Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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lunedì 6 aprile 2015

I grandi réportages gastronomici di Eligio de Marinis: sciccherie a Loreto

"No, no e no! Io in quel buio andito non entro!", così la Spocchia si era rifiutata di sperimentare la cena in un ristorante-hotel perso su una collina, ma certamente abitato da presenze umane. I borbottii dell'Arciduca, che si confondevano col rombo del motore dell'automobile, segnavano gradi crescenti di disapprovazione.
"Moglie mia, piove e nessuno mai avrà da ridire se entriamo lì... Non vorrai che la serata finisca a trancio di pizza...".
"E se fosse?".
"Chiudere il sabato santo con pane lievitato, saprofiti frullati e jambon mi pare riduttivo...".
"Se a te, marito mio, non aggrada la prosciutto e funghi, la cosa mi cale poco assai!".
Discorsi di questo tenore, mentre i fari delle auto che correvano sul fondo della strada arrivavano a riflettersi nel monocolo dell'Arciduca. No, in effetti l'ingresso di un turista solitario sotto la pioggia avrebbe ingenerato dietrologie di sfigaggine francamente irritanti. La Spocchia era nel giusto. Riavviai l'auto, riguadagnai la strada principale, riaccesi i grugniti dell'Arciduca, che di duodeno insisteva a criticare la mia scelta, ma tanto fu. E ora?
"Beh, ci sarebbe sempre quel ristorantino dai prezzi esagerati che....", attaccò la Spocchia.
"Di bene in meglio, moglie! Facciamoci pelare del tutto!!" protestò l'Arciduca, memore degli espropri napoleonici avvenuti in zona due secoli fa "Hai già scordato le pagelle di Tripadvisor? Prezzi alti, piatti piccoli!".
"E vabbe', ordiniamo antipasto, primo, secondo e ci saziamo di certo!".
"Come no! Che ideona...".
Ideona che pure mi piacque, ciò per cui voltai d'impeto a destra l'auto, mandando a sbattere Spocchia e Arciduca contro i rispettivi vetri, zittendoli il necessario per trovare il ristorante "Da Pasqualda" [nome di fantasia, metti che leggano il blog, poi finisce come quelli del festival di Mantova...].
Sotto secchiate di pioggia guadagnai la porta del locale, parzialmente a vetri, vetri dai quali la proprietaria osservava il mio incedere, incerta suppongo se aprire o meno a un turista solitario che magari arrivava lì per mangiare solo l'antipasto e le occupava un tavolo da quattro.
Mi aprì, tuttavia, ma prima di lasciarmi entrare attese il cartiglio di presentazione.
Decido allora di passare al presente storico e mi aggiusto una faccia da Ditino Pretenzioso feat. Pulcino pio: "Salve, sono da solo, mi prendete lo stesso?". La vice-Pasqualda, ovvero la Caposala del ristorante, mansione segnalata dalla giacca nera, i jeans e le ballerine nere per i piedi piatti, che pur piatti non possono essere serviti [questa serviva per dare colore, magari piatti non erano], mi squadra impietosita, poi mi dice: "Ma certo... Mi dia il soprabito...", mentre Pasqualda attiva il portaombrelli, mi ri-squadra dubbiosa, poi sussurra all'altra: "Questo  lo mettiamo di lì...", come se parlasse di uno stivale spaiato, quindi mi conduce "di lì", ovvero in una sala attrezzata alla "sentitevi inadeguati, please": musica jazz-lounge-chillout- classico che non passa, colonne a specchio, camerieri a specchio, nel senso che si specchiano nella loro professionalità e poi si ricordano che ci sono lì i clienti, tavoli ampi e decorati con composizioni floreali tutte diverse, coppie affamate, famiglie misticanza (una ha il padre coi capelli all'indietro, basettoni, figlie preadolescenti e chiattissime, felpa col cappuccio e fuseaux - no fashion, no fashion - moglie intellettuale bionda tinta, dall'altra parte padre, madre e due figlie cavallone assai piacenti, peccato per l'accento, una tutta tatuata e lievemente forte di glutei, poi se li alloggi nei jeans slavati attillati, eh, però - no fashion, no fashion - l'altra deliziosamente musona, stacco di coscia di un metro e venti, faccia triste per dire "sono troppo per chiunque....", però lo smartphone manda e riceve whatsapp), tris formato da lui, lei e il simpatico frugoletto Duccio, che entra in sala giocando col videogioco dell'Ipad e non la smette più, nonostante le suppliche dei genitori (bimbominkia!!!).
