Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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sabato 10 novembre 2012

Perché diciamo di no a un Monti-bis (appunti di perduto sentimento democratico -1).

Dice: "Neo blogger sfigatello da 400 visite al mese, mo' tte metti pure a pontifica'  saha politica? Ma statte coi tuoi Bimbominkia e la tua scuola!".
Sì, però, considerando che nella blogosfera chiunque dice la sua, specie su ciò di cui nulla sa, io e la mia Spocchia, che un occhio, magari non sempre attento, alla politica l'abbiamo pure gettato fin da prima di Tangentopoli, qualche voce in capitolo pensiamo pure di averla. Cioè, visto ciò che gira in giro....
Ma insomma, si dirà, che c'azzecca la politica in un blog leggero e anonimo? Perché Internet è la nuova agorà, la piazza virtuale dove chiunque ha diritto di parola. Ad Atene nel V secolo a.C., del resto, andar per ekklesìe e tribunali era un'attività  eccitantissima e coinvolgente assai. Oggi, con una democrazia appena più presentabile di quella ateniese, ma solo perché abbiamo abolito la schiavitù e concesso il suffragio universale, dobbiamo sentirci in dovere di esprimerci, anche perché, nell'infuocato ciangottìo delle opinioni in rete, sono convinto che quelle  migliori possano conflagrare reciprocamente per dare luogo a vere idee. Idealista? Vabbe'.....
Dunquizzando: è noto che da un anno l'Italia è guidata da un governo tecnico, formato cioé da un premier (e da ministri) la cui carattersitca è l'estraneità alla politica, gente non direttamente eletta dal popolo, ma chiamata per risolvere una situazione di emergenza mostruosa alla quale il governo politico di Berlusconi non aveva saputo porre rimedio. Prescindo in questa sede da un giudizio sull'ex premier e mi occupo delle circostanze minute della sua caduta: il problema era rappresentato principalmente da una gravissima impasse in politica economica, con settori della ex maggioranza che  mettevano veti su veti a provvedimenti ritenuti invece necessari per evitare al nostro Paese di fare la fine della Grecia (riforma delle pensioni, e.g.). Di qui la sfiducia crescente dei mercati, nei quali abili speculatori hanno inzuppato il pane per portare vicino alla soglia di guardia lo spread, dicasi questo mai prima di allora conosciuto differenziale tra il rendimento garantito dai titoli di stato italiani in paragone con quelli dell'economia trainante d'Europa, ovvero la Germania. Maggior spread = maggior salasso delle finanze pubbliche italiane nel dover pagare gli  interessi dei titoli sottoscritti dagli investitori. Orizzonte prossimo venturo: fallimento dello Stato, come una fabbrichetta qualsiasi.
Ma il Presidente Napolitano, sloggiato Berlusconi, ha chiamato Mario Monti,  dopo averlo nominato senatore a vita, quindi gli ha messo in mano il giocattolino esplosivo del governo tecnico per salvarci dal naufragio. Cosa fatta, parrebbe, dopo un anno. I politici che siedono con vario grado di figuraccia in Parlamento,costretti a formare una maggioranza alla buona che garantisse a Monti i voti per far passare i vari provvedimenti, si sono rassegnati ad un ruolo di subalternità a gente che non ha ricevuto il mandato popolare. Se la sono pure un po' cercata, viene da dire. Tremo però all'idea , ventilata con insistenza pure da gente di  Parlamento, che la positiva esperienza del governo tecnico vada ripetuta ANCHE dopo le prossime elezioni di primavera.
Anzitutto, dobbiamo metterci d'accordo sul concetto di positività: se esso indica il fatto che una compagine governativa ha potuto sviluppare i punti del proprio programma senza temere (o quasi) imboscate dalla sua stessa maggioranza, allora certo il  governo Monti ha goduto di una parentesi a dir poco eccezionale. Ma è questa eccezionalità a non andar bene: è tutta italiana la situazione di governi che, appena eletti o poco dopo, sono costretti a passare la loro esistenza a sopravvivere, barcamenandosi tra compromessi che evitino i sabotaggi da parte della maggioranza che li sostiene. Purtroppo questa è stata la regola di pressoché tutti i governi della Prima e Seconda Repubblica, morti dopo estenuanti periodi di navigazioni a vista. Oggi si plaude a un governo che ha potuto agire nell'emergenza, augurandosi di fatto che esso resti dov'è NONOSTANTE NUOVE ELEZIONI, perché il profilo tecnico-emergenziale ne garantirebbe la durata. Insomma, c'è chi, pur essendo politico di professione, si augura una sorta di supplenza senza termine della politica secondo un patto strutturale allucinante: un Parlamento eletto dal popolo che sostiene un governo che viene da altrove. Come dire: i voti per sostenerti li mettiamo noi, la faccia per ricevere gli insulti del Paese la metti tu; noi ti garantiamo il sostegno, perché un governo formato da politici nascerebbe già morto, in cambio tu fai tutto quello che noi non riusciremmo a fare perché tu puoi sbattere in faccia al Paese la scusa dell'emergenza. Questa è semplicemente la morte della democrazia rappresentativa, un attestato di infantilismo scioccante da quanto è candidamente propugnato da gente che nemmeno si rende conto della propria ridicolaggine. Chi è eletto DEVE governare, sennò non si candida. La supplenza politica è una contraddizione in termini.
