo Bonolis: nel programma,
alcune ragazze (tra cui Ambra Angiolini) si esibiranno in prove di
canto e ballo venendo televotate dal pubblico per decretare la
migliore nelle due categorie. Cosa vi ricorda?
Poi,
l'autunno successivo, si riparte SENZA la Bonaccorti: si vociferò di
furiosi litigi con Gianni al grido di: “Io non sacrifico la qualità
all'Auditel!!”, che probabilmente è la versione ufficiale data in
pasto ai giornalisti di: “Scordati che io mi metta a gestire un
puttanaio di diciottenni che fanno il bagno in piscina alle due del
pomeriggio!!” (Bonaccorti, comunque, resterà così frastornata
dall'esperienza da sparire per un pezzo dalla TV). La conduzione è
invece affidata a uno che di TV del cazzeggio (nella da lui stesso
celebrata formula “Tette & Culi”) s'intende assai, Bonolis,
appunto, passato dalle trasmissioni in cui parlava ad un pupazzo rosa
ad una in cui gli tocca parlare con delle bamboline semoventi. La formula del programma cambia di poco, i giochi
dello sponsor, specie quelli di Bilba di Cadey si fanno decisamente
più complicati (“Il mio nome è Monia, ho 20 anni, sono di
Casaltrombatorrione e questa che indosso non è una parrucca” vero
o falso?, oppure lettura del labiale delle ragazze che dicono cose
tipo: “Estasi”, “Spiaggia”, con Ambra Angiolini che dirà
“Solare”, Ambra Solare, pubblicità occulta Dio mio...), ma
dev'essere durante le vacanze di Natale che a Boncompagni viene
l'idea super-super: Bonolis ci sa fare, per carità, ma vuoi mettere
se finalmente il coro tragicomico delle ragazze, qualcuna di loro,
almeno, si prendesse il proscenio, naturalmente dietro sapiente
direzione della regia?
Detto
fatto, il programma transita su Italia1 in nuova fascia oraria
(14.30-16.00, addio compiti...) e viene suddiviso in segmenti che
prevedono bensì la faccia e le parole di Bonolis all'inizio e alla
fine (gioco dello sponsor e congedo dal pubblico), ma in mezzo erompono alcune ragazzine pepatissime e frizzanti
che conducono giochini ad alto tasso cerebrale, roba da vietare ai
minori, quasi: Ambra Angiolini, futura signora Renga [update autunno 2015: è finita...], futura musa di
Ozpetek, futura madrina del Festival di Venezia (poi dici che il
nostro cinema va male...), zompetta allegra sul divanetto chiedendo
al pubblico da casa di indovinare dieci oggetti che ha nel suo zainetto; Francesca Gollini, cantantina di Bellaria simpatica ed
estroversa, e sopratutto destinata ad un futuro di assoluta castita' & castigatezza (come no...), giochicchia con un programma di morphing sfidando
il pubblico ad indovinare le facce famose che si nascondono dietro le
deformazioni da photoshop proposte sullo schermo; Mary Patty
(all'anagrafe Maria Patti, ma questa di anglicizzare i nomi banali è vecchia come il cucù) indugia coi telespettatori affinché, tra una
riflessione sociologica e l'altra (“Essere sinceri fa male, a
volte, secondo Lei?”), indovinino, una lettera per volta, il nome
della nonna (che si rivelerà essere Mosqu – lo dice Wikipedia, ma
me lo ricordo bene anch'io); Miriana Trevisan, futura giralettere a
La ruota della Fortuna,
futura moglie ed ex-moglie e poi di nuovo moglie del noto cantante
sardo Pago (all'anagrafe Pacifico Settembre, un singolo orecchiabile
e una partecipazione a Music Farm
all'attivo), si accrocchia sullo sgabello e chiede al pubblico da
casa: “Perché viviamo?”, sentendosi rispondere: “Perché tutto
ha un senso”. Alla fine, una buona dozzina di ragazze, ma siamo
solo all'inizio, trova il suo quarto d'ora di celebrità, esibendosi
nelle situazioni più astruse, comprese le canzoni, RIGOROSAMENTE IN
PLAYBACK, in genere a fine puntata, con Bonolis che presenta due
ugole d'oro come Roberta Carrano e Laura Migliacci (figlia di cotanto
autore...)(che comunque ha pure lui i suoi begli scheletri nell'armadio...) dicendo: “Tutti voi sapete che questo programma è un
piccolo laboratorio di esperienze e di talenti...”, fly down, bro,
stanno per cantare “Tua tua, tua tutta tua-a-ahh”...