Caposala mi fa sedere a un ampio tavolo spoglio, non per punirmi, ma perché l'arredamento progressivo del medesimo fa parte dello show. Scopro poi l'esistenza degli altri camerieri, le due appena di grado inferiore a Caposala, ovvero Pinocchia e Giappa, distinte dalla livrea nera e dal farfallino, e i due sotto-sottoposti, Pinocchio e Pagnotta, camicia bianca e cravatta nera.
Pinocchia ha la boccuccia a becco d'anatra e il nasino affilato, oltre alla coda di cavallo affilata, e serve i clienti con affilata professionalità, spiegando in modo affilato le caratteristiche dei piatti, ma sempre con un tono come se capisse che i clienti non sono lì per capire, ma per mangiare. Giappa, che sembra la nonna di se stessa, sorride quasi impietosita, conscia delle infinite sorprese culinarie che attendono gli avventori, ignari delle dimensioni new age della cucina secondo Pasqualda. Il suo musino a ciabatta si illumina solo se deve servire il vino, ma sembra la nonna di Aiko di Hello Spank quando mesce il saké. Pinocchio ha un tatuaggio sul collo, sembra un pinocchietto con le bretelline, esce trionfante dalla cucina con un piatto con su tre pomodorini e serve lo zucchero nel caffè come pochi. Pagnotta è addetta a servire il pane ai tavoli, in linea con la propria silhouette, e serve i piatti solo se il numero dei clienti al tavolo è dispari, e Pinocchia e Giappa hanno verosimilmente solo due braccia.
Ecco dunque le tappe del Viaggio nell'Estasi:
1) Il menù: saltato a pie' pari quello di mare/terra con dieci piatti per un totale di 80 euro, compongo à la carte: antipasto detto "5/4 di scottona", probabilmente un indovinello; primo detto "lo gnocco viola ripieno al salmì di lepre con burro e salvia"; secondo detto "il maialino alla brace". Lo gnocco alluderà a LO gnocco per antonomasia, come usa ora presso i ristoratori (come quando servono LA misticanza, per dire che la cicoria e la lattuga che ti danno loro non hanno rivali in tutta l'ecumene), oppure devo aspettarmi un solo gnocco? Il maialino sarà ancora vivo? E come può una scottona dare luogo ad una frazione impropria?
2) Quante sciocche domande... Ben più urgente è chiedersi dove siano le posate... Ah, no quelle arrivano con le pietanze... Anche l'acqua è servita sempre da loro, appena vedono che hai bevuto un sorso, subito rabboccano, e per evitare che tu, tapino, te la versi da solo, la collocano su un tavolinetto a sei metri dal tuo, così t'impari.
Ma il lounge è lounge... Arriva Pagnotta, tutta flautata: "In attesa dei piatti, apriamo con una caramella di pecorino su stecco di legno" e mi propina un bicchiere a forma di budello con dentro il sale grosso per tenere fermo lo stecco ove è allocato un pezzo di formaggio fritto al microonde e poi lasciato rapprendere che prende quella caratteristica consistenza a ragnatela. Gnam. Ah, che sazietà...
3) Sì, ma le posate? Ma, no, buzzurro, prima arriva il pane! Riecco Pagnotta con un vassoio bislungo recante grissoni bislunghi (fatti col Bimby), serviti con le molle, quindi in un piattino mi viene versato dell'olio, con evidente invito a fare scarpetta (ma non era volgare?). Però, scarpetta col grissino...
Infatti Pagnotta ritorna e porta "il nostro pane, adesso Le spiego: al centro c'è il pane...  pane diciamo [quello dei plebei, se lo togliete vengono giù tutti gli altri], poi pane di patata [ = fondo della pentola della polenta con consistenza pane carasau], pane di patata viola [idem, ma viola], pane [a forma di stringa cicciuta] e panini col formaggio nell'impasto". Ah, il pane. Adesso sì che si può fare scarpetta.
4) Macché: piomba dopo due minuti Caposala con una scatolina rettangolare 25x3. Gesù, i fiori di Bach a quest'ora... "Questa è la sopresa dello chef. Apra un po'..." [apro un po'...] "ecco, vede come prima cosa una pallina di tartare di carne che Lei dovrà infilare nel sacchettino delle spezie, shakerare e quindi mettere sulla fettina di pane fritto, poi la mangia... questa è la nostra oliva ascolana da montare!!". Facciamo notare che la pallina ha il diametro di un centimetro, così come la fettina di pane. Dopo aver litigato col sacchetto per capire dove diavolo si apre, apro, shakero, ma mi va tutto da una parte, quindi impiatto nella fettina. Ri-gnam. Ah, le calorie...