Dicono poi che, se Monti non rimane, a partire dal minuto zero della nascita del nuovo governo post elettorale, "i mercati ci puniranno" perché "non saremo credibili". Ora, se c'è una cosa su cui si può parzialmente essere d'accordo con Berlusconi circa la modalità della fine del suo governo, è che esso  non ha ricevuto una sfiducia formale dalla propria maggioranza e che, anche se i numeri erano ormai risicati, non era presente in Parlamento una forza politica alternativa di consistenza superiore. Detto pure che la ex maggioranza è di fatto morta con l'uscita dei deputati finiani che hanno formato lo sfortunato gruppo di Futuro e libertà, e che Berlusconi è campato ancora un anno solo grazie allo shopping tra le file dell'opposizione per procurarsi parlamentari sostitutivi dei precedenti,  le cose stanno, incredibilmente, proprio così: quella cosa formata da PDL , Lega Nord e frattaglie sparse, era l'unica entità che in un modo o nell'altro poteva racimolare numeri formalmente sufficienti per governare. L'impennata dello spread ha avuto l'effetto deflagrante di far precipitare un equilibrio già precario, con l'imposizione successiva del governo tecnico. Per quanto io non potessi più vedermi la Gelmini alla Pubblica Istruzione e sentirmi Tremonti cianciare di cultura che non dà da mangiare e panini alla Divina Commedia, non posso non ammettere che i mercati finanziari hanno sancito la svolta politica in un Paese democratico. L'ex governo aveva sicuramente i giorni contati e però la spina gli è stata staccata non dalla politica , ma dall'economia. E adesso, a ridosso di una nuova tornata elettorale, si torna a parlare di fiducia dei mercati che verrà meno, quindi ci vorrà un Monti- bis. Grazie, no. O almeno, non diamo per inevitabile lo scenario. Politici di peso non paiono esserci in giro, non lo nego. Vediamo però se i partiti sapranno fare pulizia al loro interno e attingere alla società civile per candidare finalmente persone sane di mente e sufficientemente disinteressate da subordinare le proprie convenienze al bene comune. Guai però ad aspettare "il verdetto dei mercati" come se esso fosse il veritiero termometro della validità di una compagine governativa: i mercati, e gli speculatori che vi agiscono nell'ombra, non hanno di mira altro che il profitto, in nome del quale si può distorcere a colpi di spread il clima politico di una nazione affinché gli indici delle borse vadano dove li si vuole mandare. Non si può davvero vivere sotto il ricatto continuo del mercato finanziario, delle sue bolle speculative, dei suoi valori puramente nominali sganciati dalla produzione concreta, dei suoi giochini di scatole cinesi e algoritmi che sfuggono al controllo dei loro stessi creatori. Vince Obama le elezioni USA, bum, tutti i mercati giù. C'è una spiegazione almeno razionale? No, solo speculazioni per muovere capitali ed intimorire i politici. L'unione europea prende provvedimenti anti-crisi e i mercati crollano: forse perché è nella crisi che si può manovrare meglio? Un governo democratico non può aspettare di essere legittimato dai mercati, perlomeno non da questi mercati speculativi. La politica deve rivendicare l'autonomia della propria dignità.
Temo invece che politica ed economia siano giunte al divorzio ideologico, ma alla schiavitù effettiva: l'economia è ormai piegata alla pura specualzione finanziaria e quindi persegue il bene di  pochi, laddove la politica dovrebbe in linea di principio servire tutti; di fatto, oggi  la dittatura dei mercati, dittatura non basata sui beni effettivamente prodotti, ma sulla fuffa speculativa che si monta a colpi di scommesse sulla produzione presunta, va sostuendosi all'azione politica genuina. Chi scrive (Spocchia compresa) non ha mai condiviso le idee della sinistra, specie quella italiana, e ha sempre pensato che nel capitalismo potesse, anche a prezzo di errori e imperfezioni, prevalere il volto umano, ovvero il fatto che, per quanto uno produca e investa in primis per il proprio utile, alla lunga i benefici del mercato e della concorrenza ricadranno su tutti. Mi vedo smentito, addirittura vedo governi che cadono e sorgono col beneplacito dei mercati. Ammetto un certo disorientamento. Non escludo ritorni a tempi di autentica equipollenza di politica ed economia.  Per ora osservo e prendo nota. Con poco celabile amarezza.

