Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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sabato 22 dicembre 2012

"Lacrime del tramonto", episodio 2: il cavallo salì su Cesare.

(qui l'episodio 1)


Derrilla dunque dormiva ancora, benché quel giorno andasse a fidanzarsi, mentre, al piano di sotto del palazzo, Wak sottoponeva a Pif uno dei suoi infallibili sillogismi che capiva solo lei.
Pif era impegnato nella sua sobria colazione: hamburger di otaria, scaglie di astice, insalatina di foglie di mangrovia; gli ordini del dietologo, purtroppo inevadibili, lo avevano costretto a rinunciare alla tartare di proboscide d'elefante, sostituita da una non meno gustosa, benché molto meno calorica, frittura di capibara. Ai suoi lati due schiavetti etiopi, vestiti con una livrea amaranto dai risvolti di madreperla, erano pronti a scattare a qualsiasi suo ordine.
Come suo solito, Wak si posizionò dinanzi al marito, con faccia contrita e sospiri elegiaci, quindi enucleò: "Ernesto, mi querido, tu sai che yo no te ho espossato per il tuo dinero, ma porqué la mia adoratissima hermanita Truleida Dikimarta Losbidia ha empalmado un hombre ricco da far esquifo e yo no potevo esser da meno..."
[Intervento redazionale: 1) non cercate mai, ripetiamo MAI, di trovare una logica nei discorsi di Wak 2) sappiate che Truleida era già vedova da un pezzo, e si era risposata con Sidròn, sedicente assicuratore con l'hobby della solidarietà sociale a pagamento per sole donne: tuttavia, come per il 99% degli eventi che riguardavano la famiglia o i parenti stretti, Wak e Derrilla facevano credere a Pif quello che volevano loro, bastava fargli trovare nel piatto quel che desiderava]
"... e pertanto, no entiendo permettere che Derrilla sfiguri en fronte a las cusinas. Dobbiamo aggiungere una fila di pini marittimi al patio della cerimonia entro esta tarde". Detto ciò, Wak allungò sotto il piatto di Pif un biscottino all'aroma di cinghiale. Pif, sedotto dalla ferrea logica della moglie, fece un gesto eloquente allo schiavetto che stava alla sua destra: costui si precipitò alla scrivania di noce afghano situata al lato opposto della sala e ne estrasse il poderoso libretto degli assegni del padrone, alto circa come l'elenco del telefono di Rio de Janeiro. Tornò quindi alla tavola e porse il malloppo a Pif. Wak sbottò: "Ma come te permietes????? No hai fatto l'enquino al tuo padrone e te sei rimieso al tuo puesto senza domandar nada! Es licenciado!!!!!", e detto ciò, estrasse dalla borsetta di pelo d'alce una verga elettrica con cui pungolò lo sventurato fino a farlo uscire dalla porta di servizio, dove le tigri bengalesi del giardino estivo si presero cura di lui.
Nel frattempo Pif stava firmando l'assegno: "Allooooooora, ecco, così va beeeeene! Sì, è bello che Derrilla si sposi, le piante fanno allegriiiiiiia. E' una cosa così beeeeelllla!" e segnò la somma di 300.000 Poppopes (la moneta corrente in Chachakunya, equivalente circa a 1 euro e 75 centesimi) da elargire al giardiniere [spoiler: metà della somma andò investita nella piastra glitterata a pannelli solari per cui Wak sbavava da tempo], quindi si reimmerse nell'astice.
Wak afferrò trionfante l'assegno e sfanculò l'altro schiavetto: "Que miras? Porqué estas solitario? Donde sta el tuo companhero? L'hai escondido? Basta, es licenciado!!!"  e ripetè l'operazione con la verga elettrica, stavolta però facendo cadere lo schiavetto nella vasca dei piranha che stava al centro della sala. Poi uscì di corsa per andare dal giardiniere, passando casualmente prima dal negozio di piastre, e sistemò la cosa.
Derrilla era ancora nel mondo dei sogni, un mondo popolato da visioni di foglie di the parlanti, mentre, in luoghi inaccessibili e sconosciuti, qualcuno tramava per mandare a monte il suo matrimonio. Tra le cugine di fronte a cui Wak non voleva che Derrilla sfigurasse c'era la secondogenita di Truleida, Mareja Noborliana Krityadesa, che era la persona che si era legata per prima (poi sostituita dalla madre) al suddetto Sidròn dopo averlo conosciuto ad un presepe vivente il Natale di due anni prima. Mareja faceva la tessitrice che preparava le bavaglie per il Bambinello, Sidròn faceva l'angelo. La parte non gli andava granché a genio, essendo lui ateo e stra-ateo, ma era stata la contropartita per il contratto di assicurazione stipulato con gli organizzatori del presepe, che si erano voluti tutelare nel caso le bestie che sfiatazzavano nella grotta si fossero imbizzarrite: mancando infatti a pronta mano il bue e l'asinello, ci si era accontentati di un toro e di un muflone. Morale, Sidròn, abituato, per i suoi precedenti ben dissimulati di spogliarellista, al precario equilibrio dei pali da lap-dance, si adattò a stare appeso ad un'imbragatura che lo teneva fermo sopra l'ingresso della grotta, esattamente a perpendicolo col filatoio dove stava seduta Mareja. Il giorno della prova generale, i due si scambiarono sguardi furtivi: Mareja, visibilmente compiaciuta del fisicaccio statuario del collega, il cui metro e settantadue era certamente ben tornito, gli chiese se, dopo le prove, gli andasse un caffè. Sidròn, pensando di poter rifilare alla ragazza una nuovissima polizza contro la caduta dei capelli, accettò.
