Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 12 maggio 2019

Visti per voi: Il campione (L. D'Agostini)

Dopo la fiabesca incursione nel mito pre-romano di Roma stessa, Matteo Rovere decide di produrre un film per dimostrare che esiste un solo genere più incredibile del mito: la fantascienza, declinata per l'occasione nella storia di un calciatorino ventenne viziato e superpagato che decide di mandare a picco la carriera per prendere il diploma, in ciò convinto da un professore di lettere assoldato per dargli ripetizioni private che riuscirà a fargli passare la spocchia e ricondurlo sulla via della responsabilità. Al confronto Avengers è una novella di Maupassant.
Gli osservatori più attenti hanno scomodato paralleli audaci, come Will Hunting- Genio ribelle o Scialla!, ma io non disdegnerei L'uomo senza volto per il tema del docente di ripetizioni dal passato sfigatissimo e Il discorso del re per il tema dell'insegnante lanciato nell'impresa disperata con l'alunno altamente non malleabile, ma pure da non disdegnare sono Jerry McGuire e naturalmente Cars. Dopodiché, applicando alla casareccia le funzioni di Propp, la scansione della storia è quanto di più classico (all'americana proprio) ci si possa aspettare:
a: situazione iniziale: c'è un ribelle da rieducare e chiamano il salvatore della patria.
b: prime ribellioni: il ribelle vuol rimanere tale.
c: conversione inaspettata: il maestro trova la strategia didattica per far sì che il ribelle impari e tutto inizia ad andare sul verso giusto.
d: complicazioni proprio sul più bello: il ribelle scopre cose brutte brutte sul padre e ricomincia a sbroccare, congedando a parolacce il maestro.
e: resurrezione finale. 
Sul messaggio complessivo del film, essendo io insegnante e avendo avuto a che fare con calciatori di belle speranze (rimaste purtroppo tali), avrei parecchio da dire. Ma prima un bel non-riassunto. Ricordate che siamo in piena sci-fi.

Siamo nel lontano pianeta di Trigoria, dove il sovrano locale, magistralmente interpretato dal solito grande Popolizio (l'unico veneziano che riesce a fare il romano incazzoso), custodisce in un'improbabile bacheca strani trofei vinti da una certa squadra di calcio chiamata (pare) A.S. Roma (dove A.S. sta per Aspetta e Spera): 9 coppe Italia (contro le 13 della Juve muhahahaha), due supercoppe italiane (contro le 8 della Juve muahahahaha), una Coppa delle Fiere (vabbe', non infieriamo), tre  scudetti (contro i 35 della Juve muahahahahaha), omettendo, tapino, di documentare le innumerevoli figuracce in Champions League e soprattutto L'UNICA finale persa (contro le sette della Juve, muahahahaha... ah no...).
Orbene, alla corte del Sovrano arriva un calciatore peruviano, stanco di suonare col flauto il jingle del Nescafé, che appena entra nell'atmosfera del pianeta impara subito l'accento locale.



Christian Ferro (per gli amici CR 24) è stato in realtà ottenuto per fusione dei gameti di Cassano, Balotelli e Donnarumma, ereditando dal primo l'irresistibile propensione a compiere idiozie, dal secondo l'indisciplina, dal terzo l'allergia alla scuola. Accortisi dell'errorino in fase di montaggio genomico, il Sovrano e la Segretaria decidono quindi di affidare il pischello alle sapienti arti insegnantizie di un misurato Stefano Accorsi, calato alla perfezione nella parte del docente plurisfigato MA in grado di capire che il problema di rendimento del giovine si deve ad un elemento sfuggito a GENERAZIONI di docenti: il metodo di studio. Non meno sconvolgente è la soluzione al problema: organizzare le nozioni secondo (udite udite) SCHEMI con quadratini e freccette.



Si avvia così un reciproco avvicinamento di posizioni che porta a elegiaci momenti di condivisioni di sfighe pregresse, giusto per farci capire che anche dietro un ventenne straricco per meriti pedatori può celarsi un passato infelice; quanto alle disgrazie dell'Accorsi, siamo in orbita Susanna Tamaro.
Non meno evocativa è la corte dei miracoli che ruota attorno a Christian: padre scialacquatore, agente tuttofare trentenne bimbominkia, amici parassiti, fidanzata influencer che va in deliquio orgasmico per il raggiungimento dei 500k follower(s) e, per compensazione, ex amichetta delle elementari pura e cara che rappresenta un po' la Beatrice in mezzo a tante Angeliche.
In effetti, prevedibilità assoluta della trama a parte, la cifra stilistica del film è di tipo polizianesco, ovvero la tecnica del pochino di tutto, un raffinato gioco di tessere che citano senza approfondire, ma spingono il fruitore a cogliere accenni plurimi che poi deve arrangiarsi a sviluppare. Cristian ha perso la mamma sei anni prima per un brutto male (ma la cosa scivola via), Accorsi ha perso il figlio piccolo (ma la cosa scivola via), Cristian fatica ad apprendere anche perché è un pochino dislessico (non tutto, un pochino: mi chiedo i non addetti ai lavori che idea si siano fatti della dislessia...), la Beatricetta roscia è ovviamente la brava fanciulla intelligente ma poverella che tenta la strada di Medicina (e mettiamola lì), alla cena romantica i due finiscono in un ristorante nouvelle cuisine perculato con lepidezza (adieu, Craccò) per poi sfogarsi con un paninazzo del chioschetto (e mettiamola lì); il professore sfigato, che OVVIAMENTE guida la Fiat Multipla, cioè il correlativo oggettivo più concreto della tristezza umana, riceve dal calciatorino l'omaggio di guidare la Lambo e la spara a millemila all'ora verso il sottopasso... ma non accade nulla, cambio scena.
Eccetera eccetera.



