Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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giovedì 27 dicembre 2012

Jingle tweet, Monti beat.

Era peraltro inevitabile, viste le leggi capricciose eppure geometriche della Storia, che Berlusconi venisse un giorno fregato sul suo stesso terreno, quello della comunicazione. Tutti noi ricordiamo il suo discorso grondante di zucchero&miele col quale, a gennaio del 1994, egli annunciò la sua discesa in campo: la telecamera con la calza sull'obiettivo per dare un'atmosfera più calda alla scena, le foto dei familiari sullo sfondo, poche e semplici parole che sarebbero state il suo mantra per gli anni a venire ("Comunisti nooooooooooooohhhhhh!!!!!"). Naturalmente, dalle parti della sinistra scopertasi mai stata comunista appena due giorni prima, fioccarono ironie & facezie per 'Il cavaliere nero', altresì detto 'Ragazzo coccodè', che senza alcuna esperienza politica pretendeva di insegnare il mestiere a loro, che in Parlamento flottavano dall'inizio della storia repubblicana. Poi si sa come andò. Superfluo qui ricapitolare i dibattiti sull'effettiva incidenza della telecrazia nall'orientare il voto degli italiani. Certo, una cospicua fetta dell'elettorato, cresciuto a pane e Milan e/o pane e Fininvest poi Mediaset, ha provato un'istintiva simpatia per quest'uomo che aveva 'modernizzato' la TV, proponendo modelli di vita alternativi al rigore perbenista e forse un filino ipocrita delle reti nazionali. Poi rimangono sempre delle riserve rispetto a questa visione, non errata in generale, ma certo troppo sbrigativa: come acuti commentatori osservarono già anni addietro, per dire, non è stato certo il solo Pannella ad aver fatto trionfare in Italia leggi prima impensabili come quella sul divorzio e sull'aborto, poiché in realtà gli italiani, quelli cresciuti nell'epoca del boom economico, dell'automobile personale, dell'indipendenza sempre più precoce dalla famiglia, dell'industrializzazione, del consumismo, del femminismo, della rivoluzione studentesca, già da tempo erano aperti ad opzioni esistenziali contrarie alla morale tradizionale, cioè quella cattolica. Pannella intercettò, e gli riuscì bene, ma non creò. Così vorrei dire che anche Berlusconi ha offerto, con il suo colosso mediatico, il canale di espressione di tendenze che la società italiana aveva già imparato a conoscere, ma che grazie al pantografo fininvestiano-mediasettaro  furono centuplicate nella loro capacità attrattiva. E' pura accademia chiedersi ora se Berlusconi avrebbe ottenuto gli stessi risultati senza il megafono predetto; sta di fatto che, sia nel 1996 che nel 2006, presentandosi come capo del partito di maggioranza uscente, il Cavaliere è stato in entrambe le tornate sconfitto da Romano Prodi. E' chiaro che se gli italiani fossero stati sedotti da Mediaset sino all'anestesia critica, ciò non sarebbe mai avvenuto: nel 1996 Berlusconi ebbe le ali piombate dal fatto che la Lega si era sfilata dalla maggioranza, facendo così perdere una camionata di seggi al nord, che col meccanismo del maggioritario secco andavano al candidato del centrosinistra che approfittava dei voti disgiunti di quelli di Polo delle libertà e Lega (tipo 35-25-25, era di fatto in minoranza, ma relativamente in maggioranza); nel 2006, dopo una legislatura bruttina e inconcludente (tranne il blocco consecutivo per due anni delle immissioni ini ruolo nella scuola - quella è una battaglia che gli è andata sempre bene) egli tentò una rimonta che gli riuscì a metà, giacché la sinistra prese la Camera, ma non il Senato (ciò anche in virtù del meccanismo del famigerato 'porcellum' di cui si ciancia oggidì). Però, alla fine, se Prodi è caduto due volte miseramente a metà legislatura, ciò non si deve a chissà quale rito voodoo eseguito dai Tg Mediaset, quanto piuttosto alle fibrillazioni di maggioranze tenute insieme solo dal "Dalli al Berlusca!!", che come collante politico è in effetti poca roba.

Quelli eran giorni, sì...