Morale,
Bonolis è messo all'angolo, gli studi del programma sono
letteralmente assediati da frotte di adolescenti vogliosi, che
mendicano autografi con la ferocia di sitibondi viaggiatori giunti in
prossimità dell'oasi. In mezzo alla mandria, si segnala sempre di
più, per disinvoltura davanti al mezzo, faccia tosta col pubblico,
autoironia con le altre ragazze e teleguidabilità, Ambra
(Boncompagni: “Come abbiamo capito di puntare su di lei? Beh, una
volta l'abbiamo vista che praticava la levitazione e ci siamo
convinti” - resta un paraculo meraviglioso....). La fanciulla
acquista gradualmente la leadership in studio, reggendo persino ad
una telefonata di fuoco di una spettatrice che, finito il giochino,
le dice: “Comunque, Ambra, non ti conviene continuare a fare tanto
l'arrogantella, perché le mosche sappiamo attorno a cosa volano!”
(scommetto che era una dipendente della RAI....). Si moltiplicano
intanto le esibizioni piscinare delle ragazze, tutte in rigoroso
costume intero e tuttavia sempre dentro e fuori dalla piscina dello
studio al ritmo della mai più dimenticata Please don't go,
fatta girare ad exhaustionem dalla
regia. Il tasso di stupidera cresce sempre più, si capisce che il
programma pensato per signore prossime alla menopausa è in realtà
un ormonodromo di prim'ordine per i ragazzi e un pozzo senza fondo di
ispirazione per il look per le ragazze dell'italico stivale. Se è
ben vero che l'età media delle giovani protagoniste di questo circo
è attorno ai 20 anni, i loro comportamenti
sembrano più acconci ad un segmento anagrafico anche precedente, che
guarda caso è proprio l'età preferita dai creatori dei
bimbominkismo. Per dire cioè che, anche se alcune di loro mostrano
ormai evidenti i segni fisici di una CERTA maturazione, i
comportamenti pratici sono quelli di una dodicenne. S'è tuttavia
ripetuto in più sedi che l'attuazione del bimbominkismo prevede la
cesura totale tra l'infanzia e l'adultità, come se la prima fosse un
mondo a sé che mai e poi mai deve evolvere nella seconda. Bene, e
famo fuori l'adulto, no?
3- La
consacrazione
Autunno
1993, terza edizione, prima puntata. Sigla e poi direttamente Ambra
che urla: “Le streghe son tornate!!!” (ciao, femminismo,
ciao...). Ebbene sì, un programma di un'ora e mezza scarsa in fascia
pomeridiana è affidato alle sapienti smorfie di una diciassettenne.
Cioè: secondo noi bastava guardare attentamente certe sue occhiate apparentemente rivolte al cielo per capire che c'era
qualcuno che le suggeriva le cose da dire tramite l'auricolare.
Eppure, quando la cosa saltò fuori, tutti cascarono dalle nuvole,
gridando al plagio, al regista vecchiaccio & bavoso che imboccava
le battute alla ninfetta. Boh. In realtà era l'unico modo per tenere
il cazzeggio nei binari della più assoluta controllabilità. E che
cazzeggio: senza più l'ingombrante presenza dell'Adulto
Significativo (non palesemente, perlomeno), è tutto uno scatenarsi
di giochi dello sponsor senza senso, balli nella e fuori dalla
piscina, canzoni playbackate con la stessa voce per 20 ragazze
diverse, Ambra inclusa. Roberta Carrano e Laura Migliacci sono sempre
più affiatate e sempre più scoordinate, Antonella Mosetti e Ilaria
Galassi tracimano classe nel cantare The sound of Silence col trasporto di due coriste il giorno della cresima, Alessia Merz
precipita dalla passerella mentre guarda con occhio languido la telecamere e la sua voce continua ad andare, Boncompagni fa miliardi coi diritti d'autore facendo cantare alla Carrano,
alla Gollini e a Roberta Ghinazzi (queste due amicissime tra loro,
poi separate da oceani di incomprensione e divismo) le canzoni da lui
scritte a suo tempo per la Carrà (qui l'originale, qui la copia),
esplode definitivamente il fenomeno Alessia Gioffi, ovvero l'Attila delle ballerine di tutti i tempi, e insomma si capisce che la mistura
mediatico-spettacolare messa insieme dal duo Boncompagni- Ghergo è
pronta per un salto di livello, che è poi il livello base delle
operazioni bimbominkistiche. Ecco allora spiegati i contenuti di
questa e della successiva edizione del programma:
a) La
compilation: come gli affezionati di Amici sanno, una bella
compilation con le voci dei protagonisti del programma che
canticchiano in libertà è un blockbuster assicurato. È così anche
in quei lontani giorni: i negozi di musica vedono affacciarsi sulle
loro vetrine i CD e le musicassette delle miscellanee musicali
cantate dalle ragazze, almeno di faccia, poiché la voce non sempre
pare corrispondere a quella che si sente in trasmissione. Ma il
pubblico non nota e gradisce.
