Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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venerdì 7 dicembre 2012

Alle origini del bimbominkismo (parte 3)

Sissì lossò che in questo momento di grave travaglio per la Nazione l'ultima cosa da fare sarebbe riprendere il discorso sulla nascita del fenomeno Bimbominkia, da me iniziato qui e qui, ma dobbiamo pur alleggerire la tensione in attesa del Gran Giorno. Del resto è abbastanza chiaro che allo sviluppo del fenomeno hanno contribuito grandemente i media berlusconiani, quindi sempre lì si va a parare.
Ci eravamo lasciati coi meravigliosi e plasticosi anni '80, quelli che avevano portato sulla scena il Figo, ovvero il ragazzo bello e vincente, ma nel complesso incapace di alcunché. Tale modello, tra le altre cose, aveva anche una funzione culturale più complessa, strettamente legata al clima ideologico dell'autunno della Guerra Fredda che andava mollemente distendendosi sull'ecumene giusto in quel periodo: per rendere ancora più stridente l'opposizione tra il plumbeo arsenale ideologico sovietico e la splendente gaudenza occidentale, l'immagine del Figo era perfetta. In essa si incarnava un sogno di benessere e spensieratezza che doveva essere il marchio di un'intera civiltà. Vero è che poi quella civiltà necessitava anche di adulti magari meno fighi, ma in compenso capaci di far andare avanti il mondo, in modo che l'altro mondo (l'URSS e famuli) avvertisse tutta la propria arretratezza, a partire dal modello di vita che si offriva alla gioventù. I patti del messaggio però erano chiari: al Figo si concedevano una visibilità destinata a varcare la Cortina di ferro e una carica di positività che da quest'altra parte doveva stimolare i ragazzi ad essere tutti Fighi, ma non solo per sé, bensì per difendere la loro stessa civiltà. Paradosso dei paradossi, il Figo era la controparte massmediatica "in borghese" del soldato occidentale schierato a difesa del Bene. La figaggine era quindi un mestiere da vivere seriamente. La qual cosa poteva sortire effetti disparati ed imprevedibili, ed infatti li produsse: ci fu chi, pur conscio del fascino intrascurabile della Giovinezza Assoluta declinata in Bellezza, Popolarità e Sesso Illimitato, sapeva anche che quel meraviglioso eden doveva finire, sia perché l'anagrafe prima o poi fa sentire il suo peso, sia perché, soprattutto, se tutti si fossero arenati nella valletta fiorita del Ragazzo Bello e Incapace, nessuno sarebbe più stato in grado di tenere in piedi la società. Era insomma ancora possibile rassegnarsi al limite biologico ed assiologico che anche il modello del Figo doveva rispettare. Altri, però, convinti di poter coltivare la propria figaggine all'infinito, perché tanto c'era sempre qualcun altro a sgobbare, e poi alla fine risolveva tutto il computer, si cullarono nel sogno dell'adolescenza perenne, cessando di fatto di crescere a livello mentale e trasformandosi o in eterni ragazzoni disadattati o in genitori incapaci di trattenersi dall'essere amichetti dei loro stessi figli. Di qui i pietosi spettacoli di quarantacinquenni palestrati contro ogni decenza e di femmine ridotte a maschere di cera dalla sottoposizione indefessa a qualsiasi tipo di lifting, per tacere delle distese di magma raggrinzito in cui spesso le facce e i corpi di trasformavano dopo le sobrie sessioni di lampada abbronzante.
All'epoca insomma la gioventù occidentale si trovò ad un bivio, bivio che fu reso quantomai scivoloso e oscuro dalla fine della contrapposizione  USA- URSS tra il 1989 e il 1991. A quel punto anche il ruolo simbolico del Figo andava rivisto. Anzitutto: politicamente, il Figo dove si collocava? Ragionando alla buona, per tutti gli anni '80 esso poteva aggregarsi ad un'area vagamente liberale, abitando tuttavia nelle contrade orientate dall'edonismo e dal consumismo, senza invece sentire su di sé l'esigenza di un impegno serio nella società. In altre parole, era più importante dire al Figo CONTRO CHI stare piuttosto che COSA FARE dalle parti sue. Se però ora non c'era più nemmeno un avversario cui contrapporlo, istruendolo perlomeno sui valori da evitare, quali nuovi contenuti esistenziali si potevano trasmettere al Figo? 