Insomma, non v'è dubbio che la cifra della politica di Berlusconi sia stata l'efficacia da uomo di TV che ha saputo sedurre e 'pubblicizzare' il prodotto, ma ora quel tempo non è più; ora è il tempo dell'incontrollabile pluralità dei social network, impossibili da orientare, a meno di assumere 500.000 prezzolati che inondino facebook, twitter, youtube et similia di deliranti messaggi pro Silvio, che però avrebbero come destino unicamente quello di venir perculati con lepidezza da tutto il resto degli utenti. Questo è senza dubbio un vantaggio insito nei nuovissimi media, che in ciò battono la tv tradizionale di lunga pezza: mentre in un talk-show, per esempio, il diritto di replica c'è, ma può essere sapientemente gestito da un conduttore appena appena malizioso (ed è il caso del 101% dei nostri programmi televisivi sul tema), cosicché può finire che uno solo, agli occhi del pubblico, risulti avere ragione e gli altri zitti, nell'agorà della Rete il venditore di fumo, il troll, quello che incensa se stesso sotto mentite spoglie viene scoperto subito. Basti pensare all'ingenuità di certuni che commentano nei forum dei blog a favore di PincoPallo per tre post consecutivi con tre nickname diversi e vengono subito sgamati dal blogger che vede che l'IP da cui provengono i commenti è sempre lo stesso. Ma anche senza essere blogger, un giro veloce di tweet o commenti su youtube fa scoprire subito il furbacchione che si ripete senza neppure un briciolo di fantasia e crede che un nick diverso copra tutto, così come accade sui siti di recensioni letterarie, dove l'autore che si elogia col nomignolo finto è talmente scoperto nell'elogio medesimo da risultare falso dopo due righe. Non conta, pertanto, quante volte si riesce a dire una cosa tenendo zitti gli altri, ma quanto prima si riesce a dirla, con che originalità e con quale frequenza, ciò che sui social network è possibile a tutti, dal sottoscritto a Monti, senza che nessuno possa precludere a nessuno questa via di espressione. Tutti, alla fine, sono teoricamente sullo stesso piano
E' pertanto impossibile che uno solo arrivi a plagiare via social network un'intera nazione, semmai si può usare il nuovo strumento per incanalare potentemente lo sdegno contro il sistema, ed è ciò in cui Beppe Grillo è maestro (anche se la sua deriva politica mi lascia parecchi dubbi). Berlusconi, a questo punto, perde perché si muove su un terreno non suo: quanto profumo di aloe e formaldeide spirava dalla sua intervista domenicale col barelliere volontario di Lourdes, ancora con le battutine, il solito "ho fatto un sogno", le volgarità contro l'avversario ("Fini Ministro delle fogne"), e il "mi hanno sabotato", le giaculatorie contro la Germania (Silvio, un anno e mezzo fa c'eravate tu e Tremonti a Palazzo Chigi, allora andava tutto bene?), i "me ne vado se mi interrompete", insomma sempre l'illusione che un monologo televisivo oggi si traduca domani in centinaia di migliaia di voti sottratti alla sinistra o pescati dal bacino degli indecisi. No, Silvio, ormai i tempi sono quelli della guerriglia a colpi di tweet e lì non so quanto saprai destreggiarti.
Detto poi che Monti sta dimostrando un talento teatrale che Berlusconi stesso si sogna: altro che riprese con la calza sulla telecamera, altro che giri in nave a promuovere il proprio programma, altro che volumazzi 'Una storia italiana' recapitati nelle case degli elettori come un catalogo postalmarket, altro che 'Contratto con gli italiani', altro che intervista coscioflessa della D'Urso: come il più spettacolare dei fantasmi dell'opera, Monti si materializza con un tweet LA SERA DI NATALE, spiccicando palesi ovvietà: "Insieme abbiamo salvato l'Italia dal disastro. Ora va rinnovata la politica. Lamentarsi non serve, spendersi sì. 'Saliamo' in politica". E ciao a tutti. Ora, applicando il metodo contrastivo di cui ci serviamo a scuola per analizzare i proemi dell'Orlando Furioso e della Gerusalemme Liberata, andremo a confrontare le due dichiarazioni di ingresso in politica di Berlusconi e Monti.
1) Berlusconi, già noto ai più non solo come inventore della TV commerciale in Italia, ma soprattutto come presidente del Supermilan di Arrigo Sacchi, Gullit e Van Basten, si presenta di faccia con un videomessaggio retoricamente orientato secondo pochi e semplici schemi di pensiero e con il fine di mostrare Berlusconi medesimo come l'eroe buono che salverà l'Italia dall'inferno sovietizzante di Occhetto & Co. Monti, odiato come l'olio di ricino per i suoi provvedimenti dissanguanti, eppure gradito a chi non ne poteva più di Berlusconi, noto ai più come Commissario europeo voluto da Berlusconi ancora nel 1995 e poi rettore della Bocconi, distinto per l'aplomb anglosassone del portamento e delle parole in confronto ai toni da Braveheart del Cavaliere, affida i suoi auguri di Natale all'immaterialità di Twitter, senza dire né fare nulla di più, lasciando cadere un laconico messaggio e, come Barbie Raperonzolo, attendendo che qualcuno (Casini, Montezemolo, ecc.) si attacchi alle sue trecce e scali la torre delle elezioni.
2) Berlusconi, conscio che l'irrazionalità del tifoso di calcio, anche non necessariamente milanista, può tradursi in voti sicuri, condisce sin da subito la sua retorica politica con espressioni tolte dal gergo calcistico, prima fra tutti la 'discesa in campo' e poi il nome del partito di allora, 'Forza Italia'. Monti gli replica, oltre che con 'abbiamo salvato l'Italia' (tu dicevi all'Italia di mettercela? Noi l'abbiamo già portata al traguardo...), con la 'salita in campo', espressione volutamente antifrastica rispetto all'altra e tuttavia certo meno perspicua: l'attuale premier vuol forse dire che le forze sociali e civili devono, dal basso, guidare la ripresa dell'Italia? O che la politica italiana è una mezzo alla cui guida dobbiamo provare a metterci un po' tutti? Boh. Comunque il destinatario del siluro è palese.
3) Berlusconi licenzia la classe politica della Prima Repubblica come se non ci avesse mai avuto a che fare (vabbe'...), la definisce travolta dai fatti e superata dai tempi, autoaffondata dal debito pubblico e dagli scandali del finanziamento ai partiti, sì che l'Italia è lasciata impreparata davanti alle nuove sfide del domani. E Monti che fa? Si appella ad una non meglio identificata collettività (escluderei il plurale maiestatis) e dice che insieme abbiamo salvato l'Italia dal disastro, il TUO disastro, Silvio, ben peggiore di quello che TU imputavi a quegli altri 18 anni fa.
4) Berlusconi dice che l'Italia del 1994 diffida di profeti e salvatori e necessita di persone creative, dalle qualità, si capisce, imprenditoriali, lui insomma. Il suo partito nascerà per unire e non per dividere (purtroppo non andò così) e sarà composto da uomini totalmente nuovi (Brunetta, Cicchitto e Pisanu, per dire...); Monti, più asciutto, spara: rinnoviamo la politica. E chi è che ha tenuto il boccino per più tempo nella Seconda repubblica? Ciao, Silvio, by tuo Mario.
5) Berlusconi prende a cannonate 'gli Altri' della sinistra dicendo che costoro, comunisti inside, non amano, come lui, l'individuo, la famiglia, l'impresa, la competizione, il profitto, l'efficienza, lo sviluppo, il mercato libero, la solidarietà, la libertà (certo che anche la parolina 'cultura' potevi metterla, eh, Silvio? Ma è chiaro che i provvedimenti anti-scuola erano già tutti in questa clamorosa omissione....), la giustizia e si fanno promotori di invidia sociale e odio di classe. Dice poi tutto quello che vuol fare cogli uomini e le donne che aderiranno al progetto, delineando scenari di libertà, impegno, sicurezza, ordine, efficienza. Monti taglia corto: basta lamentarsi, spendiamoci tutti.