b) La
compilation di Ambra. Ecco il carico da 11. Si decide di dare ad
Ambra la sua stessa voce, sapientemente aggiustata da tutti i mezzi
tecnologici che hanno fatto diventare intonate anche le Spice Girls.
Attingendo al giovanilismo più puro (ovvero Eros Ramazzotti sotto
spirito, una pinta di rap, Gigliola Cinquetti con la verve di Cindi
Lauper, Jo Squillo in sottotraccia) vengono sfornati singoli dal
successo clamoroso (deh, altro che Emma, altro che Alessandra...) dai
titoli mai più dimenticati, come T'appartengo (“T'appartengo
e io ci tengo, se prometto poi mantengo, m'appartieni e se ci tieni
tu prometti e poi mantieni, ti giuro amore un amore eterno, se non è
amore me ne andrò all'inferno, ma quando ci sorprenderà l'inverno,
questo amore sarà già un incendio”, ecc. ecc. ecc.) oppure
L'ascensore (“Sia maledetto questo amore che sale e scende
come un ascensore, vorrei fermarmi a respirare, sta già correndo su veloce, ma io spingo STOP” ecc. ecc.). Ambra è ormai assurta al
livello di una santa laica, ma la cosa interessante è che il suo
successo, in proporzioni infinitesimali, s'intende, dipende da
fattori che sono gli stessi che caratterizzano la Grande Icona
dell'Epoca Consumistica, nonché Grande Madre di ogni futuro fenomeno
giovanile che finirà in bimbominkismo, ovvero Louise Veronica
Ciccone, in arte Madonna. Bum. No, 'spetta che te la racconto: Ambra
è senza dubbio la meno bella di tutte le figliole in studio, ha la
voce meno interessante, balla meno bene, ma la sua clamorosa faccia
di tolla fa premio su tutto e la porta al timone del vascello;
Madonna, come è noto, bella non è, intonata neppure, balla come
ballano tutti, eppure eccola là. Perché? Perché crederci è tutto.
c)
L'incontro fatale (o il passaggio del testimone) con le boyband:
manco a farlo apposta, giusto nel 1994, già che erano lì per
Sanremi vari, passano da Roma a salutare Ambra e le altre proprio i
Take That, sulla soglia del successo totale, ma non ancora del
tutto esplosi (anche perché, in caso contrario, col piffero che
venivano a Non è la Rai, ve li immaginate gli One
Direction ospiti a La prova del cuoco?). I cinque bellocci
passano qualche giorno lì a cantare le loro hit, affidando il grosso
del metterci la faccia a Robbie Williams, che gode peraltro
ricciosamente a vedere tutto quel ben di Dio in studio. Le reazioni
delle ragazze durante i pezzi sono le solite (lacrime, urla, attacchi
epilettici) e anticipano tutto ciò che sappiamo. Il matrimonio tra
un programma pugnette maschili- friendly e gli idoli massimi
dell'eccitazione artistico- muscolare femminile sancisce di fatto
l'ingresso della civiltà italiana nell'era pre-Bimbominkia. Il vero
laboratorio di tutti gli sviluppi successivi in termini di cultura
consumistica di massa è lì. Dirà Boncompagni: “Non è la Rai
è un programma che piace alla sinistra pur essendo di destra;
registra il nuovo e anticipa le mode”. Sottoscriviamo.
