Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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mercoledì 3 luglio 2024

LE GRANDI BLOG-CRONACHE DI ELIGIO DE MARINIS. EURO 2024, SVIZZERA ITALIA 2-0, "LE MEMORIE CI ASSALGANO"

Se c’è mai stato un cartone animato che prova inequivocabilmente la tesi di Freud secondo cui il bambino piccolo è tutto fuorché un angelo, questo è Là sui monti con Annette, ambientato guarda te in Svizzera: nelle circa 50 puntate di questo psicodramma elvetico, giostrate nella Twin Peaks del Canton Vaud, ovvero Rossinière, vediamo in azione bambini capricciosi e vendicativi che si imbizziscono per episodi minimi, ragazzine bionde con un livello di permalosità Nina Moric plus

 


 

timidi aspiranti intagliatori di legno che giocano per tre quarti di episodio a fare la vittima, fratellini seienni petulanti che collezionano ermellini (vivi),

 


per salvare i quali non esitano a gettarsi in fondo ai precipizi salvo poi rompersi la gamba, il cui osso si salda poi in modo abnorme
(?) sì da rendere impossibile qualsiasi movimento, gli intagliatori predetti che si fanno una sciata in mezzo alla tormenta lungo il crinale che porta a Montreux, perché non hanno i soldi per il treno,  


solo per trovare un medico esperto a dissaldare ginocchia troppo rinsaldate, il tutto tra eroici tentativi del ragazzino di riconquistare l’amicizia perduta scolpendo nel legno arche di Noè puntualmente fatte volare in aria dalla biondina, nonché dispetti infiniti tipo la biondina che fracassa il cavallo ligneo dell’ ex amico per sabotare la sua altrimenti inevitabile vittoria al concorso della scuola, pentimenti,  fughe nel bosco in casa di vecchietti di dubbia affidabilità che però intagliano il legno divinamente,

 


 

la biondina che rischia l’assideramento e allora confessa all’ex forse ancora di nuovo amico il misfatto del cavallo, scuole elementari pluriclassi con episodi di bullismo che fortuna che non esisteva internet, dopodiché tutto si conclude con la fine delle scuole e la corsa di questi marmocchi demoniaci verso il loro pirotecnico domani.


Di fatto, siamo di fronte alla versione dark di Heidi. Cosa che rende allucinante il (banale) testo della sigla, vergato dalla compianta Alessandra Valeri Manera (RIP) e accompagnato da una musichetta troppo paciosa, che recitava: "Là sui monti con Annette/ dove il cielo è sempre blu/ là, con Dany e con Lucien/ vieni vieni anche tu" MA ANCHE TU COSA, IN MEZZO A QUEI BAMBINI PSICOPATICI?? (comunque nella seconda strofa anche la compianta non ha potuto fare a meno di chiamare 'diavoletti' i due, eh, 'nzomma, mentre nella terza Annette è definita UN PO' AGGRESSIVA e rancorosa, ma pronta a farsi una risata.. sì, dopo 23 puntate...)
 



Ciò spiega il disastro di sabato sera: undici piccoli Lucien convinti di avere davanti Heidi e che invece non hanno capito che la squadra avversaria era zeppa di Annette ferocissime, a partire dal roccioso capitano Annette Xhaka, per passare all’imprendibile Annette Embolo che si porta a spasso Di Lorenzo e Barella come gli ermellini di Dany, fino ai due cecchini che ci condannano all’eliminazione, il rapinatore d’area Annette Freuler e il cecchino da fuori area Annette Vargas. 