4 commenti:

  1. In una politica capitalistica intesa come produzione e investimento esclusivamente per il proprio utile non ci puo' essere volto umano, neanche alla lunga. La politica di sinistra, invece, almeno nelle ideologie, si basa su un'economia che, pur salvaguardando gli interessi privati e il libero mercato concorrenziale, tuteli le classi sociali piu' in difficolta'.

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  2. Il discorso e' secondo me piu' complesso: sinistra vuol dire troppe cose, ci trovi dentro la socialdemocrazia ottocentesca, quella annacquata di Blair e Schroeder, il comunismo sovietico, quello cinese.... Concordo sulla tua idea di sinistra, ma la vedo comunque parzialmente imbevuta dei suoi stessi anticorpi, e non so se si possa davvero chiamare ancora sinistra: tutti noi consumiamo, abbiamo un'automobile, usiamo il computer, usufruiamo cioe' dei prodotti di quel capitalismo che pero' eticamente non ci piace. Vorrei spingermi a dire del capitalismo cio' che si dice della democrazia, cioe' che e' il miglior sistema economico esclusi tutti gli altri. Riconosciamo la disumanita' della logica del puro profitto, ma chi piu' chi meno la nutriamo tutti coi nostri consumi.
    Per quanto riguarda la sinistra italiana, una cosa piu' di tutte non le perdono, ovvero la crociata contro la meritocrazia, che in nome della giustizia sociale ha promosso una forma di discriminazione al contrario, per cui l'incapace e' stato esaltato perche' compatito e il capace si e ' visto frenare per pagare l'immeritatezza delle proprie buone qualita'. Risultato di cio', nessuno occupa il posto che dovrebbe e l'Italia va a rotoli. Ci vuole un sistema che promuova i capaci a prescindere dalla provenienza sociale e aiuti gli altri a dare secondo le proprie risorse. Il resto e' tempo perso.

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  3. Concordo sul fatto che il capitalismo e' il sistema economico migliore esclusi tutti gli altri, pero' la politica deve vigilare per tutelare le fasce piu' deboli dal punto di vista economico e sociale, perche' siano garantiti diritti a tutti, al di la' del censo. Non mi sembra che la sinistra abbia mai esaltato gli incapaci.se per incapaci intendiamo persone con oggettive limitazioni, e' giusto che svolgano mansioni semplici che possano svolgere senza fare troppi danni, ma bisogna comunque che abbiano la possibilita' di avere una vita dignitosa. Se intendiamo persone negligenti o peggio disoneste allora devono essere punite, anche con la gogna sociale. Concordo pienamente sulla meritocrazia: chi merita deve poter svolgere mansioni adeguate e essere valorizzato sia economicamenet sia socialmente. Finora nessun governo mi sembra ci abbia soddisfatto su questo.

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  4. So di cosa parlo a proposito di sinistra italiana animata da un bizzarro senso della promozione sociale: per troppi anni ho sentito esponenti di quell'area cianciare contro la meritocrazia "che promuove solo i figli dei ricchi", pretendendo di livellare le qualità individuali ad una diffusa mediocrità in modo che non ci fossero disparità tra la ggente. Ed ecco professori che davano 6 ad alunni bravi, ma di ceto agiato, convinti di fare giustizia, laddove a persone molto meno brillanti, ma di condizione sociale più modesta, venivano regalati dei super voti per riparare alla "menomazione" di partenza. Così persone obiettivamente poco dotate di qualità si sono credute brave da un giorno all'altro. Un sistema lavorativo colabrodo, ubriacato di sinistrismo e bieco clientelismo, ha quindi promosso in posti assolutamente proibitivi gente non in grado di gestire le responsabilità, altro che pochi danni. Vogliamo parlare di camere iperbariche in cui al posto del'ossigeno veniva immesso azoto? Uffici tecnici zeppi di addetti che non sanno nulla di ciò per cui sono lì? Maestre d'asilo che picchiano i bambini? In un sistema ideologico secondo cui il lavoro è un diritto, nel senso che ciascuno ha diritto a lavorare anche senza avere le qualità per quella specifica professione, ed ogni forma di controllo è un assalto alla democrazia, questi mostri sono all'ordine del giorno. E poi ci rimettiamo tutti. Non dico che la sola mentalità di sinistra abbia portato a tutto ciò, perché molto ha fatto anche il tipico buonismo pressapochista italico. Diciamo che questi elementi hanno reagito assai negativamente tra loro. Il finale del tuo pensiero, invece, coincide a puntino col mio.

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