d) Il
talk show nulladicente, giusto per sembrare seri. Sì, perché
ovviamente le critiche piovono copiose sul programma, vuoi per la
leggerezza fin troppo esibita dei toni (e non era che l'inizio...),
gli atteggiamenti spesso sguaiati delle ragazze (e non era che....),
la proposizione di un modello lolitesco altamente diseducativo per le
adolescenti dell'epoca (e non era...) ecc. ecc. (e non...). Vasco
Rossi dedica addirittura una canzone al programma (qui l'originale,
qui la reazione delle ragazze). Strategia delle dirette interessate
per dimostrarsi tutt'altro che plasticose: scegliere una tragedia a
caso e dire che ne sono al corrente. Così, mentre a Mosca
l'allora presidente Boris Vodka Elstin bombardava con disinvoltura il parlamento russo reo di essersi dissociato dall'azione militare contro la Cecenia, e la cosa andava naturalmente in
diretta TV, Ambra apre la trasmissione dicendo che “siamo
consapevoli che in questo momento in Russia stanno succedendo COSE
MOLTO BRUTTE e siamo vicine al popolo russo, non vogliamo che pensiate che siamo le scemette che giocano e si divertono e non sanno
cosa succede nel mondo”. Certo, allora bisognava fare così sempre.
Ma tant'è. Poi c'è il momento serissimo, quello del talk show
autoreferentesi, condotto da un'altra vecchia conoscenza
boncompagnica, l'attrice Sabrina Impacciatore, che col look di
Flanny di Candy Candy (qui l'originale, qui la copia) sembra
giusto la maestrina cessa nella classe delle bellocce, e tuttavia
gestisce con piglio i profondissimi dibattiti, cui le ragazze
partecipano nel modo che potete vedere (ah, no, è sparito il video, pace...).
Erano del resto gli anni in cui la De Filippi dava vita ad Amici prima versione. Si vede che era stagione.
Erano del resto gli anni in cui la De Filippi dava vita ad Amici prima versione. Si vede che era stagione.
e) Il
televoto. Ambra, cioè Boncompagni, lancia a un bel momento la
votazione da casa per eleggere la ragazza più bella del programma.
Votazione a cui concorrono naturalmente le varie esibizioni in
studio. Vince Nicole Grimaudo, che peraltro ha tuttora una carrierina
caruccia caruccia. A dde fili', ma nun c'hai proprio 'nventato
gnente....
4- La
hybris e il tramonto.
Registrato
poi il debutto di future personcine di un certo riscontro come Lucia Ocone, Romina Mondello e... vabbe', queste due, il potere mediatico
di Ambra (che si mette a dare lezioni di sanscrito attingendo
all'inesistente vocabolario Nuccitelli-Pica) supera ormai ogni
immaginazione, tanto da essere oggetto di sondaggi promossi dai
migliori istituti di sondaggistica, istituti che un giorno telefonano
anche A CASA MIA, nel 1995, per chiedermi cosa ne pensavo
dell'assenza di Ambra da una puntata del programma causa svenimento, se era vera la
storia dell'anoressia, se queste ragazze non venivano troppo
sfruttate per la loro età. Che tempi, che tempi...
Ma
restiamo al 1994: verso marzo, all'approssimarsi delle elezioni
politiche, siamo tutti col fiato sospeso, perché Berlusconi è
appena sceso in campo con FI alleato con Lega e AN, la DC si è sbriciolata nei tronconi PPI e
CCD, il PSI va estinguendosi, il PDS, cui peraltro fa concorrenzina
RC, si sente già in tasca le chiavi di Palazzo Chigi e noi, sì
noi, siamo ancora troppo piccini per votare, quindi non possiamo che
assistere... al numero di Ambra durante un giochino scemo col
pubblico da casa. A fianco della fanciulla compare un diavoletto
disegnato in sovraimpressione che assume faccine a seconda
dell'esigenza, ma il fatto è che Ambra, o meglio Boncompagni tramite auricolare, un bel
giorno ad un certo punto se ne esce dicendo che il diavolo vota
Occhetto, Dio vota Berlusconi. Apriti cielo. Dai telegiornali RAI,
ormai tutti col PDS, visto che non c'era più nessuno cui puntellarsi, partono
bordate ad alzo zero contro la politicizzazione del programma e il
condizionamento dell'elettorato in piena campagna elettorale. Lorenza
Foschini dedica mezza puntata del Tg2 ad un'inchiesta sul mondo delle pulzelle boncompagniche, affettando una sufficienza ai limiti della
compassione, chiedendosi “ma chi sono queste ragazze, come vivono,
è giusto metterle sotto i riflettori così giovani, che messaggio
portano, ecc. ecc.”. Scandalo sciocchino, secondo noi, perché alla
fine se un maggiorenne (pochi) guardava Non è la Rai era
quasi sempre già orientato verso un voto berlusconide. Forse, a
passare la cosa sotto silenzio, gli avversari ci avrebbero pure
guadagnato; ma fu l'ennesima esca per poter dichiarare la superiorità
morale, culturale, ontologica ed esistenziale della gente di
sinistra rispetto a coloro (pochi, dicevano) che avrebbero
scioccamente dato se stessi in pasto al volgare miliardario di
Arcore, le cui Tv ammannivano messaggi di totale bassezza, e comunque
sinistra = Verità. E vinse Berlusconi.