 


Noi, che poi avevamo rifiutato di guardare il primo tempo, perché in viaggio verso la città dove avremmo partecipato a un convegno sulla medicina pneumatica a una festa mangereccia, noi appunto con pizze e Vermentino andavamo a bussare alla porta, ma prima ancora di farlo sentivamo arrivare un Nooooooo!!! da dentro l’appartamento che ci infondeva i più cupi presagi, aggravati dal fatto che la maniglia della porta girava, ma la porta restava chiusa, finché sulla soglia compariva una gentildonna in gramaglie mormorando: “Ha segnato la Svizzera…”. Il che ci ha portati ad ignorare il secondo tempo, recuperando via registrazione tutto il match, anche perché il raddoppio svizzero appena rientrati dagli spogliatoi ci ha decisamente fatto preferire fregola e tramezzino diplomatico rispetto a quello strazio.

Strazio già tutto nell’inspiegabile congiuntivo impiegato da Caressa nel solito epic-pippone pre-gara: cosa vuol dire “Le memorie ci assalgAno?”. Visto il contesto della frase, e dato un rapido controllo a sei-sette grammatiche latine, esortativo non è, desiderativo non è, concessivo non è, potenziale non è, dubitativo nemmeno, suppositivo nemmanche, irreale no perché ci vorrebbe l’imperfetto. Ragionando alla stoica, la crisi del linguaggio è spia di un più generale impazzimento della struttura del cosmo, ed in effetti il Caressa medesimo, al 28’, osserva costernato che siamo troppo “frAttolosi” nella manovra. Mah. 

Che poi le statistiche iniziali di Bergomi che dovrebbero garantirci almeno un 56-0 e invece, senza tener conto della solita, storica frasaccia acchiappa-sfiga al 29’ (“vediamo quanto riescono a tenere il ritmo” detto degli svizzeri, e invece), Caressa che minimizza ogni boiata dei nostri, Bergomi che pialla (“non è riuscito a passare…”, “come non è riuscito…? NON HA VOLUTO!!”) e insomma al 35' coso là segna, Caressa dice “male” e Bergomi lo corregge pure lì (“molto male”).

Poi capisci che appena rientrati quelli là segnano e vabbè (“troppo, troppo facile”, opina Bergomi, e Caressa lombrosiano: “i nostri avevano facce che non mi piacevano già sotto il tunnel”). E ciao Europa.

 

 

Già in passato opinammo sullo stato comatoso del nostro calcio, quindi non aggiungeremo nulla, se non una tipica osservazione da blogger che si improvvisa esperto di un ramo che non gli appartiene, in questo caso la sociologia. Ebbene, per comprendere come giocatori con tatuaggi più elaborati degli affreschi di Santa Maria Novella, roba che al confronto le polemiche sull'acconciatura di  Nesta [read my lips: N.E.S.T.A., uno a cui oggi Calafiori potrebbe FORSE insaponare i tacchetti] diventano barzelletta, dicevamo per capire come gente simile assurga al ruolo di portabandiera dei nostri destini pedatori bisogna affondare il coltello nella purulenta piaga dei mali che ci affliggono da ormai un trentennio: detto che la polemica sui ‘miliardari in mutande’ è datata, ma non priva di un certo fondamento, il problema è che QUESTI miliardari valgono, sportivamente parlando, meno delle loro mutande: essi sono la propaggine estrema di quello sciagurato fenomeno di esaltazione del calciatore sempre e comunque, indipendentemente dai risultati, che ad un certo punto si è incrociato col mito dorato del binomio calciatore-velina, che a sua volta si è incrociato col mito del belloccio incapace di successo incarnato dai tronisti. Risultato: il calciatore resta un mito per coloro che seguono questo sport con lo zelo con cui si è adepti di un culto, per cui i singoli ministri possono sbagliare qualcosa, ma IL culto non si discute. Si ricordi del resto che Dante Alighieri, nonostante alcune trascurabili divergenze col Papa, non ha mai abiurato alla fede cristiana; allo stesso modo, chi segue il calcio come una religione non cessa di rimpinguare gli introiti dei suoi protagonisti, delle società e relativi stadi, delle televisioni, del merchandising in genere anche quando costoro fanno schifo allo schifo, così che possono sempre dire “di far girare l’economia” e quindi giù milioni di stipendio. Solo che oggi non abbiamo calciatori di valore, ma onesti mestieranti che hanno semplicemente intrapreso una professione che è associata alla ricchezza, al lusso, ai privilegi esclusivi, dimenticandosi che ricchezza, lusso, privilegi esclusivi sono solo il promontorio estremo di una vita di allenamenti, fatiche, sacrifici, delusioni e rinunce. Vigendo tuttavia il modello del tronista, adorato senza senso da folle femminili così come il calciatore-zappa è adorato senza senso dai tifosi-adepti, i nostri campioni si sono specializzati nell’italianissimo tirare a campare: finché il pubblico c’è, e paga, finché il mio stipendio annuale equivale a quello di CENTOVENTI vite di un operaio, e nessuno me lo contesta, perché devo mettercela, chessò, per onorare i colori della mia nazionale (Graziano Pellé, cucchiaista incapace MA con stipendio cinese, remember?). Sui problemi dei nostri vivai e della sciagurata esterofilia delle nostre squadre taccio, perché molto è già stato detto. Resta inteso che così, con questa etica da reality show, faremo la fine delle vacche svizzere quando sono avanti con l’età: diventano carne Simmenthal.