Non v'è dubbio che, ancora per tutti gli anni '90, il modello prosperò, anche se, mancando per così dire la controparte, il Figo finiva per celebrare se stesso e soprattutto non dava prova di servire ad altro che a spingere i non-Fighi a spendere tempo e denaro per infighettarsi. Restava però il problema di collocare il Figo in qualche settore utile della vita civile una volta esaurita la figaggine. Ma siccome le vecchie ideologie che erano state spazzate via da crolli di muri e show di MTV non  erano state rimpiazzate da nient'altro, il Figo era rimasto un elegante soprammobile. Di fatto, la generazione dei nati tra il 1975 e il 2000 non era né politicamente collocabile né ideologicamente orientabile, né sopratutto si era in grado di dire ai suoi membri cosa li avrebbe attesi domani. L'indecifrabilità della natura e del destino di costoro meritò alla loro generazione la definizione di Generazione X, a dire il fatto che era del tutto incognito il percorso che questi ragazzi potevano compiere e sopratutto il tipo di stimoli acquisitivi che si potevano trasmettere loro: persi in un caleidoscopio di mode e stili di vita impossibili da ridurre a sintesi, messi davanti alla TV e ai videogiochi mentre i 'grandi' badavano alle cose serie, i ragazzi di quegli anni restarono ancorati ad un eterno presente di giovanilismo che non era più protestatario come negli anni '70, né sottilmente funzionale alla conduzione di una guerra di civiltà come negli '80. Erano giovani e basta. Dovevano essere belli perché di sì. A cosa sarebbero serviti da adulti non si sapeva, anzi gli si fece capire che l'adultità poteva aspettare indeterminatamente. Il mondo, pareva di capire, si era ormai assestato su un polo solo, e i suoi valori erano tutti nella direzione del godimenti del presente.
E' però chiaro che la generazione X rischiava di trasformarsi in una palude senza sfogo: posto pure che tutti diventassero Fighi, cosa sarebbe successo dopo? L'occidente non rischiava forse di diventare il museo della sua stessa figaggine? E soprattutto: niente niente che, diventati tutti Fighi, i giovani avrebbero cessato di comprare, visto il raggiungimento dell'obiettivo-figaggine? Oppure, nauseati dalla falsità della figaggine stessa, si sarebbero pure ribellati, istruendo i nuovi giovani a non cadere vittime del consumismo?? 
Prima che ciò accadesse, però,  ai piani alti della Gente che Conta si ebbe l'intuizione da cui discese la svolta verso il bimbominkismo: se il Figo rischia di diventare un modello fuori dalla realtà, anticipiamo i tempi e dalla realtà togliamolo noi, ma prima ancora che entri nell'età della figaggine. All'ex- Figo non bisogna far più credere nell'adolescenza prolungata, lasciandolo sempre con l'ansia che il mondo concreto prima o poi farà scoppiare la bolla dorata in cui lui sta chiuso; sarà meglio convincerlo sin da subito che il mondo concreto non esiste, che tutto è gioco, videogioco, cartone animato, che non c'è nulla oltre la seconda dimensione dell'Io bamboccio che si compiace di veder soddisfatti tutti i suoi capricci, non bisogna nemmeno lasciar baluginare l'idea che ai bordi di quell'universo virtuale galleggino serietà e dolore.
Fu una nuova Genesi: al Figo che fighettava, avendo però sempre la coda dell'occhio voltata verso il mondo reale di cui temeva l'improvvisa irruzione e contro cui decideva di protestare il suo diritto alla giovinezza perenne, si sostituì il Bimbo Felice, inconsapevole di tutto, come Buddha prima di essere Buddha, circondato da giochi e personaggini stupidi e superficiali, bombardato da storie senza trama e senza messaggio, convinto che non esiste più nemmeno l'eroismo 'estetico' del Figo o la necessità di essere vincente, perché nel mondo del Bimbo Felice anche la competizione è esclusa. Tutti devono avere tutto, spesso senza neanche sapere il perché, spesso addirittura venendo anticipati nei loro desideri, così da scoprire nuovi orizzonti di vizio ancora ignoti all'anima concupiscibile. Destinatari privilegiati di tale manovra, si sarà già capito, i nati a partire dal 1990. Ecco sorgere la generazione dei Bimbominkia.
Superfluo notare che, a livello scolastico, il mondo del Bimbo Felice trovò immediata controparte in quella ubriacatura di pedagoghese, da me già stigmatizzata, il cui frutto fu, giusto tra il 1995 e il 2007, la totale sterilizzazione delle capacità coercitive dell'Istituzione. Per  venire incontro al miraggio della felicità bamboccia che i genitori ormai esigevano per i loro cocchi, la scuola smise di correggere gli errori, di rimandare a settembre, di bocciare, di pretendere applicazione e serietà dai ragazzi, i quali, convintisi di essere i capetti del mondo, si permettevano atti di arroganza nei confronti dei docenti che solo 40 prima sarebbero valsi il rogo: "Maestra, sei scema così o fai finta?", "Lei non mi può dare 5!", "Vuole mettere la verifica la settimana prossima? Se lo fa, vado a parlare col Preside!", per tacere dei genitori, "Sa che per colpa dei compiti che ha dato sabato per lunedì non siamo potuti andare a sciare???", "Perché ha dato 5 a mio figlio?", "Guardi che io ho fatto il Liceo Classico, e non capisco il senso di questa verifica di latino [quest'ultima, purtroppo, me la sentii dire io nel 2003.....]". 