Ora,
a prescindere dalla scorrettezza o meno della trovata del diavoletto
votante, va detto che, dopo quell'episodio, obiettivamente l'aura di
innocenza che gravitava attorno al programma prese a sbiadire. Non
perché Ambra avesse catalizzato chissà quali voti o aperto chissà
quali squarci di vita vera dentro gli studi romani, ma in effetti la
cretineria della trasmissione era forse per la prima volta sfuggita
al controllo dei suoi creatori. E del resto, dopo due anni e mezzo
di invenzioni strampalate per tener su gli indici di ascolto, ormai
la lena comincia a venir meno. I volti delle ragazze sono quasi
sempre gli stessi, le canzoni anche, piuttosto noiosette in quanto
cantate da una o due voci prestate a chiunque, il superego di Ambra
inizia pure a venire sgamo e forse lei stessa comincia a capire di
essere imprigionata in un personaggio strettino.
In effetti il trapasso alla quarta e ultima edizione del programma registra una nuova volontà di rimbalzare le polemiche, volontà che si traduce nella sigla iniziale del programma con Ambra in versione don Basilio de Il barbiere di Siviglia che canta l'arietta “La calunnia è un venticello” (e chi vuol capire capisca), ovviamente in playback e con la voce non sua. Poi si fa in modo di replicare iperbolicamente alle accuse di ambrocentrismo circondando Ambra di fotografi in studio manco fosse Grace Kelly, facendole assumere pose volutamente da superdaiva, promuovendo ritornelli tipo “Ambra c'è” oppure “Ambra è pazzèsca? No, pazzésca!!”, giocando sulla diversa accentazione 'regionale' dell'aggettivo. Dall'altro lato, sembra si voglia anche tornare alle origini del programma, facendo fare ad Ambra interviste a gente saggia che parla, tanto per stare leggeri, del dramma dell'infanzia infelice nel terzo mondo (“Ad ogni battito di mani in India nasce un bambino, in Italia uno ogni 15 secondi”). Già già. Da un lato si espelle l'unico adulto rimasto in studio, ovvero la coreografa, e la si sostituisce direttamente con Pamela Petrarolo, che ogni tanto si cimenta anche a cantare Aretha Franklin, così per sport (Boncompagni: “A 19 anni, Pamela è la più giovane coreografa televisiva DEL MONDO”, anvedi che tajo...), dall'altro si procede ad introdurre lo spazio Non è la Rai cult, ovvero spezzoni delle edizioni passate mandati in onda e poi commentati da Ambra stessa. È chiaro che un programma che si mette a fare la storia di se stesso è conclamatamente sulla via della chiusura.