5) Le posate, le posate!!! Ah, no, vanno al tavolo di Duccio. Il quale Duccio, che ovviamente di questi piatti raffinati se ne fa un baffo, ordina tagliatelle al sugo. Rispetto ai tempi biblici delle altre portate, le tagliatelle arrivano IN QUATTRO MINUTI, potenza del cibo plebeo.
Ma no, noi siamo nel Parnaso! Ed ecco le posate! Che sono l'avviso dell'arrivo del piatto, recapitato dopo 8 minuti. Ed ecco la frazione impropria: piatto oblungo, con su tracce di elaborazione carnea, rispettivamente un fagottino di roastbeef con puré, un sospiro di bresaola con tre cilindretti di caprino, un bottoncino di carpaccio, un dado di lingua, un cuneo di tartare di manzo ottenuto col sac-à-poche. "Buon appetito!", opina Caposala. Adesso sì che posso usare "il nostro pane". Certo, senza ingozzarmi, veh...
6) Ciao assaggini, vi amammo. Ma se ne vanno anche le posate, e ora? Intanto osservo Basettone che osserva le cavallone mentre la figlia chiatta1 si alza per andare in bagno. L'impietoso confronto gli fa scuotere il capo. Poi si alza la figlia chiatta2, e la felpa a lustrini si mostra inadatta a coprire tutto. Vuoi mettere il tailleurino della cavallona col broncio? E giù bicchieri di bianco per dimenticare.
Oplà, "continuiamo il Suo antipasto di scottona!" e Pinocchia mi serve tutta secchioncella "il nostro miniburger di scottona, la nostra trippa e per digerire il gelato al peperone". Ah, però.
Eccoci alla prova del fuoco: il miniburger, diametro due centimetri, accoglie al suo interno due minifette di minilatttuga e appunto il minipezzo di scottona (il quinto quarto, direi). E' tenuto fermo da un ministuzzicadenti, ma non ci sono posate. C'è invece una miniforchetta atta a gustare la minitrippa, contenuta in un ditale di alabastro a forma di conchiglia, mentre il minicucchiaio serve a mangiare la miniperla di gelato arancio che è proprio peperone.
"Non oserai mangiare con le mani il miniburger, vero?", mi squadra severo l'Arciduca. Certo che no, ribatto, anzi, mi aiuto con lo stuzzicadenti: trafiggo il pane, alzo, addento di lato e... flip, tutta la miniscottona fuori dall'altro lato. Allarme fashion, sotto con la forchettina della minitrippa per recuperarla, macché mi scappa da tutte le parti, oddio la mia cena! Allora la Spocchia mi passa una fetta di pane di patata, che con la sua consistenza laminacea mi consente di bloccare la fuga del bocconcino. E gnam.
A vigorose miniforchettate drago la minitrippa dal suo fondale, quindi azzanno la miniperla di gelato al peperone, oh è davvero peperone, senti come fa digerire. E sul burp finale, passa Giappa, compatendomi, a ritirare il piatto oblungo.
7) Minuti interminabili senza posate, mentre i miei vicini attendono qualcosa da ormai mezz'ora. Carino, il poggiapiedi per la borsa della signora. Io allora attacco "il nostro pane" già che è lì, faccio scarpetta e Giappa approva.
Ma ecco le posate!!! E basta. Forse dovrei guardarle per saziarmi, come il cane di Eta Beta.
Cavallona tatuata esce a fumare tra gli sguardi invidiosi delle astanti. Cavallona musona fotografa il brodo. I miei vicini attendono qualcosa che non arriva. Pinocchia mesce miniburgher alla famiglia chiatta, ma Basettone, che era lì per lo spiedo (devono averlo indirizzato male), disapprova.