martedì 25 giugno 2024

LE GRANDI BLOG-CRONACHE DI ELIGIO DE MARINIS. EURO 2024, CROAZIA -ITALIA 1-1, ", IO VEDO DARMIAN COME TELECOMANDA DI LORENZO..."

 

Ogni match Italia-Croazia non può che risvegliare in noi commosse memorie di giorni remoti, allorché le due nazionali si scontrarono nel girone G della fase finale degli sciagurati mondiali nippo-coreani del 2002 (quelli di Byron Moreno, remember?): era l’8 giugno e noi, freschi supplentini sotto il quintale, pasturavamo su maternità alla ragioneria dove, per effetto del simpatico fuso orario a mandorla, la partita fu trasmessa esattamente a metà mattina, motivo per cui lezioni, recuperi, interventi a cuore aperto furono interrotti per consentire ai tifosi ragionieri di riunirsi in massa nel seminterrato; lì, con ammirevole piglio ingegneristico, qualche eroe aveva issato sopra un palco formato da banchi certosinamente allineati la mitica TV a scatolone che in ogni scuola ante-LIM che si rispetti girava tutta mattina di classe in classe allorché giungeva “l’ora del film”, con somma gioia degli studenti. Da quel mini-maxi schermo, che svettava come ardito scoglio in mezzo ai flutti delle teste adolescenziali (più la nostra, noi a cui uno di quarta aveva riservato un vippissimo posto in tredicesima fila - “prego profe, si sieda..!”), arrivarono le immagini di una delle partite più beffarde della storia, con l’Italia andata in vantaggio al 55’ grazie a Vieri e al suo dopobarba, vantaggio cui seguirono due gol croati e relativa sconfitta; il che ci portò dalla parte sbagliata del tabellone degli ottavi, quella con la Corea del Sud che ci sbatté fuori dalla competizione ope Morenico, con tanti saluti all’acqua santa di Trapattoni


 

Mentre questa ondata mnemonica ci sommerge, Caressa opina con spirito ellenistico che nella terra di Bach non c’è spazio per la fuga (casomai, osserviamo noi, ce n'è per l’aria sulla quarta corda, che i musicologi in genere traducono con 1-1), vediamo tifosi croati sugli spalti mischiati agli italiani, Barella arrampicato come un koala su Donnarumma durante l’inno, Chiesa lasciato in panchina a colorare gli albi degli Sturmtruppen, mentre in campo scende Matteo Darmian, l’unico individuo al mondo con la faccia più triste di Levi Ackerman. Che partita sarà?, ci domandiamo. Una nuova beffa? Oppure, come lasciò scritto l’orfico Ieronimo nella sua teogonia prima di scendere nell’Ade per presentarsi a Persefone dichiarandosi figlio della terra e del cielo stellato, “Zaccagni al 98esimo?”. 