La super crisi finale che porta alla catarsi esaminantizia, pur in presenza di un copioso contratto col Chelsea, chiude con luminoso idealismo una trama che, per l'esperienza che ho io del fenomeno, è poco poco lisergica.
Mi spiego: ho avuto a che fare con almeno 5 studenti calciatori che, alle falde dell'adolescenza, sembravano (o li avevano convinti di essere) lanciati verso orbite che si sarebbero concluse con l'approdo, minimo, sulle poltrone Frau della panchina del Bernabeu. Premetto per correttezza intellettuale-sociologica che nessuno dei suddetti 5 ha mai avuto nei confronti del sottoscritto atteggiamenti del tipo: "Io con un mese di stipendio prendo quanto Lei in un anno" o boiate simili.
Semmai, in un caso, il problema erano le astronomiche aspettative dei genitori che erano davvero convinti di avere un fenomeno in casa, e naturalmente i cattivi eravamo noi che osavamo dare insufficienze in latino. In un altro caso credo che nemmeno il diretto interessato credesse di poter aspirare a chissaché, ma intanto ci provava. C'è chi ha mantenuto aspirazioni, ma nel frattempo ha provveduto a iniziare l'università. Uno solo era arrivato davvero vicino vicino all'Empireo, ma una (a mio parere) sciagurata preparazione fisica da rinoceronte applicata su un fisico, diciamo, esilino, ha provocato una serie di disastri a catena che hanno fatto catafrangere irreparabilmente l'ascesa (due soldini li avrà messi via, suppongo, ma ovviamente sono briciole rispetto a Crsitianferro). Alla fine, tutti costoro, tranne forse uno che ha mollato del tutto, adesso transitano nelle serie inferiori.



Si comprende che, nessuno di costoro essendo arrivato ai livelli da serie A prima squadra di Cristianferro, i paragoni valgono poco, nel senso che gli atteggiamenti da piccolo principe di quello là loro non potevano certo permetterseli. La lisergia della trama quindi dove sta? Nel fatto che il caso di Cristianferro è un tertium non datur: o abbiamo "piccoli Pirlo crescono" che veramente se ne strasbattono della scuola e prendono la maturità con la sciolina, ma non buttano certo via i contratti stellari, oppure i miei ex studenti che, finita l'ubriacatura dei 17 anni, già a 18-19 capiscono che non era cosa e più o meno realisticamente si adattano. Basta. E' vero che nel film non si può capire cosa farà Cristianferro dopo la maturità, se abbia buttato ai rovi la carriera o si sia lasciata aperta qualche occasione, ma il finale di viziofighetteria redenta è pura utopia.
Ora, sulle colpe, enormi, di genitori e società nel gonfiare la fantasia dei calciatorini adolescenti già dissimo a suo tempo quiqui. Semmai verrebbe qui da chiedersi se, vista la situazione moribonda del nostro calcio a livello di competitività internazionale, Il campione non sia, paradossalmente, ormai anacronistico, parlando di un tipo di carriera e di un tipo di calcio cui ormai non si capisce chi possa accedere. Resta il problema, secondo me e la mia Spocchia, che forse il danno provocato dall'idolatria (economica e antropologica) del tipo-calciatore ormai ha prodotto danni che meriterebbero altri film e non questo. Troppi anni abbiamo passato a vedere i giovani sottoposti al drammatico messaggio "meglio calciatore ricco e ignorante che laureato sfigato"; non era infrequente sentire damazze della buona, buonissima società sdilinquirsi per il figlio calciatorino di successo, pregustando (loro, donne in carriera sposate con altrettanti mariti di pregio, quindi gente a cui non ne mancava) un futuro con nuora velina e faccino del figlio spalmato su giornali e tivvù; genitori a colloquio tutti contenti perché, è vero che il figlio era mediocre a scuola, ma giocava a calcio e in squadra "è un piccolo idolo", lasciando intendere che QUELLA era la sua vera realizzazione (retro-spoiler: anche questo ha mollato per problemi fisici... tutti a me capitano...).



Insomma, se adesso piangiamo miseria perché mancano i medici in corsia, non dico che tutti questi potenziali medici si siano dati al calcio, ma è chiaro che certa cialtronaggine bimbominkiesca trasversale tra adulti e piccini,  soprattutto nel primo decennio di questo millennio, ha prodotto un clima gravissimo di disconferma nei confronti di chi si "abbassava" a fare sforzi e sacrifici per conseguire competenze lavorative che, pur non facendo girare l'economia ai livelli dei calciatori, sicuramente hanno una ricaduta sociale ben più utile. La cosa spesso sfugge, ma il cervello di un adolescente anche bravo ma impressionabile può maturare un enorme scoraggiamento rispetto allo spirito di sacrificio in certe direzioni, quando vede che i sacrifici che rendono in termini di 'popolarità' sono altri. Aggiungete le pretese di trasformare la scuola in un luna park e il disastro è fatto. Poi non lamentatevi se non troverete uno capace di diagnosticarvi l'ulcera anche se vi sentirete un trapano nello stomaco. Noi ve lo dicemmo.




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