Sì, insomma, è proprio il segno dei tempi. Un tweet e davvero i videomessaggi autoprodotti sembrano preistoria. A meno che Berlusconi non vada su youtube. Ma forse è troppo tardi.

(P.S.: Mario, ottimo rettore che tutto il mondo ci invidia, ti ripeto però che è troppo comodo fare la principessa sul pisello e vedere chi ti si fila: sporcati in qualche modo le mani anche tu, sennò la gara è ad handicap. Non è possibile lanciare proclami elettorali fantasmatici e impersonali la sera di Natale e guardare chi abbocca. Sembra davvero che tu ci stia dicendo: "Ah, se qualcuno ha bisogno, me lo faccia sapere, intanto vado a vedere se mi sono cresciute le zucchine nell'orto...". Se permetti, noi elettori non meritiamo questo trattamento. Mi ricordi quei finti amici che, quando li inviti da qualche parte, ti dicono sempre che al massimo possono passare 'per un salutino', poi però promettono di fare loro l'invito grosso, quando sarà (cioè, ovviamente, mai). A meno che tu voglia dirci che con te il risultato è assicurato comunque: è noto che in Italia le grandi stagioni riformatrici sono sempre state ostacolate dai poteri forti; tu, che a detta di molti di quei poteri sei l'espressione, potresti forse permettere queste riforme? Ma a beneficio di chi? Diccelo, prima che noi si entri in cabina a votare....).   

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