 

L’opzione 1 ci sembra in realtà suggerita dai primi nove minuti, dominati dalla consueta noia e dal nostro consueto subire le iniziative avversarie, perdendoci in sciocchi passaggi orizzontali e fraseggi insistiti quanto inconcludenti a centrocampo. Fa eccezione un colpo di testa di Pellegrini al 10’, cui segue un minuto dopo una danza avvinghiata in stile polinesiano tra Di Lorenzo e Gvardiol. Al 13’ c’è un calcio d’angolo generato da un tiro di Di Lorenzo stesso, e da qui fino a fine match assisteremo ad una gragnuola di bicchieri di plastica semivuoti che pioveranno generosi dagli spalti contro i nostri. L’angolo fallisce, c’è un contropiede ma Barella risolve, poi al 16’ Calafiori PERDE PALLA e noi tutti rivediamo antichi fantasmi (e tuttavia ci sarebbe un papiro egizio della XXVI dinastia su cui Champollion lesse chiaramente, in un cartiglio dipinto sopra la testa di Anubi, “Calafiori per Zaccagni”). Il primo quarto d’ora passa così evanescente che persino il querulo Caressa tace. Da qui in avanti, invece, i nostri si sveglicchiano (al 20’ Pellegrini, al 21’ Pellegrini-Retegui, corner con cross di Raspadori, ma Pellegrini e Di Marco erano impegnati a ballare la salsa, al 25’ Retegui, al 26’ Bastoni di testa, salvataggio miracoloso di Livakovic). In effetti anche i loro contro-affondi quagliano poco. Insomma, qualche spiraglio si vede. Spiraglio largo come il buco nell’albero che porta nella tana del Bianconiglio, anyway. E insomma il primo tempo scivola via così, con questo minuetto di minacce senza frutto, come quando i gattini appena svezzati giocano a graffiarsi senza farsi male. Sul finale Caressa, visto il nulla di fatto bipartisan, si ricorda di attivare i Power Rangers esclamando: “Attesa, surplus, Darmian”, ma invece attiva Brozovic che si allunga in area, mancando per fortuna l’aggancio. E finisce così. 


 

 

Ritornati in campo, Caressa si abbandona al solito lepido gossip, stavolta a proposito delle gesta di Budimir che sbaglia i rigori cadendo sulla palla e però si diletta a dare passaggi alle vecchine del suo paesello che hanno smarrito la strada e puntualmente c’è un affondo croato di Budimir stesso, ma nulla, poi al 48’ una punizione su discutibile fallo nostro con Di Lorenzo che tocca Kovacic e questo si inginocchia come avesse avuto una visione, il traversone di Kramaric ci abbrividizza, ma nulla.

E’ a questo punto che ci ricordiamo di non aver raccolto il basilico per il pesto di domani [oggi per chi legge n.d.EDM], quindi ci rechiamo nella serra al piano di sotto (“cosa vuoi che succeda in due minuti…?”) e quando risaliamo, minuto 53, vediamo la classica inquadratura in grandangolo da calcio di rigore, con il ringhioso Modric sul pallone e Donnarumma laggiù solo soletto. Maledicendo in cuor nostro la voglia di pesto (a miracolo avvenuto, risaliremo via web al folle tocco di mano di Frattesi, vidimato dal VAR), vediamo il croato tirare e Donnarumma allungarsi meglio di Mr. Fantastic e deviare fuori la palla. Giubilo di Caressa, giubilo di Bergomi, giubilo dei nostri giocatori in campo come se la partita fosse finita, entra in campo Buffon con prosecco e tartine per congratularsi mentre i croati riprendono a giocare e, dopo una flipperata clamorosa davanti alla nostra porta, lo stesso Modric rigorefallente di 45 secondi prima stavolta la insacca.