Purtroppo, giunti al momento dell'arrivo dei Re Magi, a Sidròn, già imbragato e penzolante, squillò il cellulare. Il giovane, pensando che fosse qualcuna delle clienti a cui concedeva la sua virtù, non esitò ad estrarlo, ma così facendo provocò lo slacciamento multiplo dei tutte le cinghie che lo reggevano e precipitò addosso a Mareja, provocandole una commozione cerebrale e fratture multiple.
Nella corsa in ambulanza verso l'ospedale, Sidròn pensava affannosamente a come salvarsi dalla denuncia di tentato omicidio: gli organizzatori del presepe avevano infatti stracciato prontamente il contratto con lui, facendolo passare per un infiltrato nella manifestazione. Mentre teneva per mano la rantolante Mareja, gli sovvenne un'idea salvifica: estrasse il porta-polizze e si auto-assicurò contro le cadute dalla grotta di Betlemme per 120.000.000 di Poppopes. Fosse pure rimasta storpia, Mareja sarebbe stata adeguatamente risarcita senza rischi per il giovane. La ragazza, peraltro, ebbe un attimo di lucidità proprio mentre Sidròn compilava l'acconcia modulistica, e proprio per effetto della botta si convinse che egli stesse firmando un impegno di matrimonio riparatore con lei. "Oh, mio guapissimo ninho, que sensibilidad... sì, te espueso immediatamente....!" poi perse i sensi. Sidròn calcolò che, se Mareja fosse risultata sua moglie, il premio assicurativo si sarebbe dimezzato, con grande agio della compagnia. Non ebbe pertanto problemi a corrompere il portantino che controllava i parametri vitali della ragazza e a convincerlo a firmare l'atto di matrimonio spacciandosi per il sindaco de las Rooedas, che tanto era sempre in ferie.
Sidròn e Mareja arrivarono dunque maritati all'ospedale, la qual cosa consentì alla giovane di venir ricoverata nel reparto per degenti di un certo interesse. Dopo mezz'ora di terapia intensiva a base di sigle dei Mio-mini-pony, Mareja diede cospicui segni di ripresa e, svegliatasi, disse a Sidròn: "Oh, marido mio querido, el suenho de espossarte se ha arealizado... tu tiene un grandissimo corazon!". "Sì, sì, certo", rispondeva frettolosamente il ragazzo, tutto intento a messaggiare la cliente di cui sopra per spiegarle di dover rimandare l'appuntamento: il bello era che non poteva neanche usare la solita scusa con la quale in genere si liberava delle clienti più sfrangipalle ("Finiamola qui, fra tre giorni mi sposo"), perché stavolta si era sposato davvero. Si limitò ad un laconico: "Ho un briefing con la compagnia, dobbiamo studiare una nuova polizza contro gli scarabei molesti".
Sul più bello arrivò Truleida, avvisata dagli organizzatori del presepe, che irruppe nella stanza al grido di: "Donde esta el sinverguenza che ha atentado a la integridad de mi hija?". Mareja la placò: "Fermate, amada madre, esto ninho se ha esdebitado espuesandome... es mi marido!!!". Truleida, che dopo quattro anni di vedovanza non aveva perduto le scalmane, guardò il ragazzo e se ne incapricciò. "Guapissimo, ma chi te lo hace hacer de espuesarte con esto calorifero de ninha? Mirame, yo soy la sua madre e soy tanto caliente.... espuesa me e ritirerò la denuncia...!". Sidròn stracciò all'istante l'auto-polizza e l'atto di matrimonio e alle cinque della sera i due erano già marito e voglie, cioè, scusate, moglie. Mareja, lasciata a languire in ospedale, giurò a se stessa che si sarebbe vendicata sul primo parente che le fosse venuto in mente con gli occhi verdi, nato in un giorno pari sotto il segno della Vergine, con cui aveva giocato alla casa delle bambole prima che costui rompesse la testa alla sua preferita, ovvero Barbie Charlie Brown. Fu un attimo: sua cugina Derrilla.
                                                                                                                                                   (2- continua)                
  

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