Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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venerdì 2 gennaio 2015

Coraggio, è andata...

Ieri sera, dunque, Napolitano si è congedato ufficialmente dalla nazione da lui presidenziata in questi otto anni e spicci. Si capisce che il suo discorso non poteva accontentare tutti, ma questa è storia di tutti i discorsi presidenziali, perlomeno da Cossiga in giù, per quanto io possa ricordare di persona. Semmai ci sono dei dettagli estetici e delle paurose amnesie collettive che questo discorso porta con sé. Analizziamole, giusto per mandar giù il cenone e il post cenone.

1) Il colpo d'occhio: ecco, va bene la cornice istituzionale, la serietà della situazione, il senso dell'addio, però... boh, non avevano un direttore della fotografia, iersera, al Quiry? Napolitano era flashato da quella luce piattissima che lo faceva sembrare a tratti un extraterrestre. Sguardo fisso vero l'obiettivo, occhi sul gobbo, viso inespressivo... spiace dirlo, ma sembrava uno di quei prigionieri delle organizzazioni islamiche quando parlano alla telecamera per chiedere di essere liberati e maledicono i propri governi per aver causato la guerra. Oddio, un filino ostaggio di una situazione sgradita Napolitano lo è stato, in questo biennio. Che in cuor suo abbia maledetto quei mille e passa capoccioni che non hanno saputo trovare un nome condiviso nel 2013, l'abbiamo già ipotizzato. Ciò detto, quello di iersera era il volto del disagio, dello sfinimento, di una sottile disillusione nascosta sotto il manto dell'ufficialità. Il discorso sparato a mitraglia, senza pause, come di uno che non vedesse l'ora di levare le tende; le pochissime increspature espressive, che hanno reso il grosso della concione qualcosa di più vicino alla lettura dell'elenco del telefono; quella voce, che si arrochiva negli ultimi cinque minuti e ci faceva temere un collasso su due piedi del discorritore. Mah, l'effetto complessivo è stato bruttino. I 90 anni si vedono tutti.
2) Le cose dette: Giò ha esordito dicendo che sarebbe stato un discorso diverso dal solito. Cosa ci sia stato di diverso non saprei. Forse l'aver detto chiaro e tondo che nessuno si sogni di rivederlo lì al prossimo S. Silvestro. Per il resto, un rapido bilancio del fatto e del non fatto, qualche accenno all'attualità, agli italiani che funzionano nel mondo, l'invito a tutti, giovani e vecchi, a fare del proprio meglio per far ripartire l'Italia. Ecco, più che un discorso, sembrava la scaletta di un discorso. Non che noi si preferissero discorsi di 45 minuti, 21 vanno più che bene. Però a quel punto, invece di dire di tutto un po', avrei scelto due temi irrinunciabili (rapporti con l'Europa e questione morale, per dire) e avrei sviscerato quelli. Così abbiamo avuto l'impressione di una frettolosa lista della spesa, gravida di partecipazione personale senza dubbio, ma comunque troppo affastellata.
3) Le reazioni: Renzi non poteva che dire #graziegiorgio, e certo, da sponda cdx, più d'uno avrà recriminato che Giò non ha nemmeno per un secondo esitato a conferire l'incarico di Presidente del Consiglio ad uno che neanche siede in Parlamento; almeno con Monti si ricorse all'escamotage di nominarlo senatore a vita giusto due giorni prima di fiondarlo a Palazzo Chigi in sostituzione del non più maggioranzato Berlusconi. Vero. Il duo dei raffinati parlatori Brunetta-Salvini opina che Napolitano non ha fatto un grammo di autocritica sulla legge Fornero, né ha parlato di immigrazione, marò, mancata conclusione della riforma del sistema elettorale, crisi tuttora persistente del nostro Paese. Brunetta ha poi rimarcato la parzialità di Giò, a suo dire Presidente schierato sempre e solo con la sinistra. Tutte posizioni lecite, ma ribadiamo l'adagio di ieri sera: chi ce l'ha messo lì, il Nap? Volendo ragionare secondo il sistema voltafrittata, di cui Brunetta è maestro, potremmo dire che ci voleva tutta a che Napolitano non fosse di parte, visto che nel 2006 l'hanno votato solo i parlamentari di centrosinistra; forse che la rielezione