 

 

Panico. Bastoni sputa la pizzetta con il cappero e l’acciughina, Jorginho vuota il bicchiere di prosecco in faccia a Raspadori e comincia un altro match: da qui alla fine, i nostri profonderanno i più generosi sforzi per riportare il loro Europeo dal livello Schifo assoluto al livello Tristezza epica. Spalletti deve a questo punto costringere Chiesa a giocare minacciando di ridurre il suo album in coriandoli (“Mister, un pennarello per colorare i pantaloncini a Brozovic…?”, “No, togliti la giacchettina e fila in campo!”). I successivi 15 minuti saranno effettivamente giocati con vigore (al 57’ Raspadori di tacco per Frattesi, corner; al 60’ Chiesa per Frattesi, deviazione in corner, Bastoni di testa; al 64’ Chiesa traversone). Poi, verso il 70simo, inevitabilmente l’afflato si indebolisce, come si nota allorché Frattesi viene abbattuto ai limiti dell’area e a calciare la punizione “andrà Jack”, dice Caressa riferendosi a Raspadori, con quell’uso del nomignolo che tradisce palesemente il calo di tensione generale, difatti la barriera devia. Raspadori che poi esce al 74’ perché il fashion consultant della Nazionale ricorda a Spalletti che dopo 74 minuti la riga in parte non si porta più e va sostituita dai tatuaggi, e così entra Scamacca, il quale regala al 78’ una rimessa ai croati con uno sciocco colpo di tacco che fa sbottare Caressa. Di qui al 90’ in effetti i croati riprendono fiato e si avventurano in un paio di azioni filtranti che ci fanno temere il secondo gol, anche perché a furia di fare cambi Spalletti ha tolto tutti i difensori. Replichiamo noi all’85’ con Retegui che passa a Chiesa ma niente, poi all’86’ Retegui-Chiesa-Scamacca, ma niente e all’89’ Caressa attacca col solito “ormai siamo alle preghiere”. L’arbitro decreta OTTO minuti di recupero, numero che nei Tarocchi corrisponde alla Giustizia (sportiva), la qual cosa ci fa ben sperare, anche perché al 95’ entrerà Fagioli. Gli assalti non mancano, ma gli avversari sanno chiudere, con tanto di saltelli alla Teletubbies nei pressi della nostra area al 94’, mentre appena un minuto prima Calafiori aveva preso il giallo. Il segno del crollo imminente? Sì, ma non del nostro: lo stesso Calafiori, a OTTO secondi dalla fine degli OTTO minuti di recupero (what an ominous circumstance…) affonda potente al centro, passa a Zaccagni, nel quale si infonde lo spirito di Del Piero nella semifinale del 2006, sì che dalla stessa zona del campo da cui il nostro coneglianese preferito infilzò i tedeschi all’epoca parte un tiraggìr che entra elegantemente in rete, scatenando un terremoto in campo, con tutto lo staff azzurro che sommerge il goleador, uno in tribuna, dove Caressa si strangola (“ci stavo lasciando una corda vocale e una tonsilla”) e uno nei nostri cuoricini, nella frizzante consapevolezza che sabato con la Svizzera sarà come mangiare l’Emmenthal: a loro il formaggio, a noi i buchi.


 [prima di dire che siamo disfattisti, riascoltatevi le dichiarazioni di Spalletti a fine partita…]

Aufwiedersehen.



domenica 23 giugno 2024

LE GRANDI BLOG-CRONACHE DI ELIGIO DE MARINIS. EURO 2024, SPAGNA-ITALIA 1-0, "DUE PALLE IN CAMPO!"...