Qual era il vantaggio del Bimbo Felice rispetto al Figo? Uno, se vogliamo, derivava da un motivo per così dire 'tecnico': esercitatisi nel quindicennio '80-'95 a creare il modello del Figo, che come tutte le prime prove era passibile di aggiustamenti, i guru del consumismo avevano ora mano più facile ed esperienziata nel plasmare il Bimbo Felice; retrocedendo poi all'età fanciullesca lo stimolo al consumo selvaggio, abbattendo così precocemente le barriere tra realtà e virtualità grazie allo scaraventamento pressoché immediato del pargolo nel mondo computeristico-internettiano (di qui la definizione di Nativi Digitali), trasformando gli stessi cartoni animati in videogiochi ed esaltando ad ogni pie' sospinto non tanto l'immaturità come processo incompiuto quanto l'inutilità del processo stesso di maturazione (così da non far più percepire la stupidità come cosa di cui sentirsi in colpa), si era in grado di controllare molto più agilmente le nuove masse giovanili, poiché era ridotto a zero un rischio non del tutto assente pure nel mondo del Figo, ovvero lo sviluppo dello spirito critico e di una personalità autonoma che un giorno o l'altro potesse dire di no al sistema riconoscendone la fatuità. Col Bimbo Felice il rischio era azzerato, poiché egli non poteva concepire altro sistema fuori da quello in cui era stato immerso appena avuta l'età per i primi elementari esercizi cognitivi. Le ricadute? Ovviamente creare una platea di consumatori che mai sarebbe sfuggita o si sarebbe ribellata al messaggio del comprare; in più, incenerita la capacità di pensiero autonomo, le masse di questi futuri adulti si sarebbero rese docili a qualsiasi condizionamento. Per garantire la pace, si sa, si deve azzerare il bisogno. Azzerando pure il bisogno intellettuale e quello di maturazione interiore, si otterrà una civiltà di pacifici compratori. Lasciando, ovviamente, la guida del mondo reale ad altri.
Va detto che una logica interna in tutto il progetto c'è, ed è pure comprensibile: esauritosi lo scontro tra i blocchi novecenteschi, l'unico modo per evitare l'insorgere di nuovi Eserciti del Male è neutralizzare alla radice le cause dell'odio che poi sono sempre legate all'invidia del benessere altrui; se allora un modello di felicità non-pensante viene disseminato in più angoli del globo possibile, ecco che nessuno odierà più nessuno, tutti avranno quel che cercano e trionferà la pace. E' chiaramente il rovesciamento della democrazia, o meglio lo svelamento di quella sottile ipocrisia di fondo che la caratterizza dai tempi di Clistene: in linea di principio anche un tessitore di reti del Pireo poteva guidare per un giorno all'anno la politica di Atene, ma se si trattava di scegliere strateghi e ammiragli, li si pescava sempre tra i membri delle famiglie più influenti. Allo stesso modo , la democrazia di cui il Bimbo Felice è il figlio più giovane, riposa sull'assunto che pochi illuminati devono sedare gli appetiti delle masse perché le guerre non trovino più alimento. Il prezzo, però, è altino: la pretesa che una parte del genere umano cessi di evolversi. Ma direi che se ne può parlare un'altra volta..... 

4 commenti:

  1. Interessante l'analisi delle radici macrostoriche dei fenomeni "Figo" e "Bimbo Felice". Se non altro, ora tutto ha più senso ai miei occhi... ;)

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    1. L'apparente paradosso è che questi modelli sono la conseguenza di una spinta sociale e culturale che avrebbe dovuto produrre l'esatto opposto....

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  2. Le ideologie prostestatarie dei '70 avrebbero voluto rinnovare la società in nome di un ugualitarismo in cui, a parità di diritti, ci sarbebbe stata parità di doveri: intercettata solo la prima parte della proposizione, la civiltà consumistica ha stimolato l'aspirazione al puro godimento edonistico anestetizzando la spinta rinnovatrice della polemica e tutti, goduti e viziati, si sono adagiati nel qualunquismo di chi ha rinunciato ai doveri e si lascia dettare i diritti da chi decide per lui.

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