anche coi voti del centrodestra, rielezione subìta più che accettata, ricordiamocelo, avrebbe sparzializzato l'uomo? Lamentele, quelle brunettiane, francamente tardive. Legge Fornero? Odiosissima, specie dalle nostre parti del mondo della scuola, sia chiaro: pretendere che maestre di 67 anni corrano dietro a classi di 30 seienni, o che professoresse di 65 riescano a interagire con adolescenti ormonalizzati al grido di : "Virgilio è bello" è PURA FOLLIA. Ma anche lì: perché si è giunti a Monti? Perché Berlusconi ha DILAPIDATO un vantaggio numerico parlamentare mai visto in tutta la storia repubblicana fino a ridursi a mendicare i voti di Scilipoti e Razzi? Certo, è stato molto più comodo aizzare il Paese contro la classe insegnante e far passare tra grida di giubilo degli ignoranti i tagli della Gelmini, però alla fine l'aver rimandato altre riforme, ben più strutturali, l'aver agito trascurando i segnali di disagio che venivano ANCHE dal mondo che vota centrodestra, e che infatti ha voltato per il 60% le spalle a Silviuccio, ebbene, di tutta 'sta roba ha colpa Giò? Noi stessi, in post ormai remoti, opinammo che non è possibile far cadere un governo a colpi di spread, ma il governo di Silviuccio agonizzava già per conto suo, vittima della sindrome da yesmen di persone che non sono state in grado di fargli correggere la rotta prima del naufragio. Berlusconi lamentò di essere stato sabotato, e disquisì di quanto sarebbe meglio per un premier decretare per vie immediate senza le doppie, triple, quadruple letture delle due Camere che tutto rallentano. Beh, anche in questo caso dipende da cosa si vuole decretare: a costo di sembrare monomaniacale (massì, è Capodanno, su...), la legge Gelmini che ha ammazzato scuola e università è passata a tempo di record, unica vera "riforma" partorita e portata a compimento dalla maggioranza del 2008; lì non ci sono stati rallentamenti o insabbiature, si è proceduto a spron battuto, senza calcolare minimanente le conseguenze di un piano indiscriminato e punitivo, volto solo a fare cassa senza alcun riguardo per la qualità della "nuova" scuola che sarebbe nata dalle macerie di quella strage. Ebbene: risulta che Giò abbia rinviato la legge alle Camere, rifiutandosi di firmarla? No, ma non per questo oggi io e tutte le vittime di quella follia malediciamo l'ormai quasi ex-Presidente. E se Berlusconi non ha avuto le stesse performance legislative in altri comparti, evidentemente il problema non sta nel Quirinale, ma in una strategia politica che, a parte il fuoco di fila contro un obiettivo facilmente demonizzabile, non ha poi saputo adire le vie giuste per attaccare alla base i veri problemi del Paese. E Giò ha preso atto. Il bello e il brutto della politica sono in Parlamento e a Palazzo Chigi: Napolitano ha solo tratto conclusioni sulla base dei fallimenti delle nostre coalizioni, né lui, uomo appunto "di parte", si è mai sognato, nel 2008, di spronare Prodi o chi per esso a trovare una soluzione politica che scongiurasse il ritorno alle urne dopo solo due anni. Macché: defunta l'Unione, nuove elezioni e vai con Silviuccio. Forse Scalfaro avrebbe fatto un tentativo. Napolitano, no (peraltro portando così alla lunga all'abolizione del piano straordinario di immissioni in ruolo previsto dall'allora Ministro dell'istruzione Fioroni, che con 150.000 assunzioni avrebbe risolto già allora ciò che Renzi si appresta a risolvere l'anno prossimo - ok, la smetto). Ha visto e ha fatto quanto gli toccava fare: se ha supplito la politica "vera", ciò è avvenuto perché l'inettitudine dei politici gliel'ha permesso. E fa sorridere che Brunetta rinfacci a Napolitano la mancata conclusione dell'iter di riforma della legge elettorale. Dico io, René caro: ma 'sta porcata del porcellum, di cui voi oggi parlate come fosse una deiezione bovina calata dall'alto, non l'avete inventata voi? Ah, ma vi eravate ispirati al sistema elettorale delle regionali in Toscana? Quindi è colpa della Toscana? 
Ecco. Poi lamentiamoci, eh?    

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