 

… dice Caressa al 41’, ed è un po’ lo stesso pensiero che coglie noi tutti alla fine del primo tempo, caratterizzato dalla noia pura, associata all’impietoso assalto a Fort Alamo degli Ispanici, inframmezzato da episodici rovesciamenti di fronte dei nostri che puntualmente finiscono nel nulla. Come tutti hanno osservato alla fine dello strazio, aver perso ‘solo’ 1-0 su autogol contro quelle furie indiavolate dai cognomi ispanicissimi (Wilson, Yamal, Laporte, Le Normande, Cucurella) è quasi un miracolo, ma le fusillate di Donnarumma sottoporta non coprono il disastro di pochezza tecnico-tattico-atletica di una squadra di illustri signori Nessuno che arriva all’Europeo con lo stesso spirito inconsulto con cui un aspirante doppiatore con la erremoscia si presenterebbe ad un provino per dare la voce a Voldemort. 

 

 

Non bastano i tatuaggi druidici di Scamacca (?) né il mantello dell’invisibilità di Chiesa, ad un certo punto multato per divieto di sosta dall’arbitro visto che non si muoveva in nessuna direzione, men che meno il taglio all’ultima moda di Barella (?). Non basta nulla, salvo chiedersi cosa abbiano in mente certi genitori che a colloquio hanno ancora il coraggio di dire che vabbé, se non ce la farà a scuola c’è sempre il calcio… QUESTO calcio?


 

 

Ma tutto è già nella puntuale osservazione di Caressa al 7’: c’è Gigio (Donnarumma) in porta e Gigi (Buffon) in panchina a fare da dirigente accompagnatore; chiaramente questa ricercata paronomasia è premonitrice di gesta epiche, come lo sciocco tiro di Scamacca al 9’, unico guizzo in mezzo ad un dominio TOTALE degli Iberici che prendono possesso della nostra metà campo, usando la propria per allestire il catering del dopo-partita, giusto per non lasciare inutilizzata tanta area giochi. Così, mentre al 10’ Cucurella mostra la fluente chioma per imprigionare Scamacca e fare a gara a chi ha più ‘c’ nel cognome, Barella sgaloppa senza esito al 12’, ma soprattutto Di Lorenzo, colpito alla spalla in uno scontro, cade di peso tenendosi la faccia, segno di evidente calo di propriocezione.

L’impalpabilità dei nostri, che anche quando riescono ad allungarsi oltre la propria metà campo riescono SEMPRE a farsi raggiungere dagli spagnuoli, porta Caressa al consueto abbandono alla para-cronaca, motivo per cui Rodri risulta essere ‘il metronomo della Spagna’, Yamal viene descritto come destinatario di una profezia di Piqué che gli augura la riconquista del Califfato di Cordova, MA proprio nel momento in cui l’argomento si fa serio, ovvero a riguardo delle peripezie della madre dei fratelli Williams nella drammatica fuga dall’Africa (anche se il tono del narratore non cambia e rimane a livello gossip), il tutto viene interrotto dall’ennesimo affondo spagnolo nella nostra bucherellata area al 20’ che Donnarumma liquida così come gli tocca fare al 23’e 24’, ma del resto, dice Caressa, “contro di noi Morata gioca sempre bene”. Il calo propriocettivo contagia anche Frattesi, colpito al 33’ da Nico Wilson al gomito, ma che cade tenendosi il petto. Segnali inquietanti (Caressa osserva atterrito che Yamal è del 2007, probabilmente pensando ai propri trigliceridi) appena appena alleviati dall’eroico salvataggio di Calafiori al 34’ su un gol quasi fatto, il che porta noi tutti a dire che sì, questa SARÀ la serata di Calafiori. Il tutto nonostante Caressa veda scoramento, osservando al 41’ che ‘manca il dinamismo di Barella’, il quale tuttavia non ha ancora indossato gli iconici occhiali scuri di tre anni fa. A fine primo tempo si rivede Chiesa, tornato dal Gelsenkirchen Mall carico di bretzel e modellini di castello di Ludwig da portare ai cugini, il quale tenta due voli (tutti al 45’) destinati a planare nel silenzio.