In effetti il trapasso alla quarta e ultima edizione del programma registra una nuova volontà di rimbalzare le polemiche, volontà che si traduce nella sigla iniziale del programma con Ambra in versione don Basilio de Il barbiere di Siviglia che canta l'arietta “La calunnia è un venticello” (e chi vuol capire capisca), ovviamente in playback e con la voce non sua. Poi si fa in modo di replicare iperbolicamente alle accuse di ambrocentrismo circondando Ambra di fotografi in studio manco fosse Grace Kelly, facendole assumere pose volutamente da superdaiva, promuovendo ritornelli tipo “Ambra c'è” oppure “Ambra è pazzèsca? No, pazzésca!!”, giocando sulla diversa accentazione 'regionale' dell'aggettivo. Dall'altro lato, sembra si voglia anche tornare alle origini del programma, facendo fare ad Ambra interviste a gente saggia che parla, tanto per stare leggeri, del dramma dell'infanzia infelice nel terzo mondo (“Ad ogni battito di mani in India nasce un bambino, in Italia uno ogni 15 secondi”). Già già. Da un lato si espelle l'unico adulto rimasto in studio, ovvero la coreografa, e la si sostituisce direttamente con Pamela Petrarolo, che ogni tanto si cimenta anche a cantare Aretha Franklin, così per sport (Boncompagni: “A 19 anni, Pamela è la più giovane coreografa televisiva DEL MONDO”, anvedi che tajo...), dall'altro si procede ad introdurre lo spazio Non è la Rai cult, ovvero spezzoni delle edizioni passate mandati in onda e poi commentati da Ambra stessa. È chiaro che un programma che si mette a fare la storia di se stesso è conclamatamente sulla via della chiusura.
La
traccia più evidente dei germi bimbominkieschi è poi la decisione
di 'rinfrescare' il cast sbarazzandosi di alcune facce storiche (molte delle quali ormai insofferenti del ristretto ruolo loro dedicato - rispetto ovviamente ad Ambra- e ansiose di spazi televisivi nuovi) e
sostituendole con una pletora di sgallettanti 12-14enni totalmente
incapaci di fare alcunché, sì che il programma, ridotto ormai ad un
asilo intervallato da sfilate di moda, precipita verticalmente negli
ascolti. Il coté bimbominkiesco è tutto nell'avvicendamento tra
18-25enni che facevano le sceme COME delle tredicenni e le tredicenni
vere, sbattute in diretta TV ad esibire l'abisso del loro niente.
Si
giunge così, tra sbadigli copiosi, all'ultima puntata del programma,
in un caldo pomeriggio di giugno, con Ambra che, un po' mimando il
playback, un po' piangendo mentre il playback continua ad andare,
'canta' T'appartengo in mezzo ai torrenti di lacrime delle
altre ragazze che si abbracciano inconsolabili per l'ultimo addio. Il senso di un'avventura che finisce, un'epica cavalcata tra le praterie dell'Immaturità come unico stile di vita,
la parentesi di un'adolescenza vissuta in primo piano entro una
dimensione giocosa ed irreale, un successo travolgente basato sulla
pura visibilità televisiva (Gaia Camossi: "Probabilmente è stata la prima trasmissione che rendeva i protagonisti, noi ragazze
quindi, persone più vicine al pubblico perché senza particolari doti o
capacità. Semplicemente stavamo in televisione perché carine e questo ci
ha reso più umane e più vicine ai desideri di fama di chiunque", ah, lo sai...!): tutto ciò veniva a compimento quel
giorno, anche se molte delle ragazze ed ex-ragazze del programma
erano già sul trampolino di lancio per nuove esperienze, laddove
altre, dopo fugaci illusioni nell'immediato post- Non è la Rai,
imboccheranno la via di un lento oblio, alcune digerendo bene la
cosa, altre, ci dicono, no. Soprattutto, però, veniva in quel lontano
giorno gettato il seme della rivoluzione bimbominkiesca, aprendo
quello che pareva un sentierino per noi della Generazione X su cui
instradarci in cerca di facili distrazioni dal nulla postideologico
dei primi anni '90, laddove, deh, folli!!!, i destinatari veri di
quelle impalpabili spore erano coloro che appena appena erano nati in
quegli anni '90 o sarebbero nati di lì a poco: ad accoglierli
avrebbero trovato non tanto un mondo fatto di robot difensori della terra o di adulti con la sindrome
di Peter Pan, bensì sistemi di pubblicità e consumo pronti ad
alluvionare nelle loro menti piccine il concetto di Stupidera Perenne. Così del resto il programma si era mosso in quelle quattro edizioni: l'assenza di talento elevata a sistema, la falsificabilità iperduplicata della performance canora (ah, Benjamin...), la grafichetta pucciosa, gli effetti sonori da videogioco, l'erotismo soffuso di imbecillità, tutto contribuì a creare un intermundium sganciato dal reale in cui perdersi con voluttà.