Perdiamo nel frattempo la coppia del tavolo lontano, dopo che lei ha pesantemente commentato un MMS, ma guadagniamo... lo gnocco, anzi gli  gnocchi, viola per davvero. O meglio: loro sono grigiotti, ma cosparsi di una specie di farinetta viola, o forse è formaggio grattugiato passato nel mirtillo, o forse sto per mangiare i veri funghi di yuggoth che tanto piacevano a Lovecraft, boh. Sì, in effetti i sei bagolotti informi sembrano pronti a prender forma per impossessarsi del mio corpo, ma la mano dell'Arciduca è più lesta, e un sol colpo di forchetta basta a sventrare il primo mutante, che trimalchionicamente mostra il contenuto che non ti aspetti, ovvero un soffice ripieno che al gusto è proprio di lepre, ma lepre lepre, roba che a non stare attenti lo gnocco scatta e vola via. Gustoso, davvero, anche perché Pagnotta mi ricarica di pane & grissini, laddove al tavolo delle cavallone si brinda.
8) Ciao Lo gnocco, ci piacesti. Gulp, non passano tre minuti che arrivano già le nuove posate. Il tutto mentre Duccio fa strage di nemici, e sua madre strage di sugo sulla camicetta. La serata va scaldandosi. E infatti, a breve distanza dalle posate arriva il maialino, ovvero una morbida fetta suina, tenera & polposa, accompagnata da se stessa, nel generale tripudio creato dalla croccantezza della cotenna e dalla tenerezza del filettino di grasso che corre tutt'attorno la carne color ocra pallido, ben cotta, ben calda, scioglievole al punto giusto, anche perché finalmente anche la coppia vicina dà un senso al suo esserci: sono arrivate le costine d'agnello, ordinate prima che io arrivassi. Infatti le serve Pasqualda, conscia della figuraccia.
9) Ciao, maialino, s'è fatta 'na certa... "Gradisce la nostra carta dei dolci?", mi chiede Caposala, "No, va bene così, mi basta un caffè corretto sambuca", e lei, fulminandomi con lo sguardo perché ho OSATO rifiutare il dolce, sibila: "Sì, ah, beh, certo, glielo faccio preparare...". E così passa mezz'ora, me imprudente... Ciò non vuol però dire ch'io e la Spocchia ci si sia macerati nella noia: abbiamo visto Basettone ubriacarsi, la coppia al nostro fianco finire l'agnello in fretta e furia, ma soprattutto, verso metà della mezz'ora, arriva Giappa con un'altra posata. Il cucchiaio che preannuncia il caffé? Ah, no, è una specie di rasoio da barbiere... Che, mi vuole sgozzare perché non ho preso il dolce? No, col rasoietto mi spazza via le briciole dal tavolo, e le raccoglie nel cestello di vermeil. E il tempo passa... E Caposala guarda al mio tavolo, pentita forse, o forse mefistofelica, ma la verità è che, se anche non ordinai il dolce, loro vogliono che io ne goda. Ed ecco, non richiesta, "la nostra piccola pasticceria", ovvero un bicchierino oblungo con dentro la crema catalana, un ricciolo di pannacotta a forma di stelllina, un fruttino rosso come quelli che magiano i draghetti di Bubble Bobble e un'altra cosa colorata. Domanda: come faccio a ingollare la crema catalana? Semplice, bisogna attivare il livello bonus costituito dal cucchiaio con sopra il ricciolo di pannacotta. Allora prima devo mangiare il ricciolo. Gnam, che boccone grosso... Ecco che il cucchiaio affonda generoso nella catalana, la quale ovviamente finisce ovunque tranne che in bocca, ma un rapido colpo di mano risolve la tracimazione.
Essendosi la curva glicemica alzata di tanto così, ripassa Pinocchio a chiedermi se voglio ordinare il caffè. Ohibò, quindi Caposala ha obliato la comanda? Don't good, don't good.   
Giunge il caffé, sambuca a parte, "mi dica Lei quanta ne vuole" [versa, versa, che me devo scafazza' "], poi lo zucchero servito direttamente dai bricchi a cucchiaini, sia mai che il cliente si impiccichi le mani. E niente, sazio ma non pieno mi allontano con voluttà. Non prima di aver visto Pinocchio e Pagnotta raccattare i tovaglioli sporchi con le molle e metterli nel vassoio d'argento, pronti, immagino, "alla nostra lavatrice", il cui detersivo come minimo è ricavato dagli olii essenziali di jojoba con un tocco di vanillina.  

Il prezzo di tutto ciò? Suvvia, tra gentiluomini...
[peccato che cavallona col broncio fumasse...]

1 commento:

  1. Debbo ricordarmi di cooptarti come guida sulla mia navicella... gastronautica. ;)

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