 

Secondo tempo inaugurato da qualche sparuto guizzo nostro (al 49’ Cambiaso, al 50’ Scamacca per Chiesa che ha lasciato nello spogliatoio la scatola dei Lego per costruire il Duomo di Colonia), dopodiché ricomincia l’assedio, coi nostri che si piccano di fare passaggini tra portiere e difensore in area di rigore col rischio, avveratosi un paio di volte, che gli avversari abbranchino il pallone e facciano gol (come al 52’). Nulla sembra quindi cambiare, se non che Caressa inizia a divagare di fenomenologia dello spirito, fatto che in tutte le gare degli Europei a partire dall’edizione del 1988 vinta dall’Olanda indica una sola cosa: autorete in arrivo.

Minuto 55: novello Bruce Harper (cit. solo per esperti), il già citato Calafiori decide di mettere un audace ginocchio tra un pallone di Nico Williams destinato a finire nel niente e la propria porta, sì da imprimere quel momento angolare minimo ma decisivo che spinge la sfera nella rete azzurra.

Mentre onde di tenera disillusione si infrangono nei cuori di quei sei-sette tifosi in tutta Italia ancora ostinatamente convinti che avremmo ripetuto il miracolo del 2021 (ma il piazzamento di Angelina Mango all’ESC dovrebbe essere segnale più che evidente che il destino ha altri piani per noi), noi tutti Osservatori Distaccati del Reale (d’ora in poi ODR) non vediamo altro che la conferma della crisi irreversibile di un movimento sportivo che non genera più campioni né mezzi campioni, ma solo onesti mestieranti: tuttavia, essendo il calcio parte integrante del plasma di due terzi degli italiani, ci vorrà ancora tempo perché la bolla economico-idolatrante attorno a questi atleti si sgonfi.

Diciamo ciò confortati dall’indovinello di Caressa al 57’: “C’è una sola squadra in campo e non siamo noi”, roba da mandare in confusione anche Gandalf davanti all’ingresso di Moria. Ma è così: afflosciati ulteriormente dal beffardo svantaggio, riusciamo giusto a contenere le incursioni dell’onnipresente Nico Williams (70’) senza incidere mai seriamente, mentre al 63’ dal tatuaggio di Scamacca usciva Elena Gilbert a dirgli che era ora di farsi sostituire e di tornare a fare il barista a Mystic Falls insieme a Mike Donovan. Solo verso il finale, dopo che Chiesa ha finito di cucinare bratwurst per tutti in vista del dopo gara, ci facciamo lievemente più minacciosi con un corner all’84’, in occasione del quale Caressa rileva “storie tese tra Carvajal e Bastoni”, così offrendo a Bergomi l’occasione per la battuta cringe del secolo che però viene miseramente lasciata cadere, come del resto cadono le nostre speranze di pareggio, nonostante il mucchione in area comprensivo di Donnarumma. 


 

 

E così, tra un rimpianto su come sarebbe potuta andare se avessimo avuto in squadra Del Piero, Totti, Pirlo, Baggio, Baresi, Maldini, Altobelli, Paolo Rossi, Rivera e uno sguardo sconsolato alla Croazia, anche per le minori parcelle dei dentisti, vediamo rientrare nel tunnel ventidue fantasmi, eccellente correlativo oggettivo dello stato agonizzante del nostro calcio. Prima o poi qualcuno dovrà spiegare al pubblico plaudente – e anche a quello non plaudente – cosa si è rotto all’indomani di Berlino 2006, perché non è possibile essere così malconci e privi del benché minimo spunto tattico che non sia fare muro contro l’avversario sperando che la palla rimbalzi e poi rilanciarla lontano confidando negli scherzi dell’attrito. Attendiamo risposte. Con l’obbligo finale di cringiare come non è riuscito a Bergomi: ci vogliono compagni di altra pasta perché giochi Fagioli.

Aufwiedersehen.