5- Un
simpatico bilancio
Comunque lo si voglia considerare, questo programma ha significato molto dal punto di vista dei messaggi sociali, quelli soprattutto volti a negare fondamentalmente la serietà delle cose, sostituendovi l'idea che il cazzeggio è un diritto biologico, una volta che si sia trovato qualcuno cui delegare il funzionamento del mondo. C'è semmai un dato sincronico che lascia pensare: Non è la Rai è andato in onda in un quadriennio in cui nel nostro Paese è successo di tutto. Si noti: dal settembre 1991 al giugno 1995 abbiamo avuto:
- Tangentopoli
- assassini mafiosi di Falcone e Borsellino
- crollo dei partiti di governo della prima Repubblica
- uscita dell'Italia dallo SME
- avvisi di garanzia assortiti a Craxi ed Andreotti
- attentati eversivi mafiosi a Roma, Firenze e Milano
- discesa in campo e vittoria elettorale di Berlusconi
- caduta del primo governo Berlusconi e sua sostituzione col governo dei tecnici guidato da Lamberto Dini
Dicasi, la repubblica italiana conosceva la sua più turbolenta stagione dai tempi degli anni di piombo. Nonostante l'urgenza e la gravità degli eventi, ai giovani di allora si preferì ammannire per via massmediatica una sorta di bromuro, lasciando che la piazza, la cara vecchia piazza sede di tutte le grandi rivoluzioni mancate, provvedesse, tramite lanci di monetine, a sotterrare i mostri del passato recente. Credo in effetti che soprattutto la televisione sia rimasta disorientata, all'epoca, non avendo più i tradizionali referenti politici certi (tranne ovviamente Rai Tre, nei cui telegiornali si centellinava con trattenuto compiacimento l'elenco giornaliero degli inquisiti per tangenti appartenenti ai partiti di governo). Come leggere il fenomeno tangentopolizio nelle sue cause prossime e remote? Come spiegare a noi, che all'epoca identificavamo il massimo di cattiveria con quella degli alieni che si accanivano sempre e solo col povero Giappone, la realtà di individui e organizzazioni criminali italiane che in totale tranquillità scioglievano bambini nell'acido e facevano saltare in aria magistrati in Fiat con un carico di tritolo sufficiente a sventrare una colonna di carroarmati? Come prendere coscienza del fatto che gli assi del mondo pendevano ormai solo verso l'Atlantico, che la cultura americana coi suoi modelli era ormai inarrestabile, e tuttavia dall'estremo oriente stava per arrivare il ciclone giallo? Come avvisare che l'apparente benessere infinito che gli anni '90 sembravano aver inaugurato era una bomba ad orologeria? Alla fine la gioventù d'allora si rifugiò nelle rispettive parrocchie (religiose, politiche, consumistiche) senza che si sviluppasse un desiderio comune di capire assieme; chi si lasciava indottrinare dalle idee di lotta e di governo sentì che era giunta l'ora 'per quelli là' di pagare una volta per tutte, e non volle sentir ragioni da parte di chi chiedeva di distinguere caso per caso senza abbandonarsi a linciaggi cumulativi; chi vedeva il partito confessionale sciogliersi, provvide semmai ad autopulirsi la coscienza, separando Cesare da Dio e aspettando che il temporale passasse; chi sapeva poco e voleva forse saperne di più, restò spesso sedotto dalle luci del godereccio divertimento adolescenziale e, giusto per non perdere gli anni più belli, lasciò che le altre cose andassero per conto loro. Ed è con quest'ultimo segmento popolare che si identifica Non è la Rai, non nel senso che il programma sia servito scientificamente alla distrazione di massa, piuttosto a dimostrazione che, dopo decenni di lettura ideologica, cioè deformata & falsa, delle coordinate del reale, parte della nostra società non ne ha semplicemente più potuto, e il bisogno di leggerezza, compresso da una cappa quarantennale di minacce reciproche tra sistemi politico-ideologici, si è ad un certo punto liberato così da non potersi arrestare nemmeno nell'imminenza di nuove problematiche a livello nazionale e globale. Come dire: "Sono dieci notti che non dormo, adesso, mi esplodesse pure la casa, voglio starmene nel letto!"
Dicasi, la repubblica italiana conosceva la sua più turbolenta stagione dai tempi degli anni di piombo. Nonostante l'urgenza e la gravità degli eventi, ai giovani di allora si preferì ammannire per via massmediatica una sorta di bromuro, lasciando che la piazza, la cara vecchia piazza sede di tutte le grandi rivoluzioni mancate, provvedesse, tramite lanci di monetine, a sotterrare i mostri del passato recente. Credo in effetti che soprattutto la televisione sia rimasta disorientata, all'epoca, non avendo più i tradizionali referenti politici certi (tranne ovviamente Rai Tre, nei cui telegiornali si centellinava con trattenuto compiacimento l'elenco giornaliero degli inquisiti per tangenti appartenenti ai partiti di governo). Come leggere il fenomeno tangentopolizio nelle sue cause prossime e remote? Come spiegare a noi, che all'epoca identificavamo il massimo di cattiveria con quella degli alieni che si accanivano sempre e solo col povero Giappone, la realtà di individui e organizzazioni criminali italiane che in totale tranquillità scioglievano bambini nell'acido e facevano saltare in aria magistrati in Fiat con un carico di tritolo sufficiente a sventrare una colonna di carroarmati? Come prendere coscienza del fatto che gli assi del mondo pendevano ormai solo verso l'Atlantico, che la cultura americana coi suoi modelli era ormai inarrestabile, e tuttavia dall'estremo oriente stava per arrivare il ciclone giallo? Come avvisare che l'apparente benessere infinito che gli anni '90 sembravano aver inaugurato era una bomba ad orologeria? Alla fine la gioventù d'allora si rifugiò nelle rispettive parrocchie (religiose, politiche, consumistiche) senza che si sviluppasse un desiderio comune di capire assieme; chi si lasciava indottrinare dalle idee di lotta e di governo sentì che era giunta l'ora 'per quelli là' di pagare una volta per tutte, e non volle sentir ragioni da parte di chi chiedeva di distinguere caso per caso senza abbandonarsi a linciaggi cumulativi; chi vedeva il partito confessionale sciogliersi, provvide semmai ad autopulirsi la coscienza, separando Cesare da Dio e aspettando che il temporale passasse; chi sapeva poco e voleva forse saperne di più, restò spesso sedotto dalle luci del godereccio divertimento adolescenziale e, giusto per non perdere gli anni più belli, lasciò che le altre cose andassero per conto loro. Ed è con quest'ultimo segmento popolare che si identifica Non è la Rai, non nel senso che il programma sia servito scientificamente alla distrazione di massa, piuttosto a dimostrazione che, dopo decenni di lettura ideologica, cioè deformata & falsa, delle coordinate del reale, parte della nostra società non ne ha semplicemente più potuto, e il bisogno di leggerezza, compresso da una cappa quarantennale di minacce reciproche tra sistemi politico-ideologici, si è ad un certo punto liberato così da non potersi arrestare nemmeno nell'imminenza di nuove problematiche a livello nazionale e globale. Come dire: "Sono dieci notti che non dormo, adesso, mi esplodesse pure la casa, voglio starmene nel letto!"
Resta
così, a perenne monitor (ah, ah, ah...) di ciò che poteva essere ed
effettivamente è stato, il pezzo forse più rappresentativo
dell'universo psicologico che fa da brodo di coltura di Non è la
Rai, ovvero il gioco delle secchiate, inizialmente proposto come gioco dello sponsor e poi impiegato come entertainment a sé: quattro
ragazze sorteggiate da Ambra si posizionano dentro altrettante finte
cabine da spiaggia, ciascuna dotata di una leva collegata ad un
secchio più o meno pieno d'acqua. Al pubblico da casa la scelta
della malcapitata da testare e, in caso di secchiata, gavettone
assurdo, pianti della vittima e risate delle altre. Tutto qui. Come
fosse un episodio di Tom e Jerry. Nessun senso, nessun
messaggio. O forse un unico grande non-messaggio: attenti, il destino
ha in serbo una secchiata per ognuno di voi. Perché? Perché di sì.
O magari no. La civiltà bimbominkia, commossa da cotanto avviso,
ringrazia.
Ho vaghi flash infantili di questo programma... La piscina, lo scenario... Qualcosa di baluginante e quasi misteriosamente legato a un'età di pre-coscienza... ;)
RispondiEliminaricordo che c'erano anche alcune minorenni ben al di sotto dei 15 anni..
RispondiEliminaricordo che c'erano anche alcune minorenni ben al di sotto dei 15 anni..
RispondiEliminaIo sono molto legato a questo programma malgrado fossi bimbo all'epoca. Ho senza dubbio bei ricordi ma quello che dice l'autore è ahimè la verità
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